Epilogo

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 " Quel completo arancione ti sta terribilmente, Kageyama!" disse una voce al di sopra della sua testa. L'interpellato alzò gli occhi al cielo, prima di sentire qualcuno acchiappargli il cappellino coordinato che indossava.

" Sei venuto qui per prendermi in giro?" sbuffò Kageyama piccato, osservando Hinata che fluttuava sopra di lui provandosi il cappello che faceva parte dell'orrenda divisa che era costretto ad indossare per i servizi sociali. Hinata piroettò in aria e poi atterrò, il cappellino che si confondeva col rosso delle radici che stavano finalmente ricrescendo sotto i capelli ancora scuri.

Tobio nonostante tutto sorrise lievemente, era la prima volta che si vedevano dopo quella notte al rifugio poco più di un mese prima; niente tragedie, niente riunioni lacrimose e struggenti, solo Hinata che emergeva dal nulla prendendolo per il culo. Ed era la miglior cosa che potesse avere.

Kageyama rimase un attimo in contemplazione, la bacchetta per raccogliere i rifiuti in mano a mezz'aria, mentre Shouyou sorrideva rigirandosi la visiera del cappello quasi facendo il verso a un modello. Era splendido.

" Ti sta da schifo, e poi sempre meglio che avere la testa bicolore, stai peggio di Kozume" ribatté Tobio riprendendo a raccogliere le lattine che insozzavano il parco.

" Che bastardo!" replicò Hinata, poi lo osservò meglio " Non puoi usare i tuoi poteri?"

" Non puoi evitare di fare domande cretine? Ovvio che non posso, sto scontando una pena, mica possono rendermi la vita così facile."

" Kageyama, che fai, cazzeggi?" Hoshiumi gli arrivò accanto e appena vide Hinata ingaggiò una lotta di sguardi con lui, per motivi noti solo a loro.

Tobio avrebbe avuto voglia di prendersi a bastonate in testa ( o di bastonare quei due a turno), finché Hinata non si rivolse di nuovo a lui.

" Puoi staccare un attimo? Devo parlarti."

Kageyama annuì e chiese una pausa al suo assistente sociale, che gli concesse mezz'ora.

Appena si furono allontanati, Hinata gli saltò al collo e Kageyama se lo strinse addosso, baciandolo stavolta senza più timore, senza più il terrore di vederselo strappare via da un momento all'altro.

Kageyama si sedette a terra, Hinata inginocchiato tra le sue gambe, la fronte incollata alla sua mentre non facevano altro che respirare l'uno la presenza dell'altro.

" Cosa dovevi dirmi?" mormorò Tobio e Shouyou socchiuse gli occhi.

" Hanno trovato la mia famiglia, io e Natsu li incontreremo domani."

Kageyama lo guardò, cercando di sorridere nel solito unico modo goffo che conosceva.

" Una famiglia di scalmanati con teste arancioni, non ci voglio pensare." scherzò avvolgendo le braccia attorno al busto di Hinata e portandoselo più vicino di quanto ancora non fosse.

" Vorrei che tu venissi con me." se ne uscì Shouyou all'improvviso e Kageyama lo fissò sorpreso.

" Ne sei sicuro?"

" Sicurissimo, è un momento fondamentale e ti voglio accanto. E poi sarò nervosissimo."

" Vi adoreranno, sarebbe impossibile fare altrimenti." disse distrattamente accarezzandogli una ciocca. " Chiederò mezza giornata di permesso, la mia condotta finora è stata impeccabile, non credo ci saranno problemi."

" Quando uscirai da qui dovremmo cercare la tua, di famiglia." disse Hinata con allegria.

" Già, ma per quello c'è tempo." ora era il turno di Tobio di sentirsi nervoso.

Hinata non disse niente ma gli salì addosso e lo riempì di baci su tutto il viso come se fosse un bambino piccolo e imbronciato. Tobio non si rendeva conto di quanto fosse adorabile e di quanto sarebbero stati pazzi di lui.

Kageyama subì quell'attacco con piacere, prima di riappropriarsi del cappello e di rialzarsi facendo finire Hinata col culo per terra.

" Devo tornare al lavoro, domani ci troviamo di fronte all'istituto nel primo pomeriggio, non fare tardi, boge."

