Just wanna smash his face

By nagasakimako

38K 1.8K 745

[Sukuna x femReader] [no powers universe] [SMUT] Y/N è una ragazza che si è costruita da sola, a fatica, aff... More

1. L'aereo
2. Fratelli e sorelle
3. Passato, presente, futuro
4. Chi diavolo sei?
5. Demoni
6. Lungo la strada
7. Cuore a mille
8. Home theatre
9. Il tempio
10. In periferia
11. Porte
12. La Cena
13. Pronto Soccorso
14. Ad un filo
15. Gran bella cazzata
16. Tagliata di manzo al sangue
17. L'Arasaka
18. Walk of shame
19. L'Afterlife
20. L'Afterlife (pt. 2)
21. La quiete
22. Tiopentone
23. Ossigeno
24. Messaggi
25. Voglio solo spaccargli la faccia
26. Comunicazioni di servizio
27. Neve
28. Ryokan
29. Onsen
30. Cicatrici
31. Il Padiglione del Vuoto
32. Mei Mei
33. Doppia coppia
34. Caos calmo
35. Risposte
36. Honda Fireblade
37. Cuori infranti
38. Hanabi
39. Parola salvezza
40. Dominio pubblico
41. Chiavi del bagno
42. Maki Zenin
43. Chiavi dell'auto
44. Uraume
45. Furibonda
47. Boss finale
48. Piccolo fiore di pruno inondato dalla luce notturna di mezzanotte
49. Niente come previsto
50. Promesse
51. Shibari

46. Ritocchi

523 29 36
By nagasakimako

NdA

Che è sta novità che pubblico in tempo?
Wow, vero?

Mako

PS: quanto adoro leggere i commenti ai capitoli, e seguire i vostri scleri dalle dieci all'una di notte?  Quanto è divertente?
claramorrow sto parlando di te ovviamente

_______________________________________________________


"Eh, no. Non puoi fare il camper del cazzo, dai".
Yuji sbuffò, tentando di ignorare le critiche dell'amica, ma la sua testardaggine lo obbligò a risponderle. Mise un attimo in pausa il gioco, e si girò verso di lei.
"Non sto camperando" rettificò "è una missione stealth. È una cosa diversa".
Y/N roteò gli occhi, rotolandosi sul letto a pancia in su. "Svegliami, quando le cose si fanno interessanti".
Lo sentì borbottare e riavviare la campagna. Sorrise.
Era davvero tanto tempo che non si prendevano una giornata per stare insieme, loro due. Senza fratelli, fidanzate... O partner, come avrebbe detto Sukuna: senza nessun altro, solo loro, a rilassarsi.
E la cosa che li rilassava di più, ancora da quando erano ragazzini, era giocare ai videogiochi - o meglio: Yuji ammazzava nel modo più truce possibile qualsiasi nemico gli si parasse davanti, e Y/N lo guardava. Come una diretta su Twitch, ma solo per lei.
Come questa cosa riuscisse a scacciare lo stress, era un mistero; eppure funzionava: riusciva a svuotare la testa ad entrambi.
Quel pomeriggio, però, le missioni sembravano particolarmente noiose. Si era deciso a livellare il personaggio seguendo degli incarichi secondari prima di ammazzare il boss finale, e lei si stava iniziando ad annoiare.
Allungò la mano e cercò il telefono sul copriletto. Sbloccò i tasti, sapendo già a chi avrebbe scritto.



La notifica trillò immediatamente nella tasca dell'uomo. Uraume gli lanciò un'occhiata severa.
"Fa meglio a rispondere" lo sgridò. "Gli altri non saranno qui prima di stasera".
"Grazie, mamma" lo canzonò l'altro, sfilando lo smartphone dalla giacca.
Era ovviamente lei. Chi altro poteva essere?
Finalmente aveva preso un po' di coraggio e si era decisa a farsi sentire. Ogni tanto piaceva anche a lui sentirsi ricercato.

"Hey
Che fai di bello?"

Sukuna sorrise. Lei e la sua pessima abitudine di spezzare ogni frase in due o tre messaggi per volta.

