Middle Ground Chronicles - SE...

By alesstar

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✨VOLUME 1 - Saga del Middle Ground - autoconclusivo -- -- Chi sarebbe tanto sprovveduto da preferire a una n... More

ambientazione, personaggi e storyline
1 . Tu chi sei?
2 - Sensi di colpa
3 - So cosa fare
4 - Un favore personale
6 - L'antidoto Rosa
7 - La barriera elettromagnetica
8 - La convocazione
9 - In trappola
10 - Potenza della mente
11 - Eldorado
12 - Evasione
13 - Vadis
14 - Scoperte
15 - A caccia
16 - Io ti conosco!
17 - Somnum Nunc!
18 - Codice infranto
19 - Strane usanze, strane conoscenze
20 - Nemici o amici?
21 - Una donna bellissima
22 - Lui viene con noi
23 - Una lite di coppia
24 - Ti rubo un bacio
25 - Verità sconcertanti (parte 1)
26 - Verità sconcertanti (parte 2)
27 - Maledetto figlio della fortuna
28 - Ti svelo un segreto
29 - Enigma
30 - Ragione o Sentimento
31 - Morire per lei
- RICAPITOLIAMO -
32 - Noi eravamo
33 - La Promessa
34 - Universi Sommersi
35 - La Caverna di Platone

5 - Binario 10

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By alesstar


Selina 16


-11 giorni al Middle Ground


Mi volto alle spalle ma solo il vento che s'infila tra i cunicoli mi tiene compagnia, il suo sibilo serpeggia funesto sulla mia corsa, ma nessuno mi sta seguendo. Con un respiro profondo mi rimetto in marcia e m'infilo nel terzo cunicolo, poi svolto a destra fino a una rampa di smontaggio. A un tratto mi trovo davanti a un bivio che presenta una strettoia. Il mio fisico filiforme riesce a passare con estrema difficoltà attraverso la fessura delle travi, se si fosse azionato il sensore di allarme sarei stata elettrizzata da una scarica antievasione e adesso non sarei qui a osservare con gratitudine il corridoio di rimessaggio delle merci. Cento metri e sarò nell'ultima galleria, quella che sbuca sotto alle rotaie. Emergerò sulla banchina e mi mimetizzerò con i deportati. È tutto calcolato, una passeggiata, non ho incontrato né anima viva e né IA, mi è andata bene. Ho scelto l'orario giusto, ho tenuto conto dei turni dei controllori, dei cambi di guardia, della scaletta degli arrivi dei camion che trasportano pezzi di ricambio provenienti dal settore del macchinario principale, ancora tre minuti e sarò in superficie. Ancora pochi passi e sarò libera. Ancora un... avverto uno spostamento d'aria alle mie spalle, c'è qualcuno dietro di me.

Rallento.

Ragiono: arrivato in un attimo, come un soffio di Vento.

Ho tenuto conto di ogni cosa, ma non è possibile prevedere lui.

Il mio cuore accelera mentre i miei passi si fermano. Respiro il suo odore inconfondibile di tabacco misto a spezie, il calore del suo corpo incombente.

La voce calda e bassa che ricordo bene mi parla: «Cosa stai combinando, Selina?»

Non mi tocca, non vuole catturarmi come una disertrice. Apprezzo il suo rispetto. Ma non ho intenzione di voltarmi e rivederlo.

«Selina?»

Sento il suo respiro spazientito.

Stavolta ripete il mio nome con autorità: «Selina».

Sussurro nel foulard: «Lasciami andare, Morgan, lo hai già fatto due anni fa, puoi farlo ancora.»

Esita un istante. Poi dice calmo: «Era diverso. E non stavi disertando. Non posso lasciarti andare.»

«Vuoi catturarmi?»

«Voglio evitarti il destinamento.»

Le mie spalle sobbalzano impercettibilmente, resisto all'impulso di voltarmi e ingoio il respiro che si moltiplica nel mio petto.

«Vieni con me, Selina. Diremo che ti sei consegnata spontaneamente e la disciplinare ne terrà conto. Sarai segnalata e multata ma sarai salva.»

Non trattengo un risolino rassegnato.

«Selina!»

«Hanno assegnato a te il mio recupero perché sanno che sei l'unico che può convincermi a...»

«Hanno assegnato a me il tuo recupero perché sono stato declassato. E non sei nella lista della mia giornata, il mio intervento non è registrato. Sembrerà una resa spontanea.»

Già. Non è neanche in missione e mi ha trovata in un attimo. Morgan, la mia tempesta. L'uomo che mi conosce meglio al mondo, l'unico che sa prevedere le mie mosse. Il solo che mi dirà la verità quando sarà il momento.

Trovo la forza di voltarmi e di mettere gli occhi nei suoi. Mi stravolge in un attimo vederlo, osservare ancora questo suo viso simmetrico e rude, la sua mascella serrata i suoi occhi taglienti, il suo corpo scultoreo e imponente.

«Perché sei a volto coperto?» domanda lui.

