Non importa. Mi hai ingannata una volta, ma sai che sono una tenace.

Abbandonò il tappeto a fiori e il mobile insidioso per dirigersi in cucina.

Percorse con l'indice i profili sinuosi degli schienali delle sedie e, dopo aver quasi fatto un giro intorno al tavolo, arrivò davanti alla credenza.

Cercò di aprire gli sportelli, senza successo.

Uhm... troppo in alto.

Abbassò le mani lungo la superficie liscia e incontrò i pomelli.

Finalmente potè prendere una tazza qualsiasi.

Sarà a righe, di un unico colore, con un'immagine stampata? Che importa! Per me sono tutte 'qualsiasi'.

Versò poco caffè per non rischiare di farlo fuoriuscire e si appoggiò a una parete.

Che buon profumo... Caldo e aromatico...

Sentì picchiettare alla finestra. Prima piano, poi forte, poi ancora di più.

Il forno è scuro e si trova sopra la lavastoviglie, vicino al forno c'è la credenza e vicino a questa il vecchio microonde. Sotto la credenza ci sono i fornelli, alla loro sinistra il lavello e alla loro destra il tagliere su cui è poggiato il portacoltelli con dei rami aggrovigliati intagliati...

Ripensò a quando aveva sbattuto contro il paravento.

Sospirò con enfasi e l'angoscia le avvolse la testa e le si piantò sullo stomaco.

Ogni giorno faccio gli stessi monologhi più volte nell'arco della giornata. So che è noioso, ma è fondamentale. Ho paura di dimenticare. Non lo voglio.

L'angoscia le strinse la gola.

Continuo a confondermi, a fare errori. A volte mi chiedo se non sia inutile, se sono destinata a una perdita di ricordi inesorabile...

Scosse la testa per scacciare via quella sensazione e bevve un sorso di caffè.

Finì la sua colazione con la pioggia e un mugugno in sottofondo.

"Finalmente!"

Zack entrò in cucina e le si avvicinò ancora assonnato. Farfugliò una specie di "Buongiorno" e le diede un bacio.

"C'è ancora caffè?"

"Sì, nella caffettiera. L'ho posata vicino ai fornelli"

Zack prese la caffettiera vicino al lavello e versò il contenuto dentro una tazza con le pecorelle uguale a quella che aveva usato la ragazza.

Il ragazzo si appoggiò al muro accanto a lei e appena Lucy sentì la sua presenza, appoggiò la testa sulla sua spalla.

Gli accarezzò la guancia.

La barba che sta ricrescendo, i riccioli neri, gli occhi scuri e rotondi, il naso perfettamente dritto... Lo so che sei ancora così bello.

Lucy uscì dalla cucina e riattraversò il corridoio per ritornare in bagno.

Toccò il paravento e ne afferrò un angolo.

Strinse i denti: era diventato simbolo della sua debolezza.

Quando si ritrovò in bagno esitò. Sentì che l'angoscia avvolgeva di nuovo le sue grinfie intorno a lei.

Gli specchi mi fanno sempre sentire male, per questo ho rotto quello nell'armadio. Anche solo sapere che ce n'è uno nelle vicinanze mi turba. E poi sono inutili. Ma se voglio lavarmi i denti è inevitabile mettermici davanti...

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