Capitolo 51 (disfruta, vive, ama)

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(ZULE'S POV)

"Sveglia" vengo svegliata dopo un viaggio infinito, e mi strattonano giù dal furgone che usano per i trasporti delle detenute.
"Hai dormito bene principessa?"
"Fanculo" dico, e un forte schiaffo si stampa sul mio viso, facendomi male. Guardo male la guardia che continua a stringere la presa intorno al mio braccio, mentre il dolore aumenta, ma non è mia intenzione dargli la soddisfazione di fare espressioni di dolore.
Sono in questo ambiente da poche ore, e già non rimpiango la scelta che ho fatto di prendere il posto di Macarena. In questo luogo non c'è niente e nessuno di positivo.
"Tu sei una di quelle che dà problemi. Vedi di fare la brava...puttanella ricca e viziata. Adesso cammina" mi da uno spintone, facendomi avanzare verso l'ingresso del carcere, che si stanzia davanti a me, così grigio e triste.
La struttura non permette di vedere il sole che sta tramontando, e le sfumature arancioni del cielo fanno a pugni con i colori fiochi e sbiaditi delle mura carcerarie.
Le manette mi stanno segnando i polsi, e mi tagliano la pelle, facendomi stringere i denti per non apparire debole. Sono stata in questi posti milioni di volte, ma mai come detenuta. Sono sempre stata dall'altra parte. Quella che entrava dalla porta d'ingresso con rispetto, mentre adesso ci entro con spintoni e strattoni.
Il suono assordante delle sbarre che si aprono mi arriva alle orecchie, mentre il cuore mi batte forte, non sapendo bene cosa mi aspetta. O forse in fondo lo so, ma non mi piace pensare che dovrò passare vent'anni dentro quattro mura grigie e sporche. Senza libertà. Ho sempre amato la mia libertà, e adesso ho appena varcato la soglia di un posto che farà di tutto per portamela via.
Mi vengono tolte le manette, e tutti i miei effetti personali vengono presi, e riposti una cassetta apposita. Vengo accompagnata in una stanza fredda, insieme ad altre tre detenute nuove, dove troviamo una donna, forse sulla cinquantina. La mia capacità di analizzare le persone mi dice che è una bisbetica sola e rompi coglioni.
"Benvenute nella vostra nuova casa...novelline. Toglietevi i vestiti, e metteteli in quelle cassette che vi sono state date" lo facciamo e odio mostrare la mia nudità a persone qualsiasi. Sono sempre stata una persona riservata su questo, e so che in questo posto non potrò avere niente che si chiami 'privacy'.
"Bene, ora piedi sulla riga gialla e mani contro al muro" conosco queste procedure alla perfezione, perché ho lavorato in questo ambiente per anni e sono felice non ci sia Macarena.
Penso a quel suo viso dolce e perfetto, e so che in questo momento sarà pieno di lacrime, corrucciato e pieno di incomprensione per il mio gesto improvviso. Ma era la cosa giusta da fare. Dovevo prendere io il suo posto, perché non potevo sopportare l'idea di lei in questo ambiente, dove tutto ti viene portato via: vieni privato della libertà, del pudore, e del rispetto.

"Zulema Zahir, cella 234" faccio un sorriso tirato e falso alla stessa donna che ci ha ispezionato prima di entrare, con in mano la cassetta delle cose che ci hanno dato all'ingresso, per poi entrare, trovandomi davanti tre letti a castello.
Non c'è nessuno nella cella, che si chiude alle mie spalle una volta entrata, e appoggio la roba sul primo letto in alto a destra, trovandolo vuoto.
Faccio il letto, sistemando poi le mie cose, e mi sdraio, osservando la mia tuta gialla, colore che ho sempre odiato per altro, per poi guardare fuori dalla piccola finestra. La notte è calata e credo sia ormai ora di cena, quindi ne approfitto per andare in bagno.
Percorro questi corridoi scuri e grigi, chiedendomi come avrebbe potuto sopravvivere una come Macarena in un posto come questo.
Il rumore non si ferma mai, e le detenute ti vedono come una preda, piuttosto che come una nuova compagna: come una novellina da sfruttare e usare. Per piaceri sessuali, per spaccio, per servitù. Ma io non sarò nessuna di quelle. Se voglio sopravvivere devo trovare quella forza e mancanza di sentimenti che Macarena mi ha portato via. Quando è arrivata nella mia vita, mi ha insegnato nuovamente la dolcezza, la tenerezza e la bontà. Ma qua dentro, in questo posto così orrendo e schifoso, questi valori non possono esistere.

