L'Angelo della Morte

By GinaPitarella

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L'Angelo della Morte è un'assassina che molti considerano immortale, vaga sulla Terra da secoli per mietere l... More

Prologo 01
Prologo 02
Prologo 03
Parte prima: Iside. Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Parte seconda: Paine. Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Terza parte: la verità. Capitolo 1
Capitolo 2: i disegni dimenticati
Capitolo 3: L'incubo del passato ritorna
Capitolo 4: incubi
Capitolo 5: l'incontro con Robert
Capitolo 6: spiegazioni
Capitolo 7: l'Ordine entra in azione
Capitolo 8: un tuffo nel passato, il tradimento di Diana
Capitolo 9: la fine di Diana
Capitolo 10: la decisione di Paine
Capitolo 11: L'infanzia di Robert (prima parte)
Capitolo 12: l'infanzia di Robert (seconda parte)
Capitolo 13: L'infanzia di Robert (parte terza)
Capitolo 14: L'infanzia di Robert (quarta parte)
Capitolo 15: la prima e l'ultima
Capitolo 16: la fine di Frank
Capitolo 17: l'accordo tra Jack e Marco
Capitolo 18: un nuovo inizio
L'Angelo della Morte: Nella coltre oscura
Parte prima: Rivelazioni Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3: Nascosti ai confini del mondo
Capitolo 4: inganni
Capitolo 5: un incontro inaspettato
Capitolo 6: omicidio tra i ranghi dell'Ordine
Capitolo 7: triste verità
Capitolo 8
Capitolo 9: i nodi si sciolgono
Capitolo 10: sviamento
Capitolo 11: I tormenti di Jack
Capitolo 12: La rivalsa di Marco
Capitolo 13: l'abisso
Capitolo 14: decisioni difficili
Capitolo 15: braccati
Capitolo 16: una trappola di ricordi
Capitolo 17: confrontarsi con l'abisso
Capitolo 18: sconfitta
Capitolo 19: una vittoria per Jack
Capitolo 21: fuga
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24: pulizia
Capitolo 25
Capitolo 26: vendetta
Capitolo 27
Capitolo 28
Capitolo 29
Capitolo 30
Capitolo 31
Capitolo 32
Epilogo

Capitolo 20: <3

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By GinaPitarella

Paine si svegliò di soprassalto quando il gomito le scivolò sul legno liscio facendole sbattere la fronte contro il tavolo. Frastornata, si portò una mano alla tempia e si guardò intorno. Era in cucina e si era addormentata come un sasso sulla sedia. Aveva la mente sgombra, come se le poche ore di sonno avessero cancellato gli eventi della giornata precedente. Una striscia di sangue le si era seccata sotto al naso e alcune gocce ricoprivano il tavolo ricordandole in un lampo la dura realtà.

Robert riposava al piano superiore.

Dopo avergli estratto la prima pallottola, l'uomo era svenuto. In un primo momento Paine aveva pensato che fosse un bene, in questo modo non avrebbe avvertito il dolore. Ma dopo "l'operazione" non si era risvegliato. Gli aveva ricucito le ferite con attenzione, per non lasciargli cicatrici troppo evidenti sul corpo. Quando aveva terminato era rimasta come paralizzata, le mani e le braccia sporche di sangue, il coltello poco distante da lei. L'aveva osservato a lungo e in silenzio: il corpo prono sul letto; le braccia alzate sul cuscino; il profilo elegante del suo volto e i suoi capelli dorati appesantiti dal sudore e dalla pioggia. E quel sangue... la sostanza nera che aveva impregnato le lenzuola, lo ricopriva interamente.

Paine l'aveva ripulito come meglio poteva, ma il sangue nero sembrava essergli penetrato in ogni poro della pelle, aveva lo stesso effetto del petrolio grezzo.

Alla fine, come se una forza estranea si fosse impadronita del suo corpo, Paine era andata in cucina e aveva posto una pentola d'acqua sulla brace nel tentativo di rimuovere completamente quella sostanza. La stanchezza aveva preso il sopravvento e si era seduta; si era detta che avrebbe chiuso gli occhi solo un istante, il tempo di bollire l'acqua.

Dall'esterno provenivano dei rumori familiari, suoni di vita; il sole filtrava attraverso gli spiragli delle imposte che sigillavano le finestre e riscaldavano in fretta l'ambiente dal freddo della notte. Aveva dormito decisamente troppo. La brace si era esaurita e ciò che ne rimaneva rimandava nella stanza fiochi barbagli rossastri. L'acqua nella pentola andava ormai esaurendosi.

Paine scostò la sedia dal tavolo e si alzò facendo scrocchiare la schiena indolenzita. Controllò la pentola e soppesò l'idea di mettere altra acqua sul fuoco. Alla fine lasciò perdere, stava solo perdendo tempo e ne conosceva bene il motivo: stava evitando in tutti i modi di salire in quella stanza; aveva paura di scoprire di essere rimasta sola al mondo...

