If it's meant to be, it will...

By 4_ImJustAFan_4

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SEQUEL DI "31 giorni insieme a te" ATTENZIONE: SE NON AVETE LETTO LA STORIA SOPRA CITATA, PASSATE PRIMA DA LI... More

Quattro anni dopo
Bella collana
Torna dentro
Il sogno
Migliore amico
La festa
Una chiacchierata
Grazie papino
La prova degli abiti
Lisa ha la febbre
Tradimento
Ma se ti... baciassi?
Un favore
La proposta
Tavolo per quattro
Le prove
Una giornata tranquilla
Baci umidi e sospiri caldi
Evviva!
A casa di Alex
Un bacio sulla bua
Oreo e senape
Matrimonio
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E poi il buio

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By 4_ImJustAFan_4

Un fastidioso bip continuo si insinuò nella sua testa, facendosi via via sempre più forte. Il rumore era talmente insistente che ad un certo punto le venne persino da vomitare, nonostante il suo stomaco fosse praticamente vuoto. Come se non bastasse, il suo corpo sembrava non avere forze, come se qualcosa gliele avesse prosciugate.

Sono solo ammalata, tutto qui, fu il suo primo pensiero.

Con ogni fibra del suo essere, Abigail si sforzò di allungare una mano verso destra. Doveva spegnere quella dannata sveglia, oppure sarebbe impazzita con quel terribile bip.

Per una manciata di secondi fece su e giù col braccio, sperando di raggiungere quell'infernale aggeggio elettronico senza doversi alzare del tutto dal letto. Eppure il senso del tatto sembrava diventato insensibile: era come se non fosse più capace di percepire un oggetto solido, reale.

Abigail si spaventò e il suo cuore aumentò la velocità dei battiti. Non sapeva come mai, ma aveva voglia di darsela a gambe.

A quel punto, l'unica cosa da fare era aprire gli occhi e constatare lei stessa che cosa stesse succedendo. Ma l'azione fu complessa, ardua: le palpebre erano pesanti, come incollate e le ciglia le tagliavano la pelle. Provò e riprovò e alla fine, quando riuscì nell'impresa, Abigail si trovò davanti al buio più totale.

Attese con ansia il momento in cui i suoi occhi si abituassero a quell'innaturale oscurità, ma non ci fu verso. Era impossibile vedere e per un attimo ebbe il terrore di aver perso la vista.

«E' solo un sogno» mormorò a bassa voce e in un attimo si ritrovò a ripetere quelle quattro parole quasi fossero un mantra, continuando a tastarsi le palpebre quasi potessero darle una risposta che lei non riusciva a trovare.

All'improvviso, Abigail percepì il freddo. Come un rampicante le si arrampicò addosso, arrotolandosi su braccia e gambe. Ben presto, corde invisibili e gelate le arrivarono al collo, imprigionandola del tutto.

«Aiuto!» chiamò, la voce un po' spezzata e roca.

Nessuna risposta, neanche un sussurro.

Provò una seconda volta e gonfiò i polmoni, prima di urlare: «Aiuto! Vi prego!»

Si chiese dove fosse finita e come fosse finita in quel luogo orribile e spaventoso. Provò a ricordare che cosa le fosse successo, sforzando ogni angolo della sua mente e implorando che i ricordi venissero a galla.

La morsa in cui il gelo la stava tenendo si fece più stretta, spremendo l'aria fuori dai polmoni. Il fastidioso bip aumentò la velocità e Abigail si ritrovò a stringere forte gli occhi.

Che stava succedendo?

Non aveva idea di quanto tempo fosse passato – forse pochi secondi, forse ore, giorni, anni –, ma tutto a un tratto la forza fredda e invisibile abbandonò il suo corpo e Abigail riprese a respirare a dovere. Il rumore incessante, quel bip che le aveva quasi fatto scoppiare la testa, era svanito nel nulla e adesso, una volta riaperti gli occhi, c'era una palla di luce che le fluttuava davanti.

Abigail allungò una mano per sfiorarla, ma quella si spostò.

Anche a costo di sembrare una pazza, Abigail domandò: «Dove sono?»

Con sua grande sorpresa, la palla di luce le rispose.

«Dovresti saperlo» disse.

Abigail sgranò gli occhi e fece un saltò indietro. La voce che le aveva appena parlato era quella di Lisa, sua figlia.

«Lisa, tesoro!» esclamò.

