Capitolo 2.

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Oggi a scuola non poteva andarmi meglio; la prof di chimica ha fatto un interrogazione a sorpresa, per la quale non avevo assolutamente studiato. Per fortuna, in qualche modo Maggie è riuscita a suggerirmi e mi sono salvato con un 6+.

Ora è pomeriggio e sono a casa da solo. Amo stare da solo, soprattutto quando ho mille pensieri per la testa come oggi.
Sono tre giorni che non vedo Dylan, e non so perché ho come il bisogno di risolvere la questione, anche se non so nemmeno io quale.

Esco di casa e busso alla porta degli Smith. Vorrei chiedere a Karen se suo figlio è in casa, ma mi trovo di fronte Dylan stesso. Il suo viso nel vedermi si incupisce, pur restando disciplinato e privo di emozioni:
- Colette non è in casa, che vuoi? -
- No, ehm, volevo parlarti -
Lui mi guarda un secondo, come fermandosi a pensare, poi parla:
- Entra -

Mi fa strada lungo un corridoio:
- I miei non sono in casa e non vogliono che nessuno veda la confusione del salotto, quindi vieni in camera mia -

Lo seguo in silenzio. Ci sediamo sul suo letto:
- Che vuoi, Jonathan? - chiede freddo.
- Ma che ti ho detto l'altra sera? Perché mi eviti e mi tratti così? -
Dylan sorride sprezzante:
- Prova a pensarci -
- Ho detto solo che tua sorella non fa al caso mio e che vi considero come fratelli -
- Bingo! - esclama sarcastico.
- Cosa? -
- L'ultima cosa, non dovevi dirla -
- Ma...perché? -

Dylan non mi risponde, si limita a osservarmi in tutta la mia confusione.
Di colpo, se pur lentamente, mi appoggia una mano sulla guancia. Sento un brivido passarmi sulla schiena ed il mio corpo si irrigidisce.

- Non voglio essere tuo fratello, tanto meno un tuo amico -

Si avvicina al mio viso, soffermandosi un secondo come a cercare in me segni di contrariazione, ma non vedendone mi bacia. Le sue labbra sono calde e morbide, si posano sulle mie dolcemente. In tutta risposta non faccio altro che seguire quel bacio, ne ho bisogno.

Dylan appoggia una seconda mano al mio viso ed in men che non si dica mi ritrovo steso a letto con lui sopra.
Non so reagire, posso solo assecondare tutto ciò che mi fa.
I baci diventano sempre meno delicati, ma pieni di passione irrefrenabile. Dylan si leva la maglietta nera che indossava, lasciandomi la visita sui suo addominali; subito dopo la toglie anche a me. Con le sue labbra calde scende sul collo, dopo ancora sul petto e fino al ventre. Prova a scendere ancora più in basso, ma mi irrigidirsco di colpo, forse prendendo coscienza di quello che sta succedendo.

Dylan si alza e si rimette la maglia. Prima di uscire dalla stanza si volta verso di me, che sono ancora immobile sul letto come un ebete:
- Ti aspetto di là - sussurra con voce profonda.

Appena chiude la porta riprendo a respirare. Mi alzo di colpo e mi rivesto. Mi fermo qualche secondo seduto sul letto.
Oh mio Dio, non può essere vero, io sono etero al cento per cento. Non può essere successo.

Il senso di colpa e smarrimento è così forte da darmi la nausea, ed in poco tempo cerco una giustificazione per quanto è successo.

Vado in cucina, dove Dylan mi aspetta con il sorriso in volto:
- Hey Jona -
- Non chiamarmi così! - urlo furioso.
- Ma che ti prende? Tutto ok? -
- Poco fa, quello è un abuso bello e buono! Come hai potuto!?! -
- Ma sei fuori? Jonathan, tu eri d'accordo, non mentire a te stesso -
- Tu non mi conosci! Sta lontano da me se non vuoi che ti denunci! Sta lontano! -

Corro fuori ed entro il più velocemente possibile in casa mia. Mi precipitò in camera, dove sprofondo la faccia in un cuscino per soffocare l'urlo.
Non può essere successo. Sono etero. Sono etero. Sposerò Colette.

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