Diamond

By Camael_Virtus

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‼️ATTENZIONE: linguaggio e scene di sesso esplicite‼️ Sara è una giovane ed abile mistress che lavora in un h... More

꧁𖢻Primo capitolo𖢻꧂
꧁𖢻Secondo capitolo𖢻꧂
꧁𖢻Terzo capitolo𖢻꧂
꧁𖢻Quarto Capitolo𖢻꧂
꧁𖢻Quinto capitolo𖢻꧂
꧁𖢻Sesto capitolo𖢻꧂
꧁𖢻Settimo Capitolo𖢻꧂
꧁𖢻Ottavo capitolo 𖢻꧂
꧁𖢻Nono capitolo𖢻꧂
꧁𖢻Decimo capitolo𖢻꧂
꧁𖢻Undicesimo capitolo 𖢻꧂
꧁𖢻Dodicesimo capitolo𖢻꧂
꧁𖢻Tredicesimo capitolo𖢻꧂
꧁𖢻Quattordicesimo capitolo𖢻꧂
꧁𖢻Quindicesimo capitolo𖢻꧂
꧁𖢻Sedicesimo capitolo𖢻꧂
꧁𖢻Diciassettesimo capitolo𖢻꧂
꧁𖢻Diciottesimo capitolo𖢻 ꧂
꧁𖢻Diciannovesimo capitolo𖢻꧂
꧁𖢻Ventesimo capitolo𖢻꧂
꧁𖢻Ventunesimo capitolo𖢻꧂
꧁𖢻Ventiduesimo capitolo𖢻꧂
꧁𖢻Ventitreesimo capitolo𖢻꧂
꧁𖢻Ventiquattresimo capitolo𖢻꧂
꧁𖢻Venticinquesimo capitolo𖢻꧂
꧁𖢻Ventiseiesimo capitolo𖢻꧂
꧁𖢻Ventisettesimo capitolo𖢻꧂
꧁𖢻Ventottesimo capitolo𖢻꧂
꧁𖢻Ventinovesimo capitolo𖢻꧂
꧁𖢻Trentesimo capitolo𖢻꧂
꧁𖢻Trentunesimo capitolo𖢻꧂
꧁𖢻Trentaduesimo capitolo𖢻꧂
꧁𖢻Trentatreesimo capitolo𖢻꧂
꧁𖢻Trentaquattresimo capitolo𖢻꧂
꧁𖢻Trentacinquesimo capitolo𖢻꧂
꧁𖢻Trentasettesimo capitolo𖢻꧂
꧁𖢻Trentottesimo capitolo𖢻꧂
꧁𖢻Trentanovesimo capitolo☙epilogo𖢻꧂
💎NEWS💎
༺Personaggi༻
Copertina ៙Opal៙
𝕺𝖕𝖆𝖑꧁៙Primo Capitolo៙꧂
𝕺𝖕𝖆𝖑꧁៙ Secondo capitolo៙꧂
𝕺𝖕𝖆𝖑 ꧁៙Terzo capitolo៙꧂
𝕺𝖕𝖆𝖑 ꧁៙Quarto capitolo៙꧂
𝕺𝖕𝖆𝖑 ꧁៙Quinto capitolo៙꧂
𝕺𝖕𝖆𝖑 ꧁៙Sesto capitolo៙꧂
𝕺𝖕𝖆𝖑 ꧁៙Settimo capitolo៙꧂
𝕺𝖕𝖆𝖑 ꧁៙ottavo capitolo៙꧂
𝕺𝖕𝖆𝖑 ꧁៙Nono capitolo៙꧂
𝕺𝖕𝖆𝖑 ꧁៙Decimo capitolo៙꧂
𝕺𝖕𝖆𝖑 ꧁៙Undicedimo capitolo៙꧂
𝕺𝖕𝖆𝖑 ꧁៙Dodicesimo capitolo៙꧂
🧿Piccolo Spazio Intermedio🧿
𝕺𝖕𝖆𝖑 ꧁៙Tredicesimo Capitolo៙꧂
𝕺𝖕𝖆𝖑 ꧁៙Quattordicesimo Capitolo៙꧂
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𝕺𝖕𝖆𝖑꧁៙ Diciassettesimo capitolo៙꧂

꧁𖢻Trentaseiesimo capitolo𖢻꧂

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By Camael_Virtus

Non mi sembrava ancora di essere viva e di aver portato a termine il mio piano folle. Mi ero vendicata anche di Vincenzo e avevo scoperto che a violentarmi erano stati solo in due. Non avrei potuto saperlo con certezza, ma sapevo solo che mi bastava. Mia sorella era salva.

Quando,appena un quarto d'ora dopo, sentii citofonare, aprii immediatamente.

Olimpia mi era di fronte, spaesata, incredula, felice.

