1. Rotta di collisione

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"Sweather weather" dei Neighbourhood.

***

«Vado a lavoro!» esclamai sperando che mio fratello mi avesse sentita con la televisione alta di sottofondo «Tornerò tardi, non aspettatemi per cena!»
Alla fine, William mi rispose che non ci sarebbe stato alcun problema e che, a qualsiasi orario fossi tornata, mi avrebbe aspettata sveglio.

Ancora oggi mi scuso con lui tutti i giorni, perché quella sera io non tornai mai a casa a dormire; lui, infatti, non andò mai a letto e mi cercò per tutta la notte disperato. Non rispondevo alle sue chiamate perché mi ero dimenticata di togliere il silenzioso dal telefono che, per l'appunto, avevo lasciato in borsa. Ero così impegnata a fare ben altro, quella sera, che non mi ero ricordata di avvisare il povero William.

Ma veniamo al momento in cui uscii di casa ancora consapevole che, come al solito, avrei lavorato fino a tardi e che sarei tornata a casa alle nove.
Scesi le scale più gioiosa che mai, pensando che quella giornata sarebbe andata di bene in meglio. Quella mattina, infatti, mi ero svegliata alle sei ed ero uscita per passeggiare e per respirare l'aria pulita di Londra; il sole splendeva tiepido sulla mia testa e carezzava ogni centimetro del mio viso rilassato.
Tornata a casa, accesi alcune candele e mi feci un bagno caldo.
Cosparsi anche dei petali di rosa nell'acqua.

William si svegliò poco dopo che mi resi presentabile per affrontare al meglio la giornata e mi aiutò a preparare i pancake.
«Sei pessima, comunque» mi disse mescolando l'impasto.
«Perché?»
«Perché sei andata a camminare e hai iniziato a stare attenta all'alimentazione, di nuovo, ma continui a mangiarti i pancake con panna e marmellata, la mattina»
«Almeno ho smesso di mangiarli con la Nutella. E credimi, è dura vederla sullo scaffale del supermercato e non comprarla» constatai spalmando un po' di panna aromatizzata alla cannella su un pancake fumante.
Ma lui non sapeva che la compravo e che, poi, la nascondevo nel comodino in camera mia.
Ero dimagrita tantissimo, ormai, qualche sfizio me lo potevo togliere di tanto in tanto.

Tralasciando la Nutella, mi resi utile per William e Sharon pulendo il salotto e camera mia, cantando a squarciagola con il bastone della scopa che usavo come microfono e con una coroncina con il numero 21 stampato sopra e contornato da finti brillantini colorati.
Spolverando la mia stanza, la scovai sepolta sotto le coperte di lana ripiegate disordinatamente nel mio armadio e la acconciai sui miei capelli.

Comunque, il giorno dopo William mi provò la febbre, per essere sicuro che non mi fossi ammalata. Lo fece perché aiutavo a fare le pulizie in casa ogni morte di papa, quindi gli sembrò strano che io avessi saputo impugnare uno scopa e utilizzare un'aspirapolvere.

A ogni modo, quella fu una mattinata molto produttiva e mi sentivo bene e fiera di me stessa ripensando all'idea di aver fatto tutte quelle cose in ore che, solitamente, passavo a dormire.
Ma, quando uscii di casa per andare a lavoro, ancora non avevo idea di quello che mi sarebbe successo.
Oh no, nessuno se lo sarebbe immaginato.

Attraversai le strade di Londra, che alle 14:30 spaccate sono sempre gremite di persone che tornano a lavoro dopo la pausa pranzo, e bevvi un sorso di caffè cercando di non sporcarmi la maglietta bianca.
La temperatura londinese, quel giorno, era decisamente sopra la media e, per essere solo aprile, indossare solo un giacchetto di velluto beige e una semplice maglietta bianca rincalzata in un paio di jeans mom mi sembrava strano.
Ero, comunque, felice del mio semplice, ma stupendo outfit.

Una volta vicina al bar, sentii il mio cellulare squillare e lo presi dalla borsetta in pelle nera. Lo avvicinai all'orecchio con cautela e strinsi gli occhi sperando che la persona che mi aveva chiamata non cominciasse a urlare.
E invece...

Come in un quadro di Monet | Tom HollandDove le storie prendono vita. Scoprilo ora