Star Wars || Raccolta One-Sho...

By BrcwnEyes

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[ 𝑅𝐼𝐶𝐻𝐼𝐸𝑆𝑇𝐸 𝐶𝐻𝐼𝑈𝑆𝐸 ] Raccolta di one-shots con protagonisti i personaggi di Star Wars apparte... More

Premessa, Contenuti e Disclaimers
⚠ IMPORTANTE
OS: "Nessuno dietro il Mare delle Dune" / Obi-Wan Kenobi
OS: "Pesante è il capo di chi porta l'elmo" / Din Djarin
OS: "Shuk'la" / Din Djarin
OS: "Di rimpianti, silenzi e lune gemelle" / Mandomera
OS: "Stelle appese" / Stormpilot
OS: "Il fiore nell'abisso" / Enfys Nest
🎬 Parliamo di: "Gli Ultimi Jedi"
🎬 Parliamo di: "Solo: A Star Wars Story"
🎬 Parliamo di: "L'Ascesa di Skywalker"
🎬 Parliamo di: "The Mandalorian", S.1
IM: PRIMO INCONTRO - HAN
IM: PRIMO INCONTRO - LUKE
IM: LA SFIDA - HAN X CONTRABBANDIERA
IM: L'APPUNTAMENTO - HAN X CONTRABBANDIERA
IM: UN MONDO PIÙ VASTO - LUKE
IM: RIPARAZIONI - HAN X PILOTA
🎲 CHALLENGE: Il latte blu della zia Beru
🎲 CHALLENGE
🎲 CHALLENGE : Le ciambelle sulla testa di Leia Organa
📌 RICHIESTE - non più disponibili
📌 RICHIESTE, 2 - non più disponibili
PROMPT: Anidala, n°24
PROMPT: Anidala, n°6
PROMPT: Finnrose, n°30
PROMPT: Hanleia, n°8
OS: Hanleia
PROMPT: Han Solo, n°22
PROMPT: Han Solo, n°21
PROMPT: Han Solo, n°26
PROMPT: Han Solo, n°5
PROMPT: Han Solo, n°2 (R.2)
PROMPT: Han Solo, n°30 (R.2)
PROMPT: Luke Skywalker, n°26
PROMPT: Luke Skywalker, n°19
PROMPT: Luke Skywalker, n°25
PROMPT: Luke Skywalker, n°27
PROMPT: Luke Skywalker, n°23
PROMPT: Luke Skywalker, n°29
PROMPT: Luke Skywalker, prompt su richiesta
PROMPT: Luke Skywalker, n°19 (R.2)
PROMPT: Obikin, n°19
PROMPT: Obikin, n°10
PROMPT: Obikin, n°12
PROMPT: Poe Dameron, n°13
PROMPT: Rey, n°3
PROMPT: Reylo, n°14 (R.2)
PROMPT: Skysolo, n°6
PROMPT: Skysolo, n°3 (R.2)
PROMPT: Stormpilot, n°32
PROMPT: Stormpilot, n°1 (R.2)

OS: "Famiglia" / Rey, Finn, Poe [Ep.IX Concept Art]

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By BrcwnEyes

Concept art: i cittadini di Coruscant preparano e dipingono vecchi camminatori imperiali
Personaggi: Rey (il mio credo mi impedisce di aggiungere Skywalker), Finn, Poe, OC
Localizzazione: post-"L'Ascesa di Skywalker"
Genere: introspettivo, tipico fluff da found family
Disclaimer: la concept art non è frutto delle mie manine, ma lo è solo la situazione descritta

«Perché?»

In altre circostanze, fare una tappa simile non avrebbe avuto alcun senso per Poe: se avesse voluto distrarsi dagli obblighi diplomatici e militari, avrebbe optato per un pianeta molto meno civilizzato di Coruscant.

Ma proprio perché già mentalmente si stava preparando a una risposta criptica da vecchio stregone, non rimase particolarmente sconvolto dalla spiegazione di Rey: l'eco debole e confuso di una voce che si diffondeva tra le rovine del Tempio Jedi e che sembrava chiamarla a sé.