"Sono in palestra"

La bugia si scrisse quasi da sola. Dopotutto, spiegare cosa stesse veramente facendo sarebbe stato troppo impegnativo; era una bugia bianca, per così dire. Sospirò.

"Ci sentiamo dopo, ok?" si affrettò ad aggiungere, ponendo fine alla conversazione. Bloccò i tasti e ficcò di nuovo il telefono in tasca, lontano dagli occhi. Come se volesse impedire a Y/N di vederlo in quel momento.

Si voltò per cambiare la stazione dell'autoradio, e con la coda dell'occhio notò lo sguardo del suo assistente. Inspirò profondamente prima di parlare.
"Cosa c'è, Ume?"

Una delle cose che preferiva di Uraume era la sua completa capacità di mascherare ogni emozione. Nessuno sapeva mai cosa gli passasse per la testa, cosa stesse provando, come si sentisse. Era un androide di cromo e metallo, impenetrabile, indecifrabile.
Nessuno lo capiva, tranne ovviamente lui.
Per Sukuna, Ume era come un libro aperto. Qualsiasi suo gesto, qualsiasi espressione assumesse tradivano perfettamente ogni suo stato d'animo. Giocherellava con la matita? Era agitato, o stava morendo dalla voglia di dire qualcosa. Lo sguardo si perdeva nel vuoto? Stava tentando di ragionare e capire i comportamenti degli altri. Si leccava le labbra, un guizzo momentaneo della lingua che spariva di nuovo in bocca pochi istanti dopo? Segno di estrema concentrazione.
In quel momento particolare, la piccola ruga sulla guancia significava che aveva storto la bocca. E quindi, qualcosa non gli andava.
Uraume non si chiedeva come facesse a indovinare sempre come si sentisse. Considerava Sukuna il suo capo, il suo migliore amico, il suo tutto: era ovvio che lo conoscesse così bene. Per questo motivo, scrollò le spalle e si limitò a rispondere.
"La ragazza sa cosa dobbiamo fare stasera?"
Sukuna aggrottò le sopracciglia. Da quando quei due facevano comunella? La cosa stava diventando parecchio pericolosa.
"Sai già la risposta. Perché me lo chiedi?"
L'altro non rispose. Sembrava stesse cercando le parole giuste, e come al solito Sukuna gli lasciò il tempo necessario.
"Speravo gliel'avesse detto" commentò, abbassando lo sguardo.
L'uomo sbuffò. Si accese una sigaretta senza nemmeno prendersi la briga di abbassare il finestrino. Si stava incazzando, e non andava bene.
"Non vedo perché avrei dovuto parlarne con lei" rispose. "E comunque, è la prima volta che ti vedo preoccupato così tanto per qualcuno. C'è qualcosa che devi dirmi?"
L'assistente aggrottò le sopracciglia. "Non ho capito. Cosa devo dire?"
"Aaaah! È un modo di dire, cazzo". si strofinò una mano sulla faccia. "Perché ti preoccupi tanto per lei?"
Fu il turno di Uraume di giocare d'ironia. "Sa già la risposta. Perché me lo chiede?"

Genuinamente Sukuna non si aspettava una risposta del genere. Si voltò verso di lui, stupito; ma quando lo vide irrigidire le spalle, probabilmente temendo un altro schiaffo, sentì un tremendo peso al cuore che non provava da anni.
Ogni problema passò in secondo piano. Fece per allungare una mano, ma la bloccò a mezz'aria: sapeva quanto odiava essere toccato.
"Ti prego" mormorò. Da quanto tempo non pregava qualcuno? Ma per lui era disposto a fare di tutto. Anche supplicare?
"Lasciamelo fare. L'ultima volta che ti ho toccato... Non voglio che rimani con quel ricordo".
Vide chiaramente il lampo di spavento comparire negli occhi del suo amico. Glielo si leggeva in faccia: stava combattendo una tremenda lotta interna fra il disagio e il terrore di non accontentare il suo Sukuna.
Aspettò quasi un minuto, prima di vederlo annuire incerto. Avvicinò piano il palmo alla sua nuca, e gli accarezzò la spalla.
"Sono solo un po' teso" cercò di giustificarsi. Avrebbe chiesto scusa, se fosse stato capace.
Ma la fronte di Ume era tornata di nuovo alla normalità: la piccola rughetta fra le sopracciglia era sparita, e aveva alzato il mento verso l'alto. Era molto contento.
Come al solito, fra loro non c'era bisogno di tante parole.



