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By indigosnostalgia

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Ho ancora lo sguardo basso, rivolto verso l'Γ ncora tatuata sul polso di Harry e sorrido. Sorrido alla vista d... More

cast
capitolo 1
capitolo 2
capitolo 4
capitolo 5
capitolo 6
capitolo 7
capitolo 8
capitolo 9
capitolo 10
capitolo 11
capitolo 12
capitolo 13
capitolo 14
capitolo 15
capitolo 16
capitolo 17
capitolo 18
capitolo 19
capitolo 20

capitolo 3

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By indigosnostalgia

Il rumore delle nocche contro la superficie della porta di Harry produce un leggero eco per tutto il corridoio; compio un passo indietro in attesa che venga ad aprirmi. Al di là di essa un movimento mi avverte che fortunatamente Harry è in casa. La serratura scatta e la porta si apre leggermente: il viso di Harry compare e mi sorride, riconoscendomi all'istante. La porta la spalanca del tutto, uscendo persino sul pianerottolo; ha le sopracciglia leggermente aggrottate, come se fosse in attesa di qualcosa.

«Mia» il mio nome è molto vicino a un sussurro. «Ciao.» Ha la voce leggermente roca mentre inclina appena il viso.

«Mi hai detto di bussare se avessi avuto bisogno.» Immagino di avere le guance velate di rosso, non riesco a credere di dover chiedere aiuto a qualcuno dopo così poco tempo.

«Che succede?» Harry è curioso, forse persino preoccupato; sbuffo appena.

«Non ho la minima idea di come sia potuto accadere in realtà, però ho come l'impressione che tutte le lampadine del mio corridoio, così come quelle del salotto, siano scoppiate. Non so se in casa ce ne siano altre di ricambio, ma sono completamente al buio; ho dormito tutto il giorno saltando il pranzo e non conosco la zona, non so dove poter andare per cenare in fretta e...»

A interrompere il flusso delle mie parole sono le mani di Harry che, in un movimento piuttosto repentino, si posano sulle mie spalle; scuote la testa sorridendo, indicando solo in un secondo momento la porta ancora aperta dietro di lui.

«Entra» non è un invito il suo e tanto meno una proposta, è un ordine ben preciso. «Non ti lascerò sul pianerottolo e fuori sta diluviando. Accomodati.» Me lo dice in fretta, tirandomi verso di sé dopo avermi afferrato il polso.

«No, non voglio mica disturbare.» Quasi mi ritrovo a puntare i piedi sul pavimento, ma Harry scuote la testa.

«Non preoccuparti» mormora sorridendomi. «Coraggio, vieni dentro.» Resto ferma ancora qualche secondo, indecisa sul da farsi; mi accorgo di essere in casa sua solo quando la porta alle mie spalle si chiude con la serratura che scatta un paio di volte.

Seguo Harry con lo sguardo perché non posso fare altrimenti, sono quasi incapace di comandare i movimenti delle mie gambe. Harry si sbottona i primi due bottoni della camicia, accendendo la luce del corridoio e in contemporanea quella della sala; solo in quel momento mi accorgo di ciò che indossa, come se dovesse uscire di casa a breve per un appuntamento o qualcosa che richieda una mise elegante.

«Stavi uscendo?» Glielo domando in imbarazzo. «Perché se così fosse me ne torno di là e...»

«No, sono appena rientrato in realtà» Harry mi fa cenno di muovermi dalla porta e di raggiungerlo in salotto. «Non c'è problema Mia, non ti preoccupare.»

Mi accomodo finalmente sul divano mentre Harry percorre il corridoio per poi sparire e ricomparire in pochi minuti; i miei occhi finiscono involontariamente sui libri di testo posati sul tavolino di fronte a me. Uno di essi è rimasto aperto, con tanto di evidenziatori sia vicino che impregnati sulle pagine: sono libri universitari.

Harry compare solo per sedersi nella poltrona libera di fronte al divano sul quale sono io; si è cambiato perché ora porta una semplice maglietta a maniche corte bianca, nonostante la stagione non sia la più consona a permettere un simile indumento. Le braccia sono libere da qualsiasi stoffa; inchiostro nero e colorato s'intreccia su buona parte della sua pelle. Distolgo lo sguardo quando lo sento sorridere.

«Ah, hai già conosciuto i miei inseparabili amici.» Scherza Harry, indicando i volumi con un cenno del mento.

«Che cosa studi?» Harry si stringe nelle spalle solo per allungare una mano a chiudere le copertine di ogni libro; l'anello che porta al dito indice scintilla per aver catturato la luce artificiale della lampada sospesa.

«Legge» replica con semplicità. «Il piccolo Harry Styles aspira a diventare un avvocato per combattere la criminalità di questo terribile mondo.» Passano giusto un paio di secondi prima che io scoppi a ridere.

