Just wanna smash his face

By nagasakimako

45.1K 2.1K 798

[Sukuna x femReader] [no powers universe] [SMUT] Y/N è una ragazza che si è costruita da sola, a fatica, aff... More

1. L'aereo
2. Fratelli e sorelle
3. Passato, presente, futuro
4. Chi diavolo sei?
5. Demoni
6. Lungo la strada
7. Cuore a mille
8. Home theatre
9. Il tempio
10. In periferia
11. Porte
12. La Cena
13. Pronto Soccorso
14. Ad un filo
15. Gran bella cazzata
16. Tagliata di manzo al sangue
17. L'Arasaka
18. Walk of shame
19. L'Afterlife
20. L'Afterlife (pt. 2)
21. La quiete
22. Tiopentone
23. Ossigeno
24. Messaggi
25. Voglio solo spaccargli la faccia
26. Comunicazioni di servizio
27. Neve
28. Ryokan
29. Onsen
30. Cicatrici
31. Il Padiglione del Vuoto
32. Mei Mei
33. Doppia coppia
34. Caos calmo
35. Risposte
36. Honda Fireblade
37. Cuori infranti
38. Hanabi
39. Parola salvezza
40. Dominio pubblico
41. Chiavi del bagno
43. Chiavi dell'auto
44. Uraume
45. Furibonda
46. Ritocchi
47. Boss finale
48. Piccolo fiore di pruno inondato dalla luce notturna di mezzanotte
49. Niente come previsto
50. Promesse
51. Shibari

42. Maki Zenin

700 39 24
By nagasakimako

NdA
Perché ho pubblicato di lunedì?
Per destabilizzarvi.

Mako

————————————

Y/N alzò un sopracciglio.
"È qui?"
Come sempre, la risposta di Sukuna fu abbastanza laconica. "Mmh". Lo guardò scendere dall'auto, e aspettò che le aprisse la portiera. "Dai, andiamo".
Y/N aspettò che la aiutasse a scendere, stendendo la mano. Un po' le dispiacque che non le aveva chiesto di guidare, ma probabilmente era dovuto al ritardo: lo scherzetto del bagno era durato un po' troppo, e si erano lasciati andare entrambi.
La mano di Sukuna era un appiglio che faceva sempre fatica a lasciare; quella volta lui sembrò accorgersene, e si lasciò prendere a braccetto. "Su, è in fondo alla strada".

Lei si guardò intorno con fare circospetto.
"Ti... Ti fidi a lasciare qui l'auto...?"
La periferia in cui erano arrivati non era di certo il posto in cui Y/N avrebbe volentieri preso casa. Non aveva niente a che fare con il quartiere popolare da dove provenivano: certo, il degrado urbano e la povertà erano caratteristiche comuni, ma si ricordava bene che lá poteva sempre respirare un'aria di casa. Se cercava di riportarlo alla mente, riusciva a rievocare immagini di fili per il bucato appesi da un balcone all'altro, di cestini col cibo condivisi fra i vicini, di bambini - come lei e Yuji - che giocavano allegri per i vicoli. Ecco cosa mancava nel posto in cui erano appena finiti: il calore umano.
Improvvisamente si rese conto di quanto era fortunata ad avere sottobraccio un armadio a due ante. Scrutò con la coda dell'occhio un gruppo poco raccomandabile di ragazzini che le fecero venire i brividi, e si strinse meccanicamente a lui.
Percorsero quei cinquanta metri che li separavano dal locale in quella che a lei sembrò un'eternitá. Si fermarono davanti a una porta di lamiera, tenuta insieme da delle cerniere di metallo.
Sukuna fece scorrere le dita su due piccole guide, aprendo una finestrina nascosta. Bussó un paio di volte al vetro e attese.

"Parola d'ordine?"
Y/N sbatte le palpebre. Riconobbe subito la voce al di là della porta.
"Todo...?" lo chiamò, incerta.
"Ah, Y/N! Che ci fai qui?"
Si sentì un rumore di catenacci, e la porta si aprì lentamente davanti a loro. Il buttafuori dell'Afterlife li salutò con un cenno del capo, invitandoli ad entrare.
"Io? Che ci fai tu qui" rispose lei, scavalcando il gradino.
"Il mercoledì l'Afterlife fa chiusura. Benvenuti".
Y/N corrugó la fronte, ma non disse nulla. Entrò nello stretto corridoio e alzò lo sguardo: le pareti di lamiera si allargavano qualche metro più avanti su uno spiazzo poco più illuminato, pieno di gente che non si sarebbe mai aspettata di trovare in quella periferia. Improvvisamente, lei e Sukuna non sembravano più così fuori luogo.
Lasciò andare avanti in suo accompagnatore e lo seguí fra la piccola folla. Cercò di non soffermarsi su nessuno, ma riconobbe alcuni visi piuttosto noti. Affrettò il passo è tornò al suo fianco.
"Tutta questa gente viene a guardare Maki?"
Sukuna non rispose. Le appoggiò una mano dietro la schiena, e la guidò verso una piccola tenda rossa alla loro sinistra.
"Vieni, per di qua".

