L'Angelo della Morte

By GinaPitarella

112K 8.1K 695

L'Angelo della Morte è un'assassina che molti considerano immortale, vaga sulla Terra da secoli per mietere l... More

Prologo 01
Prologo 02
Prologo 03
Parte prima: Iside. Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Parte seconda: Paine. Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Terza parte: la verità. Capitolo 1
Capitolo 2: i disegni dimenticati
Capitolo 3: L'incubo del passato ritorna
Capitolo 4: incubi
Capitolo 5: l'incontro con Robert
Capitolo 6: spiegazioni
Capitolo 7: l'Ordine entra in azione
Capitolo 8: un tuffo nel passato, il tradimento di Diana
Capitolo 9: la fine di Diana
Capitolo 10: la decisione di Paine
Capitolo 11: L'infanzia di Robert (prima parte)
Capitolo 12: l'infanzia di Robert (seconda parte)
Capitolo 13: L'infanzia di Robert (parte terza)
Capitolo 14: L'infanzia di Robert (quarta parte)
Capitolo 15: la prima e l'ultima
Capitolo 16: la fine di Frank
Capitolo 17: l'accordo tra Jack e Marco
Capitolo 18: un nuovo inizio
L'Angelo della Morte: Nella coltre oscura
Parte prima: Rivelazioni Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3: Nascosti ai confini del mondo
Capitolo 4: inganni
Capitolo 5: un incontro inaspettato
Capitolo 6: omicidio tra i ranghi dell'Ordine
Capitolo 7: triste verità
Capitolo 8
Capitolo 9: i nodi si sciolgono
Capitolo 10: sviamento
Capitolo 11: I tormenti di Jack
Capitolo 12: La rivalsa di Marco
Capitolo 13: l'abisso
Capitolo 14: decisioni difficili
Capitolo 15: braccati
Capitolo 17: confrontarsi con l'abisso
Capitolo 18: sconfitta
Capitolo 19: una vittoria per Jack
Capitolo 20: <3
Capitolo 21: fuga
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24: pulizia
Capitolo 25
Capitolo 26: vendetta
Capitolo 27
Capitolo 28
Capitolo 29
Capitolo 30
Capitolo 31
Capitolo 32
Epilogo

Capitolo 16: una trappola di ricordi

635 65 2
By GinaPitarella

Paine si fermò davanti al luogo che un tempo aveva chiamato casa con un moto di sorpresa. Del vecchio parco, in cui si ergeva il manicomio adibito a condominio, rimanevano pochi alberi, vegliardi che resistevano al tempo e alla distruzione dell'uomo. Erano soprattutto pini marittimi dai tronchi nodosi e ritorti che si piegavano verso la palazzina. L'aiuola era scomparsa per lasciare il posto ad un parcheggio spazioso. La palazzina era stata restaurata di recente, ma era impossibile nascondere la vena di pazzia che l'aveva sempre caratterizzata; era la condanna di quel luogo.

Si chiese quante delle persone che aveva conosciuto fossero rimaste a vivere lì e quanti nuovi volti avrebbe incontrato. Vagò con lo sguardo al piano dove era collocato il suo appartamento e individuò la finestra della sua camera. Un brivido le attraversò la schiena nel ricordare le ore che vi aveva trascorso all'interno, rintanata nei suoi pensieri, in attesa che qualcosa mutasse in meglio.

Robert le si affiancò, indovinando i suoi pensieri le poggiò una mano sulla spalla.

«Ecco la mia prigione...», gli disse.

«Non c'è cella peggiore di un luogo senza sbarre» le disse Robert. «Hai la sicurezza di poter andare via in qualsiasi momento, ma allo stesso tempo non puoi farlo. Vedi la libertà davanti a te, oltre la soglia della porta, e sai che non potrai mai averla, perché qualcosa ti incatena lì.» I ricordi della sua infanzia gli si affacciarono in mente, erano così lontani, eppure gli bruciavano ancora l'anima come carbone rovente. Intuiva i sentimenti di Paine, perché erano identici ai suoi.

«Ognuno sceglie la propria prigione. Io sono rimasta nella mia in attesa del tuo ritorno...» gli sorrise, malinconica.

Robert sospirò, ricordando suo fratello Joseph. «Anche io sono stato prigioniero dei miei genitori» disse, suscitando sorpresa in Paine che non conosceva nulla del passato di Robert. «Lavoravo nei campi, mentre mio fratello minore era costretto a badare agli animali.»

«Non sapevo che avessi un fratello.»