«Sarai il nuovo Superman.» Harry si stringe nelle spalle compiaciuto solo per incrociare le braccia al petto, in un gesto che accentua involontariamente la forma dei suoi bicipiti.

«Tutte le lampadine, eh?» Il tono sorpreso che assume nel cambiare discorso non mi sfugge.

«Tutte quante» ripeto a sottolineare il concetto. «E nello stesso momento.» Aggiungo, scuotendo persino la testa a quell'assurdità di coincidenza. Harry si sporge leggermente in avanti e la collana che indossa fuoriesce dal colletto della maglietta bianca, dondolando appena sul petto.

«Sei sicura che in casa non ce ne siano?»

«Non ho controllato, ma non credo di essere comunque in grado di cambiarle.» Harry annuisce alle mie parole, poi controlla velocemente l'orologio che porta al polso, alzandosi dalla poltrona.

«Sono rientrato poco fa con del cibo. Ti va di cenare con me?» Sbatto le palpebre a quella domanda posta con il tono più naturale che abbia mai sentito da un perfetto sconosciuto.

Vorrei replicare, ma mi rendo conto che in realtà Harry una risposta da parte mia non la sta nemmeno aspettando. Mi alzo dal divano solo per seguirlo in cucina, dove armeggia con i cartoncini del take away: il profumo del cibo messicano mi solletica lo stomaco.

«Aspetta...»

«Avrei abbondato con le porzioni se avessi saputo di avere ospiti.» Harry prende posto di fronte a me, porgendomi un piatto.

«Non ho poi così fame, tranquillo.»

Harry incrocia il mio sguardo da sopra il bicchiere dell'acqua, inarcando un sopracciglio e sforzandosi di non scoppiare a ridere. Ceniamo per lo più in silenzio e pur non conoscendoci l'un l'altra, la quiete tra di noi non è imbarazzante. C'è solo la pioggia a disturbare tutto, sbattendo inesorabilmente sui vetri tanto da produrre un leggero eco.

«Sei capitata nella stagione peggiore.» La voce di Harry alla fine interrompe il flusso dei miei pensieri e impiego qualche secondo a rendermi conto che sta parlando della pioggia.

«Non potevo certo aspettare l'estate.» Mi accorgo troppo tardi di aver usato un tono carico di stizza.

Il viso di Harry è comunque pieno di curiosità, ma ha l'accortezza di non replicare. Si alza da tavola solo per recuperare i piatti ormai vuoti per posarli nel lavello, poi mi fa cenno di seguirlo nuovamente in salotto così da prendere posto entrambi sul divano. Si volta leggermente verso di me solo per potermi guardare meglio negli occhi: sono così verdi da spaventarmi.

«Di dove sei, Mia Foster?» La sua è una domanda innocente, lecita persino; io sospiro.

«Vengo dalla Florida, da Tampa.»

«E cosa ci fai qui a Londra?» Harry incrocia le braccia al petto, io mi mordo semplicemente il labbro perché non ho una reale risposta da dargli. Non senza svelare particolari che preferirei tenere per me ancora per un po'.

«Avevo bisogno di cambiare aria e zia Elaine è stata così gentile da lasciarmi il suo appartamento.»

«Ed è una cosa definitiva?»

«No» scuoto la testa alle mie stesse parole, rendendomi conto di aver risposto fin troppo velocemente. «Non lo so, forse.» Abbozzo un sorriso perché Harry annuisce.

«Non volevo essere invadente, mi dispiace.» Si scusa poi in fretta; incrocio i suoi occhi, scuotendo la testa.

«Da quando sono arrivata, tutti non hanno fatto altro che pormi la stessa identica domanda. Evidentemente non sono in grado di dare una reale risposta.» Mi stringo nelle spalle, Harry invece scivola leggermente sul divano, come a voler trovare una posizione più comoda per poi accavallare le gambe.

«Anche Simon?» Ha un ghigno dipinto sul viso mentre me lo domanda.

«Chi diavolo è Simon?»

«Abita sotto di noi, al quarto piano e...»

«Ti prego dimmi che non è un uomo sulla cinquantina con i capelli brizzolati.» Lo interrompo, cercando di non scuotere troppo la testa.

«L'hai già conosciuto?»

«Credo di averlo incrociato questa mattina in ascensore» replico velocemente. «Harry non posso credere che tu abbia pensato che potessi essere una sua conquista!» Gli do una leggera gomitata all'altezza delle costole, facendolo ridere per poi massaggiarsi il punto da me colpito.

«Con Simon non si può mai sapere.» Harry mi afferra il polso appena in tempo prima che possa colpirlo nuovamente.

«Ti odio.» Borbotto, finendo a guardarlo di sottecchi.

«Sarebbe stato peggio se ti avessi chiesto se fossi stata la ragazza di George.» Harry si pizzica la punta del naso, quasi a nascondere un sorriso.

«Non credo di voler sapere chi sia.»

«No, non lo vorresti.» Borbotta in risposta; scuoto la testa divertita dallo strano modo di comportarsi che Harry ha nei miei confronti.