"Invito, per favore".
"Mmh".
Sukuna sbloccò il telefono con il riconoscimento visivo, scrollò i messaggi per qualche secondo e inclinò lo schermo verso il ragazzo.
"Prego, benvenuti" li accolse lui, facendosi da parte e aprendo la tendina.

"Oh, finalmente siete arrivati! Sta per entrare Maki".
Le labbra di Y/N si aprirono in un sorriso di sollievo. "Nobara!" esclamò, finalmente felice di sentire una voce amica. "Questo posto è inquietantissimo! Vieni sempre qui a vederla da sola?!"
"Nah, qualche volta". L'infermiera si spostò di lato, facendogli cenno di sedersi accanto a lei.
Y/N si sistemò su una delle sedie che circondavano il piccolo tavolino al centro dell'alzata. Un posacenere sembrava invitarli a non rispettare il divieto di fumo nei luoghi chiusi, e Sukuna ne approfittò subito, accendendosi una sigaretta.
"Tu sapevi che saremmo venuti?" chiese la ragazza, appoggiando la borsa a terra. L'altra annuì.
"Mi ha detto Maki che si é messa d'accordo con il tuo bello oggi pomeriggio".
Y/N le tirò una gomitata, ma l'altro non sembrava aver sentito. La sua attenzione si era improvvisamente catalizzata di nuovo sulla tendina: stava entrando qualcuno.

"Ciao a tutti!"
Okkutsu varcò la soglia, salutandoli timidamente con un cenno della mano. Rivolse un cenno del capo anche a Sukuna.
"Vi conoscete?"
Il ragazzo stava per rispondere, ma Sukuna lo interruppe. "Oh, sì. Viene spesso in palestra, a volte mi alleno con loro". Lo fulminò con lo sguardo, intimandogli di tacere. Sapeva benissimo che l'aveva riconosciuto per quella notte in ospedale.
Ma Y/N non stava più ascoltando: qualcun altro era entrato dopo Okkutsu... Probabilmente l'ultima persona che avrebbe voluto vedere in quel momento.

"Hoy".
Inumaki si congelò sulla soglia. Lasciò che i suoi occhi viola passassero da Y/N a Sukuna, poi di nuovo a Y/N, poi al braccio di lui intorno alle spalle di lei. E, infine, si fermarono un attimo di troppo sugli occhi castani di quel dannato: quando lui se ne accorse gli ricambiò uno sguardo di sfida, e il ragazzo fu costretto ad abbassare il capo.
Lei non riuscì a salutarlo. Si limitò a fissarlo impotente mentre prendeva posto di fronte a loro.
'Quindi ci sei riuscita' pensò lui, alzando lentamente una mano a sbottonarsi il cappotto. Cazzo. Perché aveva voluto accompagnare Yuta, quella sera? Perché non era andato con quella cretina di Rika?

Il suono del campanello di inizio match li risvegliò per un attimo da quella situazione imbarazzante. Si voltarono tutti verso il tatami, sollevati.
E pochi secondi dopo, preceduta da urla e numerosi applausi, entrò lei, la regina della serata: la meravigliosa Zenin.

Y/N non la ricordava così alta.
Sì, effettivamente un metro e settanta non era poco per gli standard giapponesi, ma quella sera sembrava addirittura troneggiare sull'avversario. Ed era pure a piedi nudi, cazzo.
La divisa da taekwondo non le rendeva per niente giustizia, ma la sua bellezza si sprigionava comunque da lei, prepotentemente, attraverso i suoi occhi severi, I ciuffi di capelli che le scappavano dalla coda, le mani affusolate che battevano il ritmo degli applausi. La fissavano tutti, e lo sapeva bene.
Non appena fu soddisfatta dell'acclamazione del pubblico raggiunse l'uomo che aveva avuto la sfortuna di sfidarla, quella sera. Che si fosse pentito delle sue ultime scelte di vita lo si poteva vedere anche dalla sua postura: aveva fatto un passo indietro quando l'aveva vista salire sul tatami, e le spalle si erano automaticamente contratte, come se stesse per aspettarsi un colpo.
Maki non perse nemmeno tempo a spaventarlo. Ci aveva già pensato da solo.
Allungò il braccio verso destra, e un caschetto si materializzò automaticamente fra le sue mani.

