Scambio

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La prima cosa che sento è puzza di marcio. Non so da dove provenga, ma so con certezza che ho freddo e che mi fa male la testa.

Apro gli occhi e mi ritrovo nella penombra.

"Cosa diavolo è successo..."

L'ultima cosa che ricordo è che stavo leggendo alcuni passi di "Così parlò Zarathustra", per l'esame di mercoledì. Devo essermi addormentata sul libro, non è la prima volta.
Invece è la prima volta che faccio un sogno del genere.
Così reale...
Deve trattarsi di un sogno lucido.

D'istinto mi tocco la testa, per capire l'origine di quel dolore, e appena la sfioro mi viene un colpo. I miei lunghi capelli neri sono spariti e al loro posto c'è un ematoma appiccicoso. Mi guardo le dita e vedo del sangue.

Spaventata, balzo fuori dal letto e urto qualcosa che cade a terra, rompendosi.

Tasto la parete, in cerca di un interruttore, e per fortuna ne trovo subito uno.

Si accende solo una lampadina che riempe la stanza di una fioca luce gialla.
È molto spoglia, gli unici arredamenti presenti sono:un letto a due piazze senza lenzuola, coperto da alcune macchie cremisi e biancastre, un tavolino basso macchiato dalle stesse sostanze, i frammenti di una bottiglia di birra, vuota, sparsi al suolo e uno specchio crepato incollato al muro, dove è riflessa l'immagine di un uomo di mezza età, tozzo e sfigurato, che indossa solo un lungo grembiule verde ricoperto dallo stesso sangue che fuoriusce dalla sua testa.

Mi sento profondamente a disagio, non ho mai sognato una cosa del genere.

Cosa avevo letto per immaginarmi una scena simile?

Mi mordo la lingua ma non succede nulla. Me la mordo altre volte, ma l'unica cosa che ottengo è far sanguinare anche questa parte del corpo.

Di solito, quando ho un incubo, mi basta fare questo gesto per risvegliarmi.

Ma stavolta non succede nulla.

Vado in panico. Mi tocco la faccia e il corpo più volte, incredula e sempre più inquieta.

Quella non ero io!
Non era la mia faccia, non era il mio corpo. Appartenevano a un'altra persona!

Cosa diavolo è successo?

Abbandono la stanza e mi ritrovo in un lungo corridoio, anch'esso avvolto dalla penombra.
L'unica fonte di luce esce da sotto quella che intravedo essere la sagoma di una porta.

Cerco un qualsiasi interruttore, ma la parete è liscia e appiccicosa.

Ritraggo la mano di scatto, disgustata, e decido di attraversare quella semioscurità.

Avanzo lentamente, poi accelero fino a correre.

Non vedo l'ora di varcare quella soglia. Spero che al suo interno ci sia una risposta a tutto questo.

Il pavimento scricchiola sotto i miei piedi pesanti. Anche il mio respiro è pesante, ma non so se per l'agitazione o se sia una caratteristica propria del corpo che occupo.

Non ci posso ancora credere...
Ma come è possibile?

La puzza di marcio aumenta man mano che proseguo, arrivando al culmine quando mi fermo davanti alla porta.

La luce opaca mi lambisce le dita dei piedi, mostrando le unghie sporche e spezzate. Fisso la maniglia e inspiro profondamente.

Mi mette ansia sapere cosa si celi dentro quella stanza, ma non posso più reggere questa situazione.
Voglio sapere cosa mi è successo e come risolverlo.

Butto giù tutta l'aria che avevo incanalato e afferro la maniglia, anch'essa appiccicosa.

Apro la porta con un movimento netto e urlo, spaventandomi subito dopo anche per il mio vocione rauco.

Il pavimento è coperto di sangue, urina, sperma e altri liquidi corporei e riverso lì in mezzo c'è un uomo.
Anche lui è calvo, con i polsi e le caviglie legati da filo spinato, imbavagliato e con gli occhi coperti, nudo. È pieno di ferite aperte e lividi e ha la schiena squoiata.
Sulle pareti sono appesi strumenti che avevo visto solo nei film dell'orrore e altri che non credevo potessero esistere.

Un rantolo mi fa gelare il sangue e muoio per alcuni secondi.

Mi sforzo di abbassare di nuovo lo sguardo e vedo il petto dell'uomo sollevarsi e abbassarsi a fatica, lentamente, mentre riprende a rantolare.

Non riesco a credere ai miei occhi.

Mi mordo la lingua con più forza, ma niente.

Delle lacrime mi scendono sul viso, senza che possa controllarle. Voglio chiudere gli occhi e tapparmi le orecchie, chiedere aiuto, urlare ancora, risvegliarmi nella mia stanza, sopra il mio libro di filosofia, e capire che si è trattato tutto di un terribile incubo, ma dalla mia gola escono solo dei conati incontrollati.

Non riesco a fermarmi o ad alzare lo sguardo.

Cosa diavolo è successo!

Chi è quella persona? Perché è lì, in quello stato?
Di chi sono quella casa e il corpo che occupo? Dov'è il mio?

Un pensiero orribile si fa strada nella mia mente, mentre sputo litri di vomito.

Se io sono nel corpo di un mostro, vuol dire che nel mio, a casa mia, con i miei genitori e le mie sorelle...

~ Tales ~Where stories live. Discover now