Capitolo 14

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Beau

Il terremoto durò più tempo del precedente e fu totalmente inaspettato. Afferrai per mano Teresa e la trascinai in fondo alla spiaggia, cercando di muovermi controvento con tutte le mie forze. Ci aggrappammo a una palma e aspettammo. Mi guardai intorno. Beta O veniva scagliato via, il vento che faceva pressione sulle sue ali aperte. Sparì nuovamente all’orizzonte. Un po’ mi dispiacque. Teresa mi artigliò una mano.

- Non riesco a reggermi, Grid! – urlò, stringendo i denti dall’altro lato dell’albero.

- Resista, signora! – risposi.

- Dammi del tu, dannazione!

Avrei voluto ridere, ma ero troppo occupata a non volare via. Un casco di banane mi precipitò dritto in testa e combattei contro l’istinto di cadere a terra. Fu seguito da una noce di cocco, e se fossi stata viva sarei probabilmente svenuta. Fortunatamente, invece, ero morta, così l’effetto fu “solo” che mi morsi la lingua. A sangue. Imprecai mentalmente contro il Leone e sperai che la rotazione terminasse in fretta. Non sapevo esattamente come funzionasse, ma ero certa che il moto di un pianeta, per quanto veloce, non dovrebbe essere percepito fisicamente da quelli che ci stanno sopra. Quindi questo era qualcosa di diverso dal moto, qualcosa di superiore. Cosa c’era di superiore al moto? L’avrei chiesto a Nana quando non avrei più avuto bisogno di tenermi a un albero assassino per non morire. Passarono due buone ore prima che il vento si placasse. Le piante tornarono alla loro naturale posizione e la sabbia smise di volare. Il mare si era mangiato altri due metri di spiaggia. Ne restava molto poca, il tanto che bastava per montare una tenta per due persone e accendere un falò. Sospirai. E anche questa era passata. Cercai Teresa con lo sguardo e la vidi scaraventata contro un albero, le braccia sistemate scompostamente e un’espressione infastidita in volto.

- Che seccatura, ancora! – sbuffò . – Tesoro, puoi darmi una mano a rimetterle a posto? – mi chiese, muovendo gli arti come poteva.

Sbattei le ciglia, stupita, ma le corsi incontro, inginocchiandomi. – Certo, signora.

- Dammi del tu, ti ho detto! Mi fai sentire una vecchietta, ma in fondo ho solo qualche anno in più di te.

Sorrisi. – Okay, Teresa. Non so se farà male o no, ma credo di dover raddrizzare l’osso – dissi, osservando le braccia. – Forse si è spostato dal gomito o qualcosa del genere. Non ci ho mai capito molto di anatomia.

Lei scosse la testa. – Non devi mai dire queste cose al paziente, agisci e basta.

Presi un respiro profondo e le afferrai con una mano la spalla sinistra e con l’altra il polso. Deglutii, poi tirai con tutte le mie forze. Sentii un forte crack poco rassicurante, poi, lasciandolo andare, vidi che il braccio era tornato dritto. La signora non aveva emesso un gemito, era proprio morta.

- Riesce… riesci a muoverlo? – chiesi, correggendo in tu prima che iniziasse a prendermi a schiaffi.

Lei strinse le dita e piegò il gomito. – Sì, cara.

Aggiustai anche il braccio destro: ci stavo prendendo la mano. Lei scrocchiò le dita, soddisfatta.

- Così va meglio – disse. – Dov’è finita l’aquila?

-Credo sia stata trascinata dall’altra parte del… - borbottai, ma un rumore mi fermò a metà frase.

Era un suono di risucchio, come quando si tira l’acqua del gabinetto, ma più amplificato, come se qualcuno stesse tirando lo scarico in un teatro, proprio sul palcoscenico, con un microfono davanti. mi voltai e scrutai la spiaggia. Il suono veniva da lì, ma non si vedeva niente di strano. Aiutai la signora ad alzarsi.

La Scrittrice FantasmaWhere stories live. Discover now