Alla fine del racconto, però, Finn esordì con un "Beh, perché no?", e se da una parte Poe decise che come scusa gli andava bene, dall'altra non era più tanto convinto che Rey non si stesse approfittando di loro due per testare il suo potere di persuasione...

«In realtà, non avevo pensato anche a voi due per questo... C'è una buona probabilità che possa rivelarsi un viaggio a vuoto.»

«Lascia i pronostici a 3PO. E poi abbiamo affrontato di peggio di un viaggio a vuoto, non credi?»

Il ghigno beffardo del generale Dameron fu subito mimato dalla ragazza, ma il naso lievemente arricciato e le nuvole di lentiggini spruzzate sotto gli occhi aggiungevano una sfumatura più dolce.

«Se ancora non ti fidi di me, puoi dirlo.»

«Ti stiamo dicendo che ormai sarà difficile liberarti di noi così facilmente» intervenne Finn, con lo stesso tono giocoso.

Strinse la spalla di Poe con una mano, come per avere un appoggio in più. Ma, in una frazione di secondo, lo yaviniano era diventato mortalmente serio: la stessa che era servita agli angoli della bocca di Rey per abbassarsi.

Le si fece più vicino. Con un piede a terra e uno sopra la rampa del Falcon, la ragazza sembrava un uccellino pronto a spiccare il volo verso distese ignote irrequieto -- una zampa fuori e una dentro la gabbia -- e proprio perché lui non era così diverso, e ne aveva sperimentato le conseguenze sulla pelle sua e di altri, sentiva ancor più forte la responsabilità di quello che stava per dirle.

«Io mi fido di noi, Rey. Siamo una famiglia. Per come la vedo io, "famiglia" significa non dover combattere le proprie battaglie da soli... E, anche a costo di rinchiuderti in uno scompartimento del Falcon, noi veniamo con te.»

Erano entrati nel Tempio quando il sole era già alto nel cielo artificiale dell'ecumenopoli. Ne erano usciti solo quando i primi sbuffi d'arancio e di porpora avevano iniziato a sovrapporsi all'azzurro.

Coruscant era mille città in una, tutti e nessuno, corpo fisso e nebulosa orbitante, luce e tenebre contrapposte sin dai tempi della Vecchia Repubblica e forse molto prima, e tali contraddizioni non l'avevano abbandonata nemmeno dopo la caduta dell'Impero.

Non che qualcuno dei tre avrebbe potuto dirlo, però. Poe c'era stato troppe poche volte per poter fare a meno del conto delle dita, ma abbastanza spesso per confermare la sua propensione naturale per i placidi ritmi dei pianeti boscosi. Da parte loro, Rey e Finn dovevano per forza affidarsi ai racconti che avevano udito in proposito, se prima degli ultimi tre anni non avevano visto nulla che fosse ad un palmo o da Jakku o dalle stazioni del Primo Ordine.

In quel momento, la preoccupazione primaria dei tre amici era di non perdersi in quel mastodontico dedalo di strade per raggiungere lo spazioporto, dove avevano lasciato Chewbe, 3PO e BB-8 con il Falcon.

Mentre Finn e Poe la precedevano, Rey, turbata, si stringeva nelle spalle.

Pensava agli sguardi rassicuranti, lanciati quasi di sfuggita, che l'ex-assaltatore non aveva smesso di rivolgerle da quando avevano lasciato il Tempio, come a chiederle -- a implorarla -- di non essere troppo dura con se stessa.

Ma pensava anche a quello che era successo, o meglio, non era successo poco prima. Al marmo gelido a contatto della sua pelle calda, il palmo teso e aperto a captare ogni minimo movimento, e subito dopo quel vuoto assoluto, quella confusione, quel senso di inadeguatezza che stava ancora imparando a domare. A come avessero ispezionato quelle rovine da cima a fondo per trovarci solo colonne spezzate e il vento che in un solenne ululato sfiorava i marmi policromi con lo stesso rispetto di un devoto che cammina scalzo in terra sacra.

