L'Angelo della Morte

By GinaPitarella

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L'Angelo della Morte è un'assassina che molti considerano immortale, vaga sulla Terra da secoli per mietere l... More

Prologo 01
Prologo 02
Prologo 03
Parte prima: Iside. Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Parte seconda: Paine. Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Terza parte: la verità. Capitolo 1
Capitolo 2: i disegni dimenticati
Capitolo 3: L'incubo del passato ritorna
Capitolo 4: incubi
Capitolo 5: l'incontro con Robert
Capitolo 6: spiegazioni
Capitolo 7: l'Ordine entra in azione
Capitolo 8: un tuffo nel passato, il tradimento di Diana
Capitolo 9: la fine di Diana
Capitolo 10: la decisione di Paine
Capitolo 11: L'infanzia di Robert (prima parte)
Capitolo 12: l'infanzia di Robert (seconda parte)
Capitolo 13: L'infanzia di Robert (parte terza)
Capitolo 14: L'infanzia di Robert (quarta parte)
Capitolo 15: la prima e l'ultima
Capitolo 16: la fine di Frank
Capitolo 17: l'accordo tra Jack e Marco
Capitolo 18: un nuovo inizio
L'Angelo della Morte: Nella coltre oscura
Parte prima: Rivelazioni Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3: Nascosti ai confini del mondo
Capitolo 4: inganni
Capitolo 5: un incontro inaspettato
Capitolo 6: omicidio tra i ranghi dell'Ordine
Capitolo 7: triste verità
Capitolo 8
Capitolo 9: i nodi si sciolgono
Capitolo 10: sviamento
Capitolo 11: I tormenti di Jack
Capitolo 12: La rivalsa di Marco
Capitolo 13: l'abisso
Capitolo 14: decisioni difficili
Capitolo 15: braccati
Capitolo 16: una trappola di ricordi
Capitolo 17: confrontarsi con l'abisso
Capitolo 18: sconfitta
Capitolo 19: una vittoria per Jack
Capitolo 20: <3
Capitolo 21: fuga
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24: pulizia
Capitolo 25
Capitolo 26: vendetta
Capitolo 27
Capitolo 28
Capitolo 29
Capitolo 31
Capitolo 32
Epilogo

Capitolo 30

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By GinaPitarella


Jack era sul balcone della stanza che fino ad un mese prima era stata di Primus e si godeva lo spettacolo della vicina città. Era una magnifica serata di Dicembre, il vento pungente di fine autunno spirava tra la vegetazione ormai morente, trasportando il delicato profumo delle foglie secche.

Sorseggiava dell'ottimo champagne, godendosi i preziosi frutti del suo lavoro. Le bollicine gli solleticavano la gola e l'alcool iniziava a dargli un effetto rilassante.

Aveva trascorso la giornata alla sede, nel sottosuolo, per seguire direttamente le ricerche dei suoi fedeli agenti. Non era abituato a stare in riunione mentre gli altri svolgevano il duro lavoro; a lui piaceva essere in prima linea e partecipare egli stesso alle operazioni. Sia i cavalieri che gli agenti apprezzavano il suo modo di fare ed era questa la ragione per cui aveva fatto breccia nei loro cuori quando era ancora un semplice agente.

Avevano individuato più di trenta bambine nate nei cinque minuti che erano seguiti all'esplosione, che Jack aveva individuato come possibile periodo del decesso. Gli agenti, affiancati dai cavalieri, erano già in partenza per un primo sopralluogo. Entro pochi mesi si sarebbero trasferiti nelle rispettive località in cui risiedevano le bambine e avrebbero preso, pian piano, il posto di tutti coloro che normalmente le famiglie frequentavano. Sarebbero divenuti nuovi amici, maestre, confessori, sindaci e così via.

Tra quelle trenta bambine si nascondeva l'erede ed entro i dieci anni avrebbe ricevuto la visita di Robert.

Sentì qualcuno bussare alla porta e tornò in ufficio, ingoiò l'ultimo sorso nel bicchiere e si sedette alla scrivania. «Avanti.»

Ad entrare fu Giacomo; aveva un'espressione infelice sul volto e Jack si agitò. Il ragazzo stringeva dei fogli tanto avidamente che le dita gli erano diventate bianche. Avanzò verso Jack a passo spedito e gli tese i fogli spiegazzati. «Sono arrivati poco fa...», farfugliò.

Jack gli rivolse uno sguardo interrogativo mentre allungava la mano per prenderli; non aveva mai visto Giacomo tanto preoccupato. «Cosa sono?», chiese, ma era già pronto a scoprirlo da solo.

