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By KookSpook

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⚠️Storia originale di π™ˆπ™šπ™¨π™¨π™šπ™§π™ˆπ™€π™€π™£ su π€π¨πŸ‘βš οΈ 【A α΄Šα΄‡Ι’α΄œΚŸα΄œκœ± Fanfiction (/𝐖𝐨π₯𝐟𝐬𝐭𝐚𝐫/𝐉𝐒π₯𝐲/𝐃𝐨... More

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Chapter Twenty-Three
Chapter Twenty-Four
Chapter Twenty-Five
Chapter Twenty-Six
Chapter Twenty-Seven
Chapter Twenty-Eight
Chapter Twenty-Nine
Chapter Thirty
Chapter Thirty-One
Chapter Thirty-Two
Chapter Thirty-Three
Chapter Thirty-Four
Chapter Thirty-Five
Chapter Thirty-Six
Chapter Thirty-Seven
Chapter Thirty-Eight
Chapter Thirty-Nine
Chapter Forty
Chapter Forty-One
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Chapter Forty-Three
Chapter Forty-Four
Chapter Forty-Five
Chapter Forty-Six
Chapter Forty-Sevenβœ”οΈ
Chapter Forty-Eightβœ”οΈ
Chapter Forty-Nineβœ”οΈ
π‹πˆππ‘πŽ ππ”π€π“π“π‘πŽγ€π‚π‘πšπ©π­πžπ« πŸ“πŸŽγ€‘
Chapter Fifty-Oneβœ”οΈ
Chapter Fifty-Twoβœ”οΈ
Chapter Fifty-Threeβœ”οΈ
Chapter Fifty-Fourβœ”οΈ
Chapter Fifty-Six (Epilogue)βœ”οΈ
γ€βš οΈπƒπŽπ–ππ‹πŽπ€πƒβš οΈγ€‘

Chapter Fifty-Fiveβœ”οΈ

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By KookSpook

⚠️Storia originale di Messermoon su Ao3⚠️

Questa è solamente una traduzione, i diritti vanno tutti all'autrice/ore.
Fatemi notare errori.
—-

-Consiglio di ascoltare una qualche playlist, possibilmente triste, se siete maniaci come me-


Capitolo Cinquantacinque


⚠️TW/CW: Contenuti sessuali lievi
TW: Discussioni sulla SA (non grafiche)
TW: Morte di personaggi principali (multipli)⚠️


PARTE I: REGULUS


Tu eri... la parte migliore per me. Dell'essere qui. Di... essere.


Settembre 1972


Regulus guarda la stazione ferroviaria che passa fuori dalla finestra. Persone ed edifici si confondono mentre si allontanano da tutto ciò che conosce. Non riesce più a vedere Kreacher. Non lo rivedrà fino a Natale.

"Dai," Sirius lo spinge leggermente con il gomito. "Ti presento i ragazzi, ti piaceranno."

Regulus alza lo sguardo su Sirius e non crede di immaginare la tensione del suo sorriso. Le cose sono state... strane, da quando è tornato da scuola quest'estate. Ogni volta che parlano è come se ci fosse qualcosa che cercano di non dire, solo che Regulus non è sicuro di cosa sia. Sa solo che sta facendo attenzione. In punta di piedi non si avvicina alle loro conversazioni.

Non aiuta il fatto che Sirius abbia litigato di più con la madre. È colpa di Sirius che le sbatte in faccia il fatto di essere un Grifondoro. Per aver tirato in ballo James Potter ogni cinque secondi. Anche solo il pensiero di quel nome fa alzare gli occhi al cielo a Regulus. Quando Sirius non era in camera sua a scrivergli lettere, era in camera di Regulus a parlare di lui. La cosa era diventata così fastidiosa che un giorno Regulus si è arrabbiato:

"Se lo ami così tanto perché non vai a sposarlo maledizione."

Sirius aveva sbattuto le palpebre. "Cavolo Reg, scusami se ho degli amici."

Regulus non sa perché non riescano più ad andare d'accordo. Perché sentir parlare di Hogwarts abbia smesso di essere divertente e abbia iniziato a essere fastidioso. Vuole solo che le cose tornino alla normalità. Vuole che Sirius smetta di litigare con i loro genitori e di sembrare così deluso quando Regulus non vuole litigare con lui.

"Sono quasi certo che siano qui da qualche parte," borbotta Sirius mentre si fanno strada lungo il vagone del treno, schiacciandosi contro il muro per permettere agli altri studenti di passare. Regulus vorrebbe disperatamente chiedere a Sirius se possono sedersi da soli, ma sa già che la risposta sarà 'no' e non vuole sopportare il dolore di sentirselo dire.

"Ah, sì, sembra la risata di James."

Lo stomaco di Regulus ha un sussulto. "Sirius—"

Ma Sirius sta già spalancando la porta, liberando un turbinio di voci giovani.

"Ragazzi," Sirius allarga le braccia. "Sono arrivato."

"Era ora maledizione!"

Un ragazzo dai capelli castani e selvaggi si alza dal suo posto e subito dopo stringe Sirius in un abbraccio. Porta un paio di occhiali, leggermente sbilenchi sul naso, e i suoi occhi ricordano a Regulus il colore del ruscello vicino alla loro casa in Scozia.

