SORRIDIMI

By _AmandaMay

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Ci sono persone che sono capaci di affrontare i problemi, altre preferiscono scappare e lasciarseli alle spal... More

Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo 26
Capitolo 27
Capitolo 28
Capitolo 29
Epilogo
BACIAMI

Capitolo 10

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By _AmandaMay

PAIGE

Le settimane che si susseguirono furono abbastanza intense, ma passarono anche molto velocemente a causa del fatto che mi impegnavo molto con lo studio e che il lavoretto che mi ero trovata per risparmiare al fine di permettermi finalmente di sostenere il pagamento di un affitto di un appartamento mi tenevano molto occupata. E poi c'era anche da dire che passare i sabato sera a guardare i film di Harry Potter con i ragazzi era diventata come una tradizione. In quei pochi mesi, tutti i ragazzi si erano trasferiti in appartamenti non troppo distanti dai vecchi dormitori, così anche a me cominciò a balenare in testa l'idea di trasferirmi, essere più autonoma e tutto il resto, e poi grazie al lavoretto nel negozio di dischi che avevo trovato, ero riuscita a risparmiare qualche cosina.

Quando chiamavo casa, Peter e Pacey mi ricordavano che mancavano pochi giorni al mio rientro per le feste di Natale, ed io non vedevo l'ora di rivederli e riabbracciarli.

«Paige, oggi sei abbastanza assente, c'è qualcosa che non va?» mi domandò Mia passandomi davanti per recuperare la giacca color panna.

«Sì, stavo solo pensando.» risposi, per lo più continuando a giocherellare con gli anelli che portavo alle dita.

«Anche io pensavo, e sai che idea fantastica mi è venuta?» chiese emozionata, ma non aspettò una qualsiasi mia reazione che continuò «Ho pensato: il prossimo anno dobbiamo trovarci un appartamento, giusto? Giusto. E allora perché non ce ne troviamo uno insieme?»

Alzai lo sguardo sul suo e mi crucciai. Averla come coinquilina ancora per i prossimi anni? Sarebbe stata una cosa positiva? Tutte le sue strane manie di perfezionismo, di puntualità e di stile? Insomma, una Mia pacchetto completo.

Poi però pensai anche che se non mi fossi trovata una coinquilina sarebbe arrivata a vivere con me una perfetta sconosciuta ed avrei dovuto ricominciare tutto da capo.

«Mi sembra una buona idea.» annunciai in fine.

In fondo, quella ragazza non era tanto male.

«Ottimo!» esclamò battendo le mani «Ora però dobbiamo muoverci, perché la partita comincia tra undici minuti e noi ce ne metteremo più della metà per arrivare là.» ecco, quando faceva così spesso mi veniva voglia di strozzarla.

«Sono pronta, andiamo.»

Ci incamminammo verso il palazzetto dove si sarebbe tenuta la partita e per la strada incontrammo Renae e Taylor, entrambe intente a discutere su qualcosa che sinceramente nemmeno mi importava, così non entrai nei loro discorsi come invece fece Mia e mi concentrai piuttosto su quel moro che, non appena ci vide, cominciò a sorridere.

Dovevo ammettere che persino il mio rapporto con Alec stava pian piano migliorando, e giorno per giorno me ne meravigliavo io stessa.

«Siete arrivate finalmente! Vi ho tenuto i posti in prima fila, così vedrete meglio come li distruggiamo.» esclamò il ragazzo una volta che fummo tutte accanto a lui.

«Che gentile Alec, non avresti dovuto.» cinguettò Renae.

Quella ragazza era strana, non mi andava subito a genio e, sinceramente, credo che nemmeno io le stessi troppo simpatica. Forse perché, dato che era palesemente innamorata di Alec, pensava che gliel'avrei rubato.

«Tutto per le mie donne.» ammiccò, per poi passarmi un braccio attorno alle spalle che tentai in tutti i modi di togliere.

«Le distanze di sicurezza.» sbottai prendendo con una mano la sua ed allontanandomi.

