Capitolo 15.

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Ci siamo, è il grande giorno.
Per la verità di grande non ha proprio niente, sto per sposarmi contro la mia volontà.

È tutto pronto: la chiesa è piena di rose bianche e candele profumate, le fedi sono pronte, Amanda indossa la sua vestina da damigella ed io sono rinchiuso nella stanza dove devo prepararmi per il giorno "più bello della mia vita".

Sono di fronte ad uno specchio che probabilmente ha visto migliaia di uomini presi dal panico, ed io sono uno di questi. Non riesco nemmeno a sistemarmi la cravatta, figuriamoci a sistemarmi per la vita.

Qualcuno bussa alla porta. Mi aspetto che si tratti di mia madre, penso che mi voglia intimare di non fare scherzi, anche se sa che sono troppo innamorato della mia piccola Amanda per fare una cosa del genere.
- Avanti -

Dylan entra, già pronto per la cerimonia e con una faccia piena d'amarezza:
- Come stai? - chiede.
- Vaffanculo -
- Dai, andrà tutto bene -
- Certo, come no -
- Aspetta, ti sistemo la cravatta -

Mentre mi aiuta a fare il nodo, gli poggio le mani sui fianchi e lo avvicino a me:
- Ti ricordi il primo giorno? -
- Come fosse ieri - sorride.
- Ti amo -
- Jonathan -
- Baciami -

Dylan mi accontenta e ci baciamo, forse per l'ultima volta. Vorrei che le sue labbra non si scollassero mai dalle mie.

- Forza, si va in scena -
- Aspetta -
- Basta - mi rimprovera.

[...]

Sono in piedi, di fronte all'altare.
Tra poco Colette entrerà in chiesa e diventerà mia moglie.
Sento gli sguardi delle persone addosso a me, tutti sembrano essere felici per me, sembra che pensino che io sto vivendo un sogno. Non è così.

Mi volto; seduto tra i primi banchi c'è Dylan. Mi lancia un'occhiata che sembra volermi dare la forza di fare questa cazzata.
Vorrei che di fronte a tutte queste persone fosse lui a raggiungermi per dirmi "sì, lo voglio".

Di colpo le porte si aprono e Amanda fa il suo ingresso, tenuta in braccio da mio fratello Travor.
È così carina, sembra un angelo. Penso sia la più bella e piccola damigella d'onore che abbia mai varcato la soglia di una chiesa. Sono così felice che sia mia figlia, anche se avrei preferito che venisse al mondo in altre circostanze, magari in un altro momento.

Il coro prende a cantare: tutte le persone si alzano in piedi emozionate, rivolte verso l'entrata aspettando di vedere Colette entrare.

Una figura vestita di bianco compare in fondo alla navata. Indossa un'abito da sposa semplice ma adatto a lei, i capelli dorati le scendono sulla schiena ed il viso è nascosto da un velo di garza di seta.

Si avvicina all'altare, stringendo con una mano il braccio di suo padre e con l'altra il bouquet di rose bianche e rosa.

Quando mi si affianca sembra essere molto emozionata, al contrario mio che sono teso e sempre più rassegnato.

La cerimonia si svolge secondo le regole, perfino nel momento del "se qualcuno ha qualcosa da dire parli ora o taccia per sempre". Speravo che qualcuno si opponesse, ma sarebbe stato fin troppo facile.

È giunto il momento.
Alla domanda del prete Colette risponde senza esitare - Sì, lo voglio -
La sua vocetta acuta mi trilla nelle orecchie.

Tocca a me; il prete prende parola - Tu, Jonathan Adams, vuoi accogliere come tua sposa la qui presente Colette Kristhen Smith? -

Il mio battito accelera. Sento il sangue defluire nel mio corpo. Percepisco gli sguardi delle persone fissi su di me, con il fiato sospeso mentre si aspettano di sentire il mia risposta.
Colette, imbarazzata dal mio silenzio, mi tira un impercettibile pizzicotto sul braccio.

- No -

Tutti sgranano gli occhi e nella chiesa cala il silenzio. Colette si volta di scatto verso di me - C cosa? -

- No. Non posso sposarti -
-  Perché? - sussura in lacrime nel silenzio.
- Mi dispiace ma...

Prendo un respiro profondo

...sono innamorato di Dylan -

Colette scoppia in un urlo e crolla in pianto; tutti la soccorrono e mentre cerco di correre fuori, sento la gente che mi urla contro i peggiori insulti.

Una volta fuori vengo travolto dal temporale (tempismo perfetto). D'improvviso vedo Dylan camminare a passo svelto verso la sua auto.
Lo inseguo e non smetto di supplicarlo di fermarsi.

Finalmente lo raggiungo. Gli agguantato un polso e faccio in modo che si volti verso di me. Ha il volto rigato dalle lacrime:
- Dylan -
- Che cazzo vuoi ancora?! -

Gli passo una mano sulla guancia bagnata...
- Resta -

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