Pit-stop

By Hitbreath

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Tutto cominciò nella primavera del 2099. Samuele era un normale diciassettenne che abitava in un piccolo sobb... More

Prologo
1. La matematica
2. Tempo contro tempo
3. Scherzi
4. Aria fresca di cambiamenti
5. La figura
6. Sogni ad occhi aperti
7. Un alleato inconsapevole
8. Storia di un triste passato
9. Un incontro magico
10. Rosso penetrante
11. "Avrai successo"
12. Segreti
13. Rivelazioni
14. Il piano
16. Un periodo difficile

15. Un nuovo mondo

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By Hitbreath

Alessandro poggiò il piede sul primo scalino.
«Sei sicuro che sia una buona idea?».
Nonostante fossi ancora convinto che quella dimensione fosse una completa invenzione, il mio battito accelerò.
«Cosa vorresti fare? Tornare indietro?» disse il mio amico.
La domanda era retorica perché sapeva che tutti e due volevamo andare fino in fondo a quel mistero.
Non avevo scelta.
Così avanzai verso la scaletta, mantenendo lo sguardo fisso sul mio amico, che continuava a salire; fino a quando non arrivò con la testa al soffitto. Appena riuscii a sporgermi dalla scala, notai una botola sul soffitto che si confondeva con l'oscurità. Alessandro si voltò verso di me e io gli feci un cenno col capo. -Possiamo farcela-.
Nel momento in cui il mio amico sollevò la botola, una leggera folata di vento freddo fuoriuscì dallo spiraglio. La botola era molto pesante, infatti Alessandro dovette impiegare tutta la sua forza per aprirla.
Cominciai ad intravedere una luce blu, intensa, ma nient'altro, perché il mio amico rimase fermo sulle scale, -Non è un buon segno.- riflettei.
«Ale, tutto bene?». Lo vidi salire di uno scalino per sporgere la testa fuori, ma non mi rispose. Allora ritentai: «Cosa vedi? Siamo sempre sulla...Terra, vero?». Ancora silenzio.
Non riuscivo a vedere nulla da quella posizione e il suo silenzio era preoccupante. Allora gli afferrai una gamba e la strattonai.
«Bro! Cosa vedi? Almeno esci e fammi salire.»
Finalmente mi rispose: «Devi vedere.» e con un balzo uscì.
Non appena abbandonai l'ultimo scalino scoprii un luogo magico.

