Just wanna smash his face

De nagasakimako

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[Sukuna x femReader] [no powers universe] [SMUT] Y/N è una ragazza che si è costruita da sola, a fatica, aff... Mais

1. L'aereo
2. Fratelli e sorelle
3. Passato, presente, futuro
4. Chi diavolo sei?
5. Demoni
6. Lungo la strada
7. Cuore a mille
8. Home theatre
9. Il tempio
10. In periferia
11. Porte
12. La Cena
13. Pronto Soccorso
14. Ad un filo
15. Gran bella cazzata
16. Tagliata di manzo al sangue
17. L'Arasaka
18. Walk of shame
19. L'Afterlife
20. L'Afterlife (pt. 2)
21. La quiete
22. Tiopentone
23. Ossigeno
24. Messaggi
25. Voglio solo spaccargli la faccia
26. Comunicazioni di servizio
27. Neve
28. Ryokan
29. Onsen
30. Cicatrici
31. Il Padiglione del Vuoto
32. Mei Mei
33. Doppia coppia
34. Caos calmo
36. Honda Fireblade
37. Cuori infranti
38. Hanabi
39. Parola salvezza
40. Dominio pubblico
41. Chiavi del bagno
42. Maki Zenin
43. Chiavi dell'auto
44. Uraume
45. Furibonda
46. Ritocchi
47. Boss finale
48. Piccolo fiore di pruno inondato dalla luce notturna di mezzanotte
49. Niente come previsto
50. Promesse
51. Shibari

35. Risposte

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De nagasakimako

Geto deglutì. La situazione si faceva decisamente interessante.

"Vado un attimo in bagno" disse, voltandosi in fretta per non far vedere a Choso la sua espressione eccitata. Entrò nel piccolo corridoio dietro alla sala e si fiondò nella prima stanza che gli capitó.

Il pavimento era lurido, pieno di polvere e calcinacci. Si coprì il naso con la mano per evitare di starnutire, scavalcò un mucchietto di mattoni e si diresse verso la porta sulla destra. Tirò giù la manica del maglione e aprì la maniglia evitando di toccarla a mani nude, schifato.

Cercò a tentoni l'interruttore e accese la luce. Avevano attaccato la corrente qualche giorno prima per farsi vedere dalla banda di Mahito anche durante la notte, e per fortuna la lampadina di quel bagno non si era fulminata.

Tutto sommato, la stanza non era male. Il lavandino era coperto da un telo, e lo scoprì, sedendosi sul pulito.

Faceva un freddo cane, e dovette attingere a tutto il suo coraggio per spogliarsi e rimanere a torso nudo. Impilò con cura i vestiti sulla parte interna del telone e cercò l'angolazione migliore per farsi un selfie.

"Dove cazzo sei?!" Gli arrivò come risposta qualche secondo dopo. Corrugò la fronte, offeso, ma il secondo messaggio non tardò ad arrivare.

"Niente male, comunque

Ma niente che non abbia già visto"

Geto fece una smorfia. Gli faceva il verso, ora?

Beh, in effetti non c'era un centimetro del suo corpo che Gojo non avesse visto. Arrossì al ricordo, scaldandosi improvvisamente.

Ai due messaggi seguí un secondo scatto dell'altro, questa volta senza pantaloni. I boxer di Valentino, schifosamente da ricco, non stonavano per niente con il resto del salotto, arredato sicuramente da qualche designer d'avanguardia.

Si guardò intorno. Beh, lui era vestito indubbiamente in linea con l'ambiente.

La differenza economica che c'era fra loro due si era decisamente accentuata, in quegli anni. Era diventata quasi imbarazzante. Lui era rimasto il solito teppista del cazzo, mentre l'altro...

Si passò una mano sul viso. Chi voleva prendere in giro? Perché un attore famoso avrebbe dovuto volere uno come lui?

Sentì il magone spingere verso la gola. Fece per rivestirsi, ma una nuova notifica catturò la sua attenzione.

"Sto aspettando~"

La cosa peggiore era che sapeva benissimo che faccia stava facendo in quel momento Gojo. Era compiaciuto.

Si era sicuramente stravaccato sul divano, una mano nei boxer, e aspettava una sua foto con quell'espressione beata dipinta in faccia.

L'idea di essere così prevedibile gli diede sui nervi. Decise di stupirlo, giusto per levargli quel sorrisetto del cazzo.

Si abbassò i pantaloni. I boxer di sottomarca gli ricordarono i pensieri di prima, ma decise di giocare il tutto a suo favore.

Pure un rifiuto della società come lui aveva un po' di potere, in quel momento. Stava tenendo sulle spine una star della televisione.

Sfilò le mutande e si voltò di tre quarti verso lo specchio del lavabo. Era in condizioni orribili, e si scattò un selfie riflesso sulla superficie opaca.