«Ho progettato innumerevoli volte la mia fuga, ma alla fine rimanevo lì perché non volevo abbandonarlo. Da solo, forse, avrei potuto cavarmela nel mondo, ma Joseph era troppo piccolo per sopravvivere e aveva una salute cagionevole.» Abbassò la testa, chiedendosi per quale ragione le stesse parlando di suo fratello. «Alla fine accadde: i miei genitori lo uccisero.»

Paine si voltò di scatto, il viso sbiancato e sorpreso.

«Ma arrivò una donna che mi propose uno scambio... la mia vita in cambio di quella di Joseph. E io accettai, diventando ciò che sono ora.» Una folata di vento gli accarezzò il viso, facendo ondeggiare il collo dell'impermeabile scuro. Paine ebbe l'impressione che una lacrima gli rigasse la guancia; ebbe l'impulso di abbracciarlo, di cercare rifugio tra le sue braccia, ma non osò irrompere nel flusso dei suoi pensieri.

«Sei pentito della tua scelta?» gli chiese, ponendo a se stessa la medesima domanda.

Robert si lasciò scappare un sorriso. «Non mi pentirò mai della mia scelta» le disse. "Perché alla fine ti ho incontrata", non riuscì a pronunciare quella confessione. Sentiva un terribile groppo in gola e nonostante in lui fosse forte il desiderio di rivelarle ciò che provava, non ebbe l'ardire di continuare la frase.

Ma il coraggio in Paine non mancava e, con un sorriso seducente sul volto, gli disse: «Nemmeno io, perché alla fine posso stare al tuo fianco.»

Robert fu attraversato da una scarica elettrica.

Paine camminò sul vialetto che dava accesso al portone d'ingresso, strascicando i piedi sulla ghiaia, come faceva da bambina. Solo il rumore dei sassolini riempiva il silenzio che si era creato tra loro. Appena poggiò la mano sul portone, ebbe un forte capogiro e ritirò la mano con il volto corrucciato.

Robert vide nettamente il mondo appannarsi e assumere i colori tipici della dimensione degli spiriti e, per la prima volta, scoprì quanto fosse forte il richiamo che esso aveva su Paine. Era chiaro, la stava reclamando, come se la donna avesse inavvertitamente portato con sé qualcosa che non le apparteneva. Poi avvertì un rumore diverso, un risucchio provenire dalle viscere della Terra. Durò pochi secondi, perché Paine riuscì a recuperare le forze e il mondo frenò la sua caduta nell'abisso della morte.

«Stai bene?» le chiese una volta che l'ebbe raggiunta.

Paine gli rispose con un cenno d'assenso.

«Deve essere accaduto qui» le disse. «Ho visto nettamente il punto di giunzione tra le due dimensioni.» Le indicò un punto della palazzina, corrispondente al seminterrato che conduceva alle cantine. «Lì sotto.»

Gli occhi di Paine erano seri e severi. «Mi sembra di ricordare qualcosa...», disse in un sussurro. Corrugò la fronte e cercò di mettere in chiaro i ricordi. «Lì avevo nascosto i miei disegni.» La sua mente tornò al giorno dell'arrivo dei soldati, stavano cercando un omicida di nome Robert e lei ebbe il timore che, se avessero visto i suoi disegni, sarebbero riusciti a rintracciarlo. Così aveva deciso di nasconderli nelle cantine, dove nessuno metteva mai piede; ma qualcuno l'aveva seguita, un uomo che più tardi avrebbe imparato ad odiare: Jack. Paine era terrorizzata, avrebbe desiderato nascondere i disegni tra gli scaffali ricolmi di vecchio ciarpame e tornare in superficie, lontano dalle tenebre, ma con Jack alle calcagna non aveva potuto far altro che varcare il cancello che tutti credevano chiuso, una porta che era stata sigillata e che nascondeva dei tunnel sotterranei che l'antico proprietario utilizzava per il contrabbando di vino. «La porta era aperta perché avevo già varcato la dimensione degli spiriti...», pensò a voce alta.

Robert la guardò con aria interrogativa.

«Jack mi stava inseguendo e io avevo paura, avevo bisogno di aiuto e il cancello si aprì» gli spiegò. «Dietro di esso vidi le tenebre più fitte... quando Jack chiuse la porta, sentii un rumore di vetri infranti e ritornai nel mondo che conoscevo.»

«Non ci resta altro da fare che entrare.»

Paine poggiò cautamente la mano sul portone, sperando di non cadere nuovamente vittima del mondo degli spiriti. Questo si aprì con uno scatto, lasciando che la frescura interna del palazzo le accarezzasse la mano. Anche gli interni erano stati rinnovati, i vecchi pannelli di legno che percorrevano la parte inferiore dei muri erano stati sostituiti da marmo dai toni caldi e sui gradini si ripeteva lo stesso gioco di luce. Quella perfezione la frastornò, sembrava che tutto si fosse risolto nel momento della sua scomparsa, come se fosse lei la causa del disfacimento della palazzina.

