Al di là della nebbia

By Damianomostacci

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Vincent Price è un detective dell' FBI incaricato di indagare su una serie di efferrati delitti che ha sconvo... More

Capitolo zero
Capitolo uno
Capitolo due
Capitolo tre
Capitolo quattro
Capitolo cinque
Capitolo sei
Capitolo sette
Capitolo otto
Capitolo nove
Capitolo dieci
Capitolo undici
Capitolo dodici
Capitolo quattordici
Capitolo quindici

Capitolo tredici

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By Damianomostacci

Mary Gray era intenta a riordinare i libri che nel corso del tempo erano stati spostati qua e là dai pochi assidui visitatori, e a catalogare le ultime opere arrivate. Una volta l'anno doveva ricordarsi di farlo, anche se ad essere onesti ci sarebbero voluti almeno due decadi prima che il bisogno di riordinare fosse risultato davvero impellente. Una semplice libreria d'appartamento sarebbe stata più disordinata di quell'intera biblioteca. Complice, oltre ai pochi lettori, il maniacale senso di ordine e pulizia di Mary. Quel lavoro, alquanto monotono, era per lei un piacevole diversivo, un compito rilassante. Poi un bussare alla porta interruppe la serie di generi e sottogeneri letterari che si districava nella sua mente.

«Vincent!»

«Buon pomeriggio, Mary. Sei impegnata al momento?»

«Stavo riordinando il catalogo dei libri, ma prego entra pure.»

Bisogna sapere che Mary trattava la biblioteca come avrebbe fatto con la propria casa, e il fatto che i libri fossero ammucchiati per terra in ordine sparso le creava un certo imbarazzo, come un ospite improvviso in un salotto sporco e disordinato.

«Vuoi un tè o un caffè?»

«No, sono a posto grazie. Tu come stai?»

«Diciamo bene», e quel "diciamo" risuonava forte come il rintocco di una campana. Effettivamente negli ultimi due giorni il senso di angoscia opprimente le era passato, ma non ci voleva molto per capire che la pace interiore era ben lontana dall'essere raggiunta. "D'altronde", pensò Vincent, "chi ce l'ha questa pace?"

«Ascolta, c'è una cosa che vorrei chiederti. Sono venuto qui perché sei forse l'unica persona di cui mi fidi veramente. Quindi richiedo da te il massimo riserbo e la più totale sincerità. Me li puoi garantire?»

Gli occhi di Mary si spalancarono in un misto di agitazione ed eccitazione. Quando qualcosa di inaspettato irrompeva nella sua vita non poteva fare a meno di provare un brivido di timore, ma alla fine era la curiosità ad averla vinta.

«Sì, certo», rispose.

«Ho scoperto che a Silver Lake accadono cose assai strane dietro la facciata di parole che mi vengono dette, e questa sensazione mi ha accompagnato fin dal primo giorno che ho messo piede qui. Con il tempo però la sensazione ha preso forma: quella di una pianta. Ho bisogno di sapere cosa si coltiva qui.»

Ora gli occhi di Mary erano ancora spalancati, ma vacui. Rimase in silenzio per diversi secondi. All'inizio Vincent si chiese se non avesse chiesto alla persona sbagliata, ma quando il silenzio sì prolungò capì che Mary sapeva bene ciò di cui stava parlando. Infine, dopo aver vinto l'iniziale riluttanza, ella alzò il capo e lo guardò.

«Vieni con me.»

L'auto si fermò a pochi metri da un vasto campo coltivato, poco fuori Silver Lake. Nel mezzo del campo c'erano delle grandi serre. Vincent scese dall'auto in religioso silenzio. Una nebbiolina aleggiava sopra la terra umida; il giorno aveva ceduto il posto al crepuscolo.

«Dunque è qui che si svolge tutto.»

Si avvicinarono alla recinzione.

«Pensi sia elettrificata?» chiese Mary.

«Non lo so, ma preferirei non constatarlo sulla mia pelle. Accosta l'auto alla rete, per favore.»

Vincent montò sul tettuccio della macchina e fissò per diverso tempo la recinzione davanti a lui.

«Passami un bastone o un sasso.» E detto ciò tirò il bastone contro la rete, che in men che non si dica lo ridusse in carbonella, emettendo un breve e intenso bagliore.

Si chiese se davvero sarebbe riuscito a saltare oltre. La recinzione agli occhi di Vincent apparve alta all'incirca due metri e con un salto ben calcolato avrebbe dovuto farcela. Restò immobile per più di un minuto, facendo respiri profondi e scanditi. Poi, richiamando ogni fibra muscolare delle gambe, saltò. Subito ebbe l'impressione di non aver dato la giusta spinta e pregò di non farsi almeno troppo male. Un istante dopo era a terra, con la faccia sul terriccio umido. Sentì da dietro l'applauso di Mary e tirò un sospiro di sollievo.