Ma, ovviamente, lui non me lo permise perché faceva sempre di testa sua e non fosse mai che potessi fare qualcosa autonomamente.

Mi trattenne la mano e mi trascinò con lui all'interno della palazzina «Mi lasci?» chiesi stufa, ma lui non sembrò ascoltarmi e continuò a trascinarmi fino a che non oltrepassammo le porte rosse dell'edificio.

Le grida delle persone che sedevano sugli spalti erano fastidiose ed assordanti, ma Alec non sembrò nemmeno accorgersene: continuò a camminare fino a che non ci fermammo davanti a delle panchine vuote.

«Mettetevi qui, tra poco comincia la partita, ci vediamo più tardi.» disse, per poi sparire nuovamente, lasciandoci tutte interdette.

Ci raggiunsero anche Chad e Brad, che si sedettero accanto a noi, mentre Elias si stava preparando per la partita insieme ai compagni.

Quando cominciò ne persi subito l'interesse, diciamo che non ero un'amante di quello sport.

Trascorsi il tempo a giocherellare con il cellulare, ed a messaggiare con Kayla, nonostante a casa fossero le due di notte. Lei aveva già cominciato le vacanze estive, mentre a Londra io avrei cominciato il giorno successivo e non riuscivo a trattenere la felicità che provavo nel tornare a casa e festeggiare il Natale e Capodanno con la mia famiglia, ma soprattutto, tornare alla calda estate australiana.

«Canestro!» esclamò Mia alzandosi in piedi per esultare insieme agli altri. Io scossi la testa ed appoggiai il mento sopra al pugno chiuso , sospirando. Quanto sarebbe durata ancora quella dannata partita?

«Emozionante, eh?» mi chiese poi la ragazza, rimettendosi a sedere al mio fianco.

La guardai con la coda dell'occhio, per poi tornare a fissare un punto impreciso davanti a me «Tanto..» sussurrai.

L'unica cosa positiva di quella serata fu vedere una squadra di ragazzi con un fisico ben allenato e sudati che continuava a correre davanti ai miei occhi, regalandomi una bella visuale.

Al fischio che segnò il termine della partita, la squadra del nostro college era in vantaggio, quindi la vittoria schiacciante fece nascere un boato di esulti in tutta la palestra.

Mi alzai anche io per applaudire e festeggiare con gli altri, fino a quando Alec non si avvicinò e, senza lasciarmi il tempo di allontanarmi, mi abbracciò e mi sollevò da terra.

«Sei tutto sudato, diamine!» sbottai arricciando il naso e facendolo ridere.

Mi rimise a terra ma non mostrò nessuna voglia di lasciarmi andare, riuscii solo a liberare le braccia ed a premere con forza le mani sul suo petto, che si alzava e si abbassava velocemente, per cercare di allontanarlo. Cosa che non accadde.

«Allora?» chiese poi, sempre sorridente.

«Allora cosa?»

Lui ridacchiò ma non si scompose e mi fece girare, in modo da mettersi tra me e gli altri «Ho vinto, non merito alcun premio?»

Scossi la testa «È solo una partita di basket, non hai vinto l'Oscar.» attestai.

«Non si fa così, Mousse...» piagnucolò imbronciandosi.

«Io non ti ho promesso nulla, ergo tu non puoi aspettarti nulla da me.» precisai.

«Per favore...» mugolò.

Mordicchiai il labbro inferiore quando incatenò il suo sguardo al mio. Mi riuscii a perdere in quei buchi neri e lì, in quel momento, si ruppe qualcosa e mi sentii leggera, dopo tanto tempo. Mi sentivo... felice.

Riuscii a sorridergli solo qualche istante dopo e rilassai tutti i muscoli, compreso il cuore, che in quel momento stava battendo all'impazzata.

Con un braccio stretto attorno ai miei fianchi, l'altro si alzò e sentii la sua mano calda sfiorare la mia guancia sinistra, fermando l'indice lì dove si era andata a formare la fossetta. La guardò attentamente, poi tornò a guardarmi negli occhi.