Pulso come una stupida quindicenne, per un attimo mi sciolgo davanti alla maestosità di quest'uomo granitico che ora mi fissa con una luce torbida nell'espressione. Un predatore gentile, dalle mani calde e forti che sanno sempre se colpire o sfiorare.

«Selina» insiste, «che sta succedendo? Da cosa stai scappando? Parla con me, io posso aiutarti...»

Vorrei dirgli la verità, spiegargli che non mi vedrà mai più, che se non riuscirò a raggiungere il binario entro cinque minuti, la mia sarà una condanna al Middle Ground, e ora non ho altra scelta che liberamene.

Perdonami.

Mi trema la voce mentre avvicino la bocca al suo orecchio, alzandomi sulla punta dei piedi, per sussurrare: «Sono due anni che sogno di procurarti un orgasmo.» Sferro il colpo.

Mentre barcolla ansimante sento la sua voce strappata che mi chiama: «Cosa... cosa mi hai fatto?» il suo corpo finisce a terra, cerca di alzarsi ma non ne ha la forza. Vorrei abbracciarlo, baciare il suo viso che adesso sta soffrendo per colpa mia, ma non posso, devo andare.

«Aspetta, torna indietro, strega!» sento dietro di me.

Ma sto correndo alla velocità del fulmine che ha appena spezzato il Vento.

#

Rives mi tallona tenendo il ritmo lungo il binario dieci, mentre finge di leggere da un tablet. «Cerca di nascondere la foto, mettici sopra il pollice. Inventa qualcosa. Non ti somiglia per niente...»

Senza voltarmi sposto gli occhi a destra e sussurro torva: «Ce l'avevi una mia foto, che ci hai messo?»

«Avevi quindici anni, in quella foto, Selina. Ora porti i capelli lunghi, sei più donna, ti si è sfinato il viso, i tuoi occhi sono...»

«Va bene, ho capito, non fare il fotografo pignolo. Il riconoscimento ha una durata di dieci anni. La foto che avevi andava benissimo.»

«Che ti prende, Selina?» dice a un tratto, mentre la marcia continua. «Non è da te dire una cosa così stupida...»

M'irrigidisco all'istante. Vorrei chiedere cosa ho detto di stupido, ma peggiorerei la situazione. Dopo altri passi verso il binario è lui a precisare: «Se devi dimostrare quarant'anni, quella foto è scaduta da dieci. Tu che sbagli i calcoli, questa è bella!» ridacchia.

Devo dimostrare quarant'anni. Malasorte. Su questo treno i giovani accusati di crimini o ammalati non vengono imbarcati. Qui sono tutti adulti.

Provo a rimediare: «Non hai ancora spiegato come mi hai invecchiata.»

«Che domande fai? Sono ufficialmente un grafico e ufficiosamente un falsario.»

Di male in peggio.

«Lo so» aggiusto il tiro, «intendo come. Non con cosa.»

«Qualche ruga, qualche capello bianco, il solito.»

Raggiungiamo la zona imbarchi sulla banchina dieci. La ressa è utile per mimetizzarmi, mi rendo conto che Urano 2 ha scelto per me questo binario perché è il più affollato. Qui i deportati provengono dai campi, dalle serre, sono specializzati in studi agricoli, per lo più studiosi sismologi e agricoltori. Per loro Ingranaggio è una costola di Pangea, un modo diverso per continuare lo stesso percorso di lavoro. Non la vedono come una condanna. Alle partenze da sempre si piange per un'altra ragione: la separazione. Sapere che rivedrai le persone che hai imparato ad amare chissà tra quanti anni è doloroso, a volte insopportabile. Ma ci si fa l'abitudine. Al binario Uno, il nostro, quello che appartiene agli scienziati designati, ho accompagnato più di un amico o un'amica ed è stato sempre un po' triste.

La mano di Rives afferra la mia e ci infila il tesserino magnetico. Lo stringo. Poi uno spostamento d'aria scosta la mia veste.

«Buona fortuna, Selina. Ricorda, adesso sei Runa 9.»

Le sue spalle mi superano e filano via rapidamente inghiottite dalla folla, consegnandomi a questa fila di deportati che si spintonano, si muovono scomposti, tremano e si lamentano.

Runa 9. Devo tenerlo a mente. Tenerlo a mente.

Mantengo un contegno, cammino rapida e fingo sicurezza. Improvviso come un lampo ingaggio due occhi che mi scrutano nella folla, e giurerei di averli riconosciuti: il ragazzo dell'infermeria! È lui, ne sono sicura. Non so come faccia a conoscere il mio nome e non capisco perché mi stia seguendo, potrei segnalare ai controllori della banchina che c'è un Reminiscente disertore tra i deportati, ma se lo facessi scoprirebbero che anche io sono un'evasa. Non mi resta che confondermi nella calca. Abbasso la testa e resto dietro sagome alte e robuste che coprono per intero il mio corpo. Il ragazzo non sembra preoccupato di essere intercettato dalle IA lungo il binario, marcia rapido verso di me con assoluta spavalderia e non mi perde d'occhio. Devo riuscire a seminarlo. Spingo, scatto a destra, poi a sinistra, non chiedo scusa. Mi volto alle spalle, e non riesco più a vederlo, forse sono salva. Qualcuno mi urta e mi sbilancio. Un braccio imprigiona i miei fianchi e impedisce che scivoli a terra. Non può trattarsi del Reminiscente, la muscolatura è molto sviluppata, e mentre il cuore mi arriva in gola all'idea che si tratti di Morgan, una voce sconosciuta, più profonda, dice: «Perdonami, non ti avevo vista.» Il braccio molla la presa e la sua mano mi arriva davanti. «Piacere, sono Athor 12», aspetta che la stringa.