«Ora come farai ad uscire?» gli chiese.

«Dovrebbe esserci all'interno un interruttore per togliere la corrente.»

«Dovrebbe?»

Vincent sorrise, e si diresse verso la serra più grande. Ma era il sorriso ebete di chi non sa che pesci pigliare.

Giunto davanti la struttura, con un paio di tronchesi, che Mary gli aveva precedentemente detto di portarsi dietro, a forza tagliò il lucchetto della porta principale della serra. Dopo pochi minuti era dentro. La copertura isolava l'ambiente dal freddo, dalle luci dei lampioni e dai rumori notturni, così che Vincent si trovò immerso nel più totale buio e nel più totale silenzio. Fuori era come se il mondo non esistesse più.

Si mise una mano sulla cinta dei pantaloni ed estrasse una torcia, con la quale fece luce su un angolo della serra. La luce rivelò delle piante che terminavano in una corolla blu contornata di bianco. Istintivamente fece per toccarne una, ma ritrasse subito la mano, per timore di qualche possibile tossina o irritazione cutanea. Si voltò dunque e andò verso la parte opposta della struttura. Man mano che proseguiva a camminare, si rese conto che l'intera serra conteneva soltanto quell'unico tipo di pianta. Uno di quegli esemplari doveva essere portato fuori. Ma come?

Vin si girò in cerca di un possibile interruttore. Ma all'interno della serra non ne trovò. Uscì dunque per cercare all'esterno ma niente. Il sorriso era ora diventato una paralisi facciale. Prese il cellulare e telefonò a Mary.

«Una cabina dici? Non vedo niente di simile qui attorno. Sei sicu...okay, adesso controllo.»

C'era una stradina imbrecciata proprio davanti l'auto che andava a perdersi nel bosco e nell'oscurità. Mary prese la sua torcia e con cautela andò a dare un'occhiata, senza riattaccare il telefono. In quel momento fu colta da un brivido di paura ingiustificata, la stessa che hanno i bambini del buio. Come se la parte irrazionale di lei stesse riemergendo dopo anni di adulta consapevolezza. Il suo respiro si fece più pesante. Dopo poco la torcia fece luce sull' angolo di una piccola struttura in calce grigia, prima che la strada curvasse tra i meandri della vegetazione. Davanti a lei c'era una porta di metallo e sulla porta un cartello giallo con un fulmine nero. L'insegna recitava: ALTA TENSIONE - PERICOLO DI MORTE.

«Credo di averla trovata», disse.

«Bene. E' chiusa a chiave o da un lucchetto? Dio, fa che non lo sia.»

«Mi dispiace, credo lo sia.»

Vincent chiuse istintivamente gli occhi; dentro di sé imprecò. Poi si udì un rumore secco dall'altra parte del telefono.

«Mary, va tutto bene? Mary!»

Ci furono alcuni secondi di silenzio. Poi Mary riprese a parlare e...

«Signor Vincent, mi sbagliavo, grazie al cielo. Mi sbagliavo! E' bastata una strattonata più forte del normale e si è aperta. Sto entrando, signor Vincent, sto entrando!»

Sempre istintivamente, dalla bocca di Vincent uscì un sentito, marcato, sospiro di sollievo.

«Ora, ti prego, fammi uscire di qui.»

Passarono diversi minuti. A differenza di Mary, il buio non aveva alcuna presa su Vincent. Anzi, egli si sentiva a proprio agio nell'oscurità. Gli pareva quasi di avvertire la terra, i fiumi e gli alberi riposarsi dalle loro fatiche millenarie. Si sentì solo nell'Universo.

Poi il cellulare squillò. La corrente era staccata. Vin prese un sasso e lo lanciò contro la recinzione, ma stavolta non accadde nulla. Si diresse verso di essa, con una pianta in mano e nell'altra la torcia. Nell'arrampicarsi ancora una volta pensò ai bei tempi andati in cui, come una scimmia, inseguiva i criminali scalando muri e recinti per le strade secondarie di New York. "Al Diavolo, ce la faccio anche adesso", si disse.

Dopo aver scavalcato finalmente saltò a terra. Si guardò addosso.

«Solo qualche graffio, un po' di fiatone e una camicia da sessanta dollari strappata. Direi che non sono andato affatto male.»

«Mi ricordi tanto il mio criceto, Arturo, quando con quelle sue zampine arrancava per cercare di uscire fuori dalla gabbia», disse Mary con la voce più dolce possibile.

Vincent la fissò con lo sguardo di chi non sa se sta ricevendo un complimento o una presa per il sedere.

«Grazie Mary, lo apprezzo molto.»

«Posso farti una domanda?»

«Prego.»

«Perché l'hai fatto quando c'era il cancello poco più giù?»

«...»