«Wow.» riuscii solo a dire. Ero strabiliato dal paesaggio dinanzi a me.
Ci trovavamo nel bel mezzo di una foresta immersa in una magica oscurità; il buio era di un blu intenso, la luce della luna filtrava dalle chiome degli alberi in fasci color cobalto, che aiutarono la mia vista ad adattarsi al buio. Gli alberi erano rigogliosi e verdi, quelli da frutto erano adornati da un ordinato manto di fiori, il fusto era largo e le radici erano invisibili sotto terra. L'erba ricopriva qualunque cosa e la terra sembrava non esistere.
Tutto era talmente perfetto che doveva trattarsi di un'opera magica.
Incantato com'ero, dimenticai di respirare. Al primo soffio mi accorsi che l'aria era immobile e ripresi coscienza del mio corpo.
Senza essermene reso conto, mi ero appoggiato a qualcosa. Voltai lo sguardo e notai un'imponente statua di marmo. Era la stessa statua del PIT: tre angeli che calpestavano il diavolo; ma non era l'unica. Altrettante statue erano posizionate in cerchio, tutte identiche e, come il paesaggio, dovevano essere frutto di un incantesimo.
«Sono gli altri portali...» intuì il mio amico, «costruiti dai seguaci dello stregone.» conclusi.
Ero disorientato, ma riuscivo ancora a formulare una frase.
«Credi che siamo veramente nell'altra dimensione?» chiesi, anche se la domanda appariva retorica.
«Secondo te?» disse lui, tenendo lo sguardo fisso sul cerchio di statue.
«Avrei due ipotesi: o stiamo sognando o non ho idea di come sia possibile tutto questo.»
«Direi proprio la seconda» concluse.
Aveva ragione: non avevamo idea di dove ci trovassimo, anche se in realtà lo sapevamo benissimo. Come ci aveva spiegato la nonna quello doveva essere un luogo dove risiedevano delle anime malvagie, ma più che oscuro sembrava un sogno.
Nonostante le statue fossero tutte uguali e posizionate in cerchio, rivolte verso il visitatore, sembravano voler tranquillizzare: "Non temere, ci siamo noi qui a proteggerti.".
Alessandro, invece mi parve nervoso.
«Dove sono le creature che dovrebbero vivere qui?» chiese con la voce un po' tremolante e girandosi in diverse direzioni.
«Io ringrazierei di non averle ancora incontrate. Pensa a quello che potrebbero farci.» gli ricordai, senza comprendere bene la sua domanda.
Al che, nel silenzio, udii il rumore di acqua che scorreva. Voltatomi in quella direzione, percepii un brivido di paura, che da quando ero arrivato lì non mi aveva abbandonato.
Un leggero venticello cominciò ad alzarsi e della foschia cominciò a coprirmi la vista. Questa aumentò sempre di più e la cosa mi intimorì; anche perché Alessandro non mi diede più segno di vita. Perciò mi voltai verso di lui che era a pochi passi da me, ma la nebbia era ormai talmente fitta da non farmi più vedere niente neppure nelle vicinanze.
«Ale, dove sei?» chiesi spaventato.
«Sono qui dov'ero prima.»
«Vedo che ti sei finalmente reso conto della nebbia!» disse sarcastico e spaventato allo stesso tempo. Non era positivo che anche lui fosse spaventato, non lo avevo ancora sentito così, e questo mi provocò ancora più timore.
«Guarda che fino a due secondi fa non c'era niente.» gli feci osservare.
«Allora com'è possibile che io la veda già da un bel po'?»
Mentre lui parlava, avanzai nella nebbia e lo ritrovai.
«La cosa migliore è andarsene.» suggerii, prima che qualche creatura arrivasse veramente e ci azzannasse senza preavviso.
«Ma come facciamo con tutto questo? Non ci siamo nemmeno mossi e già ci ritiriamo?»
«Il nostro compito era quello di scoprire se veramente questa dimensione esiste e l'abbiamo concluso.». Non mi piaceva affatto la situazione in cui ci eravamo cacciati e dato che ci trovavamo di fianco alla botola non vedevo l'ora di svignarmela.
«Secondo te, tua nonna ci ha fatti venire qui solo per scoprire una cosa che lei sapeva già. Andiamo amico, ragiona!»
«Tua nonna ci ha fatti venire qui per mostrarci ben di più e farci credere alle sue parole.» «Quindi dobbiamo farci coraggio e scoprire più cose possibili».
Come dargli torto, aveva sempre ragione.
«Ad esempio, questa nebbia sarà arrivata per un motivo.» cominciò Alessandro.
«Magari la usano le creature per cacciare» ipotizzai sarcastico.
«Potrebbe...Allora se fossimo già una preda, non dovremmo rimanere fermi, altrimenti verremo assaliti in un batter d'occhio. Cominciamo a muoverci da qualche parte». Mi prese la mano e cominciammo a camminare velocemente in una direzione completamente casuale.
Quell'audacia mi sorprese; ma poi ricordai una sua frase: -Voglio esserti d'aiuto. Ho notato fin da subito che sei molto pauroso e non volevo farti stare ancora peggio...-. Non voleva mostrarsi troppo spaventato, però dentro, probabilmente, ribolliva d'ansia.
Volevo essergli debitore in un qualche modo e alla fine mi venne in mente una cosa: «Aspetta! Quando ho cominciato a vedere la prima nebbia, ho sentito il rumore dell'acqua scorrere, probabilmente era un fiume, ma non l'ho visto.»
«Anch'io!» si sorprese.
«Magari in qualche modo c'entra. Proviamo a seguire il rumore.» consigliai.
Infatti, dopo essere rimasti immobili per qualche istante, udimmo di nuovo quel rumore. Lo seguimmo fino a quando la nebbia cominciò a diradarsi e il suono si fece più forte. Ancora pochi passi e ci trovammo presso la riva di un piccolo fiume. La nebbia fortunatamente si era dissolta.
«Ti devo fare i complimenti, Samu» guardammo soddisfatti il fiume.
Ce la potevamo fare anche se eravamo semplicemente in due.
-Ma ora?-.
Arrivò in soccorso il mio sesto senso:"Il fiume di solito nasce da una montagna e finisce in mare.".
«Samu, l'hai vista anche tu una sagoma scura in lontananza?» chiese con voce rotta, mentre riflettevo col mio sesto senso.
«No. Dove precisamente?»
«Dietro all'albero vicino a quel cespuglio.» disse indicandolo.
Fece per andare a controllare, ma l'idea di rimanere lì da solo non mi piacque affatto e lo seguii.
«Ma non c'è niente qui.» constatai una volta arrivati.
«Scusami, a volte l'ansia fa brutti scherzi.»
«Capita, tranquillo. Anche se poteva trattarsi veramente di qualcosa», gli feci osservare preoccupato.
Per cambiare argomento gli proposi la mia idea di procedere lungo le sponde del fiume e così proseguimmo la nostra esplorazione.