«Mi piace tanto.» disse alludendo alla fossetta.

Mi strinse ancora più forte, facendo combaciare i bacini e procurandomi una lunga scossa che partì dalla nuca e terminò nel ventre.

«Dovresti andare a fare una doccia, così poi possiamo uscire ed andare all'Apocalypse per mangiare.» fece presente Renae avvicinandosi a noi.

Alec non la guardò nemmeno, continuò imperterrito a fissarmi senza batter ciglio, nonostante la ragazza fosse lì accanto a noi, ferma a guardarci.

«Ora vado.» disse solo.

Ma non si allontanò subito, mi diede un bacio sulla guancia sinistra e mi sorrise mentre io arricciai nuovamente il naso a causa del sudore che mi si appiccicò addosso.

L'elettricità che si disperse quando si allontanò da me si poteva quasi toccare con mano, e nonostante tutto, sentii presto la mancanza di quel tocco caldo in contrasto con i brividi freddi che ne susseguivano.

«Ci vediamo tra una decina di minuti.» affermò allontanandosi, poi però si voltò e mi guardò con un sorrisetto sghembo «A meno che tu non voglia venire con me.»

Arrossii lievemente e scossi la testa facendolo ridere.

Quando sparì dietro una porta, mi voltai anche io, trovando cinque paia di occhi a fissarmi.

«Che c'è?» chiesi innocentemente.

Mia e Taylor si scambiarono un'occhiata d'intesa, mentre i due ragazzi non fecero altro che ridacchiare. Renae restò a fissarmi come se avessi ucciso qualcuno e non volessi ammettere la mia colpa. Cominciava ad essere davvero inquietante...

«Nulla.» risposero in coro.

Li guardai con circospezione fino a che non arrivarono i ragazzi della squadra, quindi fin quando Alec ed Elias non ci raggiunsero.

«Mio fratello ci sta aspettando all'Apocalypse, quindi muoviamoci o si arrabbierà.» dichiarò Alec, sistemandosi il borsone sulla spalla ed affiancandomi.

Tirai su la zip del piumino e sistemai la sciarpa attorno al collo. L'inverno in Inghilterra non scherzava affatto ed io ci ero stata catapultata da un giorno all'altro, senza un minimo di preavviso.

Usciti dalla palestra, i denti cominciarono a battere e dovetti nascondere le mani all'interno delle tasche per evitare che mi si congelassero all'istante.

Come se non bastasse, non appena salimmo nella macchina di Alec per raggiungere il locale, cominciò a nevicare. Fantastico... pensai.

«Credo proprio che quest'anno avremo un vero e proprio bianco Natale.» sentenziò Mia, seduta al mio fianco.

Per mia fortuna, il Natale l'avrei festeggiato in spiaggia, sotto il sole.

«Paige, quando hai detto che parti per tornare a casa?» mi chiese la ragazza, successivamente.

Stavo per rispondere, quando Alec inchiodò facendomi quasi volare giù dal sedile.

«Ma sei idiota?» sbottai corrugando la fronte.

«Parti?» chiese ignorandomi.

«Sì, torno a casa.» risposi ovvia ed alquanto stizzita da quella domanda.

Cosa pensava, che sarei rimasta lì da sola? Si sbagliava di grosso.

«Perché non me l'hai detto?»

«Avrei dovuto?» ribattei quando ripartì.

«Certo che sì!»

L'argomento cadde ed io tornai seduta composta a guardare fuori. I fiocchi di neve erano grossissimi e cadevano fitti. A terra c'era già una leggera patina di manto bianco e restai ferma a fissarla fino a che Alec non parcheggiò la macchina a fianco a quella di Brad.

Scendemmo e ci rifugiammo immediatamente nel caldo ambiente che era l'Apocalypse.

