Cuori In Tempesta

By Rob_Granger

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"La vita è come scatola di cioccolatini. Non sai mai quello che ti capita" diceva Forrest Gump. A Monica è c... More

Presentazione storia & Book Trailer
Cioccolato Amaro
Suspiria
Che i giochi abbiano inizio
Cioccolato e pistacchio
Tutta colpa di Bach
Houston, abbiamo un problema
Lui è migliore di te
Effetto Farfalla
Hold my hand
Anime Affini
Talento
Home Alone
Sei un enigma per me
Solo per qualche secondo
Su un'altalena
Meno di ieri, più di domani
Via dalla pazza folla
Tutto il tempo che vuoi
La luna e il falò
Kiss Kiss
Una serie di sfortunati eventi
Possibilmente per sempre
Santa Monica
Il cielo in una stanza
Epilogo- Cuori In Tempesta
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Buon senso o gentilezza?

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By Rob_Granger


CUORI IN TEMPESTA

Buon senso o gentilezza?

Non c'era bisogno di sguardi, di parole, di gesti, di contatti: solamente il puro stare insieme.
(Goethe)

Saranno passati sì e no dieci minuti da quando io e Giordana ci siamo messi in cammino. Adesso siamo fermi ad un semaforo rosso.

Fra una quindicina minuti dovremmo arrivare a Rimini, traffico permettendo. Ma, al momento, ci sono solo poche macchine in giro quindi dubito che ce ne sarà parecchio.

Mi auguro che il mercato non sia troppo gremito di gente, visto che di solito il momento privilegiato dai più per andare a fare la spesa è il mattino.

Ovviamente non mi va di passare troppo tempo con il tipaccio. Anche se ho apprezzato il suo gesto di poco fa, quando mi ha aiutato a salire sulla moto, di certo non mi diverte passarci del tempo insieme.

L'avermi dato una mano, in tutti i sensi, non è stata di certo una gentilezza.

"Devo uscire stasera e voglio sbrigarmi" mi ha detto.

In pratica mi ha aiutato solo perché anche lui vuole stare solo, il più lontano possibile da me e farmi salire sulla Vespa è stato un modo per accelerare i tempi. Tutto qui.

D'altronde sono la persona che più odia al mondo, quella che lo infastidisce, quella da prendere in giro, quella su cui riversare antipatia e rabbia. Quella che... uff, ma perché devo mettermi a pensare a queste cose proprio in questo momento?

Ecco cosa succede ad essergli così vicina.

Come se non bastasse, vedo con la coda dell'occhio che lui mi guarda dallo specchietto retrovisore. Il tutto dura solo un momento, ma me ne accorgo lo stesso.

Che ha da guardare?

Comunque chissà dove andrà stasera  e con chi. Ho pensato subito ad Eva, lo ammetto. L'altra sera è rientrato dopo un bel po' dalla casa dei Fiore, e sicuramente in quel momento, se non in questi giorni, si sono organizzati per vedersi. Immagino si siano scambiati i numeri di cellulare e che si stiano conoscendo tra un messaggio e l'altro.

Benissimo. È una splendida notizia questa.

Domani uscirò con Zeno e sinceramente non vedo l'ora che arrivi il momento. Mi ha fatto proprio una bella impressione questo ragazzo e sono curiosa di approfondire la sua conoscenza. Spero che confermi l'idea che mi sono fatta su di lui. Rivedere il suo sorriso e i suoi occhi cerulei mi farà più che bene.

Poi, immersa nei miei pensieri, vengo bruscamente riportata alla realtà.

Succede tutto molto velocemente.

Il semaforo diventa verde , Giordana riparte e tutto è così improvviso e veloce che sento l'equilibrio venirmi meno.

Mi sento come si sentirebbe un pesciolino rosso catapultato all'improvviso fuori dalla sua boccia di vetro: confusa e smarrita.

Istintivamente porto le mia braccia attorno a lui, posando le mie mani sul suo petto.

Lo sento irrigidirsi al mio contatto, così come io mi sciolgo dalla vergogna e dall'imbarazzo.

Giuro che non era mia intenzione toccarlo. Il mio intento era quello di starmene ferma e tranquilla, evitando anche solo di sfiorarlo. Ma poteva andare tutto secondo i piani? Ovviamente no.