Anche Gojo Satoru era una persona difficile da decifrare.
Per lavoro era obbligato a mascherare le proprie emozioni per mentire e crearne di nuove, a seconda del copione. Aveva adattato la sua personalità a decine di personaggi differenti, tanto da arrivare al punto di non capire più quale fosse veramente la sua originaria - non che la cosa gli importasse, in fondo; essere fedele a se stesso era qualcosa a cui aveva rinunciato tanti anni prima.

Al contrario, Geto Suguru era l'uomo più facile da comprendere del mondo intero.
Ce ne volevano, di persone così: quando era triste, sembrava triste; quando era felice, sembrava felice. Chiaro, semplice, lineare.
Per quel motivo, il suo ragazzo aveva capito benissimo che qualcosa non andava.
Certo, anche senza quell'espressione corrucciata Satoru avrebbe capito benissimo il suo stato d'animo: il bruciore di stomaco, la mano fissa davanti alla bocca, lo sguardo perso verso il basso significavano solo guai in vista.

Avevano appena finito di fare sesso, che Geto si era già alzato dal letto. Altro segno inconfutabile che qualcosa non andava; Gojo si drizzò a sedere, e si sistemò la fascia intorno al ciuffo.
"Se non mi dici cosa ti preoccupa ti lancio dal balcone" sentenziò, senza guardarlo in faccia. "Non sopporterei di diventare vedovo ancora prima di sposarmi".
Geto si pietrificò, un brivido gelido lungo la schiena nuda. Tentò di dissimulare un filo di buonumore.
"Wow, una proposta di matrimonio? Devo aspettarmi l'anello...?" scherzò. Il silenzio che ne seguì non fece altro che raggelargli ancora di più il sangue nelle vene.
"Su, Satoru. Che c'è che non dovrebbe andare?" rispose, raggiungendo la finestra per accendersi una sigaretta. "Non ho detto-"
"Ah, così mi offendi". Gojo si decise ad alzarsi, e lo raggiunse, cingendogli la vita. Appoggiò il mento sulla sua spalla. "Pensi che non mi accorga quando sei preoccupato? Dimmi tutto" la presa si fece più soffocante "o col cazzo che ti faccio uscire da qua".



"Sempre in ritardo".

Nanami aveva perso il conto delle volte in cui si era chiesto perché si fosse invischiato in quella situazione.
Ogni volta la risposta sembrava la stessa: la paga era più che buona, e aveva già lavorato con Sukuna in passato; ma perché quell'uomo si ostinasse a circondarsi di incapaci, rimaneva per lui un mistero inspiegabile.
Geto Suguru, un teppistello di quartiere che si era fatto strada con qualche rissa e rapina a mano armata. Segni particolari: i continui lamenti e il perenne ritardo.
Choso, invece, non era niente male; peccato che assumere lui significava portarsi a casa il pacchetto intero dei suoi due fratelli, inutili bamboccioni incapaci di stare da soli. Gli sembrava di essere diventato un babysitter, cazzo.

E poi c'era Uraume.
Uraume era l'essere più inspiegabile che si fosse mai trovato davanti. A primo acchito sembrava un ragazzino viziato, che avrebbe avuto schifo pure a pulirsi il culo; eppure, in più di un'occasione aveva dimostrato una freddezza e una capacità d'agire che avrebbero fatto invidia a un serial killer. O a una spia del KGB. In effetti, ora che lo guardava bene metteva davvero i brividi.
Insomma, la banda sembrava davvero un insieme di scoppiati raffazzonato alla bell'e meglio; se non fosse stato per Sukuna, non avrebbe creduto in loro nemmeno per un minuto.
Ma sapeva bene chi era il famigerato Ryomen, e cosa fosse capace di fare. Anche se, quella volta, sembrava essersi intestardito a ficcarsi in un casino più grande di lui.
Sbuffò, allungando le gambe. Era una buona mezz'ora che stava in quella scomodissima posizione, appoggiato al muro di quell'appartamento sporco e polveroso. I tre fratelli erano intenti a discutere fitti fitti in un dialetto che non capiva, Uraume e Sukuna erano ancora in macchina ad aspettare chissà chi, e... Beh, e ovviamente Geto era in ritardo.
frenò l'impulso di aprire il portatile per portarsi avanti con il lavoro. No, meglio non essere tracciabile, in quelle situazioni.