Ci sedemmo al solito tavolo ed ordinammo, poi cominciammo a parlare di quali sarebbero stati i nostri programmi per quelle vacanze invernali: chi tornava a casa dalle famiglie, chi avrebbe fatto una bella vacanza e chi invece, come me, avrebbe dovuto affrontare un lungo viaggio per tornare a casa.

«Com'è passare il Natale al mare?» chiese Tay curiosa.

Io scrollai le spalle «Normale per me. Sicuramente meglio che passarlo con questo freddo, a parer mio.»

«Non è nemmeno tanto freddo ancora: aspetta di arrivare a Gennaio o Febbraio.» ammiccò Alec, scostando la sedia per avvicinarsi a me.

«Se questo non è freddo, non so cosa dire.» ammisi.

Incrociai le braccia al petto e tirai giù le maniche del maglione per coprirmi le mani congelate.

«Tu sei strana.» bofonchiò Renae dall'altro capo del tavolo.

«Solo perché non sono abituata alle basse temperature? Mi sembra un giudizio che non sta in piedi.» risposi alla sua frecciatina e la zittii con così poco, ma fui comunque fiera di me. Tentai di non sorridere davanti alla sua espressione, mentre tutti gli altri ridevano, e piuttosto cercai di nascondere di più le mani dentro le maniche del maglione.

«E quando partirai?» ruppe la risata Aiden, il quale fu l'unico come me a rimanere serio.

«Presto, farò in modo di arrivare a Perth verso le cinque di pomeriggio di dopodomani. È un viaggio molto lungo e dovrò fare persino uno scalo, quindi partirò molto, molto presto...» affermai.

«Quindi domani non ci vedremo per niente?»

L'espressione di Mia sembrò abbastanza desolata in quel momento, ma mi sembrava una reazione esagerata: in fondo non stavo per andare in guerra, sarei solo tornata a casa qualche tempo.

Negai con un cenno del capo.

Arrivò la nostra cena e mangiammo parlando delle nostre città natale e soprattutto del semestre che sarebbe cominciato di lì a qualche settimana.

Quella notte facemmo le due, poi il proprietario ci disse che avrebbe dovuto chiudere e ce ne andammo.

«Facciamo un giro prima di tornare?» domandò Brad, stringendo tra le braccia Taylor.

Il gruppo camminava ad un'andatura abbastanza spedita, mentre io, che non ero molto abituata alla neve, camminavo a stento e mi reggevo in piedi a fatica.

Mentre imprecavo in tutte le lingue che conoscevo, cercai di raggiungere gli altri, ma ci si mise pure il cellulare che cominciò a squillare, così mi fermai una volta per tutte e risposi.

«Pronto?»

«Paige! Quando arrivi?» gridarono i miei fratellini.

Sorrisi involontariamente nell'udire quelle due vocine felici.

«Arrivo dopodomani, contenti?»

«Ci hai preso i regali?» domandò quello che successivamente riconobbi come Peter.

«Ah, e cosi pensate solo ai regali? Guardate che non torno più a casa.» scherzai, fingendomi seria.

«No! A me non interessano i regali!» esclamò Pacey «È stato Peter a dire quelle cose, io voglio che tu torni.» piagnucolò.

Sentii successivamente dei lamenti da parte di entrambi e Peter scusarsi e dire che tutto ciò che aveva detto erano bugie e che non gli importavano i regali.

«D'accordo... allora ci vediamo. Avete fatto i bravi?»

«Io sì! Peter mi faceva i dispetti invece.» gridò Pacey per sovrastare le urla di Peter.

«Peter non fare i dispetti a tuo fratello, altrimenti non viene Babbo Natale a portare i regali.» dissi, ricevendo in risposta un "no no, faccio il bravo, lo giuro!" che mi fece ridere.

«Ora devo andare.»

«Ciao sorellona! Ti voglio bene.» urlò Peter.

«Io te ne voglio di più!» ribadì Pacey.

Scossi la testa e li salutai un'ultima volta «Anche io ve ne voglio tanto.»