"Io non capisco niente di taekwondo" mormorò Y/N, assorta "ma non dovrebbero avere altre protezioni?"
Sukuna le accarezzò la nuca, tirandola verso di sé. "Tesoro, non so se hai notato, ma non siamo decisamente in un'arena olimpica".
Lei aggrottò le sopracciglia.
"Quindi non rispettano le regole?"
"Heh. Ognuno ha i suoi piccoli segreti. Anche la Zenin, a quanto pare".

Inumaki sospirò.
Ma faceva sul serio, o ce la stava mettendo tutta a fare domande idiote?
Si morse l'interno della guancia. No, doveva trattenersi. Ora aveva la lingua avvelenata, non riusciva a ragionare correttamente. In quel momento gli dava davvero fastidio tutto.
Si fece portare qualcosa da bere, sperando di affogare i dispiaceri nell'alcol. Cercando una distrazione alla tremenda scena che aveva davanti.
Perché non si era buttato subito? Perché aveva pensato stupidamente di avere tutto il tempo del mondo, e aveva fatto le cose con calma?

Il match era iniziato, e non solo nel piccolo terrazzino.
Maki - o meglio, quella furia incontrollabile - si muoveva intorno all'avversario come una ballerina che ha già bene in mente la coreografia del suo spettacolo. Lo aggirò un paio di volte prima di trovare l'angolazione migliore dove iniziare il suo balletto; quando finalmente si avvicinò a lui fu così veloce che non se lo sarebbe mai potuto aspettare.
I suoi movimenti erano puliti, secchi, come se sapesse già cosa avrebbe fatto l'altro, e come avrebbe potuto prevederlo. Era obiettivamente su un altro livello, e lo si capiva anche dalla fatica che stava facendo l'altro per rimanere in piedi.
Y/N notò che, contrariamente a quello che si aspettava, la gente non vociferava più, e l'incitamento iniziale si era zittito, come per lasciare che un silenzio religioso accompagnasse la sua performance. Erano tutti assorti, in ammirazione di fronte a quella macchina da guerra.
Impostó un calcio meraviglioso a mezz'aria, facendo salire dagli spalti un mormorio di approvazione. Per un attimo il suo orgoglio ebbe il sopravvento, e si fermò a sorridere verso di loro, come per cercare l'approvazione della fidanzata.
L'altro se ne accorse, e approfittò immediatamente di quello che poteva essere l'unico spiraglio che gli avrebbe lasciato. Con uno scatto le piantò un calcio in mezzo al petto, di piatto, facendole perdere l'equilibrio e mozzandole il fiato.

Nobara trasalì, stringendo convulsamente la mano dell'amica fino a farle scrocchiare le nocche. "Cazzo" sussurro a mezza voce, cercando di non farsi sentire dagli altri.
Y/N ricambiò la stretta. Sapeva bene quanto fosse orgogliosa, e quanto le costava ammettere di preoccuparsi per qualcuno. Tentò di minimizzare, ma quando vide la faccia che stava facendo Sukuna ammutolì.
"Dài, cazzo, Zenin" lo sentì mormorare, fissando il quadrante dell'orologio. "Rialzati".

Ma Maki non aveva bisogno che qualcuno le ricordasse cosa fare.
Con maestria volteggiò di nuovo su se stessa, fingendo di lanciare un colpo alto.
L'avversario si chinò d'istinto, forse sicuro ormai di averle fatto perdere la concentrazione.
Maki sorrise. Tutto procedeva sempre secondo i suoi piani, dopotutto.
Appoggiò la pianta del piede alla scapola che l'uomo le aveva appena offerto come appoggio. Piegò leggermente la gamba e si slanciò verso l'alto.
La platea stava trattenendo il fiato - Nobara per prima. Non aveva ancora lasciato la mano dell'amica, ed era passata a stringerle le dita.
Maki fece un giro su se stessa, e stese la gamba destra ancora più in alto. Con precisione millimetrica gli colpì la mandibola e lo stese a terra, atterrando elegantemente un metro più indietro.
La mossa durò qualche decimo di secondo, ma il boato che si alzò sembrava non finire più. Il match era finito: l'avversario non si sarebbe più rialzato.
Come al solito, Maki aveva vinto.