Camminando, discutevamo sul luogo in cui eravamo stati catapultati.
Se non avessimo più ritrovato la via del ritorno? Alessandro suppose che la nebbia si sarebbe diradata e, dopo aver ripercorso la strada del fiume, avremmo ritrovato con facilità il cerchio delle statue.
Un'altra mia preoccupazione erano i miei genitori. Se al risveglio non mi avessero più visto, che cosa avrebbero pensato? Fu in quel momento che chiesi l'ora al mio amico, dato che l'unica fonte tecnologica di cui disponevamo era il suo orologio.
I cellulari, invece, ci furono proibiti dalla nonna:-Emanano radiazioni e in questo modo attirerete subito le creature, non avreste via di scampo.- -Come fanno delle creature ad essere attirate dalle onde?- pensai, ma le non espressi il mio dubbio.
«Bro, c'è qualcosa che non va.» disse Ale.
«Il mio orologio segna ancora le due e venti.»
«Non può esser passato così poco tempo da quando siamo entrati nel Parco.» osservai e il mio amico fu dello stesso parere.
«Aspetta.» e mi fece notare che l'orologio era bloccato. «Ho messo le pile nuove apposta prima di partire da casa.». Tuttavia il mistero rimase irrisolto per il momento. E proseguimmo il tragitto lungo la sponda del fiume.