Ma soltanto lui non ne poteva più di aspettare? Si schiarì la gola, intenzionato a riportare l'attenzione sul ritardatario; ma non appena aprì la bocca, ecco che un rumore di passi dietro di lui catturò la sua attenzione.

"Eccomi" mugugnò una voce strascicata. "Scusate. Stavo scopando".
"Buongiorno, Geto" sibilò Nanami a denti stretti, troppo piano per essere sentito. Lasciò agli altri l'onere dei saluti, e aspettò finalmente l'inizio del piano.



Uraume era in religioso silenzio - come al solito - mentre Sukuna si stava occupando delle relazioni sociali con quella dannata spia, che era finalmente arrivata davanti alla loro macchina dopo ore che la stavano aspettando. Come al solito era comparsa dal nulla, senza rumore, circondata solo dalla sua sfacciata bellezza.
Si prese un attimo di tempo per ammirarla. Beh, non poteva certo biasimare il suo capo per essersela portata a letto.
Che poi. Chi aveva portato a letto chi?
Si sforzò di guardarli con gli occhi di un estraneo. Ogni volta che parlavano, i due sembravano giocare una partita a scacchi. Ogni parola, ogni sguardo, ogni gesto erano frutto di qualcosa di studiato con attenzione.
Ad esempio, ora Mei Mei si stava aggiustando il polsino della camicia nera. Gesto inutile: i suoi vestiti erano sempre perfetti. Voleva evidentemente far cadere l'attenzione sul suo abbigliamento, più sobrio e discreto delle altre volte; forse questo la faceva sentire più inclusa nel piano?
Sukuna, dal canto suo, era appoggiato con la schiena alla portiera, le braccia incrociate. Chiaro segno che voleva prendere le distanze da lei.
Ma Mei Mei non era la tipa da farsi scoraggiare per così poco. Il suo sorriso perenne, falsissimo, si spostò per un attimo su Uraume, e l'espressione corrucciata che ottenne di rimando la fece ridacchiare.
"Come al solito non piaccio al tuo favorito" rifletté, a voce abbastanza alta da essere sentita. Ma Sukuna non se ne curò: sapeva che a Ume non interessava. Scrollò le spalle.
"Meno male. Sai che sono un tipo geloso".
Lei storse la bocca. La conversazione non stava andando assolutamente nella direzione che voleva; lasciò che la sua frase cadesse nel dimenticatoio, e ci riprovò.
"Spero però che vi fidiate di me".
"Certo che no. Ma ti ho pagata, quindi mi aspetto il meglio".
Lei ridacchiò di nuovo. "Vale un po' per tutto, no...?"



Era già passata un'ora da quando Geto era entrato, e Nanami stava soppesando seriamente l'idea di mollare tutto e darsi al ricamo, quando finalmente la porta si spalancò.
Era Sukuna, per forza: solo lui riusciva a far sbattere i battenti contro il muro con tanta forza da farli richiudere da soli. Evidentemente, nella sua testa doveva sembrargli un risparmio di energie.
"Comodi, comodi" gli concesse, dirigendosi a grandi passi verso il centro della stanza. Nessuno si mosse, gli occhi incollati all'uomo dalle cui decisioni quella sera dipendeva la loro vita.
Lo guardarono sedersi, lui sulla poltrona, il ragazzo dai capelli bianchi in piedi dietro. Avevano quasi la stessa altezza, così.

