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La guerra non faceva decisamente per lui, pensò il principe Christopher avanzando sul campo di battaglia e cercando di difendersi dalle frecce, tenendo alto lo scudo.
Nel momento in cui la battaglia era cominciata, quando aveva visto cadere decine di soldati accanto a lui, i cui volti erano diventati esangui in pochi secondi e mentre il sangue sgorgava a fiotti dal punto in cui erano stati colpiti; aveva avvertito una serie di brividi lungo la schiena. La paura è un sentimento irrazzionale, non puoi controllare quando deve manifestarsi o quando deve smettere e lui aveva scoperto proprio lì di essere spaventato dalla morte.
Nell'insieme di rumori e nel caos della guerra, il suo unico pensiero era quello di sopravvivere, di parare più colpi possibile e di scacciare le grida dalla sua mente.
Improvvisamente, si voltò e si ritrovò facccia a faccia con la lama di un soldato francese, Christopher riuscì in tempo a sollevare lo scudo e la spada del nemico si conficcò su di esso. Il francese però, non demordeva, aveva riconosciuto quale importante preda fosse il principe. I due avversari si guardarono negli occhi, per qualche secondo, poi Christopher avvertì un dolore lancinante alla caviglia che, gli fece perdere l'equilibrio lasciandolo accasciarsi all'indietro sul terreno fangoso.
Dal punto in cui era stato colpito, si espandeva una grande macchia di sangue, al di sotto dei vestiti. Aveva i minuti contati, lo sapeva, il francese stava sfoderando un'altra lama e lui non aveva più protezioni. Guardò le sue mani, erano bianche come un lenzuolo e già senza vita. Stava per morire.
Quell' orribile consapevolezza, sparì una manciata di secondi dopo, quando Christopher vide un'enorme chiazza di sangue scuro espandersi per il torace del soldato, quest'ultimo subito si portò una mano al petto con gli occhi sbarrati, per poi accasciarsi su un fianco.
"Vostra altezza state bene? Siete ferito alla caviglia "
Christopher udì una voce alta e decisa che lo richiamava, ma lui continuava a guardare il volto del francese caduto, il quale d'un tratto divvenne sempre meno nitido, fino a quando quella visione non sparì completamente, per lasciare posto al buio.

Beatrice spalancò gli occhi di colpo, cercando di scacciare le immagini dell'incubo e di appoggiarsi contro la spalliera del letto.
Si guardò intorno, tutta la stanza era totalmente immersa nella penombra, eccetto che per alcuni raggi di luce lunare che, filtravano dalle imposte.
Non sapeva quanto ancora mancasse al sorgere del sole, ma necessitava subito di alzarsi e di scrollarsi subito dalla mente il sangue, le spade e i rumori di cannoni che aveva sognato.
Si alzò dal suo letto, accese la piccola candela che teneva sempre sul comodino e si chiuse la porta della sua camera alle spalle. Il corridoio era totalmente buio e deserto, fatta eccezzione per la sua candela e qualche altra fiaccola come fonti di illuminaziome, ma per fortuna la stanza di sua sorella si trovava solo a qualche porta di distanza dalla sua.
Silenziosamente entrò nella camera di Isabella e poggiò la candela sul comodino, cercando di entrare nel letto accanto a lei, senza fare troppo rumore e svegliarla.
Non appena, però poggiò la testa sul cuscino, sentì la voce di Isabella impastata dal sonno: " Sei tu Bea?"
"Si sono io" rispose lei in un sussurro.
Beatrice notò la sorella annuire debolmente, per poi girarsi verso di lei e abbracciarla. A quel punto, Bea chiuse gli occhi e sprofondò nel sonno serena.
Isabella, la consolava sempre quando aveva degli incubi, durante la notte, fin da quando era bambina sapeva di potersi rifuggiare tra le braccia della sorella più grande che, avevano il potere, di rassicurarla sempre anche di più di quelle della loro madre.
Col passare del tempo, nonostante avesse compiuto tredici anni , la paura irrazzionale del buio non se ne era andata via e spesso, si era ritrovata a domandarsi chi l'avrebbe aiutata ad affrontarla quando Isabella sarebbe andata via.