Che imbarazzo. Che imbarazzo. Che imbarazzo.

Ma dico, non poteva essere un po' meno brusco nel ripartire?

Come se non bastasse, adesso ha appena svoltato in una strada, quindi anche volendo, non posso allontanare le mie mani da lui, o rischierei di cadere e farmi molto ma molto male.

Tutto ciò è terribile, assolutamente terribile. Non doveva andare così, per la barba di Merlino!

Passano diversi secondi, quando finalmente il viaggio torna a essere lineare e lo zuccone continua a guidare su una strada dritta, in salita.

-S- scusa.- farfuglio a disagio.

Poi faccio per togliere le mie mani da lui, ma mi blocca posando la sua mano destra sulle mie.

Nuovamente sento quella sensazione strana che ho provato poco fa, e le mie guance si tingono di rosso. Poi ci si mette anche quello sciocco del cuore, che prende a bussare con intensità contro il mio petto. Ma che hai da agitarti, rimbambito di un muscolo?

Si diverte tanto a farmi imbarazzare questo zuccone?

-Che sta... che stai facendo?- biascico.

-A meno che tu non tema per la tua incolumità, ti consiglio di non togliere le tue mani da qui.- dice soltanto. La sua mano ancora sulle mie.

Nel frattempo continua a guidare mantenendo il limite di velocità.

Ma di che sta parlando? Incolumità? Come se a lui importasse qualcosa di me.

-Non credo che mi succederà nulla se tengo le mie mani lontano da te...- gli rispondo, tentando nuovamente di mettere la debita distanza tra noi.

Ma, di nuovo, non me lo permette.

Uff!

-Fai come ti ho detto e non fare la testarda, come tuo solito. Non voglio che ti faccia male.- continua con tono indecifrabile, poi allontana la sua mano, e il suo calore, e la riporta sul manubrio.

Lui non vuole che mi faccia male. Questa è nuova. Mi verrebbe quasi da ridere, se non fosse per la situazione in cui mi trovo. Mi ha fatto e mi fa così tante volte male con le parole, e adesso si preoccupa che mi faccia del male fisico?

Mi guarda un attimo dallo specchietto retrovisore e lo stesso faccio anch'io, puntando i miei occhi nei suoi, riflessi. Vorrei rispondergli ma, qualcosa nella sua voce, mi convince ad ascoltarlo.

Poi ritorna a guardare davanti a sé.

Io me rimango in silenzio, impacciata e imbarazzata ai massimi livelli.

Le mie mani rimangono dove sono. Percepisco il calore e la tonicità del suo petto e il profumo che impregna la sua camicia e i suoi capelli. Uno di quelli che ti stordiscono e ti rimangono nelle narici per troppo tempo.

Era da quando eravamo piccoli che non gli ero così vicina e la cosa non mi piace. Perché... perché ho capito che non appena siamo molto vicini, la nostra vicinanza porta con sé degli effetti collaterali. Meglio conosciuti come ricordi.

Mi scalfiscono la mente come scene di un film in bianco e nero che scorrono veloci, senza filtri.

Ripenso a quando da bambini andavamo in bici, nel parco vicino a casa. Sulla stessa bici. Lui guidava, come adesso, e io ero seduta sul portapacchi, dietro di lui. Me ne stavo stretta stretta vicina a lui e sorridevo, felice di essere con il miglior amico del mondo.

Il più buono. Il più gentile. Il più divertente. Il più intelligente. Il più dolce. Il più testardo. Il più orgoglioso. Il più ostinato. Il più bello.

Mi mordo le labbra per evitare che una lacrima sfugga al mio controllo.

Ci mancava solo che mi facessi travolgere dalla memoria.

Penelope mi ha consigliato di viverli senza paura, i ricordi. Perché, in fondo, sono legati al Giordana bambino, la "metà buona", e che non serve a molto far finta che non li abbia mai vissuti. Ma è più difficile del previsto.

Faccio su con il naso e poi lascio ai miei occhi di perdersi nel paesaggio circostante. Meglio distrarsi.

Alla mia destra si trova una zona verdeggiante, probabilmente un piccolo bosco. Ci sono alberi molto alti dalle cui fronde alcuni raggi di sole, timidi, fanno capolino e poi ci sono aiuole piene di fiori bianchi su sui alcune farfalle si stanno divertendo ad inseguirsi. Delle case dai tetti colorati, molto simili a quelli che ci sono a Torre Bella, si stagliano qua e là.