«Da questa parte» disse a Robert, tentando di allontanare da lei i ricordi della sua infanzia.

Scesero una serie di gradini e si trovarono nel seminterrato che conduceva alle cantine; le finestre erano poste alla sommità del muro e nonostante percorressero interamente il corridoio, la luce esterna non riusciva a penetrare il fitto strato di sporco che le ricopriva. Paine conosceva bene la strada e si mosse con disinvoltura nell'oscurità, fino a giungere alla stanza che precedeva le cantine. Allungò la mano sulla parete, in cerca dell'interruttore della corrente. Quando la luce illuminò il locale, fu sorpresa nello scoprire che la ristrutturazione non aveva interessato quella parte dell'edificio. Era rimasto tutto come allora: vecchi lettini da ospedale ammassati su un lato della stanza, scaffali impolverati riempiti con ogni genere di oggetto medico.

I suoi occhi vagarono per la stanza, ultimo segno del suo passato, e quando si posarono sul cancello che sbarrava il passaggio alle cantine, si accorse che un cambiamento era avvenuto: il cancello era stato sostituito da una spessa porta blindata.

«Oh no», sbuffò. Si avvicinò alla porta e la esaminò. «Questa prima non c'era e non ho una chiave per aprirla. Da come hanno lasciato la stanza, credevo che fosse tutto abbandonato qui giù.»

«Dovevano avere molta paura di ciò che si nascondeva lì dentro» intervenne Robert, attirando l'attenzione della donna. «Non temere, non credo che le utilizzino.»

Sapeva che Robert avrebbe potuto varcare quella soglia da solo, spostandosi nel mondo degli spiriti, ma lei non avrebbe potuto seguirlo poiché il suo corpo mortale poteva essere trasportato esclusivamente nei punti di congiunzione delle linee magnetiche che attraversavano la Terra, e lì non ce n'erano. Paine desiderava andare con Robert con tutta se stessa, non l'aveva seguito solo per non rimanere sola, ma per affrontare il problema che aveva creato involontariamente. «Forse ogni inquilino possiede la chiave...», sperò con tutta se stessa.

Robert capì cosa le stava frullando in mente e le posò una mano sulla spalla. «In questo caso, anche tua madre ne possedeva una. Vai a cercarla, io ti aspetterò qui» le disse con dolcezza. Paine lo fissò con occhi riconoscenti e si allontanò. Robert si impose di non seguirla, poiché immaginava che la donna volesse ripercorrere i suoi ricordi da sola.

Prima di uscire, Paine si resse allo stipite della porta e si guardò indietro. Robert le dava le spalle, era immobile con le mani immerse nelle tasche. «Grazie» gli disse sottovoce e si preparò ad affrontare il suo passato.

***

Un gradino dopo l'altro ogni ricordo riaffiorava in lei come un fiume in piena e anche se si sforzava di arginarli questi premevano con prepotenza su ogni barriera che ella si imponeva e riversavano una marea di sentimenti in lei. Più si avvicinava al suo vecchio appartamento e più questi diventavano tristi e deprimenti; aveva trascorso dei momenti terribili con sua madre, eppure non riusciva più ad odiarla, come se Serena non fosse altro che un fantasma. Non l'aveva mai considerata una madre e la donna non aveva fatto alcuno sforzo per conquistare l'affetto di sua figlia. Nonostante le difficoltà, Paine aveva resistito agli anni della sua tirannia ed era cresciuta in forze e piena di speranze. «Tutto questo, solo per te...» sussurrò, pensando a Robert. Lui era stato molto più di un angelo custode; era il sole nel suo mondo di tenebre e crescendo il semplice affetto che nutriva nei suoi confronti era tramutato in amore.

Si fermò davanti alla porta e indugiò prima di entrare. Sperava che sua madre nascondesse ancora una copia della chiave dietro una mattonella allentata del battiscopa, ma con le riparazioni era possibile che non esistesse più. Si calò e la tastò. Si sorprese nello scoprire che si muoveva, probabilmente Serena l'aveva nuovamente rotta dopo la ristrutturazione. La mattonella si scostò e la piccola chiave luccicò al chiarore delle luci al neon.

Inserì la chiave nella toppa e inspirò profondamente prima di spalancare la porta. Immaginò la figura snella e aggraziata di Serena che si aggirava in casa, scalpitando sui tacchi alti, pronta ad uscire con il suo nuovo fidanzato. Ma la porta affacciava sul vuoto. L'ingresso era sgombro, gli sparuti mobili che un tempo componevano l'arredamento erano scomparsi.