Gabriel era nel tendone  dell'accampamento che era stato allestito come infermeria, in piedi accanto alla brandina dove era stato curato il principe Christopher.
Era stato lui, insieme ad un soldato polacco, a trasportare fino a lì il peso morto del ragazzo svenuto e con la ferita sanguinante.
Non aveva però, fatto in tempo a tornare in battaglia poichè i francesi si erano ritirati, e fin dall'accampamento si era sentito il suono del corno, che annunciava la fine di quella battaglia,secondo i suoi calcoli, era circa la ventesima.
I pensieri di Gabriel, vennero interrotti dal principe che, aprì gli occhi di colpo, cercando di rialzarsi, ma nel tentativo di farlo il suo viso si contrasse in una smorfia di dolore.
"La ferita non si è ancora rimarginata vostra altezza"
Christopher si guardò la caviglia fasciata e poi guardò l'uomo in armatura, in piedi accanto al suo letto, con gli occhi azzurri che lo fissavano penetranti. Il principe fu però in grado di riconoscerne la voce: "Siete voi che avete ucciso il soldato francese che mi ha ferito?"
Gabriel annuì, non poco sorpreso, poichè si aspettava che lui non ricordasse niente di ciò che era accaduto prima dello svenimento, poi si affrettò ad aggiungere: "Si sono io, il soldato per fortuna, è riuscito solo a ferirvi alla caviglia, poi siete svenuto probabilmente perchè avete perso molto sangue".
Christopher ascoltò con attenzione le parole del soldato e non poteva fare al meno di essergli immensamente grato , per averlo aiutato a sopravvivere in quell'inferno terrestre.
"Quindi voi siete un generale? Come vi chiamate?" domandò improvvisamente il principe.
Gabriel restò ancora più stupito, di solito nessuno gli chiedeva questo genere di domande personali,  per di più in una tenda piena di brandine e soldati feriti; ma visto chi era il suo interlocutore, era costretto a rispondere: "Si sono un generale, mi chiamo Gabriel "
"E provenite da una famiglia importante?" incalzò il principe "Non vi ho mai visto alle riunioni del Consiglio della corona"
A quel punto, Gabriel sperava che arrivasse una qualche emergenza improvvisa o qualcuno che lo trascinasse fuori da quella conversazione.
"Non ho un titolo nobiliare, ho fatto soltanto esperienza" Gabriel strinse i denti, forzandosi a continuare, non amava per niente parlare di sè o della sua famiglia, ma lui era il principe e non poteva negargli una risposta:
"Salvai la vita al marchese di Fontes che, non ha figli, come credo sappiate e mi prese come suo secondo anni fa".
Christopher annuì interessato, ed effettivamente lo era, ascoltare le storie degli altri e conversare lo aiutava a distrarsi dal pensiero fisso che, aveva sfiorato la morte, inoltre in quella tenda aleggiava nell'aria un'odore metallico di sangue e lui lo trovava nauseante.
Ad un tratto, uno dei soldati con ancora indosso l'armatura incrostata di terreno dalla battaglia, avvenuta ormai qualche ora prima; entrò nell'infermeria interrompendo il via vai dei guaritori che, lo fissavano per capire di quale cura avesse bisogno.
Il soldato, in verità, era perfettamente sano e approfittando del silenzio seguito al suo ingresso, disse a voce alta, assicurandosi che tutti i presenti lo sentissero:"I sovrani stanno negoziando la pace con gli ambasciatori francesi, dovrebbero giungere ad un'accordo entro domani o dopodomani".
La tensione nell'aria, sembrava essersi dissolta in pochi secondi, come tutti , Gabriel tirò un sospiro di sollievo... Aveva superato anche quella e sarebbe tornato a casa.

La principessa del PortogalloWhere stories live. Discover now