Nello scompartimento ci sono altri due ragazzi, entrambi con i capelli più chiari, uno dei quali ha una cicatrice orribile che gli attraversa il viso. È il primo a stabilire un contatto visivo con Regulus, che è ancora in piedi qualche metro dietro il fratello nella porta aperta. Il ragazzo sfregiato sorride. Regulus non ricambia il sorriso.

Dopo alcuni minuti in cui Sirius e il ragazzo occhialuto scherzano a vicenda—ridendo e blaterando e spingendo e spintonando—finalmente Sirius sembra ricordarsi che Regulus è lì.

"Lui è Reg comunque," sorride quando lo dice, Regulus pensa che forse è un buon segno, passa un braccio intorno alle spalle di Reg e lo stringe. "Reg, questi sono i ragazzi—Remus," Fa un cenno verso lo sfregiato che saluta Regulus, ma Regulus non sa se sarebbe strano per lui ricambiare o meno, quindi si limita a tenere le mani in tasca. "E questo è Peter."

"Ciao," dice Peter senza alzare lo sguardo dalle carte della rana di cioccolato che ha in grembo.

"E James."

James.

Regulus ha sentito quel nome così tante volte che gli sembra di averlo impresso a fuoco nel cervello. Ogni volta che viene pronunciato gli viene l'amaro in bocca. Ma ora, quando si volta verso il ragazzo di fronte a lui, i loro occhi si incontrano per la prima volta.

E il cuore di Regulus ha un singhiozzo nel petto.

Tutto diventa silenzioso.

È sicuro che sia l'antipatia a far vibrare tutte le parti più tenere di lui.

È sicuro che sia l'amarezza che gli ribolle nello stomaco.

Sicuramente è il fastidio che gli fa tremare la mano quando la porge al ragazzo più grande senza alcun motivo che gli venga in mente.

"Ciao," dice a James Potter, guardandolo con un sorriso divertito.

"Ciao," ride a mezza voce mentre stringe la mano di Regulus. Regulus non capisce cosa ci sia da ridere, ma non è... insolito per lui sbagliare in momenti come questo. Non ha mai avuto il talento di Sirius per affascinare le persone.

La stretta di mano di James è solida senza essere prepotente. Il suo palmo è caldo quando preme contro quello di Regulus. E il suo cuore lo fa di nuovo.

Singhiozzo.

Singhiozzo.

Singhiozzo.

"Rilassati Reg, non è una cena, non c'è bisogno di essere così formali," dice Sirius mentre James Potter si allontana e tutti si accoccolano ai loro posti.

Il ragazzo sfregiato è accanto a Regulus, il viso immerso in un libro, l'altro biondo organizza le sue carte in pile meticolose. Sirius e James cadono subito in una facile conversazione. Parlano troppo velocemente e usano troppe battute interne perché Regulus possa seguirli.

James Potter non lo guarda più.

E Regulus lo odia.

Lo odia.

Lo odia.

Flette la mano che ha stretto. Come se sentisse ancora il tocco di James.

Lo odia.

Lo odia.

Lo odia.


Settembre 1975


È già abbastanza imbarazzante che Regulus sia finito in questa situazione—inchiodato al muro da quel fottuto di Nicolai Mulciber, un ragazzo che non saprebbe uscire da un sacco di carta. Ma la situazione diventa ancora più mortificante quando James Potter gira l'angolo. Regulus non sa cosa abbia fatto per far arrabbiare l'universo, ma vorrebbe che ogni tanto gli desse un po' di tregua.

Non che Potter lo guardi naturalmente—non lo fa mai. La cosa più irritante è che Regulus è abbastanza sicuro che non lo faccia apposta. Regulus semplicemente non è registrato da James Potter. Almeno finché non fa qualcosa che Potter ritiene degno di condanna morale. Non è parsimonioso con la sua rettitudine.

"Hai un appuntamento sexy con la Piovra Gigante Mocciosus?"

Potter ha appena parlato prima che Mulciber sobbalzi all'indietro, lasciando andare Regulus che cade a terra, le corde incantate che gli avvolgono braccia e gambe. Potter ha un'aria insopportabilmente compiaciuta, ma poi, del resto raramente ha un'aria diversa.

"Fottuto Potter—"

"Expelliarmus!"

Regulus osserva il caos che ne consegue con lieve interesse. Irritato con se stesso per essere rimasto impressionato dalla capacità di Potter di affrontare tre avversari contemporaneamente. Pensare a qualcosa di positivo su Potter sembra sempre il più profondo tradimento di sé stesso. Ma d'altronde non è mai stato una persona particolarmente leale.

"Spero solo di essere lì a vederlo."

"Vedere cosa?"

"Vederli distruggerti."

Regulus indietreggia, anche se nessuno gli presta abbastanza attenzione da notarlo. Lui ne sa qualcosa di essere distrutto. Osserva la confusione sul volto frustrantemente bello di James Potter e sente il solletico di un altro pensiero traditore—spera che Piton si sbagli. Potrebbe trovare stancante l'indignazione morale di James Potter, ma non riesce a immaginare il ragazzo dai capelli disordinati senza di essa. Un James Potter distrutto è semplicemente innaturale.

