Panico

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Apro la porta e me lo trovo davanti.
È tornato.

Mi si raggela il sangue e ho l'impressione che il mio cuore si sia fermato di botto. Strabuzzo gli occhi ma vedo tutto sfocato, inizio a boccheggiare.

Lui solleva leggermente il cappello di feltro nero in segno di saluto, accompagnando il gesto con un sorriso appena abbozzato, dopodiché  si avvicina all'attaccapanni e vi posa il cappello, la sciarpa e il cappotto pesante, tutti e tre del medesimo colore.

Come aveva fatto a trovarmi? Avevo fatto tutto il possibile per fargli perdere le mie tracce, per fare in modo che non si ripresentasse più. Eppure adesso è qui, ancora una volta.

Prima di sedersi sul divanetto in pelle di fronte  a me, si ferma in mezzo alla stanza e inizia a guardarsi intorno, le mani sui fianchi, perfettamente a suo agio.
Scuote la testa e il suo sorriso abbozzato assume una sfumatura divertita.

"Non è cambiato niente dall'ultima volta...Proprio nulla…"

Quando, finalmente, si accorge della mia presenza, mi guarda quasi offeso.

"Be'? Non mi saluti?"
"Che ci fai qui...? Che cosa…Che cosa vuoi ancora...da me?"

Aggrotta la fronte e storce il naso, confuso.

"Io? Mi hai chiamato tu"
"No...Non è vero…! Sei stato tu...a tornare qui...senza preavviso!"
"Ti ho avvisato, invece. Ti ho mandato tutti i segnali possibili. Piuttosto, sei tu che non mi stai riservando una buona accoglienza"

"U-na...buo-na...acco...acco…"

"Respira, va tutto bene...Inspira, espira, inspira, espira..."

Non riesco più a parlare, balbetto e basta. I pensieri, quei pochi che riesco a formulare in modo razionale, non ce la fanno a raggiungere le corde vocali, rimangono bloccati nel cervello.

"Non agitarti, che ti mangi le parole"
"Sei...sei tu c...che mi stai...facendo...ag...agi...agitare"

Il  cuore batte all'impazzata, le lacrime stanno creando profondi solchi sulle guance e la poca aria che entra nelle narici non fa in tempo a raggiungere i polmoni che si spezza nella gola.
Sto soffocando. Tento di intrappolare quanta più aria possibile, ma è tutto inutile.

"Sei al sicuro, respira..."

Voglio correre via da lui, così lontano dove non possa più trovarmi.
Mi volto in tutte le direzioni, ma la porta sembra scomparsa come per magia e non vedo nessun'altra via di fuga.
Mi sento impotente. In trappola.

Mentre sono in questo stato, lui si mette in una posizione più comoda, a pancia all'aria, e inizia a fissare il soffitto cupo e opprimente.

La sua tranquillità ingiustificata mi fa agitare ancora di più. Come fa a non rendersi conto di quello che sta accadendo?

"Certo che non cambi mai...Continui a perderti in un bicchiere d'acqua..."

Mi lascio cadere sul pavimento e piango con più forza.

"Sono qui per aiutarti..."

Mi rannicchio contro la parete, chiudendomi a riccio. Sono come uno scoglio, solo e abbandonato in mezzo a un oceano in tempesta.

Il mio corpo è in fermento. Inizio a tremare. Ho caldo, poi freddo, poi di nuovo caldo, ho male al petto, alla testa, alla pancia, ho la gola secca, umida, che brucia a causa dei singhiozzi, che viene percorsa da un conato di vomito che fa su e giù come un ascensore, le orecchie che fischiano, le budella tutte attorcigliate.

"Va...va...vattene via...la...lasciami st...stare...ti...ti prego..."

Lui sospira e alza gli occhi al cielo.

"Te lo ripeto, tutto questo lo stai generando soltanto tu. Tu e nessun altro è il responsabile"

"Sto per...sve...svenire..!"

"Sono qui…"

"Sto...per...m...mo...morire...!"

"Respira…Ci sono io con te, non sei sol..."

"Non ce la fa...faccio...p...più...sto impa...impazzendo…! Non uscirò...non uscirò m…mai da...questa...situazione…
È tutto...tutto sbagliato…! Sto per...Sto per...avere...un infarto...me lo sento...è...è la volta...buo...buona…"

"Che noia sentirti ripetere sempre le stesse cose, cominci davvero a infastidirmi...Non avrai nessun infarto, fidati. Non l'hai avuto prima, non l'avrai oggi e non l'avrai nemmeno domani"

Il mio cuore si ferma di botto.

Domani? Come domani? Significa che sarebbe tornato un'altra volta?
No, non può essere…

"Tra poco finirà tutto…"

"Perché….non vuoi...lascia...lasciarmi...in pa...pace…?"

"Non hai ancora capito? Sei tu che mi cerchi ogni volta, che mi chiami, che mi tieni bloccato qui, a guardare mentre ti disperi per qualcosa che non sta accadendo e che forse non accadrà mai. È colpa tua. Sempre"

Ormai non sento più le sue parole, nè le mie, nè, addirittura, i miei pensieri. Non riesco nemmeno a capire cosa sto provando di preciso. Paura, frustrazione, agitazione, depressione, troppe sensazioni diverse allo stesso tempo.
Non capisco più niente. Vado in tilt.

Serro gli occhi. Non ce la faccio più, spero che se ne vada al più presto e che torni tutto com'era prima...

"Pe...Perché mi...mi succe...succede...s-sempre…? Perché...p...p...proprio a me…?"

"Non avere paura, è tutto finito…"

"Non avere paura, è tutto finito"

Spalanco gli occhi. Una fortissima luce bianca mi travolge e mi copro il volto d'istinto. Dopo alcuni momenti di disorientamento, sposto le mani e apro lentamente gli occhi, rendendoli due persiane che si spalancano poco a poco, in modo da abituarmi a quella luce con più facilità.

Mi trovo sul pavimento dello studio dello psicologo, la schiena incollata alla parete e le ginocchia al petto.

Riprendo a respirare normalmente, l'aria finalmente riesce a riempire ogni singolo alveolo dei miei polmoni. Ho smesso di piangere, la vista è tornata limpida ma gli occhi continuano a bruciarmi. Anche la gola mi fa male, ma il resto del corpo è tornato a uno stato di quiete.
Lo spazio angusto in cui mi trovavo poco prima sembra solo un brutto ricordo. Adesso sono in un luogo familiare, dove mi sento al sicuro, di nuovo bene.

"Hai avuto un attacco di panico," mi dice lo psicologo con voce pacata, trasmettendomi un enorme senso di sicurezza "ma adesso è tutto finito. Come ti senti?"
"M...meglio"

Mi aiuta a rialzarmi e mi accompagna al divanetto. Appena mi siedo, inizio ad avvertire una sensazione spiacevole, come quella che avevo appena sperimentato.

Lui se n'è andato, se n'è andato davvero. In silenzio, come era venuto.

Chissà se sarebbe tornato altre volte per tormentarmi.
Aveva detto che oggi non avrei avuto un infarto e che non lo avrei avuto neanche domani.

Domani…

In più, aveva detto che quel malessere era tutta colpa mia.
Anche lo psicologo, durante le sedute, dice spesso qualcosa del genere:dice che quando ho queste crisi, in realtà, non sta succedendo nulla di brutto, che sono solo delle mie sensazioni.

Io non so se sia vero, so solo che, tutte le volte in cui il panico si ripresenta, perdo il controllo del mio corpo e della mia mente.
Ed è una sensazione che mi distrugge ogni maledetta volta.

~ Tales ~Where stories live. Discover now