L'Angelo della Morte

By GinaPitarella

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L'Angelo della Morte è un'assassina che molti considerano immortale, vaga sulla Terra da secoli per mietere l... More

Prologo 01
Prologo 02
Prologo 03
Parte prima: Iside. Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Parte seconda: Paine. Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Terza parte: la verità. Capitolo 1
Capitolo 2: i disegni dimenticati
Capitolo 3: L'incubo del passato ritorna
Capitolo 4: incubi
Capitolo 5: l'incontro con Robert
Capitolo 6: spiegazioni
Capitolo 7: l'Ordine entra in azione
Capitolo 8: un tuffo nel passato, il tradimento di Diana
Capitolo 9: la fine di Diana
Capitolo 10: la decisione di Paine
Capitolo 11: L'infanzia di Robert (prima parte)
Capitolo 12: l'infanzia di Robert (seconda parte)
Capitolo 13: L'infanzia di Robert (parte terza)
Capitolo 14: L'infanzia di Robert (quarta parte)
Capitolo 15: la prima e l'ultima
Capitolo 16: la fine di Frank
Capitolo 17: l'accordo tra Jack e Marco
Capitolo 18: un nuovo inizio
L'Angelo della Morte: Nella coltre oscura
Parte prima: Rivelazioni Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3: Nascosti ai confini del mondo
Capitolo 4: inganni
Capitolo 5: un incontro inaspettato
Capitolo 6: omicidio tra i ranghi dell'Ordine
Capitolo 7: triste verità
Capitolo 8
Capitolo 9: i nodi si sciolgono
Capitolo 10: sviamento
Capitolo 11: I tormenti di Jack
Capitolo 12: La rivalsa di Marco
Capitolo 13: l'abisso
Capitolo 14: decisioni difficili
Capitolo 15: braccati
Capitolo 16: una trappola di ricordi
Capitolo 17: confrontarsi con l'abisso
Capitolo 18: sconfitta
Capitolo 19: una vittoria per Jack
Capitolo 20: <3
Capitolo 21: fuga
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24: pulizia
Capitolo 25
Capitolo 27
Capitolo 28
Capitolo 29
Capitolo 30
Capitolo 31
Capitolo 32
Epilogo

Capitolo 26: vendetta

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By GinaPitarella

La nebbia avviluppava la città dormiente con le sue spire, il rumore delle acque placide che si infrangevano contro i marciapiedi e le barche sfuggiva all'opprimente cappa di umidità e riempiva la notte solitaria. La luce fioca dei lampioni illuminava lievemente Venezia e le sue meraviglie.

In prossimità del Ponte dei Sospiri, luogo in cui, secoli addietro, era possibile udire i lamenti dei condannati, alcune gocce ricadevano nel canale sottostante, creando piccole increspature nell'acqua. Erano gocce vermiglie, talmente scure da colorare la nebbia di rosso. Scivolavano da un braccio penzolante di una donna stramazzata al suolo, che aveva cercato rifugio nel banco di nebbia che si andava addensando sul ponte. In un ultimo gesto disperato, aveva tentato di gettarsi in acqua ma la morte era sopraggiunta prima che potesse provarci. Le cavità nere delle orbite sembravano fissare ancora la sua assassina.

Paine era poco distante dall'ultima esca che aveva eliminato, guardava nella nebbia fitta come se potesse scorgervi all'interno i suoi demoni; chiunque avesse navigato in quelle acque, l'avrebbe scambiata per il traghettatore delle anime e di poco avrebbe sbagliato il paragone.

La donna che doveva eliminare era sgattaiolata via dal proprio nascondiglio ed era fuggita per le strade della città, costringendo Paine all'inseguimento. Paine si era chiesta per quale ragione i cavalieri non avessero seguito la donna; si era accorta che la sorveglianza nelle ultime tappe era diminuita e un dubbio iniziò a tormentarla.

Robert le si avvicinò, silenzioso, e le si affiancò sul ponte. Non parlò, attese che fosse lei a farlo.

«Jack ha capito il mio obiettivo.», gli disse.

Robert si sorprese che avesse attribuito all'uomo la scoperta del loro piano. «Temo di sì.»

«Voglio continuare comunque, mi mancano solo due tappe. Una a Bari, l'altra a Roma...»

«E Bari sia.», le disse, protendendole la mano; ma quando Paine non l'accolse, richiuse le dita e la guardò con curiosità. «A cosa stai pensando?»

«Ormai ha scoperto tutto...» Parlava ancora di Jack. «Sa che stiamo lasciando Roma per ultima e credo che mi abbia preparato una bella sorpresa...» Nella sua voce non c'era traccia di paura, anzi, era quasi ammirata dalle capacità di Jack.

