Stars Align// Calum Hood

Da LenaRailgun

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"Mi volto e caccio un urlo: davanti a me ci sono io. Ovvero, il mio corpo, che si sta toccando i capelli, i v... Altro

Killer Queen
A kind of magic
How to (not) be Calum Hood
How to (not) be Kate Clifford
Reputation
Do I wanna know?
Crush
Kate's first date
Smokies
Sincerity is scary
Contact
You need to calm down
So confusing, am I insane?
Under pressure
This must be the place
Push me away
Somebody else
The Shadow
Blood and tears
Deneb, Altair, Vega
We have someone calling us back home
Battle lines
No control
Speak now
Escape
To the stars
Kasasaghi
Epilogo

The real Kate Clifford

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Da LenaRailgun

(Calum)

Osservo Kate appoggiata al muro giallognolo della cucina, con il viso rigato dalle lacrime. Ripenso a ciò che ho appena vissuto e mi sfioro piano la guancia, per esaminare la gravità del colpo appena subito. Ritraggo subito la mano, stringendo i denti per il dolore. Cosa diavolo è appena successo?

«Mi...mi dispiace» balbetta Kate tra le lacrime.

«Non sei stata tu a sferrarmi il colpo» abbozzo un sorriso, ma sono certo che sia uscita una smorfia di dolore.

Kate continua a singhiozzare, mentre io rimango inerme, con le mani strette in pugni. Mi siedo su una sedia, vicino a Kate, in modo da provare a darle un minimo conforto con la mia presenza. Nonostante la paura, allungo una mano e le sfioro il fianco con delicatezza. La forza misteriosa non si manifesta, quindi mi faccio coraggio, e mi alzo di scatto per stringerla forte a me. È assurdo: sto abbracciando me stesso, però è come se Kate fosse tornata Kate, e io fossi tornato me. Mi sembra di star abbracciando il suo corpo e di star consolando lei per davvero. Ma forse è solo frutto della mia mente confusa, che si diverte a prendermi in giro. Più stringo Kate, più lei si lascia andare ai singhiozzi, liberandosi di tutto quel dolore che porta dentro di sé. Appoggia la sua fronte sulla mia spalla, e io accarezzo con delicatezza la sua nuca.

«Io non volevo che tu lo vedessi. Io non voglio che nessuno lo veda mai più» singhiozza appoggiata alla mia spalla.

Non dico nulla, non trovando parole adatte da dire. La grande regina Kate, che camminava per i corridoi con le labbra rosse e i capelli sciolti e svolazzanti, sembra così piccola e fragile in questo momento che, di nuovo, ho la sensazione di non aver mai conosciuto Kate Clifford per quello che è davvero. Forse è lei la vera Kate. E forse posso capire perché nessuno la conosce.

Piano piano, Kate riesce a calmarsi, riprendendo la respirazione con regolarità. Lascia la mia stretta, alzando il capo per guardarmi negli occhi e colgo tutto il suo dolore negli occhi.

«Guarda come ha ridotto il mio viso» mormora piano, mordendosi un labbro, probabilmente per trattenere le lacrime ed evitare di scoppiare di nuovo in un pianto a dirotto. Si allontana dal muro e raggiunge il freezer, aprendolo per prendere del ghiaccio che mi porge, avvolto in uno strofinaccio. Abbozza un sorriso e io lo afferro, mormorando un grazie. Lo appoggio sulla guancia con delicatezza, stringendo i denti per il dolore. Kate si allontana di nuovo e sparisce per il corridoio, e io mi siedo di nuovo, sentendo la testa girare. Sento di nuovo di passi di Kate che mi porge un barattolino di crema. Lo svita e me lo porge, e l'odore di erbe medicinali mi fa storcere il naso.

«è una crema per le contusioni» mi spiega «Come puoi immaginare, l'ho usata spesso»

Sospiro, ben consapevole della cosa. Appoggio il ghiaccio sul tavolo e spalmo con delicatezza la crema, mentre Kate si allontana ancora, armeggiando con il cassettone delle pentole della sua cucina.

Avrei tante domande da farle, ma come faccio a porgliele con delicatezza? Un tempo non mi sarebbe mai importato, ma ora...ora c'è qualcosa di completamente diverso.

Kate torna verso il tavolo della cucina e io alzo lo sguardo, in attesa.

«Sto preparando il the» mi dice con un minuscolo sorriso.

«Oh, ok» annuisco, riabbassando lo sguardo.

Lei si siede accanto a me, spostando leggermente la sedia. Si morde di nuovo il labbro, in silenzio, lo sguardo indugia su di me.

«Norman Clifford» esordisce poi, con la voce tremante. Inspira, prima di riprendere a parlare.

«L'uomo che hai appena...visto» un'altra pausa. «Non so nemmeno da dove cominciare per raccontare questa storia» affonda il viso sulle mani, stringendo piano alcune ciocche di capelli con le dita. Passa qualche secondo e ripone le mani sulle sue cosce, indecisa.