Alla mia sinistra, invece, ci sono perlopiù spiagge, riempite da ombrelloni e da tante persone, e negozi, tanti negozi e bancarelle. Il profumo del mare e dei chioschetti di dolci mi sfreccia davanti.

Chiudo gli occhi. Per un momento.

La bellezza dell'estate è tutta qui. Il cielo cristallino, l'aria buona, i fiori colorati, il mare, i profumi, il sole.

Poi li riapro.

Il viaggio dura qualche altro minuto, grazie al fatto che la strada si è presentata abbastanza libera dai vari veicoli. Come immaginavo, a quest'ora, sono in pochi a muoversi per strada. Soprattutto per via del caldo.

Poi Giordana inizia a rallentare, finché non vedo che parcheggia in uno spazio apposito per motorini, accanto a due bolidi che fanno sembrare la nostra Vespa uno scricciolo.

Quando spegne il motore, mi sbrigo a slegare, seppur in una maniera alquanto impacciata, le mie mani dal suo petto e poi mi schiarisco la voce. Non vedevo l'ora di togliermi da questa situazione.

Quando scende, si toglie il casco.

-Vuoi una mano?- mi domanda.

Non capisco subito a cosa faccia riferimento.

-A scendere dalla Vespa, intendo.- aggiunge, vedendomi confusa.

Wow, quanta gentilezza oggi. Devo preoccuparmi?

-No, grazie. -gli rispondo, togliendomi anch'io il casco.

Poi scendo, in maniera goffa, ma scendo.

Quando sono in piedi, Giordana solleva il sellino della moto e ne esce fuori una catena ricoperta da plastica rossa. Mostra sicurezza e prontezza nei suoi gesti.

Poi la usa per legare la Vespa ad un palo della luce che è di fronte al posto in cui ha parcheggiato.

-Allora, cosa dobbiamo comprare?- mi domanda, quando finisce.

Nel frattempo mi prende il caso dalle mani e lega il cinturino attorno al suo polso, così come ha fatto con il suo. Credo voglia portarseli con sé.

Prendo la lista che mi ha dato il nonno e leggo i diversi prodotti.

-Dal mercato dobbiamo comprare la carne, della frutta e della verdura. Poi ci sono altri prodotti che credo ci convenga comprare da un supermercato, magari uno di quelli vicino alla casa del nonno.- alzo gli occhi su di lui.

Giordana si limita ad annuire con il capo, poi si guarda attorno.

-Il mercato dovrebbe essere poco più avanti, prendendo quella strada,- indica un marciapiede con la mano,- per il supermercato, potremmo andare a quello che ci indicò tuo nonno il primo giorno.

Faccio mente locale e appena capisco cosa intenda, annuisco.

Poi iniziamo a camminare.

Le strade sono colorate dalla luce arancione del sole pomeridiano, le chiome degli alberi sono immobili, qualche uccellino canta e alcuni turisti passano con indosso cappelli di paglia, bermuda, occhiali da sole, infradito e borsoni carichi di asciugamani. Una fontana si erge al centro di uno spiazzale.

Quando scorgiamo il mercato, riconoscibile grazie ad una indicazione e al vociare insistente della gente, affrettiamo il passo.

-Prima di entrare, devo fare una cosa.- gli dico, quando siamo vicini.- Aspettami qui.

Il tipaccio si ferma e mi guarda inarcando un sopracciglio.

Poi prendo dalla mia borsetta le cartoline che ho comprato insieme a Zeno l'altro giorno, quelle per i miei, per Matteo e Penny e per don Gabriele, e le inserisco in una cassetta della posta che trovo poco più avanti.

In questi giorni non ho avuto modo di spedirle e prima di uscire di casa, quando le ho messe in borsa, ho sperato che la fortuna mi fosse amica e che potessi trovare una cassetta della posta, senza perdere molto tempo. Per fortuna così è stato.

-Fatto!-dico ritornando dallo zuccone.

Mi guarda ancora con curiosità, ma poi riprende a camminare.

Non ci mettiamo molto prima di varcare la soglia del mercato di Rimini.