«Allora fermiamoci e dedichiamoci alla seconda fase del nostro piano...», le suggerì Robert.

«Dobbiamo aspettare che il prete riceva la mia lettera per quello.» Ebbe un leggero capogiro e dopo un po' del sangue le colò dal naso. Si ripulì in fretta, ma dovette poggiarsi al parapetto per non crollare al suolo. Negli ultimi tempi quel disturbo era aumentato e ora sospettava che fosse strettamente legato alle improvvise incursione nella dimensione degli spiriti.

Robert la fissò con preoccupazione, aveva il volto serio, ma i suoi occhi ne tradivano la tristezza. «Potrebbero volerci dei mesi prima che il prete riesca a mettersi in contatto con...», scosse la testa, frastornato dai dubbi. «Ammesso che creda alle tue parole e non ti prenda per una pazza.»

«Da quando sei diventato tanto pessimista?» Alzò il viso e respirò con affanno; sentiva un sibilo strano farle eco nei polmoni. «Se il prete dovesse gettare la lettera, ne spedirai una seconda.»

«Potresti farlo tu.», ribatté con impeto.

«Sai che non mi rimane molto tempo... non posso aspettare.» Il petto le si bloccò, si portò una mano davanti alla bocca e tossì come per liberarsi da un groppo alla gola.

Robert sospirò tentando di eliminare la tristezza che gli premeva sullo sterno, ma più respirava e più l'angoscia si accumulava. «Vuoi andare direttamente a Roma, non è così?»

Un accesso di tosse la fece piegare in due e Robert la sostenne, sorpreso di questo nuovo sintomo. Quando Paine si riprese, ritrasse la mano dalla bocca e vide che era sporca di sangue.

La guardò distrattamente mentre nuovo sangue le scorreva dalla bocca. Sentiva le lacrime pizzicarle gli occhi.

Robert le agguantò il polso e scrutò il sangue con attenzione, come se non l'avesse mai visto in vita sua. «Sei malata... potrebbe essere tubercolosi.»

Paine scosse la testa debolmente. «Nessuna malattia di questo mondo mi ha infettata.» Riuscì a rimettersi dritta, gli occhi sempre puntati sulla mano. «Questi sono gli effetti che la dimensione degli spiriti ha su di me.» Ripulì la mano sul pantalone. «Anche se non con la stessa velocità che esercita sugli altri, sta decomponendo anche me.»

Robert la strinse in un abbraccio disperato. «Ti prego, viviamo gli ultimi giorni insieme, non sprechiamo altro tempo.»

Paine sorrise, la proposta era invitante, ma sentiva di non potersi trattenere oltre. «Un mese, una settimana, un giorno, mi basterebbe anche un'ora con te, lontano da tutto questo, per essere felice.», gli rivelò. «Ma Jack mi sta aspettando, e non voglio deluderlo. Non ho potuto decidere per la mia vita, almeno permettimi di decidere per la mia morte.»

***

Il luogo in cui Paine era diretta, distava diversi chilometri dal cuore della città eterna. Si trovava in aperta campagna e il profumo dei prati e dei campi le riempì le narici.

La casa dove si nascondevano era davanti a lei, una graziosa e innocua villa di campagna, circondata da alberi maestosi dalle colorate foglie autunnali.

Paine sgattaiolò in giardino, seguita da Robert, ed evitò i sistemi di sicurezza che aveva visto nel viaggio extracorporeo di molti anni prima. Non era cambiato poi molto dall'ultima visita che aveva fatto a quella casa.

Individuò una finestra aperta e decise di usarla per entrare.

Robert, però, la trattenne. «È tutto molto sospetto.», le disse, cupo.

«Lo so.», gli disse candidamente. «Ma devo continuare lo stesso...» "Morirò comunque nel giro di qualche ora", pensò tristemente, ma decise di tacere per non turbarlo.

Scavalcò la finestra e diede una rapida scorsa all'interno, sorprendendosi che la stanza fosse completamente vuota. Robert la seguì all'interno, tentando di atterrare senza produrre rumore.

Paine sentì delle voci provenire dal cuore della casa e impugnò un wakizashi. «Tu aspettami fuori.», gli disse con rimprovero.

«Non oggi.», le rispose con fermezza.