«Il Vaticano... ha scoperto in qualche modo che siamo ancora operativi...», disse Giacomo.

Jack spalancò gli occhi e lesse in fretta i fogli. Provenivano dalla Russia ed era un rapporto poco dettagliato di un cavaliere fuggito dal distaccamento dove risiedeva. Comunicava alla Sede Principale che molti dei suoi compagni erano stati arrestati, accusati di organizzazione a delinquere e deportati in varie prigioni della Russia. L'operazione era stata chiesta dal Vaticano.

«Impossibile... abbiamo interrotto ogni rapporto con loro da più di due secoli... come possono aver scoperto una delle nostre sedi?»

Giacomo strinse le labbra, non sapeva cosa rispondere.

«Avete provato a contattare le altre?» Jack si alzò e indossò in fretta la giacca. L'Ordine aveva una rete di venti sedi sparse nel mondo e ciascuna di queste controllava un ampio territorio del globo. Molte erano annesse alle località in cui erano state nascoste le esche – di cui ormai rimaneva solo la memoria.

«Il attesa del tuo arrivo, ho dato disposizione che tutte le sedi siano messe al corrente del pericolo e gli agenti si stanno occupando di questo.»

Jack gli passò accanto e gli mise una mano sulla spalla. «Ottimo lavoro, ora non ci resta altro da fare che scoprire cosa sia successo. Hai convocato i consiglieri?»

La bocca di Giacomo divenne asciutta. «In verità sono venuto prima qui...» Temette che Jack si infuriasse.

Invece l'uomo stava sorridendo, era lieto della cieca fiducia di Giacomo. «Allora non c'è tempo da perdere.», gli disse.

Si preparò ad uscire, ma un improvviso capogiro lo tenne fermo sul posto. Si resse al braccio di Giacomo per non cadere. Davanti ai suoi occhi il mondo parve tremare, scosso da un terremoto che solo lui poteva avvertire.

«Tutto bene?», chiese Giacomo, allarmato.

Jack annuì, gli occhi stretti che tentavano di mettere a fuoco gli oggetti. «Ho avuto solo un mancamento...» "Sarà colpa dello champagne", si disse.

***

Il tragitto che li separava dalla Sala Magna parve più lungo del solito. Jack teneva gli occhi puntati al suolo, come se attraverso il metallo della vettura riuscisse a scorgere l'asfalto che stavano macinando. Si accorse di essere arrivato a destinazione solo quando la vettura si fermò.

Giacomo scese in fretta, mentre Jack manteneva la calma. Gli altri giunsero subito dopo e si accerchiarono attorno ai due, in silenzio. Si incamminarono lungo il corridoio che precedeva la Sala Magna, in religioso silenzio. Un paio di agenti era in attesa del loro arrivo e dalle loro facce, Jack capì che non erano portatori di liete notizie. I membri del Consiglio si guardarono l'un l'altro, preoccupati, ma non proferirono verbo finché non furono attorno al tavolo.

«Qualche notizia dalle altre sedi?», chiese, subito, Jack.

Un agente si avvicinò, il viso teso e la voce asciutta. «Abbiamo tentato di metterci in contatto con loro...»

Le sue parole tormentarono Jack: "Abbiamo tentato". Portò una mano alla tempia e iniziò a massaggiarla.

«Ma solo una ha risposto alla nostra chiamata...», continuò l'agente, pallido in volto.

Matteo scattò in piedi. «Solo una?», tuonò. «Com'è possibile?»

Jack lo invitò alla calma. «È possibile che le altre siano impegnate nelle ricerche delle bambine.», disse, ma non credeva neppure lui alle proprie parole. Era solo una scusa per non guardare in faccia alla realtà; il Vaticano li aveva scoperti e ora si impegnava a fare ciò che avrebbe dovuto più di ottocento anni prima: chiudere per sempre l'Ordine di Raguel. Come tutti sapevano, la Chiesa era rimasta disgustata dai metodi adottati dall'Ordine e in più di un'occasione aveva dimostrato la propria avversione alla sua esistenza. L'Ordine aveva sempre provveduto a "risolvere" la situazione e a fare in modo che chi si dimostrasse contrario fosse "allontanato". Così avevano resistito fino a duecento anni prima, coesistendo pacificamente con la Chiesa. Ma i tempi erano cambiati in fretta, troppo; la Chiesa voleva scrollarsi dalle spalle l'immagine di morte che l'Inquisizione aveva dato al mondo e l'Ordine di Raguel era un ostacolo per fare ciò. L'Ordine era divenuto troppo potente, persino da soppiantare la potenza della Chiesa. Rappresentava un pericolo, non solo per essa, ma per l'intero genere umano. Il suo credo e le sue idee erano intrise di follia; l'Ordine era un mostro da fermare.