Veniamo subito accolti da voci, da colori, da odori di ogni natura: da quelli più acri del pesce a quelli più dolci della frutta. Contrariamente alle mie aspettative, ci sono diverse persone.

-La carne possiamo comprarla dal signor Filippo. Mio nonno mi ha detto che è il primo venditore all'entrata, quindi penso sia quel signore lì.- indico un uomo vestito di bianco, intento a maneggiare un coltello.

-Andiamo allora.- si affretta a dire Giordana.

Ci mettiamo poco a comprare ciò che il nonno ha indicato sulla lista. Pollo e carne per arrosto. Suppongo che servano per la seconda portata di domani.

Prima di fare gli altri acquisti, io e lo zuccone facciamo un giro completo del mercato per confrontare i vari prezzi e riuscire a rientrare nel budget del nonno.

Ammetto che sono una persona molto attenta nelle compere. Quando mi prefisso di spendere una cifra, alla fine della mia spesa non devo averla superata neanche di un centesimo. È una questione di parsimonia. Tutto qui.

Si presentano davanti ai nostri occhi diverse bancarelle cariche di ogni cibo possibile e immaginabile, di vestiti, di oggetti per la casa e di souvenir.

Mi è sempre piaciuto stare nei mercati, i luoghi di scambio e di incontri per eccellenza. Il trovarmi in un mosaico di sfumature, di voci, di essenze, di persone, mi fa sentire viva.

Giordana se ne rimane in silenzio per quasi tutto il tempo, con una mano nella tasca dei jeans, i caschi legati al suo polso destro e i capelli tenuti in ordine dalla brillantina.

Quando si ferma a guardare delle pesche e lo vedo di profilo, mi ricorda tanto un attore degli anni '50. Il naso dritto, la mascella ben delineata, le ciglia lunghe, la bella pelle.

-Che ne dici di queste?- si volta a guardarmi.

Abbasso il mio sguardo, imbarazzata dal fatto che mi abbia beccato a osservarlo. Che tontolona che sono, per la peppa e la peppina!

Poi lo rivolgo alla frutta che mi sta indicando. Ne tasto la durezza, ne vedo il colore e poi ne ispiro il profumo.

-Vanno bene.- gli dico in fretta.

La signorina che le vende fa qualche sorrisetto di troppo allo zuccone, poi mette la quantità di pesche che le chiediamo in un sacchetto.

Quando ce le dà, ci dice ,con accento romagnolo, che ci fa uno sconto perché lui, cioè Giordana, è un bel ragazzo. Ovviamente lo fa ammiccando verso di lui, e non filandomi minimamente. Io sono da buttare, capite.

Il tipaccio le sorride imbarazzato. Puah!

Pensandoci, però, la sua avvenenza può aiutarci in questa spesa. Credo che sarà meglio andare da venditrici donne. Ridacchio tra di me.

-Cosa c'è da ridere?- mi chiede voi sapete chi.

-Nulla che ti interessi, Rodolfo Valentino dei poveri.- mi volto un secondo a guardarlo.

-Ah! Sei gelosa del fatto che mi abbiano fatto uno sconto perché sono troppo bello.- si pavoneggia.

-Certo, gelosissima!- lo prendo in giro.

Non risponde, ma con la coda dell'occhio lo vedo ridere.

Scappa un sorriso anche a me.

Pian piano, bancarella dopo bancarella, ammiccamento dopo ammiccamento( ha fatto faville lo zuccone) , finiamo per comprare tutto ciò che c'è nella lista: pomodori, carote, due teste di lattuga, cetrioli, zucchine, patate, peperoni e frutta.

Ammetto che lo zuccone si è mostrato più galante del previsto, perché nonostante avesse i nostri caschi sul braccio, ha insistito per portare lui la maggior parte della buste, lasciandone a me solo due, per giunta leggere. Ma forse, più che per galanteria, l'avrà fatto per rimarcare il suo essere "macho".

Non che avessi bisogno del suo aiuto. Ce l'avrei fatta benissimo anche da sola.

Quando finiamo ed usciamo, controllo il borsellino con dentro i soldi del nonno. Devo dire che abbiamo speso bene, per essere la nostra prima volta, e che ci rimarranno soldi a sufficienza per finire la spesa al supermercato.