«Sai qual è stata la prima cosa che ho sentito ieri, appena arrivata sul pianerottolo?» Harry mi osserva curioso in attesa di conoscere la risposta; ha gli occhi così chiari da farmi mancare la terra sotto ai piedi per un secondo appena.

«Che cos'hai sentito?»

«Musica.» È una risposta semplice la mia, ma sulla guancia di Harry si fa pian piano spazio una fossetta infantile; si massaggia il collo qualche secondo, quasi fosse in imbarazzo.

«Mi hai scoperto» mormora, sfiorandosi l'occhio con la punta delle dita. «In mia difesa dico solo che mi tranquillizza e mi aiuta a studiare.»

«Beh, era molto bella» distolgo lo sguardo solo un momento. «E poi ho sentito anche un'altra cosa: odore di caffè.» Harry mi osserva confuso per qualche secondo e devo trattenermi dallo scoppiare a ridere. «Credevo che gli inglesi bevessero solo tè.» Harry resta in silenzio, con lo sguardo fisso nei miei occhi indeciso sul da farsi. Però poi scoppia a ridere, passandosi una mano tra i capelli rassegnato sul pregiudizio da me appena espresso.

«Odio il tè, preferisco di gran lunga il caffè» replica poi, una volta passate le risate. «A proposito, te ne va un po'?»

«Sì, per favore.» Harry si alza dal divano, facendomi però segno di restare seduta, che ci pensa lui.

Resto sola giusto il tempo necessario per permettermi di pensare a Evan, a Matt, a mio padre che ancora non ha idea di dove io sia finita - o forse invece lo sa ed è già in viaggio per riportarmi a casa. Penso persino a mia madre, che il caffè dopo cena lo preparava sempre.

«Quanto zucchero?» La voce di Harry mi fa sussultare fin troppo visibilmente, non mi sono resa conto del suo ritorno; posa entrambe le tazzine sul tavolino, ma scuoto la testa per allungare una mano e recuperare quella più a sinistra.

«Il caffè si beve amaro.» Replico, sotto lo sguardo di Harry impegnato a soffiare via il fumo bianco dalla sua tazza.

«Sei proprio americana.» Mi prende in giro e mi limito a stringermi nelle spalle senza però riuscire a nascondere un sorriso; il caffè è buono e caldo, ma finisce fin troppo velocemente. Harry sbadiglia senza quasi nemmeno rendersene conto.

«Sei stanco?»

«Mi dispiace, solitamente vado a dormire molto più tardi, ma ho studiato tutto il giorno e la mia testa sta chiedendo pietà.» Si scusa velocemente, ma non ne vedo il motivo. Mi alzo in fretta dal divano, a fargli capire che non c'è problema, che toglierò il disturbo immediatamente.

«No, ci mancherebbe» mi scosto una ciocca di capelli dal viso. «Ti ringrazio per avermi offerto la cena e tenuto compagnia.»

«Puoi restare se non ti piace l'idea del buio nel tuo appartamento. Non ti sto cacciando.» Harry scuote la testa.

«No, Harry. Figurati.» Parlo in fretta, muovendo persino un passo in direzione della porta.

«Insisto» il tono di voce di Harry è serio, nonostante stia sorridendo. «Dormirò io sul divano, puoi stare nella mia stanza.»

«Cosa? Non scherzare» Harry inarca appena un sopracciglio al mio tono categorico. «Non voglio approfittare della tua gentilezza.» La mano di Harry si posa sulla mia spalla senza che nemmeno me ne renda conto.

«Per favore: resta» la sua voce è tanto suadente quanto convincente. «Domani mattina sistemeremo tutto e ti farò fare un giro del quartiere.» Sostengo il suo sguardo per un po', credendo forse di riuscire a resistere al suo carisma, ma cedo poco dopo.

«Starò io sul divano, non dormirei tanto presto ugualmente.» Lo borbotto velocemente, incrociando le braccia al petto.

Harry sorride, poi fa un debole cenno che vuole semplicemente dire di aspettare lì mentre lui percorre il corridoio solo per tornare qualche minuto più tardi con un paio di cuscini e una coperta pesante.

«Il bagno è la prima porta a sinistra, fai pure come se fossi a casa tua, d'accordo?» Harry me lo indica con un gesto della mano. «Se dovessi avere bisogno di qualcosa, vieni a svegliarmi.»

Annuisco alle sue parole, augurandogli una buona notte e osservandolo fino a che la porta della sua stanza non si chiude alle sue spalle. Mi accomodo nuovamente sul divano, lasciando uscire buona parte di fiato che nemmeno mi ero accorta di aver trattenuto.

L'unica fonte di illuminazione proviene dalla lampada del salotto, ma la spengo perché non dia fastidio. È solo l'iPhone a tenermi compagnia per buona parte della notte, che il sonno di arrivare non ne vuole sapere.

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