Alzo il viso coperto dal foulard e studio quest'uomo: prestante, agile... utile. Oltre la sua spalla i miei occhi guizzano intorno, e del ragazzo o di Morgan non c'è traccia.

Forzo un sorriso e uso un tono grave per rendere più adulta la mia voce: «Molto piacere, io sono...» prendo un respiro, poi due, poi ricordo, «Runa. Runa 9.»

Il suo sorriso gentile si spegne di colpo. Ora mi osserva con la fronte corrugata.

«Accidenti, Runa! Quanto tempo è passato dall'ultima volta? Credevo fossi ancora in serra.»

«Cosa?»

Il fischio del treno annuncia la partenza imminente, e il drone lancia il segnale: prendere posto, prendere posto. Due minuti alla partenza. Due minuti alla partenza.

«Facciamo presto» dice lui, agguantando il mio braccio per spingermi a raggiungere le porte. «Chi resta indietro viene elettrizzato, una scossa dolorosissima.» Marciamo rapidi, e sono quasi sospinta dai suoi gesti di sollecito. «Resta vicino a me. Non ti accadrà nulla.»

Non so perché quest'uomo si sia messo in testa di proteggermi, ma devo dire che ne avrò bisogno poiché non ho seguito i corsi pre-partenza e non ho idea di cosa mi aspetti. Ma di Runa 9 non so davvero nulla, devo augurarmi che non faccia domande. Cerco di ragionare sulle sue parole: dovrebbe essere in serra. Spero di sbagliarmi, perché se la mia nuova identità è destinata alle Serre, allora...

«Muoviamoci. Svelta.»

Ci infiliamo nel vagone, sballottati dalla calca che raggiunge rapidamente gli scomparti per guadagnare un posto a sedere. Io preferisco restare nel corridoio, in piedi, a fissare oltre il vetro questa ressa e la mia vita che si dissolve, ma Athor non me lo permette. «Che stai facendo?» mi spinge.

Per un momento scorgo la figura del Reminiscente ferma sulla banchina e guardare da questa parte. Non si è imbarcato. Chi sei? Mi domando, come mai nessuno fa caso a te?

«Vuoi farti arrestare? Muoviti» insiste Athor.

A quanto pare, non è permesso stazionare sullo snodo. Ricevuto. Lo seguo senza più esitare. Athor spalanca la porta scorrevole di una cabina, e mi invita a entrare. Non c'è nessun altro qui dentro. Mi irrigidisco. Osservo i divanetti, il tavolino piazzato in mezzo, lo scomparto per i bagagli.

«Entri o no?» dice dietro di me, «Non posso sostare sulla soglia, sta arrivando il controllore.»

In un sospiro rassegnato mi faccio avanti e lui sigilla la porta e solleva le braccia per sistemare il suo bagaglio nel vano alloggiato sopra le nostre teste, con movimenti rapidi e sicuri.

«Tu non hai paura?» domando. «Non sembri preoccupato di arrivare a Ingranaggio.»

Senza guardarmi, spinge in fondo uno zaino e dice: «Lì c'è la mia compagna che mi aspetta. Non potrei essere più felice.»

Le mie spalle, tenute in tensione finora, si rilassano all'istante. Non è pericoloso, è un compagno.

Si volta verso di me e indica il sacco che porto ancora sulla schiena: «Vuoi darlo a me? Ti aiuto?»

«No, grazie. Lo tengo.»

Raggelo all'idea di non aver camuffato il tono della mia voce.

Mormora perplesso: «Lo sai che non puoi tenerlo, è la prima regola del manuale, devi caricarlo. Prima che arrivi il controllore.» Ora i suoi occhi calano sul simbolo Crescenti cucito sulla tasca frontale del mio zaino, maledizione ho dimenticato di coprirlo.

Mi osserva con sempre maggiore diffidenza, ha capito che in me c'è qualcosa di strano: sono a viso coperto, ho due voci e non so niente delle regole che i deportati hanno l'obbligo di studiare un mese prima della partenza designata. In altre parole, Athor 12 deve aver fiutato che ha davanti una disertrice. Se mi denuncia guadagna un bonus. Se mi aiuta rischia il destinamento. Ha una compagna che lo aspetta e non potrebbe essere più felice. Ergo: sta aspettando di denunciarmi e mi intrattiene con gentilezza. Devo lasciare immediatamente questa cabina, prima che il controllore ci chieda i documenti.

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