Lo scapolo

By MarisaCelentano

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Bill Efron è lo scapolo più ambito di New York; a soli 25 anni possiede un impero. Ma Bill è tanto ricco quan... More

Trama
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5 - Veronica
Capitolo 6 - Veronica
capitolo 7
capitolo 8
capitolo 9
capitolo 10
capitolo 11
Capitolo 13
capitolo 14

Capitolo 12

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By MarisaCelentano

Il lungo abito blu era disteso sul letto, ancora con l'etichetta attaccata. La stoffa era morbida al tatto e i ricami in pizzo sulla parte superiore lo rendevano semplicemente meraviglioso.

Doveva essergli costato un piccolo patrimonio; probabilmente con quei soldi io ci avrei coperto l'affitto dell'intero mese. Ma io non ero Bill Efron, i soldi per gli abiti erano un qualcosa di secondario; prima le spese fondamentali, poi tutto il resto.

Mi dispiaceva però che se ne sarebbe rimasto lì per tutta la serata, un vero spreco, ma non mi sarei mai adattata alla volontà di un uomo. Mai e poi mai mi sarei fatta comandare da un uomo, anche se si trattava dello scapolo più ambito di New York.

''Io proprio non ti capisco. Quell'abito è meraviglioso'', Emily continuava a spostare lo guardo da me al vestito, poi ancora su me, sui miei jeans stretti e le mie converse nere.

''Devo proprio andare adesso'', ridacchiai prima di uscire e chiudermi la porta alle spalle.

Mi diressi a lunghi passi verso il portone, accelerando mentre passavo davanti ad un elegante auto nera, ignorando l'autista che continuava a chiamarmi.

Un auto privata, davvero? Come se non sapessi raggiungere un ristorante da sola.

Non ho un auto, d'accordo, ma New York ha una delle migliori metropolitane del mondo, posso raggiungere l'altro capo della città in pochissimo tempo. Io non ho bisogno di un uomo, né tanto meno dei suoi soldi.


L'espressione di Bill non era esattamente quella che mi sarei aspettata. Ero pronta a tutto, tranne al suo sorriso a trentadue denti che mi fissava speranzoso man mano che mi avvicinavo.

Indossava uno dei suoi perfetti completi eleganti; ma non si scocciava mai di starsene sempre tutto ingessato nelle sue camicie? Alle sue spalle un lussuoso ristorante stava iniziando a farmi sentire fuori posto. Ma no, non avrei mandato all'aria i miei piani solo per quello che quei ricconi avrebbero potuto pensare.

Bill non era l'uomo giusto per me ed io non ero per niente adatta a lui e al suo mondo e questo glielo avrebbe dimostrato.

''Quando l'autista mi ha detto che sei praticamente scappata via, ho pensato che non saresti più venuta''

E quel maledetto sorriso continuava ad allargarsi.

''Già, non avevo intenzione di venire''

''Beh, facciamo in modo che tu non te ne penta''

Aveva allungato il braccio verso di me, porgendomelo. Come in quelle scene in cui il principe prende sotto braccio la principessa per condurla nel suo castello; e un improvviso attacco di risata mi aveva scossa al pensiero di me, negli abiti di una principessa.

''Io non ci vengo lì''

''Cosa?'', Bill aveva replicato. Probabilmente la scena gli era sembrata un po' assurda. Era assolutamente perfetto nel suo completo, fuori da uno dei migliori ristoranti di New York, accanto ad una ragazza i cui abiti, nel complesso, probabilmente costavano meno delle sue mutande; probabilmente una situazione del tutto nuova per lui.

''Non ho intenzione di venire a mangiare lì'', replicai indicando il ristorante.

Andiamo, non saprei manco cosa ordinare in un posto così.

''Perché? ti assicuro che il cibo è ottimo''

''Certo, non ne ho dubbi, per quanto costerà... ma non mi sentirei a mio agio''

''Ti assicuro che sei bellissima anche coi jeans''

Fossi stata una ragazza qualunque, a quelle parole, probabilmente mi sarei sciolta un po'. Ma io sono io e alle belle parole credo poco, quando la realtà è così evidente.

''Ho detto di no''

''D'accordo, allora scegli un qualsiasi altro posto dove andare''

Passai al vaglio le varie opzioni, poi un sorriso malvagio mi comparve automaticamente sul volto. 

''McDrive''

Colpito nel segno.

La sua espressione si fece dubbiosa prima di capire qual era il mio intendo. Volevo metterlo in difficoltà.

''D'accordo'', replicò con un ghigno.

Non mi porse la mano sta volta, mentre con un cenno mi indicava di seguirlo fino all'auto. 

''Jack, ci porti al McDrive più vicino'', il suo autista accenno un cenno con la testa prima di dirigersi verso il posto di guida.

