Capitolo 23

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La prima cosa che Robert sentì sulla pelle fu il freddo pungente e l'odore della prima neve. Era riverso al suolo, il viso premuto contro il terriccio freddo e il profumo dell'erba nelle narici. Era odore di casa. Riaprì gli occhi e riconobbe subito i territori della sua infanzia.

La tomba di suo fratello era stata l'unica cosa che gli era venuta in mente prima di lanciarsi nel punto magnetico e ora erano lì, poco distanti dal villaggio che gli aveva dato i natali e che non ne aveva mai registrato la morte.

Paine era a poca distanza da lui, riversa sull'erba ghiacciata. Robert si trascinò fino a lei ed esaminò le sue condizioni. Aveva il viso incredibilmente pallido e una striscia di sangue fresco le sporcava il viso; sembrava non respirare. Per un attimo ebbe il terrore che la sua mente fosse rimasta intrappolata nella dimensione degli spiriti.

«Paine.», la scosse appena e la donna riaprì gli occhi con un leggero sfarfallio.

«Cosa è successo?» Si passò una mano sulla fronte e, quando tentò di rialzarsi, una fitta di dolore, simile a migliaia di spilli, le trafisse la testa.

«Eri svenuta e ti ho portata in salvo.»

«I cavalieri?!», chiese guardandosi intorno e portando istintivamente la mano alle armi.

«Non sono qui, non temere.», la rassicurò.

«Dove siamo?», chiese con un sussurro. Robert non smise di guardarle il naso, il sangue era ripreso a sgorgare.

«Nella mia terra natale, in un punto della Finlandia dimenticato dagli uomini.» La sua voce era pregna di nostalgia e di amore.

Paine si guardò intorno, incuriosita, mentre si asciugava il sangue con la manica. La foresta si estendeva a perdita d'occhio e le cime delle conifere svettavano contro il cielo terso. Paine si strinse le mani attorno al corpo e raggelò; davanti alla bocca le si formavano delle nuvolette di vapore.

«Questa zona è disabitata da molti anni, ne hanno fatto un parco Nazionale di recente. Siamo vicini alla provincia di Oulu, nel parco di Syӧte. Siamo in prossimità della taiga, per questo fa così freddo...», le spiegò.

«E la tua gente viveva in una zona tanto fredda?», gli chiese, sorpresa.

Robert le sorrise. «In realtà siamo più vicini alle grandi città che alla parte selvaggia della Finlandia.» Le tese la mano e Paine la strinse. «Vieni, andiamo a ripararci da qualche parte.»

Paine lo seguì in silenzio, si muoveva con lentezza sull'erba, sentiva attraverso le scarpe il gelo della prima neve. Robert la condusse in un villaggio abbandonato, non rimaneva altro che qualche roccia piantata al suolo che si confondeva con la vegetazione che aveva ripreso il dominio sull'opera umana. In lontananza vedeva alcune costruzioni e di tanto in tanto udiva delle macchine che sfrecciavano su una strada.

Robert intuì i suoi pensieri. «Quella laggiù è la città che i miei vecchi compaesani hanno fondato quando il mio villaggio è divenuto invivibile e qui vicino passa una strada che rimane chiusa per buona parte dell'anno.» Provava uno strano piacere nel condividere con qualcuno i luoghi del suo passato e non avrebbe mai immaginato che quella persona sarebbe stata la donna che amava. «Non ho mai condotto nessun'altro qui, oltre a te.» Non poteva vederla, ma era certo che Paine stesse sorridendo. Le descrisse la storia della cittadina, come si era formata e chi vi abitava; soprattutto taglialegna e cacciatori e alcuni, come suo padre, possedevano delle terre da coltivare che però non producevano molto.

«Io mi occupavo dei campi.» Con un ampio gesto le indicò una collinetta che si innalzava, solitaria, in mezzo alle conifere. «Ortaggi di scarsa qualità e alberi rachitici. Per lo più raccoglievo frutti di bosco nella foresta.» La condusse in una stretta radura, contornata da erba alta che stava pian piano appassendo sotto il velo di neve. Un albero dal tronco ritto e nodoso faceva ombra ad una croce celtica di pietra.

L'Angelo della MorteWaar verhalen tot leven komen. Ontdek het nu