Ammirò il risultato. Sì, abbastanza per mandarlo in bestia.



Gojo sbloccò i tasti, un sorriso famelico stampato in volto.

Sapeva che Geto non resisteva a lungo a quelle provocazioni. Gli avrebbe mandato un'altra foto spinta, poi si sarebbe catapultato da lui e-

Sgranò gli occhi. Sentì il cuore perdere un battito.

Non pensava che rivedere dopo anni quel corpo nudo l'avrebbe ancora mosso a quel punto. Chi voleva prendere in giro? Non c'era stato un giorno in cui non aveva sognato quella pelle.

Quella foto bastò a cancellare con un colpo di spazzola tutti quelli con cui era stato finora. Dimenticò completamente tutto ciò che non fosse Geto, e lasciò che i ricordi lo aiutassero dove la foto si interrompeva.

Ripercorse con gli occhi la linea della schiena, larga sulle spalle e che si stringeva verso la vita. Si era sciolto i capelli, e le punte sfioravano le scapole esattamente nello stesso identico punto dove le avevano sempre sfiorate.

Era come se il tempo si fosse fossilizzato lì, imprigionato in una goccia di resina divenuta ambra, e avesse deciso di dargli un'altra possibilità. Sentì un nodo salirgli in gola.

Lasciò che il suo sguardo scivolasse verso il basso, sul profilo della natiche. Corrugò la fronte.

Una crepa dello specchio tagliava trasversalmente la sua figura, proprio lá dove avrebbe voluto fermarsi a guardare meglio. Si strinse un labbro fra i denti, e imprecò.

Pochi secondi dopo, e alla foto seguí un messaggio.

"Spero che questa di basti. Devo lavorare ora, ci sentiamo"

"Brutto coglione!" gridò, lanciando il telefono contro il muro di fronte.





"Sukuna sama? Sukuna sama!"

La voce di Y/N riecheggiava fra le pareti della stanza. Stava vagando nell'oscurità da quella che le sembrava un'eternitá, i piedi doloranti che si trascinavano nell'acquitrino.

Il rumore dei passi strascicati le dava sui nervi. Era stanca, indolenzita, eppure lui non si degnava nemmeno di farsi vedere. Che comportamento era?

La sua frustrazione prese il sopravvento. Non solo l'aveva abbandonata nella vita reale, si era pure scordato di lei nel mondo dei sogni.

Di solito, quando le succedeva qualcosa di brutto, la notte si ritrovava a sognare che tutto si fosse messo a posto per magia. Quando i suoi genitori erano morti, per qualche mese aveva continuato a sognarli tutti insieme nella loro casa.

Con Sukuna, questo non succedeva. Anzi, nel sogno era ancora più stronzo che nella realtà, se possibile. Ma perché tutte a lei?!

Era come se quel dannato volesse punirla per qualcosa. Come se fosse arrabbiato con lei.

No, non se lo meritava. Lei era la vittima, lui quello che si era comportato male. Era...

"Dopo tutto quello che ho fatto per te" singhiozzò, in preda alla disperazione.

Ecco, l'aveva detto. Quella frase meschina le era sfuggita di bocca senza che se ne accorgesse, e ora si sentiva ancora più a disagio.

Forse il sogno serviva a dar sfogo ai suoi pensieri più reconditi, a farla sfogare e basta. Sì, era sicuramente così, non serviva sentirsi in colpa.

Sospirò e tornò a camminare, gli orli del kimono ormai inzuppati fino al polpaccio.

"Su, tesoro, non piangere".

La ragazza voltò la testa di scatto: niente, non c'era nessuno. Doveva esserselo immaginato.

Fece per riprendere il cammino, ma la voce tornò alle sue orecchie.

"Non farci caso. É solo molto preoccupato".

Y/N si girò di nuovo, inutilmente. Ma chi diavolo era che stava parlando?

"Tutto bene?"

Improvvisamente la stanza cambiò, in un vortice di colori. Sentì la pozzanghera di sangue scomparire, le pareti stringersi fino a formare una piccola stanza.

Davanti a lei, inginocchiata sul tatami, c'era la Teishu del Ryokan.

"T-tu..." riuscì a balbettare, indicandola. "Siamo nel..."

"...Nel Padiglione del Vuoto" completò l'altra, un sorriso enigmatico dipinto in volto. "Un po' di tè?"

Y/N fece un passo indietro, sbattendo con la schiena contro la parete. "Che... che ci fai nei miei sogni?! Tu sei..."

"Sono solo una Teishu" si presentò lei. "So che mi chiami K.Y. Fai pure, se ti aggrada".

"Quindi tu sei K.Y.?"