«Eravamo una famiglia felice, o almeno così credevo io» comincia a raccontare «Mia madre era la donna più bella che ci fosse. Io e Michael la adoravamo, era il nostro mondo. Entrambi non abbiamo mai avuto molti amici, e lei era un po' come un rifugio sicuro dove sentirci bene in quei momenti in cui avevamo bisogno di tornare sui nostri passi. Soprattutto Michael, che ha sempre fatto molta fatica a socializzare, molto di più da quando ha scoperto la sua omosessualità» accenna un sorriso «Mamma era lì, pronta ad abbracciarci forte per farci capire quanto fosse fiera di noi anche se il passo in avanti fatto era minimo. Per lei era grande, e gli dava importanza» i suoi occhi diventano cupi, e stringe la presa dei jeans che mi ha fatto indossare.

«C'era qualcosa che non andava, io lo sentivo, ma lei mi diceva che non era nulla, che non dovevo preoccuparmi e io volevo crederle, ma sentivo telefonate di nascosto, sentivo bisbigli, vedevo uomini che chiedevano prepotentemente di entrare in casa. Ed è tutta colpa di mio padre» sibila quasi, con rabbia e gli occhi tornano lucidi, ma riesce a cacciare via le lacrime.

«Papà aveva molti debiti, molti clienti che prendeva in giro, e un numero spropositato di amanti. E questo l'abbiamo scoperto solo dopo che...» deglutisce «dopo l'incidente che ci ha portato via mamma per sempre» la voce trema di nuovo e un singhiozzo fa capolino, facendo fermare Kate per qualche secondo.

«Era un'insegnante in una scuola media e si stava recando a lavoro. È uscita di casa sorridendo a me e Michael, dandoci un bacio sulla fronte con la promessa di farci le patate al forno quella sera.»

Noto come le sue mani stanno tremando e io le afferro, sempre con la paura di quella forza misteriosa, ma non si presenta nemmeno questa volta e così la stringo ancora più forte.

«è per questo che Michael non è più riuscito ad andare a scuola. Lui era la persona più legata a nostra madre, il bene che le voleva era qualcosa di indescrivibile. Nostra madre era la sua eroina. Ogni volta che provava ad avvicinarsi alla nostra scuola, gli veniva un attacco di panico al pensiero di nostra madre, morta mentre andava a scuola. Sono rimasta stupita di vederlo lì oggi, e sono fiera di lui»

Immagino Michael, chiuso nel suo guscio di disperazione, incapace di uscirne fino ad oggi. Solo sua nonna è riuscito a sbriciolarlo, e solo perché è in fin di vita, perché nominando la sua defunta madre, gli ha fatto capire che lei non avrebbe mai voluto vederlo in quello stato. Ma quanto deve essere stato difficile per lui?

«Da quando la mamma è morta, papà si è dimostrato per quello che era davvero e ci ha abbandonati, per andare da una delle sue innumerevoli amanti, e lasciandoci tutti i debiti sulle spalle.» riprende Kate, riportandomi al centro del discorso.

«è per questo che lavori in quel locale» affermo io, senza fiato e lei annuisce, facendomi sgranare gli occhi. È davvero per ripagare i debiti di suo padre che una ragazza come lei, con sogni ed ambizioni si sta facendo distruggere.

«Ma tu devi parlarne Kate! Non puoi continuare a distruggerti per colpa sua!» esclamo io, preoccupato per lei.

Un sorriso triste compare sul suo volto.

«Mio padre ha dei debiti verso il proprietario. Sono il suo giocattolino preferito» trema leggermente, lo sguardo perso nel vuoto.

«Tu non hai idea di che cosa mi abbia fatto» mormora, lasciando che le lacrime scorrano di nuovo e le righino il viso per l'ennesima volta. Le stringo ancora più forte le mani, triste. Cosa posso fare? Mi stupisco, guardando il viso che ho davanti: sto davvero pensando a cosa fare per aiutare Kate Clifford. Se me lo avessero detto qualche tempo fa, non ci avrei mai creduto.

«Vorrei fare qualcosa per te» confesso con timidezza. Lei alza lo sguardo e mi sorride con tenerezza.

«Il vero te è una persona davvero meravigliosa» dice, stringendo a sua volta la mia mano.

«Anche la vera Kate non è male»

Rimaniamo in silenzio, imbambolati, prima che Kate si asciughi le lacrime e si alzi per andare a fare il the.

«Ehm a proposito»

Torna verso il tavolo porgendomi una tazza, e io le rivolgo lo sguardo, in attesa. Lei si dondola su un piede e sull'altro.

«Potrei aver detto di sì alla banda della scuola che ha bisogno di un bassista»

La osservo in cagnesco.

«Cosa hai fatto?» sibilo

Sorride innocentemente, cosa che mi fa infuriare ancora di più,

«Non guardarmi in quel modo!» esclamo. Lei si corruccia, ponendo le mani sui fianchi.

«Calum pensaci ti prego» mi implora «è un'opportunità per te. Tu sei bravissimo, e tutti dovrebbero saperlo. Tu non sei il Calum che loro credono. Tu non sei la tua dislessia!»

Sento rimbombare nella mia testa l'ultima frase, e il cuore accelera i battiti.