Il Vaticano aveva fatto pressione affinché, l'allora Presidente di Raguel, sciogliesse l'Ordine.

Il Presidente si dimostrò lieto di eseguire la loro volontà, ma l'Ordine aveva continuato a vivere e a diffondersi sulla Terra come un morbo e la Chiesa non sospettava nulla; ignorava persino che la Sede Principale si trovasse proprio sotto Roma.

L'agente scosse la testa, facendolo precipitare nello sconforto. «No, signor Presidente. I telefoni risultano staccati, come se qualcuno si fosse impegnato a isolarli da noi.»

«Cosa ne sarà di noi?», chiese Pietro, disperato.

«La Chiesa non conosce il nostro nascondiglio.», lo rincuorò Matteo.

«Ma se qualcuno parlasse?», continuò lui, petulante.

«I cavalieri sono addestrati alla cieca obbedienza e al silenzio, non tradirebbero mai l'Ordine, piuttosto si lascerebbero uccidere.», intervenne Jack.

Pietro lo fulminò con lo sguardo. «Ma non gli agenti!» Jack non disse nulla, ricambiò solo il suo sguardo truce. «Eri anche tu un agente, sai quanto poco retta sia la loro vita! Non seguono i medesimi precetti dei cavalieri e non praticano neppure il celibato! Senza contare che tra loro ci sono molte donne...»

«La maggior parte di noi consiglieri è stata un agente, Pietro, non dimenticarlo.», intervenne Matteo. «Se offendi un agente, offendi tutti noi.»

«Dobbiamo capire come difenderci.», disse Jack, stanco di quei battibecchi. Aveva un cerchio di dolore alla testa ed era riapparsa la sgradevole sensazione di debolezza e vertigini che aveva provato poco prima della riunione. Ebbe l'impressione che la luminosità del globo si fosse affievolita. Si volse verso l'agente per impartirgli un ordine, ma un'ombra attrasse la sua attenzione. Fu un lampo d'oscurità improvvisa che si staccò da una delle colonne per poi tornare dietro essa; trattenne il respiro per alcuni secondi in attesa che succedesse ancora. Ma non fu così. Si disse che l'ombra appartenesse ad uno dei cavalieri e che la stanchezza gli stesse giocando un tiro mancino.

«Presidente?», chiese l'agente, in attesa.

«Sì...» tentò di concentrarsi; si schiarì la voce e riprese: «Voglio che sia inviata una squadra in ogni sede – in borghese, ovviamente – e che siano contattati tutti i nostri alleati del mondo ecclesiastico.»

«A questo punto, temo che nessuno voglia essere ancora un nostro alleato e battersi contro chi non ci desidera.», disse Pietro.

«Che strano...», riprese Matteo, «... credevo che fossero gli agenti a non possedere un briciolo di amore per la nostra causa; invece ora scopro che sono proprio i tuoi simili a rinnegare le loro scelte ora che siamo in difficoltà.»

"Basta così", avrebbe voluto dire Jack, ma un groppo alla gola gli impedì di proferire parola. Con un cenno della mano fece avvicinare il cavaliere incaricato all'abbeveraggio.

L'uomo era in piedi, poco distante dalla porta d'ingresso. Fissò Jack a lungo e poi si avvicinò al tavolo con passo solenne, come se fosse mosso da un'entità superiore. Non prestò attenzione all'etichetta – che imponeva di servire per ultimo chi aveva richiesto il vino –, servì prima il Presidente e poi i consiglieri e Jack lo apprezzò perché aveva la gola tanto secca da credere di poter soffocare da un momento all'altro.

Bevve avidamente il contenuto, senza attendere che tutti consiglieri fossero serviti. Nonostante ebbe scolato il vino fino all'ultima goccia, non si sentiva dissetato e pretese che il cavaliere tornasse da lui con altro vino. Era furioso e allo stesso tempo spaventato; ora che finalmente aveva raggiunto il potere per cui tanto a lungo aveva lottato, rischiava di perdere tutto. Si chiese chi avesse allertato il Vaticano, chi fosse stato tanto pazzo da vendere l'Ordine? Ma più ci pensava e più l'emicrania aumentava. Soltanto il tempo gli avrebbe dato una riposta. Purtroppo per Jack, di tempo non ne rimaneva molto.

