Al di là della nebbia

By Damianomostacci

3.2K 183 1

Vincent Price è un detective dell' FBI incaricato di indagare su una serie di efferrati delitti che ha sconvo... More

Capitolo zero
Capitolo uno
Capitolo due
Capitolo tre
Capitolo quattro
Capitolo cinque
Capitolo sette
Capitolo otto
Capitolo nove
Capitolo dieci
Capitolo undici
Capitolo dodici
Capitolo tredici
Capitolo quattordici
Capitolo quindici

Capitolo sei

229 12 0
By Damianomostacci

Il russare cadenzato dello sceriffo Baker accompagnava rumorosamente il silente ticchettio dell'orologio, che segnava le sei e mezza di mattina. Nel corso degli anni egli aveva assimilato quel suono meccanico e regolare, tanto da conciliargli il sonno. Un suono a cui invece non era mai riuscito ad abituarsi era quello della sveglia. Così quando alle sette in punto l'infernale aggeggio emise il suo solito grido, un'espressione corrucciata gli apparve in volto. Prese a muovere i baffi, poi gli occhi e infine ogni muscolo del suo pesante corpo si mise in funzione, così che anche quel giorno l'impresa di alzarsi dal letto era stata brillantemente superata. Nel lavarsi i denti si osservò meticolosamente allo specchio: nonostante l'età e i chili di troppo, si considerava ancora un bell'uomo. I baffoni grigi, sempre ben curati, rappresentavano per lui un inequivocabile tratto distintivo di virilità e autorità. Qualcosa da sfoggiare assieme alla pistola e al distintivo. Prese quindi a spazzolarli delicatamente, con cura, come ogni mattina.

Verso le sette e mezza salì nella sua vecchia Dodge Challenger del '70 blu cobalto. Inserì le chiavi nel cruscotto e, dopo qualche giro a vuoto in cui il motore sembrava avere più tosse di un malato di broncopolmonite, dal cofano della vettura uscì un boato assordante. Baker inforcò gli occhiali da sole e si diresse al Glacier Peak's Grill per fare colazione.

La cameriera, Ellie, gli portò una porzione abbondante di uova strapazzate e due salsicce, da mandare giù con un bicchiere di succo d'arancia. Nel suo rumoroso masticare si sentì chiamare da dietro. Si voltò e vide Vincent e l'agente Sophia seduti a qualche tavolo avanti a lui, che lo invitarono ad unirsi a loro.

«La colazione dei campioni!» disse Vincent guardando allegramente il piatto dello sceriffo.

«Puoi ben dirlo! Mi sentirei perso senza la mia buona dose di grassi mattutina. Come farei se no a rincorrere tutti i pazzi e i criminali che si aggirano per questa metropoli?» commentò ironicamente Baker.

«Mi sembra giusto.»

Lo sceriffo bevve un sorso di succo d'arancia e riprese.

«Come mai insieme stamattina?»

«Io volevo solo mangiare la mia colazione ma poi me lo sono ritrovato seduto qui. Che avrei dovuto fare?» scherzò Sophia.

«Se vedo una bella ragazza seduta tutta sola ad un tavolo, e che per altro già conosco, non ho altra scelta. Altrimenti mi sentirei un maleducato.»

«O un imbranato», aggiunse lei con sorriso.

Vincent la guardò e inclinò leggermente il capo come ad annuire. In quel momento sopraggiunse Ellie che portò via i piatti e i bicchieri. Un'espressione melanconica incontrò lo sguardo di Price e si dissolse nel suono del campanello che annunciava il prossimo cliente.

«Muoviamoci, oggi sarà una lunga giornata», esclamò Baker.

«Iu-uuuh...», affermò Vincent con un velo di stanchezza negli occhi.

«Dormito male, Price?»

«Già! Devo farmi cambiare il cuscino.»

E pagato il conto uscirono dal locale e si diressero in ufficio.

Ellie tornò nelle cucine e, posate le stoviglie nel lavandino, rimase immobile a guardare il gocciolio lento e costante del rubinetto. Chiuse gli occhi ed ebbe come un tremito. Poi una lacrima incontrollata le solcò la guancia sinistra. Si mise una mano davanti la bocca per darsi un contegno e aprì il rubinetto, dando una veloce lavata ai piatti e mettendoli nella lavastoviglie. Ne prese altri puliti e come se niente fosse ritornò dai clienti con un bel sorriso stampato in faccia.

 «Bene ragazzi, questa mattina il detective Price e il vice sceriffo Hunt finiranno di interrogare i parenti di Hill e tutti quelli che avevano un certo grado di confidenza con lui qui a Silver Lake. Il vice sceriffo Donald ed io invece continueremo la ricerca di ulteriori prove sulla scena del crimine. Almeno una volta su cinque l'elemento chiave spunta fuori proprio quando il caso sta per essere chiuso», disse lo sceriffo.

«Te la sei inventata vero?» esclamò Oliver Hunt.

«Che t'importa, basta che ci crediate no?»

Vincent guardò attentamente Hunt: aveva visto in lui un certo grado di malleabilità, a differenza del suo capo. Di fatto nei giorni scorsi Oliver si era dimostrato fin da subito il più collaborativo tra i poliziotti locali. Una persona affabile ma riservata. C'era qualcosa in lui che non riusciva a decifrare però, nascosto nella sua cordialità e nel suo essere alla mano. Non era una persona finta e questo Vincent lo aveva capito, ma era come se non volesse scoprire tutte le sue carte. Arrivava in ufficio sempre cinque minuti prima degli altri e beveva il caffè macchiato con due gocce di latte. Non aveva una scrivania molto ordinata ma era sicuramente la più ordinata dell'ufficio. Adorava Orwell e non disdegnava Walt Whitman. Sarebbe però futile continuare a elencare interessi, vizi o pregi solo per dare un'immagine solida e ben costruita di un uomo di cui, in effetti, non si sapeva niente di certo e ogni aspetto di lui sembrava poter essere soggetto a revisione in qualunque momento.

Queste considerazioni si mischiavano all'aroma del caffè che Vincent stava ora sorseggiando, mentre il resto degli uomini si preparava ad uscire.

 La prima casa in cui il detective e Hunt si recarono fu quella di un orefice di nome Bud Teddy, amico di vecchia data di Jacob Hill. A dispetto del suo mestiere la casa era particolarmente sobria e l'unica cosa degna di nota era forse il gran camino posto al centro della sala. Il vecchio Bud indossava una camicia a quadri verde scuro e un ciondolo d'oro con un cuore che spuntava dai peli del petto rossastro, un caro ricordo di sua moglie Bette. Era un uomo grasso e soddisfatto della sua vita. Mentre il vice sceriffo continuava a far domande, Vincent si limitava ad osservare ciò che lo circondava: uno splendido orologio a cucù che rappresentava un taglialegna con in mano la sua ascia, mentre con l'altra teneva il blocco di legno, appoggiato sopra un ceppo in attesa che le lancette completassero il loro prossimo giro; alcuni quadri di fattura scadente raffiguranti nature morte e paesaggi, probabilmente dipinti dal vecchio in gioventù; delle statuette di elefanti in legno nero sopra la mensola del camino, posizionati in ordine decrescente, dal più grande al più piccolo; una coperta indiana con ricami navajo usata come copri poltrona.

 Il vecchio Bud sciorinava parole su parole, mentre l'orologio proseguiva nel suo inesorabile ticchettio. Price riprese a concentrarsi sulla conversazione:

«...e quella è stata l'ultima volta che l'ho visto.»

«Due giorni prima dell'omicidio dunque. Ricordi qualcosa di strano in lui, Bud?» chiese Oliver.

«No, no... il solito Jacob...strano lo era sempre.»

«Di cosa avete parlato?»

Si sollevò pesantemente dalla poltrona, assumendo una posizione più eretta. «Cose da vecchi, sa, tendiamo ad essere dei nostalgici. E poi Jacob aveva il pallino delle cospirazioni, questo lo sanno tutti. Per lui era tutto un complotto. Ha parlato anche di queste sue bizzarre teorie, come sempre, e io lo sono stato ad ascoltare senza aggiungere alcun che. Come sempre.»

«E in queste sue teorie faceva qualche nome? Intendo il nome di una persona reale, magari del posto.»

«No, non faceva mai nomi. A parte il presidente Nixon. Ce l'aveva con lui. Per il resto massoneria, aziende farmaceutiche, extraterrestri...ma senza mai fare nomi precisi. Alla fine credo che su qualcosa avesse ragione, però poi si perdeva in fantasia.»

«Ha mai detto di voler fare qualcosa di strano ultimamente? O pericoloso magari.»

«Mhhh no, niente di che. Cose strane le faceva eccome, ma niente in cui potesse cacciarsi nei guai. Almeno non mi risulta.»

«Dev'essere parecchio antico», disse Vincent con tono sommesso.

«Come?»

«Quel cucù intendo, deve essere parecchio antico.»

«Lo è. Oggi non se ne fanno più di orologi così, questo non perde un colpo. è un intenditore?»

«Intenditore di orologi? Figuriamoci. No, è che ho letto la data incisa nel legno: 1871.»

«Ah beh...sa, ha una storia parecchio lunga. E travagliata pure. Se lo fece fare mio nonno da un artigiano di Monaco, durante il suo soggiorno in Europa. Poi quando mio padre, che era un ufficiale, vi fece ritorno per la guerra, volle cercare quell'orologiaio per farsene fare un altro simile, ma purtroppo lui non era più.»

«è affascinante la storia che si può celare dietro ad un oggetto. Molti se ne scordano e li lasciano marcire dentro qualche scatolone in una cantina umida e sepolcrale, quando una parte della loro vita è contenuta in quei cimeli.»

«è vero, la gente se ne frega di quello che è stato. Nessuno ha mai voglia di dare uno sguardo indietro. Lei invece mi sembra un ragazzo sveglio. E anche un po' furbo, senza offesa naturalmente.»

«E perché dovrebbe? Nel mio lavoro i complimenti sono cosa rara. Non ho certo il lusso di potermi lamentare quando una persona me ne fa uno.» rispose Vincent con fare cordiale.

«Bene, per oggi abbiamo finito, Bud! Se ti viene in mente qualcos'altro, qualche aneddoto utile al caso o particolari interessanti, non serve che ti dica cosa devi fare», gli disse Hunt.

«Signorsì capo!» esclamò il vecchio, facendogli il saluto militare.

«Ci vediamo Bud.»


Mezzogiorno e due minuti, presso la segheria di Silver Lake.

Henry, che era solito rientrare a casa per pranzo, appese la tuta da lavoro anche stavolta e si diresse verso il suo pick-up rosso. Quella mattina la stanchezza si era fatta sentire, e aveva ancora un intero pomeriggio davanti. Gli altri giorni comunque non erano tanto meno duri. Questo spiegherebbe perché quando la sera rincasava, Henry si degnava appena di salutare sua moglie, per poi farsi la doccia e sbracarsi sulla poltrona a guardare la tv per tutta la serata. Certo, non esattamente il modello di marito perfetto. Ma Silver Lake non offriva grandi scelte e capita spesso che le persone portino avanti una relazione per abitudine o per convenienza, trascinandola negli anni come una busta della spesa logora. Perdendone il contenuto per strada, giorno dopo giorno, finché non rimane altro che una busta vuota. O finché non si strappa, buttando all'aria quel poco che le era rimasto dentro. Ora non voglio dire che Henry fosse destinato a questo, ma di certo la sua fine non sarebbe stata poi tanto diversa se non avesse agito in fretta per cambiare le cose. Purtroppo, a causa della fatica nel lavoro, arrivava a sera con la mente svuotata e gli unici modi in cui la riempiva era attraverso i fumi dell'alcool o i vari programmi di intrattenimento che passavano in tv dopo le otto. Il che è come dire che non si era mai riempita. Sua moglie non diceva nulla al riguardo ma si ostinava a tenersi tutto dentro, come se il non parlarne facesse apparire meno grave il problema. O addirittura lo rendesse inesistente. "Se non ne parlo vuol dire che il problema non sussiste. E se non sussiste allora non c'è alcun problema", gli suggeriva istintivamente il suo cervello, pur sapendo bene che era un circolo vizioso.

Così, concluso il turno al Glacier Peak's Grill, ella se ne tornava a casa, talvolta per pranzo, talvolta per cena, con la consapevolezza che il lavoro non sarebbe finito lì. Qualsiasi moglie o madre di famiglia questo lo sa bene ma Ellie era letteralmente invasa da un sentimento di repulsione verso le mura domestiche. Certe volte si ritrovava a pensare a quali cambiamenti avrebbe avuto la sua vita se in un determinato momento avesse fatto questa piuttosto che quella scelta; quale direzione inaspettata avrebbero preso i suoi anni, solo per una piccola deviazione: un ripensamento, un appuntamento mancato, una passeggiata con le amiche andata in malora per la pioggia, proprio quel giorno...come piccole pietre che deviano il corso di un fiume. Cosa sarebbe cambiato? E soprattutto quanto? Tutti almeno una volta ce lo siamo chiesti, ma se qualcuno comincia a chiederselo troppo spesso è evidente che una di quelle pietre avrebbe voluto spostarla.

Come una sera di diverso tempo fa quando Ellie, uscendo dal lavoro, venne colta da un'intenzione anomala. Da un'idea folle. Salì in auto, avviandone il motore stanco con gioco di polso e con sospiri, e al solito bivio che si trova poco aldilà del ponte sotto cui passa il Kootenay River, decise di non intraprendere la strada di destra che l'avrebbe portata a casa. Svoltò a sinistra e scese inoltrandosi in un fitto bosco, fino a giungere al lago. Quel lago d'argento perennemente avvolto dalla foschia, che appariva da tempi immemori come custode dei segreti più beceri. "Cosa vuoi che sia qualche segreto in più per te?" pensò lei. Ed entrò in acqua, lentamente, guardando la sua stessa esistenza riflessa in uno specchio. Poteva sentirla, l'acqua, farsi strada tra le sue vesti, dentro i pantaloni e scivolare giù tra le pieghe della camicia. Ellie si lasciò andare al richiamo del lago; poi una voce frantumò il silenzio. Quella di un' ombra lungo la sponda. «Che cosa stai facendo, donna?» le chiese la voce. Lei, bisognosa di attenzioni e incapace di mentire a sé stessa, le disse ogni cosa, parlando come si parlerebbe al vento. Ne seguì una pausa. L'ombra, con tono calmo e sommesso, la rassicurò usando parole dolci, affabili. Alle orecchie di Ellie quel timbro suonava familiare, ma estrapolato completamente dal contesto in cui era solita sentirlo aveva in sé qualcosa di nuovo. Una voce roca, povera di armoniche e monocorde.

L'uomo le disse di non farlo, di andare avanti nonostante tutto, proprio come aveva fatto lui. Parlarono per più di dieci minuti, mantenendosi in un delicato equilibrio di pause e parole. Un equilibrio che pareva sempre sul punto di perdersi non appena un pensiero più forte degli altri irrompeva nella mente di Ellie, invitandola a lasciarsi inghiottire dal lago. Per fortuna così non fu e dopo una lunga trattativa che nemmeno un negoziatore della polizia sarebbe stato in grado di fare, quella sera Ellie se ne tornò a casa. Mentre un vecchio uomo di nome Jacob Hill riprese a pescare e a tracannare birra, come se nulla fosse successo.

Certo, dicevamo, la storia non sarebbe andata comunque a buon fine tra Ellie e suo marito se egli non avesse preso almeno una volta l'iniziativa nel fare o dire qualcosa. Ma quella sera Henry non accese il televisore e non si sedette sulla sua poltrona. Durante la cena continuava a fissare il purè di patate nel suo piatto, giocandoci con la forchetta, come farebbe un cucciolo di gatto con un topo. A volte era quasi sul punto di dire qualcosa ma le parole inciampavano fra i denti e venivano nuovamente risucchiate dai sospiri. Ellie ovviamente si era resa conto del suo atteggiamento chiuso e al contempo desideroso di liberarsi. Ma quando cercava di chiedergli cosa lo affliggeva, lui si limitava a borbottare qualcosa e continuava a fissare il purè, mentre i suoi sospiri si erano fatti nel frattempo più frequenti e accentuati, come una richiesta di aiuto. Pretendeva in fondo che sua moglie lo rassicurasse senza conoscere nemmeno la fonte di tale preoccupazione. Poi gli argini si ruppero e all'ennesima richiesta di sua moglie, Henry cedette. Così le raccontò ogni cosa riguardo la sua chiacchierata con l'agente Price. Questo portò inevitabilmente entrambi i coniugi su una china pericolosa: Vincent Price era un forestiero, e c'erano certe cose che i forestieri non erano tenuti a sapere.

«Come faremo a vivere la nostra vita ora?» chiese Ellie in lacrime.

«Sta tranquilla, non si verrà a sapere.»

«Ma se...»

«Basta ora!» esclamò Henry con furore. Poi si calmò e con inaspettata dolcezza le accarezzò il viso. «Non permetterò che ti facciano del male. Smetti di piangere ora.»

L'espressione del suo volto era ora mutata. Quei lineamenti così duri e marcati si erano fatti più morbidi e un certo grado di sicurezza misto a gentilezza fuoriusciva dal tono della sua voce. Erano anni che Ellie non si sentiva rivolgere parole simili. Credeva di aver perso per sempre quel ragazzo timido e un po' impacciato che andava a mangiare ogni giorno al Glacier Peak solo per poterla rivedere, senza nemmeno il coraggio di chiederle di prendere un caffè insieme; e che dopo settimane di "buon giorno", "come stai oggi?" e "ci vediamo", si era sbilanciato facendole un apprezzamento sul suo nuovo taglio di capelli. Che fine aveva fatto quel ragazzo? Ora sapeva che non era morto. Era solo sepolto, da qualche parte, in attesa di essere riesumato. Ellie lo abbracciò, in preda al timore e alla paura. In verità anche Henry aveva paura, ma non poteva permettersi di darlo a vedere.

Continue Reading

You'll Also Like

12.6M 437K 111
Caroline Night è una ragazza che deve lavorare per sistemare i danni del padre ormai scomparso da anni. Per colpa di un vecchio patto tra la sua fam...
7.1M 205K 78
Arya Reid ha diciotto anni e la testa tra le nuvole praticamente da sempre. La sua vita è piatta, nessun colpo di scena, nessuna pazzia di troppo, ne...
1.4M 60.5K 82
Ferita e sola, Cassandra riesce a scappare dalla prigione in cui è stata rinchiusa per mesi da un gruppo di trafficanti di persone. La voglia di ris...
IGNI By Vals

Mystery / Thriller

632K 28.9K 55
[In riscrittura] Qual è il vostro posto nel mondo? Cassie non ne ha uno. Viene costantemente sballottata da un Paese all'altro da quando, all'età di...