"Vuoi questa?" Potter solleva la bacchetta di Avery, facendola roteare tra le dita.

"Lo sai che la voglio, cretino."

Potter annuisce. "Bene okay allora," si riavvolge il braccio e butta la bacchetta all'altro capo del corridoio.

"Bastardo!"

"Vai cagnolino, vai a prendere."

Ringhiando, Avery si lancia all'inseguimento della bacchetta.

"Hey!" Mulciber grida. "Hey aspetta—cazzo—per tette di Merlino, aspetta!"

In quel momento il volto di Jame Potter si spalanca, la gioia gli illumina gli occhi mentre inizia a ridere. Regulus abbassa lo sguardo. C'è qualcosa di troppo luminoso in Potter. Regulus non sa come sopportarlo. Si trova molto più a suo agio nell'ombra.

Ma poi—

"Regulus?"

È una risposta automatica, alzare lo sguardo, i suoi occhi grigi si scontrano con un colore vivido.

James Potter lo sta guardando.


Ottobre 1975


È ubriaco.

Il che è stupido da parte sua.

La gente fa cose, e dice cose, non dovrebbero quando si è ubriachi. E la lista delle cose che Regulus non dovrebbe fare o dire è più lunga di quella della maggior parte delle persone. Si disse che non sarebbe salito alla Torre di Astronomia stasera. Si era detto di rimanere a quella cazzo di festa. Si era detto che James non ci sarebbe stato—perché avrebbe dovuto?

Eppure.

Eppure.

In qualche modo Regulus si ritrova a salire i gradini tortuosi, spingendo la pesante porta di legno, a pochi metri da un raggiante James Potter, che ha un aspetto così bello da far dolere il petto di Regulus.

A dire il vero, stare vicino a James fa sempre male a Regulus.

Non desidera altro che toccarlo. Nemmeno in senso sessuale. Vuole solo sapere se è caldo e robusto come sembra. Così morbido. Vuole solo passare le dita tra i capelli di James, lungo la sua guancia, lungo le colline e le valli di ciascuna delle sue dita. Vuole adorarlo.

Probabilmente non è normale.

Le cose che Regulus vuole raramente lo sono.

"Ti siedi o...?"

Regulus sbatte le palpebre, la voce di James riporta i suoi pensieri da ubriaco al presente. "Giusto," annuisce tra sé e sé. "Giusto. Sì."

È difficile concentrarsi, così vicino a James, anche quando non è ubriaco. I suoi occhi scendono sempre verso la bocca di James, come se avesse una sorta di attrazione magnetica. Merlino questa è stata una pessima idea. Tutto il suo corpo è in fibrillazione per l'adrenalina del gioco. L'adrenalina di avere l'attenzione totale di James Potter. Si sente fuori controllo.

"Sei stato brillante oggi," dice James, Regulus è praticamente in braccio a lui, abbastanza vicino da poter vedere le piccole macchie d'oro negli occhi di James.

Bellissimo.

Ogni centimetro di lui.

"Sì?" è tutto quello che riesce a dire, sperando che James non si accorga di quanto sembra senza fiato.

"Quella finta? È stata bellissima Reg, davvero. Io—Dio guardandoti ho—come ho fatto a non accorgermene prima? Come ho fatto a non accorgermi di che cazzo di stella sei?"

Regulus sbuffa. "Letteralmente."

"Già," dice James senza sarcasmo. "Sì, ma lo sei però."

Non se lo merita. Sa di non meritarlo. L'adorazione nella voce di James, la gentilezza nei suoi occhi, non è giusto che Regulus faccia questo. Lasciare che James si faccia prendere dal ragazzo che Regulus potrebbe essere, invece che da quello che è. Contorto e nodoso e marcio. Destinato a deluderti. Ad allontanarsi quando hai più bisogno di lui.

Ma è troppo egoista e troppo ubriaco per fare la cosa giusta. Gli occhi di James gli bucano il petto.

"Immagino che non stessi guardando," dice Regulus alla fine.

James fa una pausa, e Regulus si chiede se sia stata una cosa stupida da dire fino a; "Forse. Ma ora sto guardando."

Sa che è meglio.

Meglio che lasciare che i suoi occhi sfiorino di nuovo le labbra di James.

Meglio che lasciarsi sporgere in avanti.

Quattordici anni e Regulus non ha mai baciato un ragazzo.

È stato baciato.

Ma non è la stessa cosa.

Le loro labbra si incontrano e tutto dentro di lui tira un sospiro di sollievo.

Oh sì, oh ti prego, proprio qui. È qui che sono destinato a stare. Dove avrei dovuto essere da sempre. Tra le sue labbra. Sotto i suoi denti. Oh, ti prego, oh ti prego, oh ti prego.

È ubriaco.

Così ci mette troppo tempo a notare che James non si sta muovendo.

Quando si ritrae giura di vedere l'orrore negli occhi di James e tutti i buoni sentimenti che si erano fatti strada in superficie si spaccano e crollano. Improvvisamente si sente come se fosse sobrio da morire. Si alza di scatto, tutto il corpo gli trema. Ha mandato tutto a puttane, ovviamente. Non poteva accontentarsi di quello che aveva—delle loro conversazioni, della loro amicizia nascente. Doveva prendere di più.

