Capitolo 18

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Palloni gonfiati

Con "enorme alieno gelatinoso verde", intendevo sul serio un enorme alieno gelatinoso verde. Era talmente grande da occupare quasi tutta la grotta, che era parecchio, ma parecchio larga. Probabilmente riusciva ad arrivare al fondale con i piedi. O con le zampe. O con qualunque cosa ci fosse alla base del suo corpo... non che volessi saperlo. Il mostro produceva rumori simili a un gorgoglio continuo, come se stesse digerendo, ma dopo un po' capii che si trattava del suo respiro, che rimbalzava nelle pareti della grotta creando un eco da far venire la nausea. Dove diavolo era la testa? Sembrava un enorme budino di roba schifosa appallottolato e buttato lì nella grotta. Puntai lo sguardo nella parte più alta e notai una sfera gialla grande almeno il doppio di me: che fosse l'occhio o la bocca? Mi alzai, abbastanza schifata da quell'essere, e notai che anche gli altri lo avevano visto. Beh, non era esattamente invisibile. Edo e Teresa erano abbastanza disgustati, e Capitano sembrava ancora più bianco di quanto già non fosse. Calico Jack corse fino al pilone di prua e ringhiò contro l'anima aliena gigante, tirando indietro le orecchie e la coda in una posizione di attacco.

- Come facciamo a passare? – chiese Edo, fissando il coso.

- Mah, io direi che possiamo benissimo stare qui un altro po'. – propose sua madre. – Magari se ne andrà.

- Non sembra avere intenzione di muoversi, signo... ehm, Teresa. – disse Capitano.

- E poi – aggiunsi io, indicando alle nostre spalle. – Non voglio altri incontri ravvicinati con quei piranha fantasma. O con il kraken rettile. Potrebbero tornarci dietro da un momento all'altro.

Edo sollevò una piccola trave di legno da un catasto di cianfrusaglie impolverate e l'agitò per aria. – Possiamo sempre difenderci, siamo pirati noi!

Capitano sorrise. – Mi ricordi proprio Rupert. Era solo un mozzo, ma quando la nave veniva attaccata era il più scatenato di tutti.

Mi sistemai una ciocca di capelli, notando con disgusto che erano sempre più secchi e grumosi a causa del sangue rappreso. – Comunque sia, non possiamo restare. Hanno mangiato i remi della barchetta, non possiamo permettere che causino qualche danno alla Lovibond.

Capitano deglutii, preoccupandosi non poco all'idea di quelle anime che affondavano le loro grosse zanne nello scafo della sua amata. – Dobbiamo trovare un modo per passare oltre quell'essere disgustoso.

Il gorgoglio si fece per un attimo più forte. – Credo sia offeso. – dissi. – Sembrerebbe capirci. Ehi, palla di lardo! – urlai in sua direzione.

Lui (o lei) tremò da capo a piedi (per così dire), e oltre al gorgoglio provocò anche un altro suono che non piacque a nessuno a bordo. Una specie di verso stridulo, acutissimo, che fece tremare anche le pareti dorate della grotta. Per chi ha guardato Jurassic Park e conosce il verso degli pterodattili, saprà anche che verso ha fatto quel coso, che somiglia tutt'altro che a uno pterodattilo.

- Credo che non dovremmo offenderlo. – mormorò Edo, cercando di tenersi in equilibrio insieme alla madre.

Osservai il mostro, cercando di ragionare. Era ancora abbastanza lontano da noi, forse un centinaio di metri più avanti, ed era parecchio largo. Immaginai che fosse stato profondo lo stesso tanto di quanto era largo. Probabilmente non saremmo riusciti ad attraversarlo dall'interno (cosa che avrebbe fatto parecchio schifo, quindi tirai un sospiro di sollievo): se avessimo provato, la goletta sarebbe rimasta incastrata in quella viscida gelatina verdognola. Il più grande sogno di Capitano, insomma. Poi qualcosa attirò la mia attenzione. Qualcosa di molto piccolo, alla base del mostro.

- Beau – dissi, facendolo avvicinare. Lo guardai. I suoi occhi erano sull'attenti, chissà cosa immaginava gli stessi per chiedere. – Hai un cannocchiale qui a bordo? O un binocolo?

La Scrittrice FantasmaWhere stories live. Discover now