Paine scrollò le spalle, non aveva la forza per discutere e non voleva sottrarre altro tempo alla missione. Accovacciata al pavimento, si avvicinò al punto in cui le voci erano più forti e sbirciò nella stanza. C'erano due cavalieri che guardavano una trasmissione televisiva. Anche se il quadro sembrava tranquillo, Paine lesse dai volti degli uomini la paura e la tensione. Si ritrasse e proseguì oltre.

Un forte starnuto attrasse la sua attenzione. L'uomo che doveva eliminare era nella stanza accanto. Scivolò nel corridoio ed entrò nella porta. Si ritrovò in un grande salone elegante. Il bianco delle pareti rifletteva la luce del sole che penetrava attraverso le finestre e due maestosi lampadari di cristallo producevano piccoli arcobaleni sul soffitto. Un'antica sala usata per le feste da ballo, trasformata ora nella camera privata dell'assassino. In fondo alla stanza, un enorme televisore al plasma trasmetteva un vecchio film e l'uomo era sprofondato nel divano, completamente rapito dalla scena.

Paine si drizzò e camminò silenziosa. L'enorme tappeto ovattava i suoi passi. Appena Robert mise piede nella stanza, dei passi concitati echeggiarono nel corridoio e si fermarono dietro di lui.

Paine ebbe appena il tempo di voltarsi e di scorgere i due cavalieri che aveva visto in precedenza, entrambi con una mitraglietta tra le mani, che subito sentì un assordante rumore metallico. Delle spesse saracinesche di ferro si abbassarono in un unico colpo secco sulle finestre e sulla porta da cui era passata. La stanza divenne buia e solo la luce del televisore rendeva le ombre più chiare.

L'esca si alzò dal divano, impietrendo dinnanzi a quello spettacolo. Ma anche lui impugnava un'arma, complice dei cavalieri. L'avevano informato di ogni cosa e gli avevano promesso molti soldi se avesse partecipato al piano. «Dunque è lei.»

Il film si interruppe bruscamente e sullo schermo apparve il segnale di fine delle trasmissioni. Dopo un sibilo acuto lo schermo mostrò la figura di un uomo che stava dritto al centro di una stanza immensa: Jack.

Una dopo l'altra, le luci dei lampadari si accesero, accecandola. Si coprì gli occhi con il braccio e si sforzò per mettere a fuoco Jack.

Jack rise di gusto nel vedere quanto facilmente i due fossero caduti nella sua trappola. «Benvenuti!», disse con le mani aperte, come se volesse accoglierli. «Non vi aspettavamo tanto presto!»

Paine non si curò di lui e si rivolse a Robert. «Dove si trovano?»

«Quella è la sede del Consiglio; sono nelle viscere di Roma.», le spiegò.

Jack continuò il suo spettacolo. «Finalmente abbiamo modo di parlare, cara Paine.»

La donna non lo degnò di uno sguardo, interessata, invece, alle persone che erano con lui, riunite attorno ad un tavolo. Tra quei visi inconsistenti riconobbe suo padre e sorrise.

Primus si irrigidì e distolse lo sguardo, sapeva che stava sorridendo a lui e divenne paranoico, temette che gli altri si accorgessero delle somiglianze tra i due, o che la donna gli si rivolgesse con toni confidenziali. Poi rinsavì, pensando che, forse, Paine non aveva mai visto una fotografia di suo padre.

«Lascia che ti presenti le più alte cariche dell'Ordine.» Jack si fece da parte e con un ampio gesto del braccio e un inchino, lasciò che vedesse i consiglieri.

Con una veloce scorsa, Paine li contò; erano venti in tutto, soprattutto uomini di mezz'età, un paio di giovani e cinque o sei anziani. Si sorprese nello scoprire che ci fosse un unico membro del clero, ma l'imputò alla ferrea volontà della Chiesa di allontanarsi dall'Ordine di Raguel che oramai si era ridotto ad essere una setta religiosa. Solo qualche religioso della vecchia scuola degnava dei propri servigi l'Ordine, sperando forse di avere ricchezze e protezione.

«Tutto qui?», disse Paine, non riuscendo a trattenersi.

I consiglieri si guardarono l'un l'altro, disorientati. Il sorriso di Jack svanì.

«Questo è tutto quello che siete? Queste sono le vostre fondamenta?» Estrasse anche il secondo wakizashi.

«Ferma lì!», le ordinò uno dei cavalieri, pronto ad aprire il fuoco. Ma la donna non lo ritenne degno di attenzione.

«Siete solo un branco di uomini di mezz'età che giocano a distruggere una potenza che non riescono ancora a comprendere.», continuò, gli occhi carichi di odio e un ghigno di disprezzo sul volto.