Lei scrollò le spalle con noncuranza. L'argomento non la interessava. "É il tuo sogno. Io sono chi vuoi tu".

La ragazza si sedette di fronte a lei, titubante. Beh, aveva senso.

'Kyoko sia, allora' rifletté. O forse lo disse ad alta voce: faceva fatica a distinguerlo, stava accadendo tutto nella sua testa. Si chiese se quella donna riuscisse anche a leggere i suoi pensieri.

Lei, d'altra parte, si stava comportando come se nulla fosse. Preparava il tè nel medesimo modo di quel pomeriggio, tranquillamente, con estrema calma.

"C'eri tu con Sukuna-sama di notte, vero?"

L'altra le rispose con un una domanda.

"Sai cosa succede quando ti rendi conto che stai sognando?"

Y/N annuì. "Beh, posso fare quello che voglio. Potrei mettermi a volare, potrei..."

Gli occhi della teishu si alzarono verso di lei. "E allora perché secondo te incontri me, e non Sukuna?"

Y/N sbatté le palpebre. "No, questo non-"

"Tutto quello che hai sognato finora" la interruppe "l'hai sognato perché lo volevi tu. E' la sentinella della tua coscienza, la spia della tua volontà. Sukuna-sama ti desiderava? Ti respingeva? Non si faceva vedere? Non è altro che la proiezione dei tuoi pensieri, di ciò che credi".

Il tè era pronto. Glielo porse, fumante.

"Tu sogni me perché vuoi delle risposte. Ma non le troverai qui. Cerca altrove".







La mattina dopo, l'umore a casa Gojo era decisamente dei peggiori.

Satoru moriva dalla voglia di raccontare a qualcuno quello che era successo la sera prima, ma davanti a lui c'era solo sua sorella, e parlare di questioni amorose era decisamente fuori discussione.

Y/N era livida. Aveva dormito, ma i suoi incubi erano stati stancanti e deprimenti. Aveva vagato nel sogno per ore finché non si era svegliata, stanca, intorpidita e col mal di testa. Si sforzò di attribuire il suo disagio ai farmaci che aveva preso la sera prima, ma in cuor suo sapeva qual era la vera ragione.

Avrebbe voluto lamentarsi un po' col fratello, ma dalla sua espressione non doveva andare tanto bene nemmeno a lui, e si era trattenuta.

Il risultato, quindi, era una cucina avvolta nel totale silenzio. Y/N sorseggiava il suo latte caldo, continuando a sbloccare i tasti del telefono nella speranza di una notifica che non arrivava mai.

"Che fai di bello stasera?" chiese al fratello, tentando di distrarsi.

Gojo la fissò, lo sguardo vitreo.

"Avrei voluto uscire con Geto, ma lavora".

Lei sbatté le palpebre. "In che senso lavora?"

"Eh. Colpa del tuo amico". Fece una smorfia. "Ieri sera dovevamo vederci, ma gli ha dato un incarico all'ultimo momento. Penso per lo stesso motivo oggi dovranno andare a... ehi, tutto bene?"

Si voltò verso la sorella, preoccupato. Il suo volto e aveva perso due o tre sfumature di colore.

"Come, stasera...?"



Nobara si massaggiò le tempie.

Per fortuna, fra un intervento e l'altro era riuscita a svestirsi e correre nella tisaneria per rispondere al telefono - l'amica la stava letteralmente tempestando di chiamate, e doveva essere successo qualcosa di importante.

All'inizio aveva temuto che potesse sentirsi male per tutti i farmaci che le aveva fatto prendere. Si sentiva un po' in colpa, ma d'altronde era l'unico modo per evitare il peggio. Si era tormentata l'anima per tutto l'intervento, zittendo con risposte secche il povero infermiere di sala che cercava di passarle il cellulare.

"Come stai?" erano state le prime parole che le aveva rivolto quando era riuscita a ritagliarsi un attimo, accertandosi di essere in un posto appartato. E, si vergognava ora a dirlo, si era sentita immensamente sollevata quando aveva capito che erano solo problemi di cuore.

'Solo' rifletté con un sospiro. Quell'uomo la stava consumando dall'interno, come un tarlo con un mobile, come un bruco col frutto. Un insetto che la rovinava.

Non solo l'aveva tradita - ormai questo era assodato; non solo l'aveva cacciata dal Ryokan; ora addirittura le dava buca per l'ultimo dell'anno senza nemmeno avvisarla. Doveva troncare, e subito.

Il problema era convincerla a farlo.

Si mordicchiò un labbro, pensosa. Poi compose il numero della radiologia con l'interfono.

"Pronto, sala" si presentò. "Inumaki é in turno?"





Y/N passò l'intero pomeriggio esattamente come aveva trascorso la mattinata: alzava il telefono, lanciava un'occhiata allo schermo, lo riappoggiava.