" Ovvio." sorrise prima di alzarsi di nuovo in volo.

Si separarono, stavolta senza ombre, senza minacce. Il futuro era ancora un'incognita ma avevano la consapevolezza definitiva che non si sarebbero mai più persi.

Tadashi posò i fiori sulla tomba poi alzò gli occhi al cielo, vedendo un'ombra veloce volare velocemente sopra le loro teste.

" Ma quello lassù non è Hinata?"

Tsukishima guardò in alto annoiato " Ora che non abbiamo più limitazioni ci ronzerà intorno tutto il tempo come una mosca fastidiosa."

" Mi ha scritto un messaggio prima, oggi sua sorella aveva il primo giorno di scuola, sta volando a prenderla." rise Yamaguchi.

Tsukishima accarezzò piano l'incisione sulla lapide, il nome di Akiteru scritto a lettere dorate sul marmo grigio. Era venuto a sapere che la sorella di Oikawa era sopravvissuta alla Cupola e nonostante il proprio dolore, si consolò pensando che almeno altri avrebbero potuto avere un rapporto fraterno felice, senza rancori idioti e infantili in mezzo che poi avrebbero rimpianto per tutta la vita. Non si poteva mai sapere quanto tempo si aveva ancora a disposizione con le persone care; con suo fratello l'aveva capito troppo tardi, pensò che almeno con Tadashi non avrebbe fatto lo stesso errore.

Naturalmente non lo avrebbe mai detto ad alta voce.

"Tsukki, Suga-san e Daichi-san ti salutano." disse di nuovo Yamaguchi mostrandogli lo schermo luminescente dello smartphone. C'era una fotografia con Sugawara sullo sfondo in posa davanti alla bandiera degli Stati Uniti, mentre Sawamura era in primo piano, o meglio una porzione della sua faccia, in un penoso tentativo di scattarsi un selfie che includesse anche ciò che aveva dietro, riuscendoci a malapena.

Dopo appena due settimane dal processo contro i fratelli Miya, i due erano volati in America. Suga aveva vinto una borsa di studio e stava valutando se proseguire i suoi studi all'estero. Tsukishima capì che era anche un modo per allontanarsi da quei luoghi ed esorcizzare quel dolore che probabilmente non lo avrebbe lasciato ancora per molto tempo. Non poteva certo biasimarlo; anche se i colpevoli avevano ricevuto la massima pena e probabilmente non sarebbero più stati rimessi in libertà, la ferita era ancora troppo fresca e in quel caso cambiare aria non gli avrebbe fatto che bene, piú di qualsiasi terapia psicologica.

" Dovremmo andarcene anche noi da qualche parte." disse all'improvviso Tsukishima.

" Uh? Bhu?!" balbettò Yamaguchi. " Non dovremmo parlare di certe cose qui..."

" Che c'é, hai paura che nii-san si offenda?" motteggiò Kei prima di allontanarsi con le mani in tasca, non prima di aver lanciato un ultimo sguardo come muto saluto alla lapide.

" Si, mi piacerebbe." esultò Tadashi camminando in fretta dietro di lui " Partiamo, Tsukki! Devo solo avvertire mia madre. A proposito...ti vuole a cena con noi stasera! "

" Siamo già alla terza volta in un mese, vuole adottarmi per caso?" poi sorrise piano vedendo Tadashi impanicarsi " Vengo solo se tu domani vieni da noi. Mia madre vuole che le racconti tutto di me, adora sentire la storia della mia vita dalla tua bocca."

Yamaguchi sorrise annuendo. I sogni premonitori si erano attenuati e non erano più tragici e dolorosi, pensò che probabilmente il suo potere si attivava come e quando ne aveva più bisogno, quindi il fatto che adesso di fosse indebolito non poteva che essere un buon segno.

La notte riusciva a dormire bene e non aveva più crisi. Probabilmente il suo corpo e la sua mente gli volevano comunicare che sì, adesso, in quel momento, ognuno di loro era esattamente dove voleva essere.


Note autrice: ed eccoci qui con un finale un po' agrodolce. Mi è dispiaciuto molto per la morte Akiteru ma di certo è servito a Tsukishima per crescere. Idem per tutti gli altri! Grazie a chi ha letto e seguito fin qui e mando un bacio a tutti!

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