Capitolo 2

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  I ventuno cardinali erano in riunione in una stanza isolata dal resto del monastero, situata in cima a una torre, in modo che i soldati di guardia potessero tenere sotto controllo il villaggio e la foresta. A nessuno era consentito avvicinarsi, e nessuno di loro quella sera aveva visto Iside.

  La stanza era spoglia, riempita solo da un tavolo di legno, attorno cui erano accomodati i cardinali, e da un caminetto che forniva loro luce e calore.

  Mancava poco alla mezzanotte.

  La porta dell'enorme camera era stata sigillata, in modo che nessuna decisione trapelasse prima del dovuto.

  "Allora è deciso.", annunciò il cardinale Umberto da Piacenza, un uomo dai tratti gentili, ma dagli occhi sprezzanti e crudeli. La sua corporatura mostrava quanto fosse stata dura la sua vita, era magro, ma robusto, e, nonostante l'età, aveva la forza di un ventenne. Merito degli anni trascorsi in guerra, nelle lontane terre degli infedeli. "Girolamo sarà la nostra guida spirituale."

  I cardinali applaudirono.

  "Non potevamo scegliere uomo migliore. Mi auguro che saprà guidarci in anni così bui ed eretici."

  Il conclave era giunto al termine, Umberto si apprestava a compilare il documento redatto allo scopo di comunicare la loro decisione; questo sarebbe stato portato a Roma dal più veloce dei cavalieri.

  Al fianco di Umberto sedeva il cardinale Silvio di Vicenza che insieme a lui era stato incaricato di individuare i tre candidati adatti a ricoprire la carica di Papa. A differenza del compagno, aveva l'aspetto di un guerriero; un'enorme cicatrice gli percorreva per interezza la guancia glabra, e i capelli, completamente bianchi, incorniciavano un viso privo di rughe e dai tratti decisi. Appose la sua firma al sigillo, accanto a quella di Umberto, e passò il documento al cardinale successivo.

  Prima che questi appoggiasse la penna sul foglio si udirono delle voci discutere concitatamente.

  I cardinali si voltarono tutti in direzione della porta. Le voci erano sempre più vicine.

  "Cosa sarà accaduto?", chiese Silvio. Le sue parole andarono a vuoto, nessuno gli prestò ascolto.

  Udirono il movimento del chiavistello liberare la porta dai pesanti sigilli.

  La mente di tutti fu assalita dal panico, pensarono ad un attacco improvviso dei Tartari.

  Umberto proruppe: "Chi è alla porta? Fatevi avanti!"

  Il vociare si affievolì. I sigilli furono rimossi interamente. Il rumore prodotto dai chiavistelli caduti al suolo li faceva sobbalzare.

  Ad entrare fu uno dei soldati di guardia alla porta.

  I cardinali placarono i loro timori nel vederlo, ma Umberto, notata l'espressione di sconcerto sul volto dell'uomo, non si calmò.

  "Vogliate scusare l'interruzione.", si inchinò. "Quest'uomo sostiene che sia stato commesso un delitto!"

  "Delitto?", ripeté Silvio.

  I cardinali si scambiarono occhiate allarmate.

  Edoardo si fece avanti, il suo volto era bianco come un cencio. Si tolse il cappello in segno di rispetto e se lo rigirò tra le mani. "Mi dispiace, avrei dovuto prestare attenzione. Non so come possa essere entrato...", disse singhiozzando. Prima di raggiungere la stanza, aveva deciso che avrebbe tenuto segreta l'identità dell'omicida, avrebbe mentito, non poteva tradire la sua nuova divinità, quella fanciulla che nulla gli aveva dato se non una dolce occhiata e un gesto di complicità. Lo aveva trattato come un suo pari, cosa che non gli era mai capitata.

L'Angelo della MorteWhere stories live. Discover now