-Un paio di buste le lego ai manubri, altre ai miei polsi, qualcuna la leghiamo ai tuoi, va bene?- mi domanda, quando siamo vicini alla Vespa.

-Posso tenerle vicine al mio petto.- gli dico, allacciandomi il casco.

-In questo modo dovresti tenere le mani sulle buste per non farle cadere e così rischieresti di perdere l'equilibrio... come prima.- si schiarisce la voce, ripetendo il mio gesto.

-D'accordo...- gli do ragione.

Così detto mi si avvicina, legandomi due buste(nuovamente le più leggere) su ogni avanbraccio. Poi mi tende la sua mano.

Oh no! Mi ero dimenticata che ora c'è il secondo round nel salire sulla moto. Ma... forse posso provarci da sola adesso, no? D'altronde ho visto prima dove devo mettere il piede e cosa fare. Sì, non ho bisogno del suo aiuto.

-Faccio da sola.- dico in fretta.

Lui solleva un sopracciglio, palesemente scettico che io ce la possa fare. Poi abbassa la sua mano e prende a guardarmi, in attesa.

Faccio un bel respiro, poi mi avvicino alla Vespa.

Poggio una mano sul sellino per mantenermi, appoggio il piede destro, ma proprio mentre sto per sollevare l'altra gamba, anche a causa delle quattro buste che ho legate alla braccia, perdo l'equilibrio.

Accidenti!

Già certa di ruzzolare per terrà, però, sento una presa sul mio braccio.

Questione di secondi e mi ritrovo vicina, troppo vicina, a Giordana.

-Questo succede quando si è troppo testardi, Ranieri.- dice ad un soffio dal mio viso.

I suoi occhi verdi mi guardano con intensità e un sorrisetto di derisione è dipinto sul suo viso. Io deglutisco per l'imbarazzo e sbatto le palpebre più volte

-Ha parlato Mr. Sono il più testardo del mondo.- mi libero dalla sua presa, allontanandomi in fretta da lui.

Lui mi fa una boccaccia.

Tzè!

-Ora sua signoria si fa aiutare dal suo umile cocchiere, o preferisce fare l'impavido gesto di salire da sola su questo aitante cavallo, cadendo come un sacco di patate per terra?- mi prende in giro.

E anche se so che è estremamente infantile, adesso è il mio turno di fargli una boccaccia.

***

Il supermercato in cui andiamo per finire la spesa si presenta piccolo ma ben fornito. C'è persino una piccola parafarmacia.

L'abbiamo trovato abbastanza in fretta, in quanto sulla via del ritorno, mi sono ricordata che all'esterno presentava delle tendine a fasce bianche e gialle, subito riconoscibili.

Abbiamo preso un carrello e adesso lo stiamo riempiendo delle ultime cose sulla lista. Pacchi di pasta, pelati, scatolette di tonno e qualche altra cosa.

Sinceramente sono un po' preoccupata dal peso che questa roba porterà con sé. Giordana  è stato bravo a guidare, devo ammetterlo, ma adesso con tutte le buste che si andranno ad aggiungere, credo che faticherà maggiormente a muoversi per strada.

-Comunque tuo nonno ci ha imbrogliato.- mi dice, stando vicino al bancone dei latticini.

-E perché mai?- domando, controllando la data di scadenza di alcune marmellate.

-Perché ci aveva detto che avremmo avuto il sabato pomeriggio libero, e invece...- lascia la frase in sospeso.

-Non so che dirti...- rimango sul vago.

In effetti mio nonno è stato astuto.

-Ho sentito che ha aggiunto dei soldi al nostro budget, giusto?- continua, avvicinandosi a dove sono io.

-Ci ha dato dieci euro in più, per comprarci qualcosa che ci piace.

-Potrei avere già adesso la mia metà?

Mi volto a  guardarlo, aggrottando le sopracciglia.

-Cosa devi fartene già adesso? Compra quello che vuoi, che rientri nei tuoi cinque euro, e poi pago io alla cassa.- torno a guardare i vari barattoli.

Il nonno ha segnato sulla lista due barattoli di marmellata. Una alle arance e una alla fragole.

-Li voglio adesso.- insiste.

Ma che vuole farci? Sbuffo. Faccia quel che vuole, che posso dire.