All'inizio stava per scrivergli direttamente: mandare un messaggio innocente, un 'ciao come va, allora per stasera', così, senza impegno. Come se non sapesse nulla, dopotutto lui non l'aveva mica avvisata, no?

Ovviamente, non appena suo fratello aveva avuto il sentore di qualcosa le aveva strappato il telefono di mano, e le aveva fatto una ramanzina di mezz'ora. E così, ora si stava facendo una incredibile violenza per trattenersi.

Erano quasi le sette, e prepararsi non avrebbe avuto alcun senso.

Però.

Perche dargliela vinta così?




Sukuna strinse il bavero del cappotto, rabbrividendo di freddo.

Buffo. Lui non aveva mai freddo.

Uraume era in piedi di fianco a lui, le braccia conserte. Il vento gli faceva svolazzare l'orlo del cappotto.

Fissavano entrambi il capannone dalla distanza di sicurezza di qualche decina di metri. Come esca avevano deciso di parcheggiare la macchina all'entrata - Sukuna si morse un labbro, sperando con tutto il cuore che non mirassero a lei.

"Ma qluando cazzo arrivano" mugugnò, lanciando un'occhiata all'orologio. Uraume si strinse nelle spalle, in silenzio.

Dall'altra parte dello stabile, Suguru si stava chiedendo per la quattrocentoventesima volta perché avesse accettato quel lavoro.

Lui era un teppista di strada, un bulletto di quartiere troppo cresciuto; il massimo che poteva fare era taglieggiare per il pizzo o far cantare qualche testimone, non di certo giocare agli 007 e stare appostato in un cespuglio per due ore.

Stiracchiò i muscoli, a disagio.

"Non dire una parola" lo anticipò Choso, fulminandolo con lo sguardo. "Non osare lamentarti ancora".

Geto roteò gli occhi, ma lasciò perdere. Doveva averne le palle piene anche lui, dopotutto.

Choso, in realtà, era più che altro preoccupato.

I suoi due fratelli erano appostati dentro il capannone, anche loro usati come esca per attirare Mahito e i suoi. Si sentiva immensamente in colpa per non essersi proposto per primo, ma quei due si buttavano sempre a capofitto in ogni situazione, e... Beh, riuscire a farli stare fermi in un cespuglio era assolutamente impossibile. Non aveva avuto alternative.

Lanciò un'occhiata all'orologio: per quanto tempo dovevano aspettare, ancora? I ragni avrebbero cominciato a fargli le ragnatele addosso.




"Secondo me dovresti uscire lo stesso".

Y/N mordicchiò la punta della matita con cui stava facendo le parole crociate. "Che intendi dire?"

Sentì Nobara sospirare dall'altra parte della cornetta. "Esattamente quello che ho detto. Esci, divertiti, guardati i fuochi. Con o senza di lui, cazzo te ne frega".

"Ma certo! In mezzo alla gente, da sola..." al solo pensiero rabbrividì. Era buffo, ma non c'era nulla di più doloroso che sentirsi soli in mezzo a mille altre persone.

"Ma chi ti ha detto di andare sulla collina? Vai in un posto tutto tuo, così non devi neanche vestirti e truccarti. Che ne so, la terrazza dell'Afterlife".

Gli occhi di Y/N, prima secchi dalle lacrime, si illuminarono.

"La terrazza, eh". Lo sguardo si spostò dal cruciverba al comodino - più precisamente al mazzo di chiavi abbandonato lì sopra. "Sai, non è una cattiva idea".






"Ho sentito qualcosa".

Choso si rizzó sulle ginocchia, tendendo le orecchie. "Proveniva da lá".

Geto alzò un sopracciglio, ma dovette ammettere che il compagno aveva ragione: il rumore del furgone si faceva via via più distinto man mano che si avvicinava. Premette sull'auricolare.

"Eso, Kechizu? Stanno arrivando".

Dall'altra parte del capannone, un sorriso sinistro si stava allargando sul viso di Sukuna. Uraume sentì una risata diabolica arrivargli alle orecchie.

"Si comincia, cazzo".

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NdA
Sí, la settimana scorsa non ho aggiornato. Sono andata a Napoli in vacanza e non ho avuto tempo di fare assolutamente niente. È stato molto... Stancante.

Beh. Detto ciò.
Finalmente ho chiaro in testa il finale. Sì, finora non ero del tutto sicura eheheheeee vabbè scusate

E niente, grazie  a tutti voi, che leggete, commentate, mi mandate messaggi, mi scrivete, mi votate... Grazie. Davvero.
Ogni volta che vedo il vostro interesse in questa storia mi si riempie il cuore. Vi voglio bene ❤️

Mako

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Fanfiction holdarah