La presa di Nobara sembrò allentarsi un attimo, e Y/N vide l'amica rilassare i muscoli delle spalle e stendersi sulla sedia con un sospiro di sollievo.
"Mi fa sempre venire un'ansia" mormorò, scuotendo la testa.
"Cavoli. Certo che prima ha preso proprio una bella botta".
L'infermiera alzò un sopracciglio. "Secondo te perché a lavoro ha sempre i pantaloni e la camicia a maniche lunghe? La prima volta che le ho visto i lividi mi sono spaventata".
Y/N non si trattenne. "E com'era vestita quando gliele hai visti?"
Una gomitata ben assestata fra le costole le mozzò il respiro, impedendole di continuare la conversazione. Nobara si voltò verso Sukuna con noncuranza.
"Beh, hai visto? Hai fatto bene a scommettere su di lei".
"Scommettete sugli incontri?"
Sukuna scrollò le spalle. "Più o meno" spiegò. Inspirò profondamente dalla sigaretta, lasciando che la pausa facesse il suo effetto. "Diciamo che... Teniamo un po' in equilibrio i soldi che girano".

Inumaki sbuffò.
Si rese conto di non aver mai invidiato qualcuno così tanto nella sua vita.
Poter parlare poco non gli pesava. Sì, a volte avrebbe voluto potersi spiegare meglio, ma in fondo la scusa di dover star zitto gli tornava utile in tantissime occasioni, e alla fine i pro superavano di gran lunga i contro.
Occasioni sociali, pazienti logorroici, lezioni interminabili... Non rispondeva mai, e la scusa era sempre la sua cicatrice. Passavano pure per cafoni loro. Un win win.
Eppure, quella sera avrebbe voluto lui spiegare a Y/N il complesso meccanismo delle scommesse.
Avrebbe voluto dirle che non era così semplice - non bastava banalmente puntare sul più forte, o su quello che si preferiva. Non aveva senso perdersi a fare congetture.
Il mondo delle scommesse era complesso come quello della finanza, e in fondo andavano di pari passo. Bisognava vedere chi era più quotato in quel momento, chi aveva più "azioni", e ribaltare le sorti degli incontri lasciando che vincesse il meno probabile. Si corrompeva l'atleta, si puntava sul meno favorito, e si vincevano barcate di soldi.
Ovviamente questo giochetto doveva essere usato con accortezza, o qualcun altro avrebbe potuto accorgersene. Inoltre, far perdere Maki di proposito poteva essere una mossa azzardata, vista la sua testa calda.
E per questo si scommetteva sul tempo. Quanto ci avrebbe messo Maki a metterlo al tappeto? Quante mosse le sarebbero servite? Quanti colpi avrebbe preso, nel frattempo, che l'avrebbero rallentata?
Le avrebbe spiegato che Maki non aveva preso quel calcio per caso. Le serviva una scusa di una decina di secondi per non far finire l'incontro troppo presto. Forse Nobara si sarebbe sentita meno in colpa, se avesse saputo che non era colpa sua se Maki si era distratta.

Ecco cosa avrebbe voluto dirle Inumaki quella sera. Fiumi di parole, che però non sarebbe riuscito a gestire.
Ma anche se non fosse stato operato, anche se la sua laringe fosse stata in grado di tener testa alla sua lingua, il ragazzo si rese conto che non sarebbe comunque stato paragonabile a quel mostro che si trovava davanti.
Quell'uomo era un oratore incredibile. Con le sue pause, il suo tono di voce roco, le sue battute maliziose sembrava nato per ricoprire quella parte. Era il suo campo, fine. Non aveva speranza.
'Soprattutto con Y/N', rifletté.
La ragazza stava letteralmente pendendo dalle sue labbra. Ascoltava ogni sua parola con gli occhi sognanti - e le stava parlando di scommesse su incontri clandestini. Chissà cosa le aveva tirato fuori per portarsela a letto.

Scosse la testa. Di nuovo quei pensieri velenosi.
Eppure non riusciva a togliersi dalla testa quell'immagine, di loro due, da soli, nella penombra di una stanza...
'No. Nononono'.
Magari si stava sognando tutto.
Magari erano arrivati lì insieme per caso. Beh, dopotutto abitavano insieme.
Magari non era successo niente fra loro. Magari...