Non capiva, non capiva affatto, e per questo si sentiva male, anche e sopratutto per i suoi amici, che avevano insistito così tanto proprio per quello che aveva temuto di più: nulla. L'unica scusante che riusciva a portare in proprio favore era il pensiero che ne aveva avute, in passato, di visioni strane, confuse, in cui nemmeno le voci sembravano articolare parole di senso compiuto.

Eppure, da quando erano atterrati sul pianeta, continuava a sentire qualcosa: una presenza indefinibile, come se qualcuno stesse fisicamente invadendo il suo spazio vitale.

«Maestra Rey.»

La ragazza si voltò, ma non scorse nessuno. Fu un calore sospetto all'altezza del ginocchio che condusse il suo sguardo in basso. Un alieno, piccolo di statura e probabilmente giovane di età, le stava tirando delicatamente un lembo dei pantaloni; non apparteneva a nessuna specie che già conoscesse.

«E tu chi sei?» gli chiese, intenerita dai suoi piccoli occhi scuri e la proboscide che aveva come naso.

«Meeno.»

Rey si accovacciò per rendere la comunicazione più diretta.

«Speravo che saresti venuta.»

La giovane si accigliò. «Mi aspettavi?»

E il piccolo annuì timidamente. «Non sono molto bravo, ancora.» Con un gesto timido e goffo, si portò l'indice e il medio all'altezza di una tempia. «Forse un giorno potrai insegnarmi. Sarebbe un grande onore.»

Fu questione di un istante, ovattato dal silenzio e dallo smarrimento. Poi il punto d'approdo. Rey batté le palpebre più volte, poi schiuse le labbra, come se volesse dire qualcosa ma non avesse la forza per farlo.

«C'è una cosa che voglio mostrarti» continuò Meeno, e Rey osservò, ancora incredula, quattro dita della piccola mano dell'alieno raccogliere due delle sue. «Da questa parte, seguimi.»

«Dove sta andando Rey?»

«Non lo so. Forse è riuscita a farsi indicare una scorciatoia.»

Ma a mano a mano che i tre, più il piccolo alieno in testa, si addentravano in quel reticolo sconosciuto di vicoli - non che fosse così facile riconoscere qualcosa in tutta quella calca -, più Finn vedeva la sua ipotesi accantonarsi da sola.

Eppure non era tanto l'idea di smarrirsi o di perdere tempo a preoccuparlo. Grazie a quel legame, anche se ancora acerbo, che aveva da poco scoperto di intrattenere con la Forza, aveva capito che né l'incontro con quel piccoletto né la strada che stavano percorrendo erano frutti del caso, pur percependo che nemmeno Rey conosceva rispettivamente il motivo e la meta.

A preoccuparlo era il campo di energia negativa che gravitava tutt'intorno al suo co-generale, molto più abituato a seguire coordinate e segnali tangibili che non sentieri provvidenziali. E quella era sensibilità comune, non alla Forza. Perciò tirò un sospiro di sollievo quando si fermarono davanti a quella che sembrava un'entrata per un luogo sotterraneo.

Ma nell'istante in cui il bambino li invitò ad entrare, sentì qualcosa fendere lo spazio vuoto accanto a lui e una massa d'aria spostarsi. Con uno scatto fulmineo, Poe si era fatto avanti, bloccando Rey per un polso e fissandola in un misto di circospezione, timore e supplica.

Quella di aver messo fuori gioco l'Ordine Finale era una sensazione ancora nuova per dei sensi abituati a stare sempre all'erta. Ma nel limpido sguardo di lei, in quella muta richiesta di fiducia, le sue insicurezze si sopirono, almeno per il tempo che servì al gruppo per varcare la soglia.

Fu dopo essere scesi per delle scale scarsamente illuminate ed igienizzate, un clangore metallico e un vociare indistinto che si facevano più forti ad ogni gradino, che tutto apparve più definito. Giunti su un soppalco, elevato di pochi metri da terra e bordato da un parapetto arrugginito, si ritrovarono a bocca aperta davanti alla scena che si apriva davanti a loro.