«L'hai capito» mormoro.

Lei annuisce, ma la vedo indugiare, come se ci fosse dell'altro e non ha la minima idea se dirmelo o meno.

«Scusami è che...» si risiede di nuovo nella sedia accanto alla mia «Io voglio solo aiutarti»

E la rabbia scema nel notare il suo sguardo sincero, e riesco a capire perfettamente ciò che mi sta dicendo. Perché io voglio fare la stessa cosa rivolta a lei.

Sospiro, appoggiando il mento sul palmo della mano.

«Tu non sai suonare il basso» le lancio un'occhiata di traverso. Kate annuisce, nervosa.

«Lo so, ma posso imparare!» unisce le mani, strofinandole piano con fase nervoso.

Rimango a guardare la determinazione nei suoi occhi, che mi fa sospirare ancora una volta. Tanto, anche se dicessi no, è così cocciuta da insistere fino a farmi cedere.

«Si può provare» dico vago, ma non riesco a finire la frase che mi ritrovo delle braccia circondarmi il collo con così tanta enfasi che devo aggrapparmi alla sedia per non cadere.

«Ehi!» esclamo, ritrovandomi Kate/Calum abbracciata a me. «Guarda che rischi di far male al tuo corpo già dolorante!» le faccio notare. Lei alza la testa e mi osserva.

«Ah..già» si ricompone, alzandosi in piedi «è che a volte dimentico che io non sono più io. È diventato quasi...normale essere te»

Nel sentirle dire quella frase mi spavento, perché so che anche per me, ormai, è diventato così.

Stringo le mani attorno alla sedia sulla quale sono seduto e rifletto. Cosa dovremmo fare?

«Luke mi ha detto che, se fossi riuscita a scoprire cosa ti stava succedendo, ci avrebbe raccontato la verità» sento mormorare di Kate. Alzo il capo di scatto con il cuore a mille.

«Davvero?» chiedo conferma e osservo lei annuire.

«Andiamo!» esclamo deciso.

«Fermo» Kate mi guarda con le braccia conserte «Non ti mostri con il viso così. Vieni» mi fa gesto di seguirla e io sbuffo, impaziente. Saliamo le scale verso la sua stanza. Apre la porta e la sento gemere, notando la sua stanza sottosopra e mezza vuota, considerando che molte cose le ho portate a casa Irwin.

«Siediti» mi dice con gentilezza e io obbedisco, sedendomi sul bordo del letto. Lei apre un cassetto e la vedo sorridere, mentre prende un astuccino nero con paiettes dorate.

«Immaginavo non lo avessi portato via»

«Non ho nemmeno idea di cosa sia» dico io onestamente. Lei sorride e io realizzo di quanto la Kate che ho davanti mi piaccia. Apre l'astuccio ed estrae dei prodotti che non ho idea di cosa siano. Prende un tubetto e lo preme, facendo uscire un liquido denso marroncino.

«Me lo vuoi mettere sulla faccia?» alzo il sopracciglio.

«Non ti lascio uscire con la faccia così» borbotta lei, e mi spalma piano e con delicatezza quella cosa densa dall'odore strano.

«è fondotinta, non è veleno» dice lei, notando la mia faccia perplessa.

«Cosa vi spalmate in faccia voi donne» borbotto, mentre lei prende un pennello e distende quella cosa con delicatezza. Poi, prende un altro tubettino e mi spalma altre cose sotto le occhiaie e sulla guancia dolorante.

«Sai, trovo che vuoi uomini siate belli sempre. Noi donne, invece, molto spesso siamo molto più belle con del trucco»

«Non dire stupidaggini!» esclamo io aprendo un occhio mentre Kate mi spalma addosso una polvere bianca che mi fa tossire.

«Ma cos'è?» bofonchio io, senza smettere di tossire.

«Cipria!» mi spiega lei, prendendo altra polverina e piazzandomela in faccia.

«Bha capisco per il livido. Ma tu...» Kate si ferma e mi osserva, in attesa. Io deglutisco.

«Ma tu sei bella così come sei» dico infine, in imbarazzo. Ed è quello che penso davvero. In questi giorni mi sono perso ad osservare ogni dettaglio di lei, del suo viso, del suo fisico. Dai suoi capelli rossi ai nei sulle spalle. Dalla ricrescita dei peli sulle gambe alle dita delle mani. È bellissima, a modo suo.

Kate mi regala un sorriso dolce.

«Ti ringrazio» dice, rimettendo nell'astuccio ogni prodotto che ha usato. Prende uno specchio e me lo porge.

«Ecco, niente livido» gongola felice. Afferro lo specchio e noto come, in effetti, sembra che nessuno mi abbia tirato un pugno sul viso. Il trucco fa davvero miracoli.

«Wow» dico davvero impressionato. Appoggio lo specchio sul letto e mi alzo.

«Andiamo?»

Kate annuisce, e io la precedo fuori dalla stanza.

«Ah forse prima è meglio che ti cambi l'assorbente Calum. Hai un'enorme macchia di sangue sui pantaloni»

Che schifo essere donne.

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