Guardò distrattamente il riflesso del suo viso nell'acqua e si accorse del sangue sotto al naso. Lo ripulì e si impose di salire. Un gradino alla volta la distanza dalla verità si assottigliava. Ogni passo che echeggiava non riusciva a coprire i battiti del suo cuore.

Finalmente raggiunse la camera e si sporse all'interno, era immersa nel buio e cercò di ricordare se fosse stata lei a spegnere la lampada prima di scendere. Indovinò la figura familiare di Robert disteso sul letto e quando questi di mosse leggermente, la preoccupazione svanì.

Paine aprì lievemente un'imposta della finestra e la luce del giorno l'accecò piacevolmente e le riscaldò in fretta il viso. I profumi del mercato le riempirono i polmoni e un'ondata di felicità le si riversò nel corpo. Si era chiesta per tutto il giorno cosa ne sarebbe stato di lei ora che l'Ordine era a conoscenza della sua identità, ma non le importava più. Anche se fosse morta, inghiottita dalla dimensione degli spiriti, le sarebbe bastato sapere che Robert era vivo e continuava la loro missione sulla Terra. Non poteva credere che le avesse fatto da scudo col proprio corpo, che avesse rischiato di morire per lei. Lui era indispensabile al mondo, mentre lei era sostituibile.

Si voltò verso l'uomo e arrossì quando si accorse che i suoi vestiti erano ammassati sul pavimento; l'aveva spogliato senza pensarci, guidata solo dalla fretta di medicarlo e ora, con la mente lucida, si rendeva conto di ciò che aveva fatto.

Paine pensò di andare via e lasciare che Robert si vestisse una volta che si fosse svegliato, ma doveva controllare le ferite per accertarsi che non fossero peggiorate. Gli si avvicinò, silenziosa, per non svegliarlo. Era nella medesima posizione della scorsa notte, con la schiena rivolta al soffitto e le mani riverse sul cuscino; non poteva vedergli il viso e si chiese se fosse sereno o stesse soffrendo.

Le ferite erano coperte da un panno impregnato di un liquido scuro ed era impossibile per lei stabilire se si trattasse del disinfettante o del sangue. Allungò la mano sulla sua schiena e indugiò prima di sfiorarla; sentiva il calore del suo corpo contro essa. Forse la febbre non era passata. Tolse delicatamente le garze e spalancò gli occhi dallo stupore: le ferite erano scomparse. Soltanto delle cicatrici bianchicce erano rimaste incise sulla pelle e il filo chirurgico che aveva usato per ricucirle era rimasto attaccato alle garze. Era come se l'organismo di Robert lo avesse rigettato. Era guarito in una sola notte.

Paine era consapevole che Robert fosse immortale, ma non fino al punto di essere in grado di rigenerare il proprio corpo.

«Avevo paura di averti perso...», disse con un sospiro.

Improvvisamente Robert si voltò e le afferrò il polso. Paine sussultò per lo spavento e soffocò un grido di sorpresa. Gli occhi di Robert erano incredibilmente lontani e vuoti, persino il colore delle iridi – che le aveva sempre ricordato il mare tropicale – era diverso, così scuro e profondo.

Le dita dell'uomo premevano contro la pelle del polso di Paine ed erano così calde da farle credere che fossero diventate puro fuoco. Paine provò a lottare e a ritrarsi ma quello che aveva davanti non era l'uomo che aveva imparato a conoscere, sembrava che fosse posseduto da un'entità differente, fatta solo di rancore e rabbia. Si chiese se stesse sognando o fosse preda della febbre.

Robert digrignò i denti quando la donna gli si oppose e con uno scatto si alzò in piedi per poterla contrastare meglio. «Mi hai mentito!», strepitò all'improvviso; gli occhi ancora più vuoti. Le afferrò anche l'altro polso e le alzò le braccia verso l'alto per toglierle ogni possibilità di difendersi.

«Ma cosa stai dicendo?», strepitò Paine.

«Mi hai costretto ad un'esistenza di sofferenze!», urlò con una voce che Paine non conosceva. Le strinse con maggiore foga i polsi e quasi la sollevò dal pavimento.

Paine si trovò in enorme difficoltà, Robert la superava in altezza e mai prima di allora aveva incontrato una persona che fosse dotata di una potenza superiore alla propria.

«Cosa ti prende?» gli urlò contro ma l'uomo non la udiva, non era più lì ma disperso nei ricordi, nel passato, nei secoli di sofferenza che aveva patito nella dimensione dei mangiatori di anime, lì dove la donna che aveva salvato Joseph l'aveva abbandonato.

«Se l'avessi saputo prima... non avrei mai accettato. Mai!» Spinse Paine contro il muro, lontano da sé e si guadò intorno, alla ricerca di qualcosa per usare contro la donna e i suoi occhi incontrarono il coltello che Paine aveva usato la sera precedente per tagliare le garze.

