Capitolo 25

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26 She'th Ghar 1842 (calendario di Haksh) – Khrimbetka; Bhimbetka

Boldegan si svegliò alle prime luci del sole, sua moglie era accanto a lui ancora incosciente e il barbagianni era seduto su una poltrona davanti al loro letto; sotto di lui, i vestiti sgualciti della coppia a fargli da cuscino.

"Ben svegliato" sussurrò l'uccello facendo sobbalzare lo stesso il giaguaro che doveva ancora abituarsi alla sua presenza.

"Buongiorno. Ma perché bisbigli?" chiese con lo stesso tono di voce.

"Ancora con questa storia. Io sono te, parlo con questo volume perché non vuoi fare rumore. Nima dormirà per, almeno, altre due ore. Andiamo di là, vuoi parlare del Circolo di oggi, no?"

Si diressero furtivi in cucina e Boldegan iniziò a fare colazione con del formaggio di capra, un frutto e un pezzo di pane; volle offrirlo al barbagianni, ma rifiutò per ovvie ragioni.

"Allora, dimmi cosa ti preoccupa" ruppe il ghiaccio quello strano resh be'th appoggiando le mani sul tavolo di pino.

"Mi preoccupa l'influenza di Dobry, ma soprattutto mi preoccupa la sua stupidità e insensibilità. Ormai la nostra fede è diventata automatica: buon raccolto? Sacrificio; siccità? Sacrificio; evento pubblico? Sacrificio. Sia chiaro, è quello in cui crediamo e in cui credo, ma nelle sue parole, e ogni volta che prepara l'offerta, vedo solo abitudine. Sembra che lo faccia per forza." Si stropicciò gli occhi ancora assonnati col palmo.

"Poi è convinto, come tutto il Circolo del resto, che i trentasei siano un dono ricevuto per i sacrifici passati. Mi suona molto inverosimile come cosa. Primo, sovverte tutto il senso dell'equilibrio: qui la bilancia pende da un lato solo. Secondo, Betka non è un guardone che ci osserva punendoci o premiandoci in base al nostro operato: lui ci ha affidato l'equilibrio del mondo e noi abbiamo il compito di mantenerlo. I trentasei sono un segno, un segno di un grosso cambiamento che sta per avvenire e noi abbiamo il dovere di riequilibrarlo per evitare che il nostro mondo, e persino gli altri ge'th magari, collassino. È questo che il gran teocrate non riesce a capire."

"Boldegan, siamo molto più intelligenti di così: hai svelato il primo tassello della tua fede. Sicuro che non ci sia niente che ti suoni strano in queste pratiche religiose?" Si guardò le unghie mordicchiate con non curanza.

"Non ti seguo, dove vuoi arrivare?"

"Scava all'interno di te, così potrò dirti ciò che hai nascosto e dimenticato" lo incalzò il barbagianni.

 Il giaguaro scosse la testa:

"Ciò in cui credo è giusto. Non c'è niente che reputi sbagliato o che abbia perduto di significato".

Roteando gli occhi, e quasi sbuffando, la sua coscienza gli chiese:

"Sei veramente convinto che il sacrificio sia l'unica chiave per mantenere l'equilibrio?".

"Continua." A Boldegan sembrò che un piccolo ingranaggio avesse fatto uno scatto dentro di sé: era curioso e avvertì un leggero disagio. Forse sapeva che stava per riscoprire qualcosa e la paura si trasformò in trepidazione.

"Riflettici bene: quando eseguite le cerimonie sacrificali? In particolari eventi positivi o negativi, giusto? L'equilibrio è il punto di incontro e di annullamento tra due forze opposte, ma voi opponete a un buon raccolto una morte e alla siccità un'altra morte. Sei sicuro che questa, sia nel bene sia nel male, possa essere la soluzione all'equilibrio tra i resh be'th? So che stai per dirmi che 'i vostri sacrifici non servono per opporsi all'evento, ma per proteggere i resh be'th.' Quando c'è il bene li proteggete dall'invidia dell'esterno; quando c'è il male, dal caos dell'interno."

I figli dei SamathDove le storie prendono vita. Scoprilo ora