Capitolo 23

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Un'impresa durante l'impresa



È tempo di essere torturate!

Contaci, dolcezza.

Capitano mi passò la sciabola, incapace di combattere, e mi fece cenno verso quell'essere alludendo a qualcosa come: "Vai e ingaggia battaglia!"

Io mi strinsi nelle spalle, guardando quell'omino grassoccio che ridacchiava tutto contento, e pensai che magari avrei potuto colpirlo.

Pensavo male.

Caricai il colpo con un urlo degno di Sandokan, ma rischiai di finire fuori bordo: l'avatar in sovrappeso era improvvisamente scomparso.

- Attenta! – gridò Capitano.

Feci appena in tempo a girarmi che quell'essere mi diede un bel calcio nel sedere che mi sbilanciò, facendomi cadere di sotto. Riuscii ad aggrapparmi al ponte con una mano, mentre con l'altra tenevo ancora l'arma di Beau. Elia cercò di aiutarmi ma fu scaraventato contro l'albero maestro. Mentre il mostriciattolo si occupava di lui io riuscii e tornare a bordo, facendo presa sul braccio e scalciando come un mulo per arrampicarmi. Sperai di coglierlo di sorpresa, così quando fui alle sue spalle sollevai la sciabola, pronta a colpire. Lui però scomparve ancora e per poco non feci a fette il povero Elia. Lui gridò, portandosi le mani davanti alla faccia, e io fermai il colpo a mezz'aria, appena in tempo. Mi voltai. La palla di lardo infernale saltellava nel ponte di prua, poi si voltò e ci guardò uno a uno, minacciosamente. Il suo volto da blu divenne rosso.

- Non osate mai più attaccarmi in quel modo, o chiamo i Suppliziatori! – sbraitò, per poi tornare blu e sistemarsi il cravattino.

- I chi? – chiese Capitano.

Lui ridacchiò, indicando la volta di sabbia. – I Suppliziatori. Quegli insulsi parassiti che ti si attaccano alla pelle e scatenano nella tua mente immagini che torturano la tua anima.

- Quelle specie di lucciole. – capì Edo.

Guardammo in alto, rivolti verso le grida disperate dei dannati.

- Perché fanno questo? – chiesi, senza la speranza di ottenere una risposta.

Invece la ottenni. – Perché si nutrono di dolore. – disse il tizio, come fosse la cosa più ovvia del mondo.

- E comunque il mio nome è Pol. – si presentò poi con un buffo inchino. – Sono il direttore in carica del Fondo di Clessidra. Mi occupo di scegliere i dannati da torturare, dirigere i Suppliziatori, licenziarli, eccetera, eccetera.

- Fondo di Clessidra? Puoi parlare chiaro per noi turisti? – domandò Elia, alzando le sopracciglia.

- Sei qui per farci torturare? – chiese Edo nello stesso momento.

Lui sollevò le mani. – Calma fanciulle, una per volta, c'è un po' di Pol per tutte. Punto primo, il Fondo di Clessidra è il posto in cui ci troviamo ora. Voi siete scesi dal Foro di Clessidra, le Porte alla sala delle torture. Le anime vengono torturate qui, qui e lì. – aggiunse, indicando la sabbia sotto di noi, lo spazio intorno alla nave e l'aria sopra le nostre teste. – E per la domanda del ragazzino, no. O almeno, dipende da voi.

- In che senso dipende da noi? – chiesi, stringendo la sciabola.

Lui sorrise. – Sono qui per chiedervi un grande favore a voi che siete nuovi e non vi conosce nessuno. Vedete, c'è Cerberus, che non mi vede molto di buon occhio, e poi c'è mio fratello Pok, e nemmeno lui mi vuole tanto bene...

La Scrittrice FantasmaWhere stories live. Discover now