Riagganciai e misi il cellulare in tasca.

Tentai di riprendere a camminare per raggiungere i ragazzi, anche perché andarsene in giro alle due di notte da soli al buio non è mai stata una grande idea.

«Mousse, non avresti dovuto allontanarti da noi: mi hai fatto preoccupare.»

Alec sbucò fuori dal nulla, facendomi saltare per la paura. Mi si affiancò e mi sorrise come sempre, mentre io cercai di ucciderlo con uno sguardo. Lui sembrò solo divertito dalla situazione, così mi incamminai lentamente senza aspettarlo.

«Dai Mousse, non arrabbiarti con me.» ridacchiò camminando al mio fianco.

Mi prese una mano e la strinse, subito si scaldò e sentii una sensazione di benessere che sperai continuasse per tutta la sera. Alec intrecciò le nostre dita e mi fece avanzare più velocemente. Il sorriso non abbandonò le sue labbra neanche per un istante ed io, curiosa com'ero, domandai «A cosa pensi?» principalmente perché volevo capire quale fosse sempre il motivo del suo sorriso.

«In questo momento? A te.» disse semplicemente, guardandomi per un istante, prima di mettere entrambe le nostre mani all'interno della tasca della sua giacca.

«Perché?»

«Ci deve essere un buon motivo che mi permetta di pensarti?»

E mi zittì.

In fondo aveva ragione: poteva pensare a qualsiasi cosa o persona volesse, a me non doveva interessare. Però il fatto che mi pensasse mi rese felice per qualche ignoto motivo.

Presa da quei pensieri, non mi accorsi della fine del marciapiede e scivolai non appena toccai la strada innevata. Emisi un urlo poco udibile mentre con le mani mi tenni saldamente stretta ad Alec, il quale, grazie ai suoi riflessi sempre pronti, riuscì a prendermi prima che toccassi terra.

Mise un braccio dietro la schiena e l'altro dietro le ginocchia e mi sollevò.

Allacciai le braccia attorno al suo collo per sostenermi e feci il gravissimo errore di voltarmi a guardarlo. Fissai quegli occhi color caffè per non so quanto tempo, mi ci persi di nuovo, come quel pomeriggio.

«Grazie...» mormorai e credetti anche che lui non mi avesse sentito, perché non si mosse nemmeno di una virgola, restò a fissarmi ed a stringermi a sé.

«Tutto a posto? Stai bene?» mi chiese, ma non accennò per nulla al fatto di volermi mettere a terra.

Annuii e successivamente mi schiarii la voce. Quella situazione era abbastanza equivoca, ma eravamo soli e nessuno avrebbe potuto fraintendere.

«E così... parti?»

Accennai con il capo un assenso, senza proferire parola.

«E quando tornerai?»

Deglutii rumorosamente «Tra due settimane.»

Quella vicinanza e tutto quel contatto mi stava facendo letteralmente impazzire.

Cosa stava succedendo? Quella situazione non mi piaceva per niente, o meglio, il mio corpo intendeva tutt'altro, mentre la testa mi chiedeva di allontanarmi immediatamente.

Nonostante tutto, non mi allontanai e lui non dimostrò il minimo interesse a fare la stessa cosa, così restammo lì: in mezzo ad una strada isolata, con la luce dei lampioni che illuminava piccole aree di essa ed i nostri respiri che si univano a formare una piccola nuvoletta di fumo tra noi.

Provai a ritornare in me, ci provai con tutta me stessa. Pensai anche a Tyson, ma c'era qualcosa più forte di lui che mi teneva ancorata ad Alec. Una forza spaventosa.

«Le distanze di sicurezza...»

Alec mi sorrise sornione «Al diavolo le distanze di sicurezza, Mousse.» mormorò, per poi premere le sue labbra sulle mie.

Erano calde e morbide e... sbagliate. Tremendamente sbagliate. Ma se c'era una cosa che sapevo, era che sbagliando si impara, ed a me piaceva imparare.

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