Apro così la mia borsetta ed estraggo il mio borsellino. Poi prendo la banconota da cinque e gliela do.

-Vado a comprarmi qualcosa.- dice, allontanandosi in fretta.

Scuoto la testa. Non cambierà mai questo tipaccio! Invece di aiutarmi a fare la spesa, pensa a consumare subito i suoi soldi. Sicuramente li vorrà spendere per cioccolata e dolciumi vari.

Sospiro, poi continuo a riempire il carrello. Per fortuna non mi rimangono molte cose da comprare.

Quando arrivo alla cassa, una decina di minuti dopo, lo zuccone mi raggiunge.

Ha le mani libere e così non capisco cosa abbia comprato, ma poco importa. Non è qualcosa che mi riguardi come spenda i suoi soldi.

Io, i miei, li ho usati per comprare un pacco di marshmallow e una vaschetta di gelato, di quelli che hanno quattro gusti, che comprendesse il cioccolato e il pistacchio, ovviamente. Domani lo condividerò con tutti. Sì anche con lo zuccone. Ma lo faccio solo perché è domenica e divento più buona in questa giornata.

Dopo aver pagato(siamo rientrati perfettamente nel budget) e aver riempito le buste dei vari prodotti, ci allontaniamo.

-Sarà difficile portare tutta questa roba adesso.- fa Giordana, una volta fuori.- Quanto vorrei avere la mia Aprilia adesso.- sbuffa.

Annuisco. Una decina di buste si presenta davanti ai nostri occhi. Per quanto odi la ferraglia del tipaccio, adesso ci farebbe proprio comoda.

Credo che il nonno non abbia molto riflettuto quando ci ha detto di andare  a fare la spesa su una moto vecchia più di cinquant'anni, bellissima per carità, ma di certo non adatta a sostenere troppi pesi.

-E adesso che facciamo?- lo guardo.

Non ho neanche il numero di mio nonno né di Pietro per poterli avvisare della situazione in cui ci troviamo. Non so neanche se abbiano un cellulare, a dir la verità.

-Non abbiamo molte alternative.- sospira.- ne leghiamo molte ai manubri e alcune sulle nostre braccia. Magari le buste più piccole le mettiamo in quelle più grandi così da risparmiare spazio.- mi guarda, in attesa di approvazione.- Sperando che non ci facciano un multa. Non so se sia consentito portare tutte queste cose su un motorino.- mette una mano sotto il mento.

-E se chiamassimo qualcuno che ci venga a prendere con la macchina?- propongo, con una mezza idea nella mente.

-Tipo chi?- si volta completamente verso di me.

-Il numero del nonno e di Pietro non ce li ho, ma ho quello...- parto titubante,- di Zeno. Non so se lui guidi, ma posso provare.- lo guardo.

-È fuori discussione! – si innervosisce d'un colpo.- Sei strana Ranieri, davvero. Conosci questo tizio da neanche una settimana e già vuoi fare affidamento su di lui?- la sua voce si fa più tagliente.

Forse perché su di te non posso più fare affidamento da anni, sciocco!

-Era solo un'idea...- mi difendo.- E poi mi ispira fiducia, che posso farci? Mi sembra che anche a te ispiri fiducia Eva, o mi sbaglio?- faccio con calma.

Mi scocca un'occhiataccia.

-Non ti sbagli. Perché non telefoniamo a lei, allora?- inarca un sopracciglio e mi guarda con sfida.

-È fuori discussione!- è il mio momento di dirlo.

Poi sospiriamo nello stesso momento.

-Vada per portare tutti i pesi.- accetto alla fine.

-E sia. – dice.

Poi ci avviciniamo alla moto e con calma iniziamo a legare i vari sacchetti.

Per fortuna siamo abbastanza veloci, e senza dirci molte parole ci aiutiamo a vicenda, senza litigare.

Quando mi aiuta a salire sulla moto e lo fa anche lui, però, ci accorgiamo che la Vespa pende più da un lato che dall'altro.

E così, senza che possa controllarlo, scoppio a ridere.

Dovreste vederci. Siamo ridicoli. Due ragazzi di diciotto anni su uno Scooter vecchio, super carichi di buste, che pendiamo verso destra neanche fossimo la Torre di Pisa.

