13

7.1K 216 75
                                    

CAPITOLO TREDICI
OSCURITÀ, MIA VECCHIA AMICA

CAPITOLO TREDICIOSCURITÀ, MIA VECCHIA AMICA

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

"Levi, svegliati, sta succedendo di nuovo." il corvino sentii la voce di Hanji.

"Hmm?"

"Sei tutto sudato, hai fatto un altro incubo e dicevi cose strane nel sonno. Mi hai fatta spaventare."

Era sempre la stessa sensazione ad arrivare dritta, come un treno, sbattendo con tutta la sua forza contro la sia anima già da troppo tempo distrutta. Sarebbe bastato, ogni volta, spostarsi e lasciare che qual treno avesse fatto il suo corso, esaurendo tutta l'energia nel vuoto della notte.

Ogni notte la stessa storia: non dormiva, soffriva di insonnia, ma quando dormiva, sognava. Ed i suoi sogni erano tutt'altro che belli.

"Stai bene?" chiese Hanji, si sedette sul letto accanto a lui.

"Si, non ti preoccupare."

"Ero passata per dirti che dobbiamo andare a parlare di affari, tra qualche ora, a casa mia. Sono le sei."

"Okay." rispose freddo e si giró voltandole le spalle.

"Beh, a dopo allora."

Hanji uscì dalla sua stanza e chiuse la porta. Era abituata ad i suoi modi di fare freddi, anzi, le sembrava strano quando Levi era troppo gentile.

Consapevole della sua morte, cercava di evitare la vita. Il ricordo di essere vivo, la speranza che prima o poi una ritrovata felicità avesse potuto scacciare via il peso che sempre più gravava sul suo cuore. Ma nessuno capiva quanto fosse struggente per lui vederli pregare un Dio che non esisteva, che soffriva proprio come loro e che prima o poi sarebbe dovuto morire. Sono un Dio solo nel buio della notte. La luce che accendendosi a intermittenza sussurrava nel suono del silenzio.

"Sono certo che la solitudine possa guarirmi. Oscurità, mia vecchia amica ho ripreso a parlarti ancora, non credo di avere molti altri modi per riconoscere di essere vivo. Se non dedicarmi a quello che faccio sempre, ogni notte, in attesa che gli incubi passino, o che diventino finalmente così concreti da poterli combattere e farmi uccidere...una volta per tutte." pensó a voce alta.

Levi era un'anima fortunata: il veleno non fu abbastanza forte da togliergli la vita. Era stato salvato da suo zio Kenny Ackerman, per poi essere abbandonato. Non perché non aveva soldi, era un uomo estremamente ricco e potente, ma perché era una maledizione per la sua reputazione.

Abbandonato lì, nella città sotterranea, costretto a diventare un criminale per guadagnare qualche centesimo e comprarsi da mangiare.

Un bambino orfano, figlio di una prostituta morta della città sotterranea, che figura avrebbe fatto a portarselo in giro? C'era pochissima cura affettiva. Ogni volta che provava a cercare un membro della sua famiglia, ci rimaneva male.

Slave (18+)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora