Jack barcollò lungo il corridoio che precedeva la Sala, scosso da quanto era appena accaduto; mai prima di allora un'allucinazione aveva lasciato una sua traccia nel mondo reale. Con la mano nella giacca continuava ad accarezzare il pezzo di ferro che un tempo era stato la sua pistola; sentiva gli effetti della corrosione sotto le dita e si chiese se anche il suo viso avesse subito il medesimo deterioramento. I suoi occhi erano cerchiati da pesanti occhiaie, la pelle era divenuta grigiastra e i capelli aridi come la paglia lasciata al sole.
«Finalmente sei qui.»
La voce di Marco lo riportò alla realtà. Tentò di nascondergli il viso segnato dalla stanchezza.
Marco lo guardò con attenzione e gli angoli della bocca gli si incresparono in un ghigno. Conosceva fin troppo bene Jack e l'effetto che le allucinazioni avevano sul suo corpo. Sembrava allo stremo e ciò che aveva scoperto sul diario di Primus l'avrebbe annientato definitivamente.
Fuori dalla Sala c'erano anche i consiglieri, trepidanti nell'attesa. Parlottavano tra loro e tutti si chiedevano per quale ragione Primus li avesse convocati e relegati fuori dalla Sala.
Jack, controvoglia, si avvicinò a Marco. «Chi c'è nella Sala insieme a Primus?»
Marco alzò le spalle. «Quando sono arrivato era già tutto così. Neppure il Consiglio conosce la ragione della convocazione.»
Jack strinse gli occhi, preoccupato; aveva una strana sensazione.
La doppia porta della Sala fu aperta da un cavaliere, indossava l'antica divisa dell'Ordine: una spessa corazza gli percorreva il busto, delle polsiere d'acciaio gli proteggevano le braccia, guanti e pantaloni di pelle ricoperti da cosciali che ne mettevano in evidenzia la muscolatura, il collo era protetto da una gorgiera d'oro e il capo coperto da un elmo che gli rendeva visibili solo la bocca e gli occhi.
L'uomo fissò i presenti con occhi lucidi, carichi d'orgoglio. Non disse nulla, fece solo un saluto militare e li invitò ad entrare.
Jack attese che fossero prima i consiglieri a fare il loro ingresso, come prevedeva l'etichetta militare. Prima di entrare, guardò il cavaliere negli occhi, sperando di cogliere qualche indizio su ciò che era accaduto all'interno della Sala; l'uomo ricambiò lo sguardo e si concesse un sorriso vittorioso, accompagnando l'insolito gesto con un cenno positivo. Jack sentì un fluido bollente attraversargli il corpo, come se avesse inghiottito una coppa di veleno mortale.
Nella Sala c'era Primus e davanti a lui un uomo che non conosceva, un cavaliere di basso rango. I consiglieri presero posto accanto al Presidente che non si azzardava a pronunciare parola. Aveva gli occhi fissi in avanti, l'espressione vuota.
Fu Padre Pietro a rompere gli indugi. «Primus, per quale motivo hai indetto una riunione?»
Primus sembrò accorgersi di loro solo in quel momento; batté le palpebre e dedicò uno sguardo al prete. «Questo ragazzo mi ha portato una notizia sconcertante, che cambierà per sempre le vite di tutti noi.»
I presenti si voltarono verso il cavaliere e Jack si rese conto di averlo visto quella mattina, nell'abitazione di Emilia Endo.
«Cavaliere, il tuo contributo è stato prezioso e se le tue ricerche dicono il vero, la gloria che riceverai sarà immensa. Ora va' pure, meriti il giusto riposo.» Lo congedò con un cenno del capo.
Giacomo scattò sull'attenti e lasciò la Sala.
«Cos'è questa storia?», strepitò Jack.
Primus si schiarì la voce prima di parlare. «Quel cavaliere ha scoperto dove si nasconde L'Angelo della Morte.», annunciò, secco.
Nella Sala calò il gelo, nessuno ebbe il coraggio di proferire parola. Fu Jack a rompere il silenzio, scoppiò in una violenta risata. Marco storse la bocca, disgustato, odiava la risata di quell'uomo.
«Sono cinque anni che tentiamo di scovarla...», disse Jack, una volta che si fu calmato, «...e ora questo pivello, che ha trascorso la maggior parte del suo tempo nelle catacombe, ha scoperto dove si nasconde? Spero che sia uno scherzo.»
Primus sorrise, serafico. «Ho fatto preparare, per ognuno di voi, una copia del documento che Giacomo Ferri mi ha mostrato...»
I consiglieri si accorsero dei fogli solo allora e presero a leggerli mentre il Presidente continuò. «Li ha trovati mentre sgombrava l'ufficio di Emilia Endo e non ha esitato a mostrarmeli...»
«Quella sporca traditrice!», scattò Pietro.
«Incredibile...», sussurrò dopo un attimo Matteo.
«Emilia Endo ha spulciato gli archivi degli ultimi trent'anni e ha ripercorso tutti gli spostamenti di Robert... credo che all'inizio non sperasse di trovare qualcosa, ma quando è giunta a quell'indirizzo...», proseguì Primus.
Jack era incredulo, stava accadendo tutto troppo in fretta. Aveva trascorso l'intera esistenza a braccare quell'assassina, e ora un novellino gli soffiava la sua unica possibilità di diventare presidente? Era tutto un terribile dejavù. Rivide se stesso davanti alle porte della Sala, trent'anni più giovane, il corpo possente, l'anima pregna di orgoglio, il mondo ai suoi piedi; e con lui c'era un altro agente, un medico che compiva autopsie, l'aveva visto di sfuggita in un paio di occasioni. Aveva un aspetto misero, il viso femmineo e il corpo minuto; stringeva dei documenti con agitazione, i suoi occhi erano agitati. Era Primus, allora conosciuto ancora con il nome di Victor Hogart e i documenti che stringeva racchiudevano le scoperte che aveva fatto, la condanna di Jack.
Ora quel ragazzino gli stava portando via tutto; il Consiglio avrebbe certamente premiato la sua scoperta, il suo comportamento. Con la coda dell'occhio guardò Marco, anche la sua mente era attraversata dalla medesima preoccupazione.
«Via delle Mimose... ti dice nulla, Jack?», continuò Primus.
Jack si scurì in volto e ghignò, nascondendo perfettamente la propria agitazione. «Perché dovrei ricordarlo?» Mostrava una disinvoltura che, in quell'istante, Marco invidiò.
«C'è una palazzina lì, un vecchio manicomio trasformato in condominio.», aggiunse Primus, scrutando ogni più piccolo cambiamento negli occhi viola dell'uomo.
Jack fu attraversato da un lampo. «Stai parlando della palazzina in cui uccidemmo le bambine?»
«Esatto!» Primus scattò in piedi, un sorriso obliquo sul volto.
«Non capisco la ragione delle sue ricerche, lì abbiamo eliminato ogni sospetta...», intervenne Pietro.
«Non tutte.», disse Matteo, che era giunto alla fine del documento.
«Cosa stai dicendo?», proruppe Pietro. «Impossibile.»
La risata delicata di Primus sedò gli animi. «In effetti Pietro ha ragione, Jack e la sua squadra hanno provveduto ad eliminare ogni bambina che corrispondesse alle caratteristiche dell'Angelo della Morte...» Prese a camminare per la Sala, un comportamento insolito per lui. Teneva le mani giunte dietro la schiena e il volto rivolto al globo sul soffitto. «Capelli biondi, occhi azzurri... ma c'era una bambina a cui nessuno aveva dato importanza.»
Jack corrugò la fronte, una goccia di sudore gli rigò la guancia.
«Una certa Paine Leone.», annunciò Primus.
Jack spalancò gli occhi: ricordava quel nome.
«Ma non temere, non potevi immaginare che in quella bambina si racchiudesse Lei.»
«Ero convinto che anche lei fosse rimasta vittima del rastrellamento di quella notte...», farfugliò Jack. Sentiva la gola tremendamente prosciugata.
«A quanto pare no.»
Matteo si alzò in piedi. «Aspetta un attimo, qui dice che la bambina aveva occhi e capelli scuri, non può essere lei l'erede di Diana!»
«All'inizio ho avuto la stessa reazione... una donna con simili caratteristiche non si è mai vista...» Primus si permise una pausa e godette di ogni secondo di silenzio, pendevano tutti dalle sue labbra. «... doveva esserne sorpresa anche Emilia Endo e suppongo che non ne abbia discusso con i colleghi poiché non riteneva Paine Leone una candidata ideale per Robert. Ma ha proseguito le sue ricerche.» Si voltò verso Jack, un sorriso di compiacimento gli colorava il viso pallido. «Dimmi, dove si è verificato il primo omicidio dopo la morte di Diana?», gli chiese con sarcasmo.
Jack strinse le labbra, la risposta la conoscevano entrambi, ma quanto gli costava rispondere! «Proprio in quella città...», disse con una punta d'arroganza.
«E dove è morto Frank Zagaglia?»
«Nella città vicina, a Napoli.» Si sentì uno stupido a non aver ricollegato i due eventi. Ma il motivo della sua negligenza era solo causa delle allucinazioni, che in quel periodo erano divenute continue.
«Sarebbe bastato un semplice controllo per accorgerci che c'era stata una superstite, la bambina salvata da Robert: Paine Leone, scappata di casa esattamente cinque anni fa, il giorno della morte di Frank Zagaglia.», concluse Primus. «Temo che Azrael abbia ucciso la nostra Emilia per ciò che aveva scoperto e ci abbia lasciato una falsa pista.», aggiunse.
Marco ribollì dalla rabbia, avrebbe voluto urlare tutto ciò che aveva scoperto, accusare il vero colpevole dell'omicidio.
«Dobbiamo agire subito, scoprire dove si nasconde.», scattò Matteo.
«La madre della donna è morta di recente, forse sua figlia è tornata in città per la sepoltura, forse alloggia proprio in quella casa...», disse Primus.
«Non farebbe mai una cosa tanto sciocca.», intervenne Jack.
«No, ma in ogni caso non sarà un problema trovarla ora che conosciamo il suo volto.» Primus prese la fotografia di Paine che era riuscito a scovare negli annuari delle superiori e la fece scivolare sul tavolo. La fotografia si fermò proprio davanti a Jack che impallidì. Aveva già visto quella giovane donna, non dimenticava mai un volto: si era scontrato con lei fuori all'albergo dove era avvenuto l'omicidio di Frank. Dunque era tutto vero, Paine Leone era l'Angelo della Morte.
«Non somiglia per nulla alle altre.», disse Marco. «Vi dico che Emilia aveva torto.»
Jack avrebbe appoggiato volentieri le sue accuse, ma Emilia Endo non si era sbagliata; si incastrava tutto alla perfezione.
«Come hai intenzione di agire?», chiese Pietro.
Primus tornò al suo posto. «Oggi stesso emaneremo un mandato d'arresto, voglio che ogni singolo membro dell'Ordine conosca il volto di questa donna. Terremo sotto controllo il suo appartamento e i luoghi che solitamente frequentava; interrogheremo i suoi vicini e i suoi vecchi amici.»
«E il padre.», disse, secco, Pietro. «Lui saprà dove trovarla.»
Primus fu attraversato da una fitta.
«Non aveva un padre.», intervenne Jack. «Lo ricordo bene.»
Primus si rilassò. «È incredibile quante informazioni inutili il cervello conservi a discapito di ciò che è veramente importante.» Ghignò. «Marco, affido a te l'operazione, il nostro Jack sembra troppo scosso. Organizza le ricerche e voglio che una squadra di cavalieri sia spostata in quella città. Tra un'ora voglio il tuo piano sulla scrivania.»
Marco fu sorpreso. Scattò sull'attenti, trattenendo un sorriso di trionfo. «Sarà fatto, Presidente.»
«Potete andare.» Congedò entrambi con un cenno della mano e Jack si voltò di scatto, sconfitto.
I due si incamminarono verso il parcheggio, entrambi immersi nei dubbi.
«Non posso credere che quel marmocchio avrà una promozione solo per aver scoperto i documenti di quella traditrice...», rimuginò Marco.
Jack corrugò la fronte. «È molto strano, non trovi?»
«Cosa?»
«Che la Endo abbia taciuto le sue scoperte, specialmente in vista di un trasferimento... Quello che aveva tra le mani l'avrebbe resa la prima candidata donna alla presidenza...» Accese una sigaretta e aspirò il tabacco nervosamente. «Primus mi è sembrato fin troppo generoso con il ragazzino che gli ha portato il documento, perché mai premiarlo con una promozione se il suo unico merito è il non aver gettato gli appunti della Endo?»
Marco non poté far altrimenti che asserire; la sagacia e lo spirito d'osservazione di Jack lo spiazzavano ogni volta; era un essere fin troppo pericoloso, difficile da tenere a bada. «Come ci muoviamo?»
Jack rise, la sigaretta stretta tra i denti. «Hai tu il comando, sta a te prendere le decisioni.»