Sukuna si leccò l'angolo della bocca. Dio, quanto adorava quei momenti.
Stavano tutti pendendo dalle sue labbra. Aveva una squadra intera di gente cazzuta, ed era il capo indiscusso. Era un po' che non sentiva questa botta di adrenalina nelle vene, gli mancava.
Una mano sulla spalla lo riportò alla realtà. Era sicuramente Ume, il cui compito principale sembrava riportarlo coi piedi per terra. Annuì impercettibilmente, e cominciò.
"Beh, ragazzi. Sono contento che ci siate tutti". Si massaggiò le nocche di una mano. "Questa è l'ultima sera che vi occupo. I pagamenti sono già stati saldati questo pomeriggio".
Si voltò verso il suo assistente, che annuì come conferma. "Da domani consideratevi liberi".

Fu il turno di Nanami di parlare. La sua voce gli sembrò più roca del solito, dopo tutte quelle ore che aveva tenuto la bocca chiusa.
"Mahito si trova esattamente dove ci ha detto l'informatrice. Ho controllato i tabulati, i login dei suoi account personali e ho tracciato la targa della sua auto dalle telecamere di sorveglianza stradali. Tutto porta esattamente lì, alla sede principale".
Un silenzio attonito li circondò.
"Che intendi dire, alla sede principale?"
Geto era impallidito. Gli capitava poche volte di avere la tentazione di ritirarsi da un lavoro, ma quella volta ci stava andando veramente vicino.
"Già non è il massimo mettersi contro la banda di Mahito" cominciò, lo stomaco che iniziava a bruciare. "Vabbé che abbiamo fatto fuori gran parte della gente, ma anche se rimane solo lui è comunque un osso duro. E ora ci vieni a dire di stanarlo direttamente nella sua tana?!"
Anche Choso - che solitamente era piuttosto passivo - si animò.
"Sarà pieno di telecamere, cazzo" mormorò, più preoccupato per i suoi fratelli che per se stesso. "Come diavolo faremo a-"

"Ho già preparato i jammer per disturbare il segnale. E comunque non ci sarà bisogno di andare direttamente nell'azienda; Mahito esce a fumare ogni quarto d'ora, basterà aspettare nel cortile interno".
Tutte le teste si voltarono verso Uraume, che finalmente aveva preso la parola. Sukuna lo ringraziò mentalmente: meno male che c'era lui, a dare quel briciolo di sicurezza al gruppo.
"L'entrata per il cortile è dal cancello secondario di scarico merci". Fece un cenno a Nanami. "Gira a tutti la mappa, per favore. Il furgone con la targa falsa è già pronto a quattro isolati di distanza: verso le otto aspettano un carico, sarà semplice infiltrarsi".
"Semplicissimo" ironizzò Suguru, per nulla convinto. Improvvisamente si pentì di non aver salutato a dovere Gojo; forse avrebbe dovuto fermarsi un po' più da lui, quel pomeriggio. Magari dirgli un paio di cose.


Gojo si stava pigramente rigirando nel letto, i pensieri unicamente rivolti al suo fidanzato. Per questo non si stupì più di tanto quando sbloccò i tasti e trovò un messaggio di Geto: lo lesse, e un'espressione imbambolata gli si dipinse in volto.

"Eri proprio bello oggi"

"Ma che cazzo..."
Si rizzò seduto. Che diavolo gli prendeva, ora? Perché faceva tanto il sentimentale? Le sue dita si mossero veloci come il vento, ticchettando sullo schermo.

"Tutto bene?"

Ci pensò un attimo, e inviò un secondo messaggio subito dopo al primo.

"Che devi fare davvero stasera?"

Continue Reading

You'll Also Like

1.2K 72 20
Satoru è lo stregone più forte del istituto delle alti occulte. È sempre stato definito un ragazzo egocentrico e infantile, ma a solo una persona pia...
8.2K 221 24
Raccolta di One Shot su vari personaggi Anime.
1.6M 50.3K 72
"Moriremo tutti prima o poi, indipendentemente dalla malattia" La mia poteva sembrare una semplice scusa. Ma la verità era che non ero pronta per d...
24.8K 1K 16
"Che cos'è il vero amore se non questo? Consegnarsi all'altro senza aspettarsi niente in cambio." La storia non seguirà l'anime o il manga, prenderò...