Non riuscii a trattenere le lacrime e piansi ancora, gettandomi su di lei e abbracciandola.

«Sara...»sussurrò soltanto, ma poi ricambiò l'abbraccio, lasciando che piangessi sulla mia spalla.

Sei anni... Erano passati sei anni da quando non la toccavo. E fu come stracciare tutto quel tempo, ritornare indietro e riallacciare ciò che eravamo.

Quando mi calmai la feci entrare. Rimase impressionata da casa mia, dal mio cagnolino.
Naturalmente voleva risposte, tante risposte. E io gliele diedi. Le raccontai del mio lavoro, della mia vita, di Elia. Lei rimase appena interdetta, ma non scandalizzata come avevo ipotizzato.

Le raccontai anche di Vincenzo, delle sue bugie e di come voleva solo approfittarsi di lei.

«Sara quello che mi stai dicendo è assurdo» si mise sulla difensiva.Ero certa non mi avrebbe creduta, per questo accesi il computer e le mostrai tutto. Perfino i video delle loro notti d'amore che lui inviava a quella vecchia senatrice.

Quella verità la lasciò scandalizzata e allibita. Sentii chiaramente il muro delle sue convinzioni infrangersi e crollare. Si lasciò cadere sulla poltrona e guardò il vuoto in silenzio.

«Ma ha avuto il suo Olympia».

Vidi le lacrime rigarle il volto, ma nessun altro movimento mosse il suo volto.

«Mi dispiace. » cercai di consolarla. Ma lei stava metabolizzando ciò che le avevo mostrato e non riusciva a reagire.

«Come ho potuto essere così stupida...» sussurrò dopo un pochino,abbandonata sulla poltrona.

«Quando si ama è difficile guardare al di la del proprio naso».

Consolare Olimpia fu quasi impossibile, di Vincenzo era davvero innamorata. Dormimmo abbracciate, come quando eravamo piccole. La verità era che ormai eravamo due donne che della vita dovevano ancora imparare molto.

***

Al dolore emotivo ci si può proteggere solo in due modi: costruendo una barriera o distruggersi totalmente. Ho sempre pensato che la seconda scelta fosse la migliore, dalle macerie si può ripartire da zero per ricostruire tutto da zero sperando che i fantasmi del passato se ne restano al loro posto. Un po' come le case dei film horror costruite su antichi cimiteri. Sono sempre fantasmi a cui ci si può opporre e sconfiggere con la forza del presente.

Ed era quello che aveva fatto mia sorella, aveva scelto di distruggersi.

Mi ero risvegliata la mattina dopo sentendo rumori di vetri infranti,bottiglie che cozzavano tra loro e un corpo che sbatteva pesantemente sui mobili.

Orsetto continuava ad abbaiare spaventato e io mi catapultai in salotto. Il mio carrellino antico in vetro dove conservavo tanti super alcolici mai aperti era ribaltato, le bottiglie semivuote e quel che era peggio: mia sorella a terra in un lago a contorcersi.

Aveva bevuto a tal punto che se non avessi fatto qualcosa sarebbe entrata in coma etilico.

«Razza di cretina! » gridai.

Aveva gli occhi vitrei e si lamentava debolmente. Le misi due dita in gola facendola vomitare, pregando che fosse sufficiente per salvarla.

Olimpia iniziò a rimettere una quantità incredibile di alcol e io cercai in tutti i modi di mantenere i nervi saldi. Giurai a me stessa che non appena si fosse ripresa l'avrei picchiata. Sì, lo avrei fatto.

«Olimpia,mi senti? » le chiesi quando fui abbastanza sicura che l'unica cosa che potesse ancora vomitare sarebbe stata l'anima. Mia sorella però non riusciva a comporre una frase corretta, però almeno mi sentiva.

La trascinai fuori dalla pozza d'alcol dove era distesa e chiamai subito Elia.

«Cosa devo fare? L'ho già fatta vomitare...» gli dissi dopo avergli spiegato l'accaduto.

«Controllale il battito cardiaco, se è in stato di brachicardia. Dammi un quartod'ora e sono da te comunque».

«In stato di che? » il telefonino mi tremava nella mano, e mia sorella non faceva altro che cercare di alzarsi da terra, farfugliando altre frasi sconnesse tra cui solo un nome era palese: Vincenzo.

«Battito rallentato».

Controllai ed effettivamente le pulsazioni di mia sorella erano lente. Entrai nel panico.

«Coprila e stai tranquilla. Non posso affrontare anche un attacco di panico. Olimpia starà bene» la sua voce era ferma, da vero medico. Cosa avrei fatto senza di lui?

Chiusi la chiamata per lasciarlo guidare fino a casa mia, dove sarebbe arrivata poi un'auto medica.