"Per chi era il long Island...?"
Il cameriere aveva portato il vassoio con i drink, e Y/N si era alzata per distribuirli. Spostò il bicchiere verso Toge, che la ringraziò con un sorriso.
"Mentre il Black Russian..."
"Per me, tesoro".
Inumaki trasalì. Alzò d'istinto gli occhi verso la fonte della voce, per pentirsene pochi secondi dopo.
Sukuna lo stava fissando in tralice. Lo vide allungare una mano verso le cosce della ragazza, e stringerle il sedere fra le dita.
"Siediti, piccola" le ordinò, senza staccargli gli occhi di dosso.

Per la prima volta, l'uomo incrociò lo sguardo con il suo rivale.
'Che poi, rivale' rifletté.
Sapeva benissimo di giocare una partita già vinta. Non c'era bisogno di analisi del mercato, di uno studio delle azioni, di una ricerca sull'andamento dei fondi dell'azienda. No, era molto più semplice: quando si trattava di donne, vinceva. Punto.
Non aveva mai perso una sfida del genere. E visto come stava andando, dire che aveva la vittoria in pugno era un eufemismo.
Tronfio della sua posizione lasciò scivolare la mano dal sedere all'interno coscia, godendosi i suoi fremiti man mano che le sue dita esploravano la pelle coperta dai jeans.

Inumaki abbassò lo sguardo, sconfitto.
Dopotutto era meglio così. Continuare a illudersi non avrebbe portato a niente; tanto valeva prendersi una bella batosta ora, una doccia fredda, e via il dolore. Come lo strappo di un cerotto.
Si voltò verso Yuta, che gli stava parlando ormai da dieci minuti. Non aveva senso continuare a ignorarlo e chiudersi nella sua tristezza... Era uscito, tanto valeva che si divertisse.

"Quindi lavorate tutti in ospedale".
La voce profonda di Sukuna raggiunse di nuovo le sue orecchie. Lasciò che Yuta rispondesse al suo posto.
"Sí. Io sono un radiologo, lui é infermiere in-"
"...Angiografia, giusto?"
Ecco. Ora non poteva più ignorarlo.
Ma perché non lo lasciava in pace?
Annuì, lo sguardo fisso sul suo cocktail, pregando in tutte le lingue del mondo che quel dannato trovasse un'occupazione più divertente del tormentarlo.
Ma quella sera nessuno sembrava sentire le sue suppliche. "Tu devi essere Inumaki, giusto? Ho visto che mi segui su Instagram. Sei un appassionato di finanza?"
Le sue dita strinsero convulsamente il vetro del bicchiere. Forse sperava inconsciamente che il freddo del ghiaccio riuscisse a calmarlo.
"Diciamo di sí" mormorò, facendosi coraggio per alzare di nuovo lo sguardo verso di lui. No, non poteva saperlo. Non poteva sapere cosa provava per lei. Era tutto nella sua mente: stava solo cercando di fare conversazione. Niente di che.
'A meno che lei non gli abbia detto qualcosa'.

"Sono sempre contento quando qualcuno si interessa al mio lavoro. Nuove promesse, sai". Sukuna agitò la mano, un sorriso falsissimo dipinto in faccia.
Fece scivolare il braccio dietro le spalle di Y/N e iniziò a giocherellare coi suoi capelli. "Se vuoi posso darti qualche dritta, anche se solitamente sono molto... Geloso".
Il sorriso si spense improvvisamente, e un fuoco sinistro gli arse nelle pupille.
Non era un invito, era un monito. E Inumaki non era un idiota.
Tracannò il resto del suo bicchiere in un sorso. Prese la giacca dalla sedia, e se ne andó.

Continue Reading

You'll Also Like

20.8K 543 38
storia modalità instagram kylie roberts da sempre la migliore amica di nico williams un giovane calciatore. passa la maggior parte del suo tempo con...
1.2K 113 4
"Ascolta principessa, non faccio il principe azzurro delle fiabe. Ti conviene andartene prima di innamorarti" "Ma io...
120K 7.4K 37
Sei sempre stata una ragazza semplice, non ti sei mai fatta notare più di tanto. Probabilmente non ti interessava. Ma questa semplicità aveva attirat...
25.4K 1.4K 27
E la storia continua! ~ "Maestro cosa mi ha fatto?!" Dissi guardandomi allo specchio, non sapevo più se fossi io o no, se fossi ancora quella di pri...