Chapter thirty
"I know"
ALICE'S POV
Notte schifosa. Avevo appena passato una notte d'inferno. Tutti i sogni che feci riguardavano l'episodio vissuto la sera prima.
Dopo una bella colazione sostanziosa, chiamai Hope.
"È successa una cosa... Io... Lui... Non c'era... La macchina"
"Stai dando i numeri. Che c'è?"
Mi asciugai il naso con il dorso della mano. Tremavo.
"È sbucato dal nulla"
"Chi?"
Cercai di raccogliere i pensieri e incanalarli in un flusso di parole.
"Mi è comparso davanti!"
"Cavoli, cavoli, cavoli. Hai investito un cervo? Ti sei fatta male? Bambi come sta?"
Poi emise un suono a metà tra un ululato e un gemito.
"La macchina?"
Aprii la bocca, ma Hope mi interruppe.
"Non pensarci, sono assicurata. Dimmi solo che la mia bimba non è tutta coperta di brandelli di cervo. Niente brandelli di cervo, vero?"
Qualsiasi risposta stessi per dare a Hope svanì. La mente galoppava veloce. Un cervo. Forse avrei potuto raccontare che avevo investito un cervo. Volevo confidarmi con Hope, ma allo stesso tempo non volevo passare per pazza. Come spiegarle di aver visto il tipo che avevo appena investito alzarsi in piedi e iniziare a strappare la portiera dell'auto e la stanza piena di mie foto? Abbassai il colletto fino alla spalla e controllai: non si vedevano segni rossi nel punto in cui mi aveva afferrato. Tornai in me con un sussulto. Davvero stavo prendendo in considerare l'idea di negare l'accaduto? Io ero sicura di quello che avevo visto, non l'avevo immaginato.
"Oh, cavolo! Non hai risposto. È incastrato tra i fanali, vero? Te ne vai in giro con un cervo incastrato nel cofano a mo' di spazzaneve" disse Hope agitandosi.
"Posso venire da te?"
Volevo distrarmi da tutto, ne avevo proprio bisogno. Improvvisamente, mi resi conto che per arrivare da Hope dovevo ripassare per quell'incrocio e mi mancò l'aria.
"Vieni pure, ti aspetto. Sono in camera mia"
Cominciai a preparare tutto con estrema velocità e mi avviai alla macchina parcheggiata proprio sotto alla villa.
Con le mani salde sul volante, avanzai nella pioggia pregando di trovare verde all'incrocio. Fui esaudita e passai a tavoletta. Avevo sguardo fisso davanti a me, se si escludono le continue occhiate ai lati della strada. Del tizio con il passamontagna nessuna traccia.
Dieci minuti dopo parcheggiai davanti a casa di Hope. Il danno alla portiera era notevole, tanto che per uscire dovetti prenderla a calci. Poi corsi fino alla porta d'ingresso, mi rifugiai dentro e scesi in fretta le scale che portavano al seminterrato.
Hope era seduta sul letto a gambe incrociate, con il portatile sulle ginocchia e gli auricolari collegati all'iPod.
"Che faccio, vado a vederli subito i danni o è meglio rimandare a dopo a una buona notte di sonno?" gridò, perchè ascoltava musica a tutto volume.
"Forse è meglio rimandare"
Hope chiuse di scatto il portatile e si tolse gli auricolari.
"No, togliamoci il pensiero"
Una volta fuori casa, restai imbambolata a fissare la macchina. La serata non era calda, ma nemmeno tanto fredda da giustificare la pelle d'oca. Niente finestrino frantumato. Niente portiera scardinata.
"C'è qualcosa che non va..." dissi, ma Hope non stava ascoltando.
Era troppo impegnata a esaminare ogni centimetro della sua auto.
Feci qualche passo avanti e toccai il finestrino. Il vetro era intatto. Chiusi gli occhi e, quando li riaprii, il finestrino era ancora senza un graffio.
Feci il giro dell'auto. Avevo quasi terminato quando, all'improvviso, mi fermai. Il parabrezza era scheggiato proprio nel centro.
"Sei sicura che non fosse uno scoiattolo?"
Ripensai agli occhi dietro il passamontagna. Erano di un verde intenso. Verdi come... Quelli di Harry.
"Guardami, sto piangendo di gioia"
Sdraiata sul cofano, le braccia aperte come ad abbracciarlo, strillava:
"Solo una minuscola incrinatura!"
Sfoderai un bel sorriso, anche se avevo lo stomaco sottosopra.
Solo cinque minuti prima il finestrino era in frantumi e la portiera scassata. In quel momento, invece, sembrava impossibile. Anzi no, sembrava folle. Io però avevo visto il pugno sfonderare il finestrino, avevo sentito le sue dita affondarmi nella spalla.
O no?
Più cercavo di rievocare l'incidente e la stanza, meno riuscivo a ricordare. Frammenti di informazioni mancanti ostacolavano il flusso della memoria. I dettagli svanivano. Era basso o alto? Magro o robusto? Aveva detto qualcosa? Dove si trovava la famosa stanza scovata? Non riuscivo a ricordare. Era quella la cosa più spaventosa.
L'unica cosa di cui ero realmente convinta era che Harry centrava qualcosa.
Magari voleva solo vendicarsi o peggio: voleva uccidermi. Era entrato nella mia vita proprio per questo. Voleva distruggermi piano piano e come cigliegina sulla torta, voleva mandarmi nell'aldilà.
Prima di porter impazzire ulteriormente, salutai Hope, tornai a casa mia. Mi immersi nella vasca da bagno, cercando di non pensare a nulla e sperando che questo succeda.
Continua…