Capitolo 8.

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Questa mattina il cielo sempra una cupola grigia.
Travor ad io stiamo andando a fare la spesa; mamma e papà sono al lavoro ed il nostro frigorifero reclama cibo.
Non passavo del tempo con mio fratello da tanto, effettivamente abbiamo ripreso i rapporti da quando ci siamo trasferiti in Califorinia.

Siamo tornati.
Travor è dovuto correre al pub dove lavora per un'emergenza, quindi ho la casa e, cosa ancora più importante, la tv tutta per me.

Sono circa le sette di sera. I miei genitori torneranno a casa a breve.
Mentre sono spaparanzato sul divano a poltrire, il mio telefono mi segnala che è appena arrivato un messaggio.
È lui, Dylan.
Dice che deve parlarmi di una cosa davvero molto importante al più presto. Gli ho risposto che può venire a casa mia, ma non dev'essere una cosa lunga.

Francamente non ho nessuna voglia di vederlo. Mi sento in colpa, so di aver sbagliato e soprattutto so di star facendo il doppio gioco con lui e sua sorella Colette, anche che lei, a differenza di Dylan, non è a conoscenza della verità.

[...]

Sto aspettando Dylan. L'attesa non mi ha mai messo così tanta ansia come in questo momento.

Il campanello suona. Apro la porta. Mi siedo al tavolo, difronte a me c'è lui.
Tengo le mie mani intrecciate saldamente, inutile dire che io sia pieno di tensione:
- Ti ascolto, Dylan -
- Vedi Jonathan, ieri mia sorella è venuta da me tutta esaltata. Ha detto che eravate andati a letto. Era molto contenta -

È palesemente nervoso quanto me, e si capisce che gli fa male parlare di questo argomento, anche se non lo vuole dare a vedere.
Si alza dalla sedia rumorosamente, mantenendo le mani fisse sul massiccio tavolo di legno.
Non posso fare a meno di alzarmi di riflesso, cercando di non mostrare che sono spaventato da lui.

- Hai qualcosa da dire? - prosegue.
- No -
- Bene. Ha anche detto che i preparativi del matrimonio sono quasi finiti. È vero, Jonathan? -
- Si, ma stai calmo -
- Sono calmo. Vuoi sposarla? È questo che vuoi? -
Mi limito a tacere.
- Rispondi! -
- Devo - sussurro.
- Devi? -
- Non ho scelta -
- Si ha sempre una scelta -
- Non stavolta. Dylan ti prego, va via ora -
-  Che c'è? Hai paura che ci possano sentire? Ricorda che io, a differenza tua, non ho mai giocato a nessuno stupido gioco. Io facevo sul serio -
- Ma non ti ho preso in giro -
- Ah no? - chiede sarcastico.
- Di sicuro quando ti baciavo non lo facevo per procurarmi nuove esperienze! -
- Senti Jonathan ma vaffanculo! -

Si volta e cammina verso la porta. Lo raggiungo e gli poggio una mano sulla spalla:
- Dylan aspetta -
- Cosa? - dice dandomi la schiena - Hai deciso che non la sposerai? -
- Lo sai che sono costretto! -
- E allora non cercarmi più -

Si libera dalla mia presa ed esce.

Dio. Perché deve sempre essere tutto così difficile. Non so cosa fare, forse dovrei dare retta alla mia testa e sposare Colette, forse invece dovrei seguire il mio cuore e stare con Dylan.
Ma chi voglio prendere in giro, seguire il cuore non ha mai portato da nessuna parte.

È la testa che decide, il cuore può adeguarsi soltanto.

Prendo le chiavi e monto in auto. Ho intenzione di andare a parlare di tutto questo con l'unica persona che non mi ha mai giudicato.



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