Trascinai Olympia sul divano, facendola stendere di lato e le accarezzai il volto. Povera sorella mia...Pensai con un sorriso amaro.

«Lui...No faceva così... Io...» disse cercando di mantenere lo sguardo su di me.

«Tesoro,è una gran testa di cazzo. Ma ora te ne sei liberata» la consolai aggiustandole qualche ciocca di capelli.

«Perché...» fu l'unica parola che riuscii a capire, ma fu sufficiente.

«Perché al mondo ci sono persone molto cattive, che godono nel far del male alle altre. Ma ora va tutto bene».

«No...No...»

Era doloroso vedere Olimpia in quello stato. Sarebbe dovuta essere la nostra rimpatriata, fui una stupida a parlarle di Vincenzo così presto. Avrei dovuto affrontare l'argomento diversamente. Purtroppo ho sempre avuto problemi a comprendere quale fosse il momento giusto in qualsiasi circostanza.

Poggiai la testa sulla sua nonostante l'odore di alcol fosse nauseante. «Ti proteggerò d'ora in avanti sorellina. Sono stata una vera stupida a lasciarti da sola».

Elia arrivò insieme all'auto medica e con i suoi colleghi si presero cura di mia sorella. Io rimasi in disparte, contro il muro, lì dove c'era la mia immensa rosa del deserto. Fortunatamente Olimpia non stava troppo male in realtà, aveva solo bisogno di smaltire l'eccessivo alcol e riposare.

Quando tutti i suoi parametri vitali furono registrati, Elia mi aiutò a cambiarla e la mettemmo a letto. Fu compre prenderci cura di una bambina, e lui era stato di una professionalità che mi aveva colpita. Non lo avevo mai visto nelle vere vesti di medico.

Era finita, Olimpia si sarebbe ripresa e io potevo finalmente tirare un sospiro di sollievo.

«Oh Orso! » esclamai. «L'ho lasciato ancora chiuso nello sgabuzzino».

Corsi a liberarlo ed Elia mi seguì, abbandonando finalmente le sue vesti di medico e tornando ad essere il mio ragazzo.

Tuttavia l'agitazione di quei due giorni mi aveva fatto davvero male. Stavo tremando nonostante fosse tutto sistemato.

«Come mai Olimpia ha bevuto così tanto? » mi domandò abbracciandomi. Solo in quel momento si accorse del mio tremore e mi obbligò a sedermi.

«Sto bene Elia, cristo» dissi rifiutando il suo tentativo di reidratarmi con acqua e zucchero. «Sto bene».

«No Sara, non stai bene» mi prese le mani, inginocchiandosi alla mia altezza. «Cosa è successo? »

Non riuscivo a smettere di tremare, ma essermi seduta mi aveva giovato.Mi passai una mano tra i capelli scompigliati, indecisa su cosa dirgli.

«Le ho detto che Vincenzo è un bastardo».

«Vincenzo?»

«Il compagno di quella vecchia politica»

Il suo viso esprimeva perplessità da tutti i pori. Gli raccontai tutto ciò che sapevo,  che aveva aiutato Claudio a violentarmi e che con altri suoi amici aveva perpetrato la pratica negli anni arricchendosi notevolmente. E soprattutto che voleva fare lo stesso con mia sorella, per lui Olimpia era solo una fonte di guadagno. La loro relazione era stata venduta a quella vecchia depravata senza censure.

«Io non capisco Sara» la sua voce era delusa. «Perché con me non parli mai? Perché devo sempre scoprire queste cose in ritardo? »

«Perché non volevo che ti intromettessi e che inevitabilmente ti accadesse qualcosa. O peggio ancora, che mi fermassi» tuttavia non gli avevo ancora detto di avergli sparato.

«Ma Sara! Sei la mia fidanzata, noi due dovremmo essere complici! Io non voglio essere solo uno spettatore della tua vita! »

«Complici di cosa? Di una sparatoria? Era una cosa che dovevo fare da sola».

Rimase in silenzio qualche istante, rimettendo insieme i tasselli. Certamente Vincenzo doveva essere stato portato nella clinica privata della famiglia Sarassi.

«Gli hai sparato tu? » le sue parole erano allibite.

«Sì. Per quello che mi ha fatto e voleva fare a mia sorella era il minimo».

Rimase in silenzio, regolando il respiro. Non poteva controbattere ad un'affermazione del genere. Avevo ragione, ma lui era un medico e non tollerava la violenza.

«Rimarrà su una sedia a rotelle a vita» mi disse in tono freddo.

«Era quello che volevo» mi rialzai dalla sedia, finalmente non tremavo più.

Lo vidi massaggiarsi la radice del naso perplesso. I capelli biondi stretti in un codino basso gli davano un'aria sexy e io mi sentii una folle nel pensare al sesso in quel momento.