"Mi dispiace. Cazzo, cazzo, mi dispiace non—non volevo." Indietreggia verso la porta, le mani davanti a sé. Aspettando la rabbia. La violenza. "Giuro che non volevo—" Si strozza, sente le lacrime salirgli agli occhi.

Non piangerà davanti a James Potter, non lo farà. Senza un'altra parola si gira e scappa.


Novembre 1975


"Per le palle di Merlino—scusi professoressa—ma James Potter ha appena rubato la Pluffa!"

Oggi James è su un altro livello. Gioca sempre bene—questa partita è eccezionale. Sta facendo cose terribili al cuore di Regulus.

"Odio Potter cazzo," borbotta Barty accanto a lui.

"Tu odi solo il fatto che non sia nei Serpeverde," dice Evan dall'altra parte di Regulus, sporgendosi in avanti sulla ringhiera. Ha passato più tempo a guardare le ragazze del sesto anno sotto di loro che a guardare la partita.

"È un esibizionista," Barty guarda il cielo mentre James attraversa il Campo a tutta velocità, una Pluffa rubata in mano. Non che Barty abbia torto, James è un orrendo esibizionista. Ma riesce ancora a fare mosse che Regulus ha visto a malapena tentare da professionisti.

"Sembri amareggiato Barty caro," canta Evan. E poi, dando una gomitata a Regulus; "Credi che potremmo corrompere Potter per fargli cambiare casa? Tu e lui nella stessa squadra?" Emette un fischio basso. "Saremmo fottutamente inarrestabili."

Regulus fa del suo meglio per ignorare ciò che quell'idea gli provoca allo stomaco. Troppo vicina alle fantasie che a malapena si permette di riconoscere. "Potter? James Potter? Lasciare Grifondoro?" È quello che dice. "Non in questa vita. E poi, è già ricco, non credo che i soldi siano un incentivo per lui."

"Ugh, va bene, immagino che dovrai vincere tu tutto da solo allora."

Regulus sorride.

Ne ha tutta l'intenzione.

"Un altro gol per Grifondoro!"

Gli spalti si scatenano, il loro tifo riecheggia in tutto il Campo. E James, da persona ridicola qual è, decide di volare verso di loro e iniziare a dare il cinque, come una sorta di re benefico.

"Che diavolo è questo!" Barty punta un dito arrabbiato in direzione di James. "Non può essere permesso! È una fottuta penalità—scarsa sportività!"

Evan e Regulus lo guardano entrambi.

"Non so se dovremmo più portarlo alle partite di Quidditch," dice Evan mentre guardano il volto di Barty diventare rosso per l'indignazione. "Penso che sia dannoso per la sua salute—hey, Barty, respira okay amico? Andrà tutto bene."

"È un palese favoritismo!"

"Pensavo che ti piacesse il favoritismo?" Chiede Evan, e Reg sta per dirgli di darci un taglio, perché Barty sembra davvero che possa avere un ictus o qualcosa del genere, ma viene interrotto:

"Signor Potter," la voce della McGranitt arriva dagli altoparlanti. "La smetta di fare lo sbruffone e prenda immediatamente posizione in Campo."

Regulus non riesce a distinguere l'espressione di James a questa distanza ma giura di sentirlo sorridere, la gioia che emana da lui. Regulus soffoca l'insensato calore che tenta di affiorare nel suo stomaco. Qualunque cosa sia questa cosa con Potter, deve tenerla a freno. Costruire dei muri intorno ad essa. Non può infiltrarsi così nella sua vita di tutti i giorni.

"Finalmente cazzo," brontola Barty sottovoce.

Il gioco riprende, Macdonald si impossessa della Pluffa e corre verso i pali. Di questo passo non importa nemmeno se Corvonero prenderà il Boccino.

"E Grifondoro è di nuovo in possesso!" Dice la voce estasiata dell'annunciatore. "Potter e Macdonald stanno prendendo in giro le difese dei Corvonero in questa partita. E sembra che—oh merda!"

Il Bolide spunta dal nulla.

E anche se sa che non può essere vero, Regulus giura di averlo sentito scontrarsi con il cranio di James. Il 'crack' gli risuona nel petto.

"James," il nome gli esce involontariamente. Per fortuna la folla è abbastanza rumorosa da non farsi sentire da nessuno.

"Porca puttana, questo gioco si è appena fatto interessante," dice Evan, sporgendosi così tanto dalla ringhiera che la mano di Regulus scatta per afferrare il retro della sua camicia senza nemmeno pensarci.

"Cazzo se gli sta bene," aggiunge Barty dall'altra parte di Regulus.

Regulus li sente appena. Tutto il suo corpo si raffredda mentre guarda James cadere. Andiamo, pensa, guardandosi intorno e cercando di individuare la McGranitt. Fate qualcosa! Salvatelo!

C'è il caos—nella folla, nella sua testa, sul Campo.

Fanculo.

Regulus prende la bacchetta—non gli importa di come sembrerà, di cosa dirà la gente, non ha intenzione di lasciar cadere James. La sua mano trema mentre avvolge l'impugnatura.