«Non sono lei» replicò la palla di luce con vivacità. «Io sono semplicemente una replica, Abby. Il tuo cervello ha selezionato la voce di quella splendida bambina e... beh, eccomi qua!»

Il suo cervello? Selezionato?

La palla di luce sbuffò, proprio come faceva Lisa quando sua madre non capiva ciò che le stava dicendo. «Ancora non hai capito dove ti trovi?»

Abigail scosse il capo, ancora confusa.

«D'accordo» disse la palla di luce, sospirando. «Mentre ci lavori su, ti va di fare due passi? Basta che mi segui, e cerca di allontanare il rumore»

«Quale rumore?» le chiese Abigail, corrugando la fronte. «E dov'è mia figlia?»

La palla di luce sbuffò una seconda volta. «Lisa sta bene, di lei non ti devi preoccupare. Il rumore di cui parlo lo conosci bene, comunque. È quello che ti ha accolto qui, poco fa»

Come se l'avessero chiamato, il bip riprese e Abigail si coprì in fretta le orecchie con le mani. La palla di luce sembrò annuire, affermando silenziosamente che si stava riferendo proprio a quel suono. Questo si affievolì e Abigail seppe che le bastava pensare ad altro.

La sua attenzione si spostò quindi sul posto in cui la palla di luce la stava conducendo. A lei sembrava di camminare sul posto, eppure, in un paio di minuti, davanti a lei apparve un cancello automatico che si aprì cigolando.

Forse ci sono già stata qui, si disse, bagnandosi le labbra con la lingua.

Alti pini dagli aghi verdi costeggiavano un viale a lei familiare. Lo attraversò rimanendo dietro alla palla di luce, guardandosi intorno. Il cielo non esisteva in quel posto, ma sotto i suoi piedi la ghiaia scricchiolava.

«La riconosci quella casa laggiù?» le domandò la palla di luce.

Un raggio luminoso, simile a un braccio, si staccò dall'oggetto fluttuante e indicò una casa a due piani. Una metà del piano terra era fatta esclusivamente di vetro e Abigail, concentrandosi, riuscì a scorgere un albero di Natale. Il resto della casa era dipinta di un bianco così intenso che assomigliava a candida neve.

Abigail scavò nei suoi ricordi e sorrise, sentendo la nostalgia crescere ad ogni passo. «Certo che sì»

Aveva partecipato ad un gioco, quando ancora frequentava il liceo. Lo scopo era quello di passare un mese intero in compagnia di un amico in una casa che i Creatori – come si facevano chiamare loro – avevano affittato.

«C'era una ricompensa, per la coppia di amici che arrivava alla fine di Dicembre senza infrangere il regolamento» spiegò Abigail alla palla di luce. «Era un periodo in cui io e mamma avevamo bisogno di soldi e quindi le mie priorità erano partecipare e vincere»

«Noah, James e Maya avevano rifiutato la tua offerta, e l'unico che rimaneva era Alex» proseguì la palla di luce per lei.

Abigail non si sorprese affatto che l'oggetto luminoso era a conoscenza dei fatti.

In ogni caso, Alex aveva accettato immediatamente.

Il giorno in cui i Creatori li avevano chiamati, per comunicargli che erano stati selezionati per il gioco, Alex e Abigail avevano saltato scuola. Lui l'aveva portata all'Irresistible dove avevano bevuto cioccolata calda – quella buona e profumata che preparava Pit, il gestore del locale.

Dicembre era poi arrivato e con esso anche il momento di partire e iniziare il gioco. Abigail e Alex avevano condiviso molti momenti in quella casa, tra una lotta e l'altra, poi, si erano persino innamorati.

«Nevica» mormorò la palla di luce, e sebbene non avesse bocca, Abigail percepì l'ombra di un sorriso. «Proprio come allora»

Fiocchi soffici e bianchi stavano cadendo dal cielo inesistente. Quelli che le cadevano sul viso si squagliavano subito, mentre gli altri assumevano il colore del terreno. Abigail chiuse un istante gli occhi e quando li riaprì si ritrovò a trattenere il respiro: in un battito di ciglia, la neve aveva ricoperto ogni cosa.

«E' l'otto Dicembre» disse piano la palla di luce, e ancora una volta un raggio si staccò dal corpo rotondo e puntò verso la parete di vetro. «Siete in salotto: state decorando l'albero di Natale»

«Possiamo avvicinarci?» domandò Abigail, spaventata all'idea che i due liceali potessero vederla.