''Jack'', lo interruppi. ''Per stasera sei libero, il signor Bill si è offerto di guidare''

''Hai proprio deciso di farmi esasperare stasera. D'accordo Jack, per stasera sei libero. Ci vediamo domani mattina''

Salutai con un gesto della mano e raggiungi il posto sul sedile anteriore mentre Bill prende il posto di guida. Prima di sedersi tolse giacca e cravatta, mentre si sistemava sul sedile.

Raggiungemmo il McDrive più vicino, ovviamente dovetti dirgli dove si trovava, come avevo immaginato non era mai stato in un McDrive, ne tanto meno aveva mai mangiato in macchina, una delle cose che preferivo maggiormente. 

Gli indicai un posto tranquillo lungo l'Hudson dove fermarsi e attesi che spense il motore.

''Non so come tu abbia fatto a vivere senza mangiarne almeno uno''

''I miei erano contrari a questi cibi, ad un certo punto è diventata un'abitudine''

Che domande, poteva andare nei migliori ristoranti, probabilmente ha sempre avuto un cuoco personale, cosa gli importava del McDonald?

Scesi dall'auto e gli feci cenno di seguirmi alla panchina più vicina, la vista sul fiume era meravigliosa; l'intera città si stendeva di fronte a noi, tra milioni di lucine che illuminavano l'atmosfera. Era uno dei miei posti preferiti ma ormai non ci passavo da anni.

Gli passai il suo sacchetto e lo osservai mentre fissava al suo interno.

''Non sarà il massimo ma ti assicuro che è commestibile''

Si tirò su le maniche della camicia e iniziò ad addentare il suo panino. Era assolutamente fuori luogo con suo completo elegante, i suoi capelli perfettamente pettinati e il suo orologio costoso.

Eppure se ne stava lì a mangiare il suo panino con una tranquillità disarmante. 

Era a suo agio anche quando si sentiva fuori posto, non sarei mai riuscita a fare lo stesso.

''Perché mi guardi?''

Beccata.

''Allora, ti piace?'', chiesi, evitando la sua domanda.

Annui mentre si ficcava in bocca una manciata di patatine.

In qualunque modo sarebbe finita questa situazione, quella era una scena che sarebbe rimasta impressa nella mia mentre per sempre.

''Sì, ma spero che tu abbia delle salviette, almeno''

Ridacchiai mentre gliene presi una dalla borsa.

''Visto? Non è poi tanto male'', dissi con un'aria soddisfatta sul volto. ''L'uomo che ha tutto non ha mai provato un Mc crispy''

''Non ho tutto'', sbuffò. 

Lasciai andare la frase e tirai su le gambe stringendomele al petto. Era tutto così normale da sembrare una cosa abituale.

Bill aveva la capacità di farmi sentire a mio agio e di sentirsi a suo agio in ogni tipo di situazione, ed era una cosa che adoravo.

''È  bello qui'', sospirò. 

''Non ci eri mai stato?''

''Ok, adesso non esageriamo. Quando ero ragazzo, passavo parecchio tempo in giro per la città con i miei amici; poi con gli affari e tutto il resto non ho più avuto tempo per queste cose''

''Non hai tempo per le cose normali?''

''Non ho quasi mai tempo per rilassarmi''

''Ma non dovrebbe essere questo il bello di essere ricchi? Avere la possibilità di rilassarsi ogni volta che lo si desidera''

''diciamo, non è proprio così'', sorrise.

''E allora deve essere proprio noioso''

''Ha i suoi lati positivi''

''Ah si? E cioè?

''Non devo dar conto a nessuno se non a me stesso, l'impresa è mia e se faccio il mio lavoro bene è solo per me''

''Già questo deve essere bello, il mio capo è un vero rompiscatole'', ridacchiai.

''Sei davvero spiritosa''

''Dai, dopotutto non sei tanto male. Comunque dovresti trovarlo il tempo per fare cose normali, non è poi tanto male. Anzi, a volte aiuta''

''D'accordo. Facciamo una cosa, una volta ciascuno, organizziamo qualcosa da fare. Oggi è stato il tuo turno, e hai scelto qualcosa di normale da fare, la prossima volta sarà il mio e farai tu qualcosa legato al mio mondo''

''Cosa? No'', replicai.

Io avrei dovuto fare qualcosa che decideva lui? Non era proprio nei miei piani o nel mio carattere.

''Che c'è? Hai paura?''

Paura? Io?

Mi voltai a fissarlo negli occhi, inaspettatamente mi ritrovai il suo sguardo puntato su di me, a troppa poca distanza. Mantenni i nervi saldi e, porgendogli la mani, replicai: ''D'accordo, affare fatto''

La sua presa stretta aveva appena sigillato un patto che, con ogni probabilità, mi avrebbe stravolto la vita.

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