Quando Paine intuì i pensieri dell'uomo, sbiancò. Era in grado di difendersi da un qualsiasi aggressore, ma mai avrebbe immaginato che Robert sarebbe divenuto uno di essi.

Nello stesso istante in cui l'uomo raccattò il coltello, Paine gli assestò un calcio al braccio e l'arma volò via. Sperava che questa reazione l'avrebbe fatto rinsavire, ma non fu così.

Robert urlò e la spinse nuovamente contro il muro, stavolta con una foga maggiore e una ragnatela di dolore si propagò lungo la schiena della donna.

«Che diamine ti prende?» chiese più a se stessa che all'uomo. Si chiese di cosa la stesse accusando, di aver rovinato il compito dell'Angelo della Morte con le sue azioni avventate? di averlo portato così vicino alla sconfitta? Se queste erano le accuse di Robert, lei aveva più di un'accusa da muovergli. La rabbia prese presto il posto dell'incomprensione. Era la sua vita ad essere stata distrutta, era il suo futuro ad essere stato compromesso e interamente riscritto, era lei ad essere diventata un'assassina, lei a dover fuggire, lei a doversi nascondere per il resto dei suoi giorni. Prima che Robert infierisse ancora su di lei, lo colpì in pieno viso facendolo indietreggiare. Le mani di lui premute contro la bocca e il sangue nero che gli sgorgava dalla nuova ferita.

Era pronta a colpirlo una seconda volta ma le tornò la lucidità e bloccò il secondo pugno a mezz'aria. La rabbia fluì via e si rammaricò subito per ciò che aveva fatto. Non avrebbe voluto colpirlo, ma quelle accuse... L'uomo si mosse verso di lei e le prese il polso, stavolta il suo tocco era delicato e gentile, quello di sempre. Paine vide distintamente il momento in cui tornò in sé, i suoi occhi riacquistarono il colore del mare e il viso tornò quello di sempre.

Robert la fissò con occhi seri, il volto stravolto dalla vergogna. «Paine...», sussurrò; come se la vedesse per la prima volta.

Paine fu colta da un capogiro nel sentire il suono caldo della sua voce. «Si può sapere cosa ti è preso?», gli chiese quasi balbettando, cercando di allontanare da sé l'imbarazzo per averlo colpito e riacquistare il tono distaccato di sempre.

Robert fece scivolare la mano lungo la schiena della donna, fino a sfiorarle il collo; l'altra mano le stringeva ancora il polso e ora l'attirava a sé con avidità. «Paine...», ripeté, come se fosse l'unica parola che conoscesse. «Mi dispiace... io...» Non trovava le parole per spiegare ciò che gli era successo. Al suo risveglio, per un attimo aveva visto Paine, ma poi era diventato tutto buio e freddo, come quel giorno, il giorno in cui quella donna gli aveva strappato la vita con un bacio. «Non ero in me... forse le ferite mi hanno...» Non aveva il coraggio di dirle la verità, di raccontarle della sua morte.

«Lo so che è colpa mia» disse prontamente Paine. «Ho distrutto il tuo operato, ciò che hai portato avanti per secoli è andato perduto in un istante.»

«Non è questo, io...» Le parole lo soffocarono.

«A causa mia hai rischiato di morire» urlò con impeto.

«Io sono già morto.»

Paine sussultò. «Credevo che fossi immortale.»

«Lo sono...», disse con un sorriso triste, «...nelle mie vene non scorre sangue normale, te ne sarai resa conto. Se non mi avessi estratto le pallottole non sarei morto, ma le mie ferite non si sarebbero rimarginate finché non si fossero liberate dal corpo estraneo.», le spiegò. «Sono già morto una volta, non posso farlo ancora.»

Paine temette che il cuore le si fosse fermato. «Non sembri morto...»

Robert le sorrise ancora, ma stavolta il suo fu un sorriso triste. «Una volta mi chiedesti se fossi un angelo o un fantasma...», ricordò per un istante la bambina capricciosa e curiosa che lo guardava con occhi innocenti e ora aveva tra le braccia una donna che, sulla carta, lo superava in età. «Io ti risposi...»

«Né l'uno, né l'altro.», l'interruppe.

Robert fu sorpreso nello scoprire che ricordava. «La verità è che non so neppure io come definirmi. Nelle mie vene scorre la stessa sostanza che compone i mangiatori di anime.» Paine sussultò. «Forse non sono altro che uno di loro...»

«No!», proruppe Paine. «Loro non hanno sentimenti, non hanno un corpo, non hanno un cuore...» Gli poggiò il palmo della mano contro il petto e quando sentì il suo battito accelerato, ogni discorso che avesse in mente di pronunciare, svanì.

«Allora dimmi tu cosa sono.»

«Non so neppure cosa sono io...», gli disse.

«Sei il mio mondo.», rispose con un sussurro che la fece avvampare. «Io ti amo, Paine.»

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