Arrivo in bagno, abbastanza affollato, e mi chiudo in uno di questi, ma quando esco, non c'è più nessuno, se non tre detenute.
"Bene bene...una novellina. Cosa sei? Egiziana?" ridono tutte e io le guardo per qualche secondo: due sono castane, una abbastanza muscolosa, mentre l'altra più magrolina, e la terza, quella al centro, ha i capelli neri, lisci e lunghi. Sbuffo una risata ironica, annuendo.
"Non sono cazzi vostri" faccio per passare, ma una delle tre, la più robusta, mi si piazza davanti, scrocchiando le dita delle mani.
"Dove pensi di andare stronza? Qui comandiamo noi fino a prova contraria...inginocchiati" dice indicando l'unica delle tre che si è messa seduta sulle panche del bagno, con le gambe accavallate e uno sguardo da superiore strafottente. La guardo, e mi dirigo davanti a lei, per poi guardarla dall'alto in basso.
"Tu devi essere molto sicura di te" dico, e lei si alza in piedi, arrivando alla mia altezza, per poi annuire.
"Abbastanza, si..."
"Inginocchiati puttana" l'unica che non aveva ancora parlato mi strattona i capelli, cercando di spingermi verso il basso, ma reagisco rapidamente, dandole una gomitata forte nello stomaco che la fa indietreggiare.
"Che brutta troia" mugola di dolore, mentre l'altra mi da un forte pugno in faccia, facendomi cadere per terra.
Un forte calcio mi arriva nello stomaco, facendomi sputare leggermente sangue, e un dolore lancinante comincia a torturarmi la pancia.
Un altro.
E un altro ancora.
Cerco di alzarmi, ma un piede si poggia sulla mia schiena, tenendomi giù a causa dell'assenza di forza.
"Sei coraggiosa, ma stupida. Cosa volevi fare? Mh?" chiede quella che ho capito essere a capo di questa merda di carcere, mentre si china, prendendomi poi i capelli, che tira indietro in modo che possa guardarla dritta in faccia. Sento la testa leggera, a causa dei colpi subiti, e vedo offuscato.
Gli occhi neri della detenuta mi penetrano l'anima e sento la forza con cui mi stringe i capelli.
"Che brava...bastava che ti inginocchiavi, invece ora sei sdraiata" ridono tutte e tre, e io sputo il sangue che avevo in bocca, che aveva un sapore ferruginoso, in faccia alla detenuta.
"Cazzo se sei puttana" mi da un pugno forte, mentre si alza, pulendosi la faccia, per poi dare l'ordine di uscire, e mentre lo fanno, quella magrolina sputa, sottolinenando il disgusto nei miei confronti.
Rimango per terra per altri minuti, cercando di trovare la forza, poi, poggiando la mano sul pavimento, mi alzo, sedendomi sulla panchina.
Porto una mano sul mio labbro, che deve essere spaccato, e quando mi alzo per andare dallo specchio, un dolore lancinante allo stomaco mi fa barcollare, obbligandomi ad appoggiarmi al muro.
"Fanculo cazzo..." sussurro, e quando arrivo al lavandino, sputo il sangue che mi era rimasto in bocca, per poi bere un po d'acqua, cercando di togliermi il cattivo sapore.
Mi guardo e noto l'occhio già tremendamente violaceo, mentre lo sfioro, sentendo il dolore che mi provoca. Porto un pò d'acqua fredda su esso, per poi poggiare entrambe le mani sul lavandino. Mi guardo, e vedo solo la donna debole che Macarena ha riportato alla luce. Quella ragazzina che ero anni addietro. Ma non posso più essere questa donna se voglio sopravvivere qua dentro.

𝙻𝙰 𝙻𝙴𝙶𝙶𝙴 𝙳𝙴𝙻𝙻'𝙰𝙼𝙾𝚁𝙴 -𝚉𝚄𝚁𝙴𝙽𝙰-Where stories live. Discover now