"Ecco il Battitore di Grifondoro, Sirius Black, in soccorso," dice l'annunciatore mentre Sirius travolge James tra le braccia, mantenendo a malapena l'equilibrio. "Un bel gesto eroico, anche se il colpo sembrava piuttosto forte, Potter non sembra essere cosciente."

Regulus espira mentre guarda Sirius atterrare sul Campo e Madama Hooch correre loro incontro. Ma la pressione nel suo petto non fa che aumentare quando James viene fatto levitare fuori dal Campo, ancora privo di sensi. Ogni centimetro di Regulus desidera andare con lui.

Starà bene,

dice a se stesso.

È James Potter.

Sta sempre bene.

Sta ancora tremando, ha ancora la sensazione di stare per vomitare. Come se non riuscisse a respirare finché non riesce a toccare James. Per assicurarsi che stia bene.

Merlino quando è successo?

Quando ha iniziato a preoccuparsi così tanto di questo fottuto idiota? Una cotta è una cosa, ma questo? Cosa diavolo è questo sentimento? Non vuole pensarci troppo, per paura di quello che potrebbe scoprire.

Si rende conto, all'improvviso, che sta ancora afferrando l'impugnatura della bacchetta e la lascia andare, le guance arrossate dall'imbarazzo anche se nessuno se n'è accorto—e anche se l'avessero fatto non avrebbero saputo cosa aveva intenzione di fare.

Regulus non sarà mai quello che salverà James.

A prenderlo quando cade.

Quello sarà sempre Sirius.

Si pensa che Regulus abbia già imparato i loro ruoli.

In qualche modo contorto si chiede se tutto questo pasticcio con Potter sia stato un esercizio di autoflagellazione. Farsi coinvolgere da un ragazzo che sa di non poter tenere. Un ragazzo che apparterrà sempre a suo fratello. In qualche modo Regulus è riuscito a trovare un altro modo per rendersi la riserva.

"Reg? Reg?" Evan gli dà un'altra gomitata e Regulus sbatte le palpebre rendendosi conto di aver appena fissato il vuoto nell'ultimo punto in cui era riuscito a vedere James.

Evan lo guarda con curiosità mentre i giocatori riprendono posto.

"Stai bene?"

"Sì," si schiarisce la gola, cercando di sembrare più sicuro di sé. "Sì bene."

Il fischio suona.


Dicembre 1975


Era da un po' che voleva portare James nella Stanza, ma aveva... paura. Come se questo rendesse più reale qualsiasi cosa stiano facendo. Aumenta le cose. Lo vuole e allo stesso tempo vuole fuggire da tutto questo. Sa che sta giocando con il fuoco. Non sa quando allontanarsi per evitare di bruciarsi. Spera che se tutto dovesse andare a fuoco James ne esca bene.

"Regulus," c'è un avvertimento nella voce di James.

"Il letto è qui per un motivo Potter," spinge James contro di esso finché il materasso non gli taglia le ginocchia, facendolo sedere.

"Non significa che dobbiamo fare qualcosa," ma lo sguardo di James dice che vuole farlo. Scuro e un po' disperato. Quello sguardo di solito fa venire il voltastomaco a Regulus. Ma su James... su James fa qualcosa di diverso.

"Questo l'hai messo assolutamente chiaro," Regulus si mette a cavalcioni sui fianchi di James, una mano sul suo petto, spingendolo verso il basso. Poi si ferma, si libra sopra di lui, lasciando che la paura in lui si accenda e si spenga. È lui che ha il controllo, ricorda a se stesso. Tutto ciò che accade dipende da lui.

James lo fissa, mordendosi il labbro inferiore, sembrando incerto.

"Sto dicendo di sì James," le sue dita giocano con il colletto della camicia di James. "Ma ci sono—ho—delle regole." Cerca di non trasalire, anche se odia il modo in cui suona. Esporre le sue debolezze in modo così esplicito.

"Okay," dice James, come se non gli importasse. Come se non fosse qualcosa di cui vergognarsi. "Tutto quello che vuoi."

A Regulus fa male il petto.

"Non—" Deglutisce a fatica, "non toccarmi."

Le mani di James si staccano immediatamente da dove avevano stretto la vita di Regulus e quasi ride. Soprattutto per l'assoluta sincerità sul volto di James.

"Non così, voglio dire—" Ma la sua voce si interrompe senza il permesso di Regulus. Incapace di dirlo ad alta voce. Di essere esplicito.

C'è una pausa e poi: "Oh," dice James. "Okay, certo."

"Sì?"

James annuisce. "Sì Regulus, sì."

Regulus non sa se gli piace davvero il sesso. Non è sicuro che gli sia mai... piaciuto. Non è che non ci pensi, certo che lo fa. Ma quando si tratta di farlo davvero lo ha sempre lasciato... qualunque sia la sensazione che si prova dopo aver fatto un bel pianto? Stanco. Delicato. Qualcosa del genere.

Toccare James è diverso. Vuole baciare ogni centimetro di lui, vuole tirare fuori da lui quei piccoli rumori di respirazione. Sente James fremere sotto le sue mani e qualcosa di caldo lo attraversa. Non ci è abituato. Cerca di non avere paura.