«Nessun problema!» squittì la palla di luce con la voce di Lisa. «Siamo invisibili per loro!»

Abigail e Alex erano intenti a tirare fuori palline e luci da scatoloni di carta. L'albero era già stato montato, messo in un angolo del salotto accanto alla parete di vetro. Ancora era spoglio, non diceva nulla, ma ben presto avrebbe assunto lo spirito natalizio di cui aveva bisogno.

La palla di luce passò attraverso la parete e si fermò alle spalle di Abigail e Alex. Si mosse avanti e indietro, piano, invitando l'Abigail ormai mamma ad entrare. Lei non si fece domande quando riuscì ad oltrepassare il vetro come un fantasma.

«Dunque, scegliamo un tema o facciamo a casaccio?» chiese Alex, studiando il filo di luci arrotolato che teneva fra le mani.

«A casaccio» risposero all'unisono l'Abigail mamma e la liceale. «Come viene, viene»

Alex annuì e prese a srotolare le luci. Provò tutti i fili che aveva tirato fuori dai cartoni, mentre Abigail-Liceale appendeva le palline sui rami dell'albero. Poi, insieme aggiunsero boa brillanti e colorati, luci e altre decorazioni – un angelo con un arpa tra le mani, un mini Babbo Natale che sorrideva e leggeva la lista dei buoni e dei cattivi, il puntale, una stella cometa intagliata nel legno.

Abigail-Mamma si accorse che, di tanto in tanto, lo sguardo di Alex si spostava su Abigail-Liceale. Sorrideva, arrossiva un poco, si schiariva la voce e poi tornava al lavoro.

D'un tratto, Abigail-Liceale e Alex scomparvero.

La palla di luce fluttuò verso le scale e le salì piano.

«Siete al piano di sopra adesso» disse.

Abigail corrugò la fronte e si chiese che cosa stessero facendo. Poi sentì un brivido correrle lungo la schiena, fuochi d'artificio e il cuore che emanava un calore immenso. Istintivamente si portò una mano alla bocca: fece scorrere il polpastrello dell'indice sulle labbra e le tornò alla mente il giorno in cui lei e Alex si erano baciati per la prima volta.

«Sei sempre stata tu, Abby»

Abigail riuscì a sentire il sussurro di Alex.

La scena mutò e davanti ai suoi occhi si formò un turbinio di colori.

«Saltiamo la vostra prima volta, che dici?» le chiese la palla di luce, e quelle che dovevano essere le sue guance si dipinsero di un rosa leggero.

«Con la voce che hai, è ovvio che non ti lascerò vedere quelle parti della nostra relazione... signorina» rispose Abigail, seria e divertita allo stesso tempo.

«Vorrei ricordarti che non sono tua figlia» ridacchiò la palla di luce.

«Ma la voce è la sua» insistette Abigail, sorridendole. «E dato che lei è troppo piccola per queste cose, lo sei anche tu»

La palla di luce sbuffò, ma subito scoppiò in una risata allegra da bambina. Sembrava che qualcuno stesse facendo il solletico a Lisa.

Finalmente, i colori assunsero una forma ben precisa. Una lunga strada, con palazzi alti su entrambi i piani e macchine parcheggiate accanto ai marciapiedi, si parò davanti a loro. Abigail riconobbe il luogo in cui si trovavano e, senza dire una parola, seguì la palla di luce verso lo stabile in cui attualmente vivevano Curtis e Julia.

Superarono il portone d'ingresso ed entrarono in ascensore. Il pianerottolo era poco illuminato, ospitava quattro porte marroni dalle quale proveniva un brusio indistinto. Abigail e la palla di luce ne oltrepassarono una come fantasmi e si ritrovarono nell'appartamento di Curtis e Julia – solo che lui non c'era.

«Perché siamo qui?» chiese Abigail.

«Andiamo in camera tua» rispose la sua fedele compagna e guida.

Sulle pareti dello stretto e corto corridoio erano appese foto incorniciate. In una c'era una piccola Abigail che sorrideva davanti ad una torta al cioccolato, coi lati della bocca sporchi – forse il suo terzo compleanno. In un'altra c'erano Abigail che andava sull'altalena e Curtis dietro di lei che la spingeva – una voce di bambina, lontana, un sussurro, disse: «Più in alto papà! Voglio andare più in alto!».