«Tu mi ami Sara? » mi domandò a bruciapelo.

Non capii il senso della sua domanda, ma riposi subito affermativamente.«Cosa centra questa domanda? » chiesi poi.

«Allora non tenermi più fuori dalla tua vita. Promettimelo».

Ci guardammo negli occhi, io mi morsi il labbro, respirai profondamente e annuii.

«Mai più promesso. Solo che... Sono così abituata a cavarmela da sola,che ormai mi sembra naturale».

«Ma adesso ci sono io».

Dopo quello scambio di promesse arrivarono anche le domande concrete, il come avessi fatto a trovarmi in un luogo sperduto con Vincenzo e soprattutto come avessi fatto a procurarmi una pistola.

La seconda domanda fu facile, avevo amicizie non molto pulite. Mentre per la prima gli dissi: «Sinceramente ho improvvisato parecchio, e la fortuna è stata dalla mia».

Fu lui in quel momento a volersi sedere, le gambe non lo reggevano. «Io non posso credere che tu sia stata così sconsiderata» ammise. Ed era il secondo uomo a dirmelo nel giro di pochissimo tempo.

«Lo so. Ma mi è andata bene, questo conta».

«E se non fosse andato tutto bene? »

Rimasi in silenzio, indecisa su cosa rispondergli. Mi ero affidata alla fortuna, come avevo sempre fatto nella vita.

«Far del male alle persone, anche per vendetta, non è la soluzione migliore. Oh Sara, io capisco perfettamente il tuo stato d'animo...»

Lo baciai. Non ce la facevo più a sentire tutti contro di me. «Elia,ho finalmente chiuso con quella storia, il mio passato non cerca più ritorsioni sul mio presente. Non voglio più parlarne».

I suoi occhi scuri erano dolci nei miei. Nonostante la sua morale da medico stava cercando di immedesimarsi nei miei sentimenti. Ma quella storia era chiusa, avevo vendicato il mio passato e protetto mia sorella.

«Il mio stato d'animo attuale è che ho bisogno di sentirti, in tutti i sensi» lo baciai ancora, avvolgendogli le braccia al collo,avvertendo i ciuffi biondi che gli sfuggivano dal codino solleticarmi la pelle.

La mia crisi di panico era passata, era bastata la sua presenza a rinsavirmi.

«Devi tornare a casa adesso? » gli domandai senza liberarlo dal mio abbraccio.

«Se vuoi resto».

«Grazie» lo abbracciai ancora.

«E sbarazzati di quell'arma per favore».

Elia rimase con me fino al tardi pomeriggio. Mi aiutò a ripulire casa da ciò che mia sorella aveva combinato e pranzammo insieme. Sembrava che con il passare delle ore si stesse quasi dimenticando di ciò che era successo il giorno prima e forse anche io. Avevamo ripreso a farci scherzi e giocare come quando eravamo piccoli, soprattutto con l'acqua. Dovevamo far silenzio per non disturbare il riposo di mia sorella, proprio come all'epoca dovevamo nasconderci per non farci sgridare da Esmeralda. «Se bagnate il pavimento scivolate e vi fate male! » ci diceva sempre. «È stata lei! » mi accusava Elia,indicandomi. «Non è vero! » ribattevo, spruzzandolo ancora con la pistola ad acqua. Inevitabilmente ritornavamo a rincorrerci e a gridare senza che quella povera donna potesse far nulla. Erano ricordi dolcissimi che non riesumavo da anni.

«Perché non ti rimetti il camicie? » gli sussurrai in maniera lasciva. Erano le cinque di pomeriggio e anche lui come me avrebbe dovuto lavorare in serata, per starmi vicino aveva modificato i suoi turni per adattarli alle mie giornate libere.

«Come mai questa richiesta? » i suoi occhi brillavano nei miei. Io gli aggiustai la camicia, aprendogliela appena.

«Prima non mi sono goduta il tuo lato da dottore».

Quella mattina era stata per me troppo movimentata per focalizzarmi su come gli stesse il camicie bianco addosso. Fortunatamente i ricordi erano tornati filtrati, lasciando solo la sua immagine sexy.

«Beh mostrartela ora non mi dispiacerebbe».

Si rinfilò la camicia, si aggiustò i polsini e infilò abilmente i bottoni nelle asole. «Credo sia necessario una visita accurata» mi disse puntandomi. Io deglutii cercando di ignorare le vampate di calore.

«In effetti non mi sento molto bene » affermai.

Lo guardai con sfida mordendomi il labbro. Il mio dottore personale iniziò a visitarmi accuratamente e molto approfonditamente per quasi due ore.

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una storia sulla ship migliore di questa edizione, sarah x liljolie. non credo abbia bisogno di una descrizione, le conoscete fin troppo bene