Vedo Giordana girarsi verso di me. Mi guarda negli occhi. Qualche secondo e ride anche lui. Più discretamente di me, ma ride, e lo fanno anche i suoi occhi che, d'un tratto, si illuminano e lo fanno assomigliare incredibilmente al Gioacchino bambino, con cui giocavo.

Qualche passante ci guarda con stranezza. Ma poco importa.

Dopo anni e anni di litigi, questa è la prima volta che io e il tipaccio ridiamo insieme e lo facciamo divertiti, con sincerità.

Non che le cose tra di noi miglioreranno, da adesso in poi, ma ammetto che il momento è piacevole. Molto piacevole.

Quando ci calmiamo, ci guardiamo negli occhi, con entrambi una scintilla di divertimento nelle pupille.

-Tieni.- mi porge ,subito dopo, una scatolina che prende dalla tasca dei suoi jeans.

Poi torna a guardare davanti a sé e fa per mettere in moto.

-Che cos'è?- gli chiedo .

-Una pomata per le infiammazioni.- dice soltanto.

-E cosa dovrei farmene?- inarco un sopracciglio.

Spero non mi stia prendendo in giro, perché non mi sembrerebbe davvero il momento.

-È per il tuo polso. Ti fa male, no?- mi guarda dallo specchietto retrovisore.

Lo guardo confusa. E lui come fa a sapere che mi fa male il polso?

-Ho notato che ti fa male...- aggiunge, ora infastidito dal modo in cui lo sto guardando.

Dischiudo le labbra sorpresa da questa sua... premura. Sento un calore all'altezza del petto.

Con titubanza prendo la scatolina che continua a porgermi.

C'è scritto su che serve a lenire infiammazioni di spalle, e braccia.

-E l'hai pagata con la tua parte di soldi?- faccio incredula.

Non c'è scritto il prezzo sulla scatola, ma credo costi più di cinque euro. Che abbia usato suoi risparmi? Sarebbe assurdo!

-A te non deve importare come l'ho pagata.- sospira, smettendo di nuovo di guardarmi.

-E a cosa devo tanta gentilezza? Aiutare Monica la Monaca... non è un fastidio per te?- avanzo.

Non uso rabbia nella mia voce, ma solo curiosità.

-Credo tu confonda  il buon senso per gentilezza.- mi risponde.

-Il buon senso... per gentilezza.- ripeto scettica.- Temo di non capire.

-È semplice Ranieri. Se hai male al polso, farai male il tuo lavoro. E se fai male il tuo lavoro, tuo nonno potrebbe non pagarti. Non pagando te, corro il rischio che anch'io ne vada di mezzo!

È alquanto campato in aria come ragionamento, ma gli credo. D'altronde perché lui dovrebbe essere gentile con me?

-E suppongo questo discorso valga anche per prima?

Riprende a guardarmi, confuso.

-Quando non volevi che mi facessi male... sulla moto.- preciso.

-Ah... sì, assolutamente. Certo. Ovviamente.- borbotta.

Annuisco. Adesso si spiega tutto.

-Capisco. Comunque... grazie.- sussurro l'ultima parola.

Lui mi guarda un attimo, annuendo leggermente.

CONTINUA...

Per la peppa e la peppina (chi ha visto "Toy Story" sa, chi non l'ha visto, lo veda perché è un cartone- anzi una trilogia- fantastica! xD) siamo già arrivati al decimo capitolo!!!^^

Credevo che questi testoni avrebbero litigato di più, invece si sono comportati bene, che ne dite? Ammetto che questo è uno dei miei capitoli preferiti. Lo trovo molto dolce. Ma lascio a voi il giudizio :D

Che ne pensate di Monica e Gioacchino? Pensate che sia stato solo il buon senso a spingere lui a comprarle una pomata per il polso? E il momento in cui hanno riso vi è piaciuto? :D

Grazie come sempre alle ragazze che mi stanno seguendo in questa avventura, leggendomi, votandomi e commentandomi. Siete preziose! Se vi va, stelline e commenti sono ben accette anche per questo capitolo, ovviamente <3

Vi mando un abbraccio, alla prossima,

Rob

P.S: Vi ricordo che ho da poco creato un account Instagram (ho persino messo le foto di come vedo Mao ed Edmond). Mi trovate come: rob_scrive ;)

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