Non avevo idea di quanto tempo fosse passato da quando eravamo arrivati in quella magica dimensione, ma la notte persisteva e le forze nelle gambe iniziarono ad abbandonarmi. Sembrava che la strada fosse più in salita di prima, ma non si scorgeva nient'altro che alberi e cespugli; la cosa positiva però era che, fino a quel momento, non avevamo incontrato nessuna creatura.
Regnava un silenzio pesante, perché avevamo esaurito gli argomenti. Alessandro sembrava stanco quanto me, se non di più. Teneva lo sguardo fisso verso terra per non inciampare tra sassolini o rami e aveva cominciato ad ipotizzare quanta strada ci mancasse.
Se non che, finalmente, scorsi in lontananza qualcosa di diverso dalla solita vegetazione.
Cominciammo a correre, pieni di speranza. «Ci siamo!» esclamò Alessandro fiducioso.
La vista non mi ingannò. Giunti lì, non credetti ai miei occhi. Avevamo compiuto molta più salita di quanto credetti e ci ritrovammo un paesaggio notturno mozzafiato.
Eravamo su un altopiano che, insieme a tante altre colline, circondava un enorme lago. La sua acqua era blu e cristallina, su cui il verde e le montagne si riflettevano; ma né il suo riflesso nè la luna stessa erano visibili. Per capire dove ci trovassimo, ci voltammo verso il luogo da cui eravamo arrivati, e scoprimmo un'infinita distesa di alberi. Sopra a questi era poggiato un sottile manto di nebbia color blu cobalto che avevo scambiato, all'interno della foresta, per la luce della luna.
Questo non mi preoccupò granché: se ci trovavamo in una dimensione paranormale doveva pur esserci qualcosa di insolito. Espressi il mio pensiero ad Ale, che però mi fece notare anche dell'altro:«Ho una strana impressione...» disse.
«Come fa in un mondo del genere a regnare qualcosa di malvagio? Insomma, a parte la nebbia, è tutto così bello, armonioso e tranquillo da sembrare un paradiso, non un luogo per anime malvagie, di cui, per di più, non abbiamo nemmeno percepito la presenza.» fece una breve pausa e arrivò a due conclusioni: «A parer mio, abbiamo due possibilità: o tua nonna ci ha riempito di balle e l'unica cosa vera è che ci troviamo in un mondo parallelo, ma completamente diverso da quello che ci ha raccontato; o stiamo avendo una visione, il che potrebbe essere molto plausibile, perché si chiarirebbe la fitta nebbia, arrivata all'improvviso, e la luna.».
Osservai la natura intorno a me e un pensiero si fece spazio nella mia mente: -Sto davvero sognando?-.
Entrai in confusione, che si trasformò in disperazione. A chi dovevo credere? A mia nonna o ad Alessandro?
Forse mi trovavo veramente in un sogno. Forse non avevo finto di addormentarmi per poi trovarmi con Alessandro al PIT e mettere in atto il piano, ed ero sprofondato in un lungo sonno. D'altronde non sarebbe stata la prima volta che mi accadeva. E poi troppe cose rimandavano ad un sogno, come semplicemente l'orologio fermo. Poi mi tornò in mente, con la potenza di un fulmine, Angela.
Stava male, questo non lo potevo mettere in dubbio; ma quello che mi aveva raccontato l'ultima volta che l'avevo vista, poteva essere vero? Anche quella voce cupa e mostruosa che compariva in sua presenza era uno scherzo?
Credevo finalmente di aver trovato una strada, e avevo pregato, ad ogni pezzo che aggiungevo, che fosse la pista giusta da seguire, ma tutto ricominciò a frantumarsi.
"No!" tuonò il mio sesto senso.
«Come no? Non ci capisco più niente.» sussurrai senza farmi sentire dal mio amico; ma non ebbi una risposta. Fui spaventato da un fruscio tra l'erba e i cespugli, il mio amico, però, sembrò non accorgersene. Mantenni lo sguardo immobile nel punto da cui era provenuto il suono, ma dopo molti istanti, tutto era tornato immobile come poco prima.
Ritornai ai miei pensieri: l'espressione allo stesso tempo dolce e triste di Angela non faceva che aumentare la mia disperazione.
Quello lo stavo facendo per lei. Mi trovavo lì per lei. Se la nonna sapeva di Angela, come poteva avermi mentito su tutto il resto? Solo per farmi stare ancora più male? Mi pareva irragionevole, ma non impossibile.
«Picchiami.» dissi infine.
Il mio amico fu preso alla sprovvista e sbarrò gli occhi.
Se il luogo in cui mi trovavo era reale, non sarebbe bastato uno schiaffo per comprenderlo.
«Picchiami.» gli ripetei più insistente.
«Ma fra... basterebbe uno schiaffo». Era proprio quello che non volevo.
«Tu fallo, ti prego». Capì che non scherzavo e si azzuffò contro di me.
Mi strattonò e mi fece cadere a terra. Provai un dolore atroce in tutto il corpo, ma non risposi. Allora mi tirò diversi pugni in viso, ma appena cominciò a sanguinarmi il naso, si fermò. Specialmente in viso, mi sentii invadere da un calore tale da farmi quasi scoppiare la testa. Nonostante ciò, fui soddisfatto e potei confermare che quella dimensione era reale.
Rimanevano diversi misteri da svelare, ma per il momento bastava, soprattutto perché non avevamo medicazioni con noi. Così ripercorremmo la via dell'andata a ritroso e ritornammo al nostro mondo quando ancora le case erano avvolte nell'oscurità della notte.

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