Abigail sorrise. Si fermò a guardare una foto di famiglia – lei, Julia e Curtis stavano facendo un pic-nic sulla riva di un lago –, ma la palla di luce la richiamò indicandole la sua stanza con un raggio luminoso.

Abigail fece un passo avanti, appoggiò una spalla allo stipite della porta e rimase ad osservare in silenzio una scena meravigliosa.

Lisa era nata da pochissimo, avrà avuto due o tre mesi al massimo. Stava dormendo sul suo letto con i pugni sopra la testa, un sorriso delicato e dolce dipinto in volto. Aveva l'aria serena, forse stava già sognando qualcosa di magico. La neo mamma la guardava con le lacrime agli occhi, in silenzio, ma anche le sue labbra erano piegate in un sorriso.

«E' una delle poche volte in cui non ho pensato a dove fosse finito Alex» ricordò Abigail. «Niente era importante, se non lei. Ci sono stati giorni in cui Maya mi veniva a trovare, o James, o Noah, e io non facevo che parlare solo di Lisa. Andavo avanti, incessantemente»

«Sei una brava mamma, Abby» mormorò la palla di luce. «E mi piacerebbe stare qui, ma dobbiamo fare alla svelta e tu devi ancora capire dove sei... e cosa ti è capitato»

Abigail annuì e si lasciò trascinare in un altro ricordo. Proprio come nel finale di Scrubs, quando JD rimane a fissare un telone sul quale vengono proiettate le sue fantasie future, davanti ad Abigail passarono una moltitudine di memorie passate.

Il giorno in cui Lisa disse la sua prima parola, o quello in cui finalmente mormorò un dolce "Ma-ma" specchiandosi negli occhi della madre. Quella volta in cui Curtis affermò di poter far mangiare a Lisa le verdure, e il momento in cui la piccola gliele risputava in faccia. La proposta di matrimonio di Curtis a Julia per il loro secondo matrimonio, con Lisa e Abigail che facevano una danza felice per il "Sì".

«Stop!» esclamò la palla di luce.

Abigail corrugò la fronte, poi le sue labbra si piegarono un sorriso. Si trovava ai piedi del letto della sua stanza, nella casa in cui lei e Lisa abitavano. Davanti ai suoi occhi c'era la sua copia e, accanto, Alex. Avevano appena fatto l'amore per la prima volta, dopo quattro anni.

Lei stava ancora dormendo, mentre Alex la studiava quasi lo stesse facendo per la prima volta. Sorrideva di continuo, passava dolcemente le dita sulle sue guance, o sulla punta del naso. Mormorava qualcosa di incomprensibile.

«Devo tornare da lui» disse improvvisamente Abigail. «Devo svegliarmi»

«Perché?» le chiese la palla di luce, affievolendosi piano.

«Perché io e Alex abbiamo appena cominciato a vivere la nostra vita insieme e io voglio vedere come va a finire» rispose solenne Abigail. «E voglio vedere Lisa crescere e...»

«Amelia?! Che ci fai qui?!»

La voce di Alex mi raggiunge in cucina, dove sto preparando la cena per me, Lisa e Alex. L'aria ha un sapore strano e capisco che qualcosa non quadra. Quindi mi pulisco le mani velocemente con un panno, che lascio sul tavolo mezzo apparecchiato, e raggiungo Alex.

Amelia mi saluta con un ghigno spaventoso. Ha i capelli arruffati, i jeans sono sporchi di fango qua e là e il trucco è sbavato. È strano che non si sia ancora sistemata, non è affatto da lei rimanere in queste condizioni.

E poi, che ci fa a casa mia? Alex ha chiuso definitivamente con lei, o no?

Subito mi do della stupida: è ovvio che hanno chiuso, perché dubitare?

«Alex che succede?» gli chiedo, avvicinandomi. Sembra spaventato, e un po' lo sono anch'io.

«Te lo dico io che succede!» esclama Amelia, piegando leggermente il capo e rifilandomi una delle sue occhiate assassine. «Sono venuta a riprendermi il mio uomo!»

«Il tuo uomo? Ma che stai dicendo, Amelia?» interviene Alex, mettendomi un braccio davanti per proteggermi da chissà che cosa. «Io e te non stiamo più ...»