Gli piace quando James inizia a perdere il controllo. Gli piace quando si rovescia nella sua bocca. Gli piace sapere di averlo fatto. Che ha fatto sentire qualcuno... bene. Gli piace che James non cerchi di togliergli i pantaloni.

"Vieni," James lo fa raggiungere. Regulus non se lo aspetta e si blocca, non sapendo cosa stia succedendo. Di cosa stia per succedere. Tuttavia, permette a James di tirarlo giù sopra di sé, gli permette di dargli baci sporchi e a bocca aperta sulle labbra. Anche questo sorprende Regulus. Non si aspettava che volesse farlo... dopo.

La sua pelle sta provando quella sensazione di eccessiva tensione che ha di solito in momenti come questo, come se da un momento all'altro dovesse aprirsi, come se non avesse abbastanza spazio per respirare. Cerca di allontanarla. Ti prego, ti prego, lasciami in pace. Lo voglio, lo giuro. Ma non funziona, non funziona mai.

"Ho bisogno di un minuto," ansima, ma James lo lascia subito. Regulus si lascia cadere sul materasso accanto a lui, cercando di tenere sotto controllo il respiro.

"Sei sicuro di non volere—"

Regulus stringe gli occhi e scuote la testa. James non insiste, non chiede spiegazioni, invece Regulus sente il rimescolio delle coperte e quando riapre gli occhi James è sulla schiena, lo sguardo rivolto al quadro sopra le loro teste.

"Chi sono?"

Regulus sbatte le palpebre, voltandosi verso il soffitto.

"Quello è Achille," indica l'eroe che sta drammaticamente allontanando tutti, "e quello è Patroclo," il corpo pallido tra le sue braccia.

"È morto sì? Pat—row—come—si—chiama?"

Regulus si morde l'interno della guancia, cercando di trattenere un sorriso per la terribile pronuncia di James.

"Patroclo. E sì. È morto," non sa bene perché quell'affermazione gli sembri così pesante. Come una maledizione. Un cattivo presagio. Il cadavere di Patroclo seduto, all'improvviso, nel letto con loro. Prima che Regulus possa pensarci meglio si sente parlare di nuovo: "Erano amanti. Si conoscevano da una vita, combattevano l'uno accanto all'altro. Erano inseparabili."

Il suo respiro si è calmato e si chiede se James l'abbia fatto apposta a fare domande. Se in qualche modo sapeva che avrebbe distolto la mente di Regulus da ciò che avevano appena fatto. Su quanto fosse vulnerabile, steso lì in bella mostra. O forse era solo una coincidenza.

"Che cosa è successo?" Chiede James.

Regulus sbatte le palpebre, riportando l'attenzione sul dipinto, "Patroclo decise di fare qualcosa di stupido e nobile, si fece uccidere. Questo ha distrutto Achille, dopo ha praticamente perso la testa. All'inizio si rifiutò di seppellirlo, e quando finalmente lasciò che bruciassero il corpo fece promettere ai suoi uomini che quando sarebbe morto avrebbero mescolato le sue ceneri con quelle di Patroclo, in modo che potessero stare insieme."

James emette un fischio basso. "Accidenti Reg, questa è la storia più deprimente che abbia mai sentito."

Regulus ride, gli piace il modo in cui gli occhi di James si illuminano e le sue guance si arrossano un po'. James Potter arrossisce raramente quindi è uno spettacolo quando succede. "È—sì—sì un po'. Ma, non so. Si amavano. Si amavano più di ogni altra cosa al mondo, più del potere, più della gloria, più della vittoria in guerra. Non l'ho mai visto nella vita reale—non ho mai visto persone che amano come se niente fosse. Fa male ma... in senso positivo, sai?"

Ora si guardano l'un l'altro senza riserve. Nessuno distoglie lo sguardo, nessuno gira la testa di lato. Regulus si sposta in avanti, colmando la distanza tra loro.

"Sì," dice James dopo un attimo, allungando una mano per sistemare un ricciolo scuro dietro l'orecchio di Regulus. "Sì lo so."


La mattina dopo, dopo un breve turbinio di confusione e caos, James si ferma sulla porta mentre sta uscendo e si volta verso Regulus, le pieghe delle lenzuola ancora evidenti sul viso. Tutto ciò che lo riguarda è così morbido che quasi spaventa Regulus. Vuole proteggerlo. Vuole tenerlo con sé.

Stupido.

"Stai bene?" James chiede, come se volesse davvero saperlo. La domanda fa uscire Regulus dai suoi pensieri.

"Sì James," dice lentamente, spaventato da quanto sia sincero. "Sì, sto bene. Potrei anche essere felice, se riesci a crederci."

Il sorriso di James è così luminoso che fa quasi male guardarlo. Ma Regulus lo fa. Cerca di imprimerselo nella memoria, cerca di fare in modo che non lo dimentichi mai.

"Buon Natale Regulus."

"Buon Natale James."

Ti amo, pensa Regulus impotente, guardando la porta che si chiude.

Ti amo.

Ti amo.

Ti amo.


Solo—la parte migliore.


PARTE II: REMUS


Quando torna a casa l'appartamento è vuoto.