«Tutto bene, Jack?», gli chiese Giacomo, preoccupato.

L'uomo si limitò ad annuire, mentre si strofinava la fronte nel tentativo di fermare le vertigini. «Sono preoccupato...», gli disse in confidenza.

Pietro però lo udì e ne approfittò per rimbeccarlo. Il dito puntato su Jack come una minaccia. «Tutti noi siamo preoccupati, Jack! Siamo nell'Ordine da molto più tempo di te e ricopriamo le cariche del Consiglio...»

Jack non riuscì più ad udire il consigliere, vedeva la bocca dell'uomo muoversi, ma nessuna parola uscirne. Scostò la mano dal viso, lentamente, e sgranò gli occhi all'inverosimile. Si girò verso Giacomo per chiedergli se lui riuscisse a sentirlo, ma il ragazzo era concentrato sul discorso di Pietro – gli occhi corrucciati.

Jack annaspò, poggiò entrambe le mani sul legno e allontanò la sedia dal tavolo; aveva bisogno di aria fresca. Pietro arrestò il fiume delle parole, il dito era rimasto in alto, puntato al soffitto... e fu proprio da quel dito che cominciò.

Jack vide prima i colori piombare in un'oscurità che, suo malgrado, aveva imparato a conoscere bene. Alzò il viso e vide il dito di Pietro evaporare, piano, come se fosse fatto di cenere e un vento improvviso spirasse in quella direzione.

Temette che fosse solo una sua impressione, voleva crederci, ma dall'espressione di tutti – e in particolare di Pietro – capì che non era l'unico a "vedere".

Pietro urlò dal dolore. «Che cosa sta accadendo?» Si tenne il dito tra le mani, mentre questo si consumava fino all'osso. «Sto bruciando!», strepitò. Il dolore era intenso e presto gli mancarono le parole, sostituite da grida di panico.

«Jack, ma cosa...?», sibilò Matteo. Poi accadde a tutti.

I vestiti iniziarono a corrodersi in fretta e i corpi degli uomini rilasciarono una spessa colonna di vapore che li contornava come se fosse un'aura. Solo che non era semplice sudore ciò che stava evaporando: era cenere, i loro corpi si stavano decomponendo.

Il legno del tavolo parve comprimersi per poi gonfiare come se fosse stato bagnato da un'alluvione; si divise in piccole sfoglie che si arricciavano su loro stesse. Le colonne diventarono porose e si polverizzavano come colpite dal vento di migliaia di anni.

Jack si issò dal tavolo, come se volesse essere estraneo ai fatti; non poteva crederci, non voleva farlo! La dimensione demoniaca era tornata nella sua vita e aveva inglobato tutti.

«Jack!», strillò Giacomo che si guardava le mani, inorridendo. La pelle si era assottigliata e aveva perso colore, ora riusciva a vedere le vene oltre essa avvizzire e svuotarsi.

Jack avrebbe voluto aiutarlo con tutto se stesso, ma non sapeva cosa fare. Alzò lo sguardo sulle colonne e vide l'ombra di un cavaliere, immobile.

«Cavalieri!», urlò a squarciagola. Nessuno ripose al suo richiamo; il turbine rumoroso di cenere e le urla disperate dei consiglieri gli rendevano impossibile udire qualsiasi altra cosa. Si voltò allora verso il cavaliere che gli aveva servito il vino, era ancora lì che fissava i consiglieri. "Deve essere impietrito dalla paura", pensò Jack. «Dobbiamo portarli lontano da qui o moriranno!», strepitò. Non si chiese la ragione per cui il suo corpo e quello del cavaliere non subivano la medesima decomposizione; voleva solo uscire da lì il prima possibile.

Pietro tossì ripetutamente e si sedette con uno schianto sulla poltrona. Il suo viso era irriconoscibile, simile a quello di una mummia millenaria. «Aiuto.», chiese in un verso soffocato. Si accasciò sul tavolo poco dopo.

«Sbrigati!», strepitò al cavaliere.

Questi non si mosse dal proprio posto e quando Jack si allontanò da lui per soccorrere Giacomo, si tolse l'elmo che rendeva indecifrabili i tratti del suo volto.

«Soldato, obbedisci al tuo...», tuonò Jack, voltandosi nella direzione dell'uomo. La disperazione per la fine dei consiglieri svanì, sostituita dalla paura; poiché, anche con la scarsa luce, riconobbe gli occhi chiari del cavaliere.

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