Alex non fa in tempo a finire la frase, perché Amelia porta una mano dietro la schiena e tira fuori una pistola dai jeans. Senza neanche pensarci due volte, la punta contro di me e chiude un occhio per prendere bene la mira. Il mio cuore si ferma, un rivolo di sudore freddo mi scende lungo la spina dorsale e mi dico che è finita e che non ho neanche la possibilità scappare.

Mi do velocemente un'occhiata intorno e mi rendo conto che Lisa non è qui, poi tiro un sospiro di sollievo ricordandomi che è di sopra, in camera sua, a colorare e disegnare. E allora torno a guardare Amelia, che ancora se la ride.

Sta per premere il grilletto quando decide di cambiare bersaglio.

«Forse dovrei punire te, invece di lei» dice, mordendosi un labbro. «Per ciò che mi hai fatto»

«Ho semplicemente rotto il fidanzamento, Amelia» cerca di farla ragionare Alex, spingendomi dietro di lui. «Io e te non siamo fatti per stare insieme. Io non sono l'uomo per te, Amelia, e tu non sei la donna per me. Credimi quando ti dico che avremmo avuto un futuro orribile, se avessimo continuato questa relazione»

«Un futuro orribile, certo,» ride Amelia, e questa risata sembra fatta con la sostanza degli incubi stessi. «ma verde come il denaro!»

«E' solo questo che ti importa?!» urlo, cercando di non mostrarle quanto sono terrorizzata in questo momento.

«Sta! Zitta!»

Le parte un colpo dalla pistola che va a finire sulla spalla sinistra di Alex, facendolo cadere a terra. Lo raggiungo velocemente e cerco di bloccare l'emorragia con entrambe le mani, mentre lui stringe i denti per via del dolore. Una piccola pozza di sangue si crea sotto il suo corpo, bagnando maglietta e pavimento.

«Patetici!» esclama Amelia, e ancora non ha smesso di ridere.

«Credo che il proiettile sia uscito» mormoro io, concentrandomi su Alex. «Tu devi premere forte qui, mi hai capito? Io la mando via e chiamo i soccorsi»

Alex si tira su a sedere con fatica. «E' troppo pericoloso, Abby. In qualche modo dobbiamo farla calmare e ... »

Proprio come poco fa, Alex non riesce a portare a termine la frase.

Sento un dolore acuto alla schiena e l'aria sembra uscirmi dai polmoni. Spalanco gli occhi per la sorpresa e nello stesso momento cado addosso ad Alex; lui mi afferra e mi fa sdraiare sulle sue gambe. Per un breve secondo, alle sue spalle mi è parso di vedere Lisa, in pigiama e terrorizzata.

«Lisa ... » è la prima parola che mi esce di bocca. «Non lei ... Alex ...»

Lui gira il capo e incontra gli occhi di nostra figlia. Lo sento mentre le urla di correre a nascondersi e di non uscire fino a quando non sarà lui a venire a cercarla, e qualche istante dopo la sento andare via, piangendo.

«Credete che non la troverò?» ci dice Amelia.

D'un tratto mi sento più debole, stanca. È come se avessi appena fatto due turni di seguito al lavoro: ho bisogno di chiudere gli occhi, rilassarmi e dormire. Il freddo mi abbraccia, i suoni si fanno indistinti. Lontano, molto lontano, sento la sirena della polizia – o forse è l'ambulanza?

«Abby, no!» esclama Alex. «Non ti azzardare, capito?»

Sento qualcosa di caldo che mi sporca il viso, perché Alex mi ha messo una mano sulla guancia. È qualcosa di rosso, scuro, che odora di ferro.

È sangue mio o suo?

Poi altro caldo, limpido e salato.

Il primo pensiero che mi viene in mente è che questa è la prima volta che vedo Alex piangere.

«Non chiudere gli occhi!» mi urla lui.

«Non chiudere gli occhi!» lo imita Amelia, scoppiando anche lei a piangere. «Doveva essere tutto mio, Alex! Il modo in cui la guardi, i sorrisi, i baci, quella voglia di saltarle addosso... tutto mio! E adesso, adesso ... tu la perderai! E non appena avrò trovato quella schifosa di vostra figlia... !»

«Alex ... » con le ultime forze che mi rimangono lo chiamo e lui sposta lo sguardo su di me. «Devi ... proteggerla ... capito?»

Alex annuisce e io sorrido, perché so che Lisa è in buone mani.

«Ti amo»

E poi il buio.

°*°

Un po' di Shane che non fa mai male

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