Per un attimo rimane lì, accartocciato contro la porta, a fissare le stanze buie. Sa che è irrazionale, il brivido di paura che gli attraversa immediatamente il petto. Non c'è motivo di aspettarsi che Sirius sia lì. Ma non riesce a fermare i pensieri nervosi.

E se fosse successo qualcosa?

Come faresti a saperlo?

Alla fine si costringe a muoversi, il corpo pesante mentre inizia a disfare le valigie—che consistono principalmente nello scaricare il contenuto del suo piccolo borsone nel cesto dei vestiti sporchi nell'angolo della loro stanza.

Il letto è sfatto, un bicchiere d'acqua mezzo finito accanto, le cose di Sirius sparse sul pavimento. Raccoglie una maglietta di Sirius e se la stringe al petto per un tempo che ritiene sufficientemente patetico, e poi va in cucina a farsi una tazza di tè. Ci sono piatti sporchi nel lavello, una bottiglia di Whisky Incendiario quasi vuota sul bancone. Remus fa una smorfia.

Prende la bottiglia, tenendola tra le mani, chiedendosi se debba preoccuparsi. Che è una domanda stupida. Perché con Sirius la risposta è sempre sì. Chiude brevemente gli occhi, stringendo le mani.

"Mi dispiace," sussurra.

È passato troppo tempo. Troppo tempo senza vederlo o sentirlo o ridere con lui. A Remus viene voglia di strapparsi la pelle. Abbassa lo sguardo sulla bottiglia un'ultima volta prima di riporla sul bancone. Gira un po' per l'appartamento prima di costringersi a sedersi sul divano con un libro. Sono quasi le otto, sicuramente Sirius tornerà presto?

Remus può aspettare.


Sono le voci forti della strada fuori a svegliarlo. Il libro che aveva fatto un patetico tentativo di leggere gli scivola dalle ginocchia e cade a terra mentre Remus scatta in piedi, la schiena e il collo irrigiditi. Sbatte le palpebre contro la luce che entra dalla finestra—si è addormentato sul divano. Sirius non deve aver voluto svegliarlo.

Oppure era troppo arrabbiato per farlo.

Remus scaccia quel pensiero e si strofina il viso prima di alzarsi e trascinarsi in camera da letto. Si aspetta di trovare Sirius, morto per il mondo, forse anche russando, ma non è così. I suoi piedi balbettano quando entra nella camera da letto e la trova proprio come l'aveva lasciata—vuota. Buia.

I pensieri nervosi si fanno più forti.

C'è qualcosa che non va qui.

Remus non si preoccupa di cercare di sistemarsi—non si preoccupa di lavarsi i capelli o i denti, di fare la doccia, o di cambiarsi i vestiti. Si sente stordito mentre si muove nell'appartamento verso il camino. La voce gli trema quando chiama 'Godric's Hollow.'

Sicuramente se fosse successo qualcosa Moody e Silente glielo avrebbero detto? Giusto? Se fosse successo qualcosa a Sirius qualcuno glielo avrebbe detto? Non lo avrebbero lasciato con un appartamento vuoto? James o Peter o Lily o Marlene o Dorcas o Frank—qualcuno glielo avrebbe detto.

Il camino di fronte a lui tremola per qualche istante, abbastanza a lungo da far temere a Remus che nessuno risponda finché finalmente appare il volto di James, gli occhi si spalancano alla sua vista.

"Remus!" Dice, sorpreso.

"Non è qui," sbotta Remus, nel modo meno articolato per esprimere ciò che sta cercando di dire. "Non è tornato a casa ieri sera e non so dove sia, non c'è nessun biglietto o altro, e non sono sicuro di quanto sia stato via ma mi sembra che forse sia passato un po' di tempo e non so nemmeno da dove cominciare—"

"Woah, woah," James alza le mani. "Calma, Sirius sta bene. È venuto da me."

"Oh grazie a Dio," Remus lascia uscire un respiro che non sapeva di aver trattenuto, la testa si abbassa per un minuto mentre cerca di riportare il battito a un ritmo normale.

"Stai bene?" James lo chiede gentilmente.

Remus gli offre un debole sorriso quando finalmente riesce ad alzare lo sguardo. "Mi sono spaventato tutto qui," l'imbarazzo comincia a farsi sentire—è bastata una notte perché Remus perdesse completamente la calma. "Sono un po' paranoico credo."

James gli rivolge uno sguardo comprensivo. "Credo che lo siamo tutti, onestamente."

"Cosa sta—" Remus si prende un minuto, cercando di sforzarsi di sembrare meno frenetico. "Perché è venuto da te?" Si rende conto appena posta la domanda di quanto sia stupida. Sa che Sirius impazzisce a stare da solo nel loro appartamento.

Qualcosa di complicato si accende sul volto di James. "Dovresti—uh—dovresti venire Moons," c'è una pausa, la bocca di James si apre e si chiude come se non riuscisse a capire cosa dire, alla fine si limita a sospirare. "Voi due dovreste... parlare."

Remus annuisce, sperando che il gesto non tradisca quanto si senta vacillare.

"Va bene, sì, io—dammi qualche minuto per fare la doccia e cambiarmi e arrivo subito, okay?"

Il sorriso di James non raggiunge gli occhi. "Sembra una buona idea amico."

Remus cerca di non leggerci troppo dentro.