Durante il ritorno in città, Vincent continuava a fissare pensieroso la piccola pianta che aveva in mano. C'era ancora una domanda, la più importante, che era rimasta insoluta. Per tutto il tempo era stato come se lui e gli altri avessero girato intorno a quest'unico perno. Guardò Mary.

«Non si tratta di una pianta allucinogena, vero? Cos'ha dunque di speciale?»

Mary si girò verso di lui, poi riprese subito a guardare la strada. Nonostante tutto quello che avevano passato, sembrava ancora riluttante nel parlare, e Price non ne capiva il motivo. Infine, ancora una volta, Mary si decise:

«Quella che hai in mano è una "Celestia". Si tratta di una pianta che per qualche ragione non si trova in nessuna parte del mondo se non qui. Fu scoperta per caso da un abitante di Silver Lake circa due secoli fa. In breve ci si rese conto che non era soltanto ottima per contornare un pollo arrosto con patate al forno, ma che aveva delle speciali proprietà terapeutiche. Le persone che la ingerivano in poco tempo stavano meglio: i dolori muscolari cominciavano a scomparire, le allergie venivano curate. Fu una scoperta eccezionale, che avrebbe di certo apportato un notevole contributo nel campo della medicina.»

«Un'erba medicinale insomma.»

«Già, ma non avevamo capito appieno la portata di quelle piante. Circa due anni più tardi, dopo una serie di casi clinici, ci rendemmo conto che le applicazioni erano molto più vaste. Ti parlo di malattie quali il colera e la tubercolosi. Nel giro di poche settimane i sintomi scomparivano e il malato tornava in forze. Sembra che in diversi casi anche i tumori siano andati regredendo. In poche parole avevamo scoperto la medicina più potente mai esistita in natura. Fu così che venne nuovamente sottoposta a studi accurati da parte di chimici e botanici del posto. Le sostanze contenute nella pianta avevano la capacità di "ripulire" le cellule contaminate e riparare i tessuti danneggiati con un'incredibile velocità. Ma la cosa sorprendente è che erano in grado di intervenire sul processo di riproduzione cellulare.»

«Spiegati meglio.»

«Come saprai le cellule di un neonato si riproducono ad un'elevata velocità, molto più di quanto non lo facciano su un individuo adulto. Man mano che l'età biologica di una persona avanza questo processo si fa più lento, fino a che, con la morte, cessano di riprodursi.»

«Sì, e quindi?»

«In questo processo entrano in gioco i telomeri. Sono delle porzioni di DNA che si trovano alle estremità di ogni cromosoma e servono ad impedire che le informazioni contenute nei nostri geni vengano danneggiate durante la duplicazione. Un po' come le porzioni di plastica che si trovano alla fine del laccio di una scarpa impediscono che il laccio si deteriori. Il problema è che ad ogni processo di riproduzione di una cellula, i telomeri si accorciano sempre di più. E questo causa l'insorgere delle malattie e della vecchiaia.»

«Okay...»

«Ecco, la pianta che hai in mano è in grado di fermare questo processo di deterioramento. Ovviamente questo lo abbiamo capito solo molti anni più tardi, visto che nel XIX secolo non si era neanche a conoscenza dell'esistenza del DNA.»

Vincent rimase interdetto per alcuni secondi, cercando di immagazzinare le informazioni che gli venivano date per poi decodificarle. Guardò la pianta che aveva in mano.

«Vuoi dire che queste piante possono fermare l'invecchiamento?»

«Sì, è così. A patto che se ne faccia uso regolarmente.»

«Cioè, chi le mangia potrebbe...potenzialmente...»

«Vivere in eterno.»

Lo sguardo di Vincent si fece impassibile, fermo, solido come una lastra di marmo. Continuava a fissare quella pianta con sguardo vacuo. Di fatto non era in grado in quel momento di mostrare una particolare reazione. Come un secchio pieno che continua a riempirsi d'acqua, la sua piccola mente piena di concetti non riusciva ad assimilare quelle tre semplici parole.

Rimasero in silenzio per più di un minuto.

«Dimmi un po', ne fate uso tutti qui di questa roba?» chiese con voce bassa e grave.

«Sì.» La voce di Mary si fece tremante e due lacrime si affacciarono dai suoi occhi. Vincent la guardò.

«So che è indelicato chiederlo a una donna, ma tu quanti anni hai?» La profondità e la calma con cui le rivolse tale domanda, in contrasto con il tono di voce chiaro e baritonale che aveva prima, misero Mary ancora più in soggezione. C'era in tutta quella conversazione qualcosa di surreale, qualcosa di suggerito e non rivelato. Un punto di non ritorno che nessuno aveva osato oltrepassare. Nessuno fino ad ora. Mary guardò ancora una volta Vincent e pregò in cuor suo che non la ritenesse una pazza.

«duecentotrenta.»

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