Jack si ricompose. «Ma è stato questo branco di uomini a trovarti, per ben due volte. E ora ti abbiamo in pugno.» Sentì alle sue spalle un vociare d'assenso, i consiglieri furono felici che Jack avesse attribuito anche a loro quei meriti – consapevoli di non averne alcuno.

«Se pensate di tenermi a bada con queste...», indicò le saracinesche, «... siete degli stolti.»

«La lega che le compone è la stessa utilizzata per i caveau delle banche. Non le romperai facilmente... e poi non dimenticare che ci sono i nostri fedeli uomini lì con te, ti eri dimenticata di loro?», chiese Jack, altisonante. «E stavolta il potere di Robert non potrà far nulla... non potrà muoversi tra i demoni e uscire per tentare di liberarti, perché l'unico modo per aprire quelle porte è da qui ed è necessaria una password.»

Paine fece vorticare i wakizashi in aria e recuperò la presa sull'elsa una volta che la lama ebbe compiuto un mezzo giro. «Posso sempre distruggere il muro e tutti quelli che incontrerò.»

Il volto di Primus divenne un'indecifrabile tavolozza di colori; le labbra bluastre tremavano. Si disse che avrebbe dovuto prendere lui la parola per dimostrare a tutti la sua superiorità, ma le parole di quella donna, il suo aspetto, la sua eleganza... tutto in lei lo terrorizzava. Per una volta non gli importò che fosse Jack a reggere le redini del comando. Quello che però Jack ignorava era il provvedimento che aveva preso segretamente con Marco che non avrebbe certo rovinato la riuscita del piano, ma avrebbe salvato lui dalla rovina.

«Non essere sciocca; sei piuttosto divertente, devo ammetterlo.»

Paine fece un mezzo inchino. «Ti ringrazio. Ma io non stavo affatto scherzando.» Con un movimento rapido, si voltò verso i cavalieri e colpì la mitraglietta di quello a lei più prossimo, costringendolo ad abbassare l'arma. Questi sparò alcuni colpi che si conficcarono nel pavimento di marmo. Poi si volse al secondo cavaliere, che si preparava a sparare, e con un fendente gli tranciò di netto il dito sul grilletto.

Il cavaliere urlò dal dolore e crollò al suolo mentre un copioso fiotto di sangue gli sporcava l'uniforme.

Paine si girò di scatto e assestò un calcio rovesciato all'altro cavaliere e contemporaneamente lanciò uno dei wakizashi all'esca che era rimasta paralizzata dalla velocità dell'azione. L'arma lo colpì in pieno petto e l'uomo crollò al suolo dopo qualche passo.

Robert l'aiutò e si occupò del primo cavaliere. Gli mise un braccio attorno al collo e con un veloce sgambetto gli fece perdere l'equilibrio e fu in suo potere. «Lascia l'arma.», gli intimò.

L'uomo obbedì, gli occhi spalancati dall'orrore e le urla dell'esca nelle orecchie.

I consiglieri erano ammutoliti, non avevano mai avuto modo di constatare le abilità dell'Angelo della Morte e ora che ne vedevano la pericolosità non erano tanto sicuri che mantenerla in vita e condurla alla sede per controllarla fosse una mossa vincente.

«Incredibile.», bisbigliò Jack con rapita ammirazione.

Paine camminò verso la sua vittima, a pochi passi dal televisore, recuperò il wakizashi e ne ripulì la lama strofinandola contro il braccio. Aveva il fiatone; il petto si alzava con leggeri spasmi, il battito del cuore e il respiro erano irregolari. Sentiva di essere allo stremo delle forze; un grumo di saliva e sangue le riempì la bocca e lo sputò sul pavimento. «Maledizione...», disse con un sorriso. Aveva i denti sporchi di sangue.

Nessuno, oltre a Robert, parve accorgersi delle sue precarie condizioni di salute.

«Complimenti, mia cara. Sono davvero sorpreso, commosso come può essere un padre...» Alle sue spalle, Primus emise un gemito e Jack lo udì. «Ti propongo un affare: ti risparmieremo la vita e lasceremo che continui con i tuoi omicidi se Robert metterà a nostra disposizione i suoi servigi.»

Robert digrignò i denti e fissò l'uomo con astio. Una parte del suo cuore gli diceva di accettare, di salvare la vita della donna amata, ma la parte razionale ebbe il sopravvento e represse quell'insistente preghiera.

«Non se ne parla.», scandì Paine con occhi seri. «Non chiederò a Robert di mettersi al servizio di un branco di assassini solo per aver salva la vita.»

«Assassini noi?», proruppe Pietro dalle retrovie. «Questa è bella!»