Paine si mosse all'interno come un animale smarrito, lei e sua madre non avevano mai navigato nell'oro, ma non pensava che Serena fosse arrivata al punto di vendere i mobili pur di mantenere inalterati i suoi vizi. Continuò il suo percorso fino in cucina e qui poté constatare che la casa non era completamente sgombra. I mobili c'erano tutti e nuovi elettrodomestici avevano sostituito quelli obsoleti. Passò accanto al tavolo e fece scivolare il palmo della mano sul legno fresco; attorno a quel tavolo si erano verificate le battaglie più dure ed estenuanti, che immancabilmente erano vinte dalla tirannia della "Regina". Persino quegli eventi, rivissuti a distanza di anni, le parvero piacevoli; anche se terribili, erano una parte di lei.

Paine si bloccò di colpo quando il palmo sfiorò un punto tiepido del legno. Si accigliò e allontanò la mano dal tavolo. Fissò il punto caldo e si concentrò per captare ogni più insignificante suono. Non era sola in casa e chiunque la occupasse era andato via da poco. La sua mente non pensò neppure per un istante che potesse trattarsi di Franco, l'ultimo compagno di sua madre. Per un motivo che non seppe spiegarsi, iniziò a temere il peggio. Le tornarono in mente le parole di don Samuele: "abbiamo ricevuto molte visite", "facevano qualche domanda e si dileguavano. Poi ne arrivavano altri, sempre con le stesse domande". Meccanicamente mise la mano sotto al cappotto, all'altezza del colletto, ed estrasse dal fodero uno dei suoi coltelli FOX, impugnandolo con la lama distesa lungo il polso.

Annusò l'aria ed ebbe il sentore che un leggero odore di sigaretta lo impregnasse. Sua madre fumava, ma era impossibile che l'odore fosse rimasto in casa tanto a lungo e Franco era un salutista. Il ricordo di Jack Sullivan arrivò come un lampo: i suoi occhi gelidi che la guardavano; il suo viso segnato dalle cicatrici che Diana gli aveva lasciato come marchi del tradimento e il suo odore coperto dall'aroma insopportabile di fumo. L'Ordine aveva scoperto la sua identità, non c'era nulla che potesse convincerla del contrario; ma come ci fossero riusciti rimaneva un mistero.

Non aveva la possibilità di avvisare Robert del pericolo ed era certa che, se avesse tentato di tornare indietro, si sarebbe trovata la strada sbarrata. Era in trappola.

Aveva bisogno di raggiungere un punto della casa che le desse la possibilità di fuggire in fretta e di raggiungere Robert e si diresse nella propria camera. Affacciava sul giardino ed era perpendicolare al corridoio che dava accesso alle cantine.

Appena varcò la soglia della sua camera, rimase come paralizzata dallo spettacolo che l'attendeva. I suoi quadri erano lì, ammassati come spazzatura; le tele erano state divelte con foga e alcuni disegni erano irriconoscibili. Non era stata sua madre, il colpevole di quello sfacelo era lo stesso che aveva sbarrato l'accesso alle cantine, credendo, forse, che fosse uno dei nascondigli dell'Angelo della Morte.

Serrò i denti con rabbia nel vedere il lavoro di anni andato in fumo; tutti i suoi pensieri erano lì, messi a nudo e poi distrutti con brutalità. Camminò sulle tele distrutte, diretta ad alcune casse che apparivano integre; con molta probabilità il suo arrivo improvviso aveva interrotto la distruzione dei quadri. Spostò il coperchio che chiudeva una delle casse e fece scorrere il dito sulla superficie delle tele, individuandone una che non avrebbe mai confuso con le altre: una tela che odiava e amava allo stesso tempo. Aveva talmente odiato il soggetto di quel lavoro, da dipingere persino il bordo esterno di nero. La sfilò con cura ed ebbe appena il tempo di esaminare l'uomo dipinto. In quel momento le persone che la stavano seguendo decisero di interrompere il loro silenzio ed entrarono nella stanza rumorosamente.

«Ferma dove sei!»

Continue Reading

You'll Also Like

1.3M 95.8K 68
Evelyn Soldier è una diciannovenne bella, ricca e popolare, ma anche altrettanto arrogante e superficiale. Derek Hunt è sempre pieno di tagli e livid...
48 3 5
Questa storia è incentrata su Angel dust e husk ma avrà delle ramificazioni con altre ship.
4.4K 673 61
*Primo Volume* Nel regno di Salem nulla fu più lo stesso quando si scoprì l'esistenza della magia e delle Streghe: donne che operavano contro la natu...
886 239 15
Emma Thompson, diciottenne dal cuore avventuroso e dal trascorso tormentato, non ha mai dimenticato il mistero che ha risolto tre anni prima: la legg...