Uomini, donne e bambini di ogni età e specie erano intenti a decorare vecchi AT-ST, probabilmente abbandonati lì dai tempi della guerra contro l'Impero. Alcuni vi apportavano strisce o altre fantasie di vernice colorata, altri dipingevano sull'abitacolo di duracciao fauci dentate, altri ancora vi saldavano spuntoni a mo' di lance. E in tutto quel trambusto di voci, metalli battuti e fiamme ossidriche, droidi di ogni serie e stazza che andavano e venivano per trasportare gli attrezzi necessari.

«Ci stiamo preparando per la Grande Parata» spiegò Meeno, arrampicandosi sul parapetto vicino a Rey e sedendosi in modo da lasciar penzolare le gambette. «In segno di unione e di libertà dagli oppressori.»

Indicò un piccolo camminatore, al quale stavano lavorando diversi bambini. Presi com'erano dal voler fare la propria parte, per dipingerne alcuni punti preferivano arrangiarsi arrampicandosi l'uno sull'altro che ricorrere a scalette mobili.

«Quello laggiù è nostro, mio e dei miei amici. Ti piace?»

Silenzio, come una specie di estasi.

«È bellissimo» rispose Rey poco dopo, e a Finn venne in mente la stessa ingenua meraviglia con cui la ragazza aveva reagito ai laghi d'acqua cristallina e alle immense distese boschive di Takodana. «Ma... come fai a sapere chi sono?»

Gli occhi di Meeno si fecero più stretti e le rughe sulla sua pelle più fitte. Evidentemente era il suo modo di sorridere.

«Tutti sanno chi sei. Ora, scusami. La parata inizierà tra poco e c'è ancora tanto da fare. Spero che rimarrete, però... Niente di tutto questo esisterebbe senza di voi.»

Così dicendo, il piccolo balzò giù dal parapetto e scese saltellando la breve rampa di scale che li separava dal livello del pavimento. Rimasti soli, i tre amici rimasero ancora a guardare quella scena, come se fossero davanti ad un quadro vivente o ad una cerimonia religiosa.

«Se solo potessero vederlo...» mormorò Poe a fior di labbra dopo un breve momento. «I nostri alla base, tutti quelli che abbiamo perso...»

Ma mentre Finn e Rey annuivano, una serie di squilli aprì una crepa in quell'atmosfera carica di estatica contemplazione e polarizzò gli sguardi dei tre in un unico punto.

«È 3PO» mormorò lo yaviniano a denti stretti, mentre si affrettava a recuperare il comlink dalla tasca dei pantaloni. «Vorrà sapere perché ci stiamo mettendo tanto.»

Si appartò, non senza l'accenno di uno sbuffo, in un punto in cui la trasmissione non avrebbe potuto essere disturbata -- prospettiva non poi così disdicevole.

Finn sorrise lievemente pensando ai potenziali risvolti di quella telecomunicazione, e con quello stesso sorriso si rivolse verso Rey. Le labbra socchiuse, il respiro quasi bloccato in gola, gli occhi tanto prossimi quanto così dolcemente distanti: era difficile dire se fosse persa in quel piccolo mondo che pulsava davanti a loro o in uno tutto suo.

«Tutto bene, Maestra Rey?»

Alla ragazza servì un po' per assorbire quelle parole. Metabolizzate anche le ultime due, sorrise.

«Mai stata meglio.»

Ed era vero. Stava bene. Cosa che Finn avrebbe voluto sentirle dire più spesso.

Il giovane appoggiò blandamente un gomito alla balaustra. «È stato il piccoletto a chiamarti? Nel tuo sogno, intendo.»

Rey annuì timidamente. «Credo di sì. La visione non era esatta, non aveva niente a che vedere con il Tempio, ma...»

La scia luminosa di una realizzazione le attraversò lo sguardo con la velocità di una supernova e il flusso delle parole le rimase bloccato in gola. Finn colse già la sua domanda successiva dal movimento delle sue labbra e la anticipò: «Era quello che volevo dirti su Pasaana, prima di affondare nei campi mobili.»

«E perché non volevi che Poe lo sapesse?!» sussurrò lei, d'improvviso quasi arrabbiata.

