Capitolo 13: l'abisso

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Un sospiro risuonò nel silenzio della notte, gelando i cuori di chi si attardava tra le strade. Fu così leggero da sembrare incorporeo, il verso di un essere appartenente alle tenebre.

Un uomo ebbe l'ardire di passare accanto al luogo dove si nascondeva il proprietario di quel lugubre respiro; si voltò appena, spaventato e disorientato. Guardò nel punto d'ombra che si creava tra due palazzine e gli parve di scorgere una figura composta di solo fumo innalzarsi verso il cielo come un'aura e poi sparire nel buio baratro del vicolo.

L'uomo raggelò, il respiro scomparve ma non riuscì a rasserenarsi; aveva più di un motivo per provare timore. Il suo cuore, così come il suo animo, non era puro, ma saturo del più nauseante dei peccati. Proseguì a passo spedito sulla propria strada, tentando, invano, di dimenticare ciò che aveva visto nelle tenebre, ciò che gli aveva risucchiato completamente l'energia.

Una macchina sfrecciò sull'asfalto bagnato illuminando il corpo atletico dell'uomo e una figura più piccola che lo seguiva, sfuggente e furtiva.

L'uomo sentì l'abitante delle tenebre alle proprie spalle, l'ombra di fumo di poc'anzi. Si voltò, fulmineo, per mettergli paura, in pugno stringeva una calibro 45, il dito sul grilletto, pronto a fare fuoco. «Chi è là?» La sua voce vibrò nella notte.

Paine era ferma davanti a lui, il volto nascosto dai folti capelli che disegnavano una cornice simile a fiamme nere. Indossava un impermeabile lungo sopra l'abituale uniforme, le mani nelle tasche sfioravano la sagoma rassicurante e terribile dei wakizashi.

«Chi sei?» Le mani gli tremavano nonostante il suo incubo non sembrasse tanto pericoloso quanto quello che si era figurato nella mente.

Paine alzò il volto, piano, era completamente in ombra, ma i suoi occhi luccicavano ammiccanti. «Frederick Lightwood?» La sua fu più un'affermazione che una domanda.

«Chi lo cerca?», chiese Frederick, il dito pronto a scaricare il caricatore.

«La morte.», gli rispose.

Frederick sentì il cuore fermarsi e non indugiò oltre, premette il grilletto lasciando che la paura defluisse nella pallottola. Paine si scostò velocemente su un lato, il suo movimento fu così fulmineo che l'uomo neppure se ne accorse. I propri occhi registrarono il movimento solo in seguito, quando la videro rannicchiata al suolo, un'arma stretta nella mano, pronta ad attaccare.

Frederick strinse i denti; la mano armata seguì il movimento della donna e fece fuoco una seconda volta. Contemporaneamente Paine schizzò in avanti come una molla, pronta a pugnalargli il cuore, ma dovette abbassarsi per schivare la seconda pallottola e il wakizashi trafisse l'uomo al fianco destro. Il dolore fu come veleno per Frederick, che dal fianco si sparse in tutto il corpo; perse il controllo sull'arto armato e lasciò che gli pendesse dal fianco, oramai non aveva altra difesa.

Paine estrasse l'arma e si preparò ad affondarla nuovamente.

«Aiuto!», singhiozzò Frederick guardandosi intorno. Teneva la mano premuta contro il fianco, l'arma abbassata al suolo. Si voltò verso la strada, brancolando nel buio del panico. «Qualcuno...» Un getto di sangue gli riempì la bocca e soffocò la frase.

«Non fuggire.», gli disse Paine con voce severa. «Non prolungare la tua sofferenza.», gli ringhiò contro. Lo raggiunse con poche falcate e vibrò la pugnalata mortale, ma l'uomo inciampò e cadde, sfuggendo al nuovo attacco.

Frederick si voltò verso di lei, proteggendosi il volto con entrambe le braccia. «Pietà, sono innocente.», farfugliò nella propria lingua.

Paine non poté far a meno di pensare che un innocente non andava in giro con una pistola ad aggredire minorenni per poi stuprarle. «Hai ucciso una bambina la scorsa settimana.», gli disse.

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