Paine lo fulminò con lo sguardo. «Io uccido su richiesta e solo per liberare la Terra dal peccato, voi, invece, proteggete gli assassini, diventando loro complici; ve ne infischiate delle loro vittime passate e future.» Guardò suo padre e a lui rivolse un sorriso di complicità. «Non è così, Victor?»

Primus si sentì mancare. Sapeva! Quella donna conosceva la sua identità. Non aveva tempo da perdere: doveva farla tacere prima che parlasse.

«Il Consiglio è clemente e ti concederà una notte per pensare alla nostra proposta, nel frattempo goditi la prigionia e ricorda che fuori è pieno di cavalieri pronti a spararti se solo tu provassi ad uscire.»

Paine aveva delle forti vertigini e allungò una mano sul vicino divano per sostenersi. Percepiva le immagini in maniera distorta, era come se un velo le oscurasse pian piano la visuale sul mondo. Con un briciolo di voce gli disse: «Non ho bisogno di pensarci. La mia risposta è no.»

Primus si alzò di scatto e guardò Marco con intensità. L'uomo comprese ciò che voleva comunicargli; prese il cellulare e compose un numero.

Paine sentì un debole squillo telefonico alla sua destra e meccanicamente fissò il teleschermo, vide suo padre in piedi, con il viso teso e capì.

Un forte boato si propagò per la stanza, investendo tutto ciò che incontrava.

Paine fu travolta in pieno dalla deflagrazione che la scaraventò dalla parte opposta del salotto.

Robert vide distintamente la propagazione dell'onda d'urto e la durezza con cui colpiva la donna; i mobili furono scardinati e i lampadari di cristallo andarono in frantumi. Lui risentì dell'esplosione un millesimo di secondo dopo, ma ebbe l'impressione che l'impatto non arrivasse mai. Lasciò andare il cavaliere un istante prima che i detriti li colpissero. Non riuscì a mantenersi in piedi e cadde. Una delle miriadi di schegge gli trafisse la guancia e parte di un occhio; avvertì un dolore intenso e perse il contatto con ciò che stava accadendo intorno a lui, tutto divenne buio, persino l'occhio illeso aveva difficoltà nelle messa a fuoco.

Si mise in ginocchio e si accasciò nuovamente a cavalcioni, tossendo rumorosamente. Avvicinò le mani al viso e quando le sue dita sfiorarono la scheggia una nuova fitta di dolore, simile a mille spilli infuocati, si propagò come una ragnatela fino al cervello. Urlò con tutto il fiato che aveva in gola e digrignò i denti. Le braccia divennero molli e deboli e un forte senso di nausea l'avviluppò. Ma doveva togliere la scheggia a tutti i costi, doveva trovare Paine. L'estrasse con un colpo secco e un fiotto di sangue nero sporcò il pavimento.

«Paine!», urlò con la voce strozzata. Sentiva il sangue scorrergli lungo la guancia. In pochi secondi riacquistò la vista e lo spettacolo che l'attendeva era terrificante. Una marea di detriti e di polvere riempiva l'aria e rendeva impossibile scorgere gli oggetti intorno. Il cavaliere, che aveva tenuto vivo tra le braccia fino a pochi istanti prima, era morto e giaceva accanto a lui in una posizione scomposta. Se anche Robert fosse stato un comune mortale, avrebbe perso anch'egli la vita.

«Paine!», gridò ancora. La stanza era irriconoscibile, i mobili erano stati spazzati via dalla furia dell'esplosione e il teleschermo emanava solo un suono distorto: il collegamento con la sede era saltato. Si alzò e vagò tra i detriti come un'anima in pena. Vide la figura esile di Paine riversa sul pavimento e si lanciò nella sua direzione.

Gli volgeva la schiena ed era impossibile stabilire se fosse morta. Con le mani gelide e tremanti la voltò e inorridì. I vestiti erano lacerati, la pelle era annerita. Il suo viso però sembrava in pace e questo gli diede una flebile speranza. Le mise una mano sul petto e si accorse che non si muoveva più. Quando ritrasse la mano, questa era sporca di sangue. «No...», singhiozzò nel silenzio tombale. «Non può finire così...»

La prese tra le braccia e si issò, la mente completamente stravolta dalla disperazione. Ora che Paine era morta, poteva trasportarla nel mondo degli spiriti e portarla via da lì. Giurò vendetta all'Ordine di Raguel e svanì nell'istante in cui una seconda esplosione fece eco alla prima e la sua potenza distruttrice fece collassare la villa su se stessa.

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