Con un cenno della testa indicò l'oggetto della questione, troppo intento a sorbirsi le raccomandazioni di un certo droide dorato per sentirli. In risposta, Finn scosse la sua più e più volte.

«Che ne so?! Forse non ero pronto o avevo paura che lui non lo fosse, ma, Rey- Qui non si tratta solo di me. Io credevo che dopo Luke e Leia tu fossi l'ultimo anello di congiunzione con i Jedi e abbiamo appena scoperto che non è così. Ti rendi conto di quello che significa? Chissà quanti altri ce ne sono, là fuori. Hanno bisogno di qualcuno che li guidi. Un maest-»

«Finn, io non...»

Rey serrò le palpebre, respirando profondamente. Allentò la presa delle mani attorno al parapetto e le sue nocche riacquistarono colore.

«Forse un giorno» disse infine. «Non sono ancora pronta.»

Finn annuì. Il senso di colpa per essersi lasciato trasportare dall'entusiasmo gli cadde addosso come pioggia gelata. Tentò subito di recuperare terreno, rivolgendo all'amica un sorriso che non nascondeva lo sforzo di mostrarle tutta la sua comprensione. C'erano grandi aspettative su di lei, lo aveva detto anche Meeno, e non si sarebbe aggiunto a quel coro assordante per nulla al mondo. Era già abbastanza dura essere eroi per caso, figurarsi Jedi per caso.

«Non ricordavo potesse essere così» fece Rey dopo un po'.

«Che cosa?»

Finn sentì la mano della ragazza coprire la sua. In quello spazio infinito tra palpebra e palpebra, colse un velo umido e luccicante. Poi tre parole, quasi bisbigliate, ma con il peso di un cuore che ha la forza di battere anche dopo mille strappi.

«Essere una famiglia.»

La curva di un ampio sorriso ruppe lentamente la linea delle labbra di lui, che, come fosse sul punto di piangere, tirò su col naso.

«Senza te e Poe, forse non avrei mai saputo cosa volesse dire averne una.»

In un gesto così rapido da sembrare meccanico, Rey gli gettò le braccia al collo. Gli strinse le guance tra le mani e premette insieme le loro fronti. Quello del riso della ragazza che si infrangeva nel suo fu uno dei suoni più dolci che Finn avesse mai sentito in tutta la sua vita.

«Hey, piccioncini.»

Si girarono di scatto. Poe si stava facendo loro incontro con un sorrisetto stampato in viso, la comunicazione con 3PO evidentemente già chiusa ed archiviata.

«Che mi sono perso?» domandò, afferrando con una mano la spalla dell'ex-assaltatore in quel modo ormai consolidato come così tipicamente suo - loro.

Ancora stretti l'uno all'altra, Rey e Finn si scambiarono sguardi complici.

«Qualcosa» suggerì il secondo, per poi allungare in un gesto fulmineo il braccio libero verso Poe e comprendere anche lui in quel groviglio di corpi e risate.

«Mi piace questo qualcosa» si ritrovò a dire l'ultimo arrivato.

Ci fu un momento di tacita condivisione da parte degli altri due, lungo quanto il tempo che serve alla foglia per staccarsi da un ramo o alla stella cadente per tracciare una scia. Il tempo in cui la vista dei preparativi della parata lasciò spazio ad un buio momentaneo - quel buio che non fa paura - e Rey percepì una breccia aprirsi timidamente tra la sua mente e quella di Finn. Sorridendo ad occhi chiusi, vi colse il riflesso del proprio pensiero.

Anche a me.

Allora, 'sta roba è mielosa a livelli astrali. Ma siccome sono trapelate da un po' un sacco di concept art strafighe tratte dalla prima sceneggiatura di Episodio 9, ho pensato di servirmene per i miei perversi scopi di fan accanita perché in questa casa non si spreca niente.

Comunque visto che siamo in argomento famiglia e in un momento delicato, mi sentivo di condividere con voi anche un piccolo pensiero...

Restiamo uniti, anche a distanza.
Manteniamo sempre viva la scintilla della speranza, come ci ha insegnato la nostra principessa-generale preferita.
E che la Forza sia con noi.
Sempre. 🌠

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