Quando mezz'ora dopo Remus attraversa il camino per entrare nel piccolo cottage trova James ad aspettarlo. È appoggiato alla scrivania del padre, le mani nelle tasche dei pantaloni. Remus è sorpreso dalla sua vista. Sembra... esausto. Borse sotto gli occhi, pelle incandescente, un evidente cedimento delle spalle.

"Hey Moons," dice, un altro di quei sorrisi tremolanti, come se James fosse una candela che sta per spegnersi.

Remus inciampa in avanti. "Che cosa è successo?" Chiede, troppo spaventato per preoccuparsi dell'incrinatura della sua voce.

James fa una smorfia. "Andiamo, Pete e Sirius sono in salotto," e con questo si allontana dalla scrivania e inizia a camminare verso la facciata della casa, Remus non può fare altro che seguirlo. Pensa che questo deve essere un sogno, tutto sembra un po' strano, un po' irreale. Inizia a contare le dita.

"Quella mossa è illegale!" Grida Peter, lui e Sirius seduti ai lati opposti del tavolino, una partita a scacchi Magici tra loro.

"Non lo è," dice Sirius, guardando con un sorrisetto uno dei pezzi di Peter che viene ridotto in frantumi dalla sua torre. "Credevo che tu fossi bravo in questo gioco?"

Peter sbotta. "Mi informo, non è possibile che sia consentito," allunga una mano nella scatola vuota sul pavimento, estraendo un piccolo opuscolo e lo sfoglia immediatamente.

"Se fosse illegale i pezzi non l'avrebbero fatto."

Peter si schernisce. "Lo farebbero se fossero anche loro degli sporchi imbroglioni."

"Cosa?! Peter! Come osi suggerire una cosa del genere! Questi sono alcuni dei pezzi di scacchi più onorevoli in circolazione," Remus giura che vede Sirius fare l'occhiolino alla sua Regina. Gli si stringe il cuore, ricorda così tanto il ragazzo con cui è cresciuto. Di cui si era innamorato.

James si schiarisce la gola. "Ragazzi," dice.

Entrambi guardano in alto, gli occhi di Sirius incontrano quelli di Remus e poi tornano immediatamente alla scacchiera.

"Oh woah, hey Remus! Quando cazzo sei tornato?" Chiede Peter.

"Uh—" Lui fissa Sirius, desiderando che alzi di nuovo lo sguardo, ma non lo fa. "Ieri sera. Non mi ero accorto che fossero tutti qui," cerca di fare un sorriso a Peter ma non ci riesce.

"Sì, ci siamo trasferiti in modo non ufficiale da quando—"

"Pete," lo interrompe James. "Vuoi aiutarmi a preparare il pranzo?"

Peter sbatte le palpebre. "Non ordiniamo il cibo da asporto come sempre?"

"Non oggi."

Gli occhi di Peter passano da Remus a Sirius e poi di nuovo a James. "Oh," dice, lasciando cadere rapidamente il regolamento tra le mani e alzandosi in piedi. "Giusto. Sì, okay. Andiamo."

Remus si sente come se da un momento all'altro stesse per crollare sotto il peso di tutto ciò che non è stato detto in questa stanza. James gli stringe la spalla mentre sta uscendo, Peter chiacchiera al suo fianco sui tecnicismi degli scacchi.

Remus non ha idea di cosa fare, di cosa dire. Così finisce per rimanere lì, in mezzo alla stanza.

"Sirius—"

"Hai fatto buon viaggio?" Sirius lo interrompe, punzecchiando uno dei suoi cavalieri. "Ovunque tu sia andato."

Remus non sa come rispondere. Le cose erano andate bene tra loro, quando lui era partito. La loro vetta più alta da mesi onestamente. Dopo la visita a Charlotte sembrava che un po' di risentimento fosse svanito, come se non dovessero stare così attenti l'uno all'altro. Non sa cosa sia cambiato.

"È stato..." Si interrompe. "Non lo so. È stato e basta. Sirius ti prego, dimmi cosa è successo? Non capisco cosa stia succedendo."

Per come sono in piedi Remus riesce a vedere solo una parte del viso di Sirius. Ma riesce comunque a leggervi il pericolo. Qualcosa di appena trattenuto. Sirius continua a giocare con le pedine degli scacchi di fronte a lui, spingendole e spintonandole e in generale incitandole.

"Regulus è morto."

Lo dice con una voce così vuota che Remus quasi non capisce. Ripassa le parole più volte, cercando di dargli un senso.

"Cosa?"

"Sì."

Sirius continua a non alzare lo sguardo.

Remus ha la sensazione che la realtà gli stia scivolando tra le dita. Deve essere davvero una specie di sogno. Ha appena visto Regulus. L'ha appena trascinato fuori dal Ministero.

Nella mente di Remus balza l'immagine sgradita di un ragazzino in piedi dietro Sirius sul treno. Sembrava così preoccupato, non parlava quasi con nessuno di loro. Si rannicchiava su se stesso appena si sedeva, come se avesse paura di occupare troppo spazio. Ora che ci pensa, James potrebbe essere stato l'unico a cui Regulus ha rivolto una sola parola quel giorno. Forse c'era qualche prefigurazione in questo, Remus non lo sa.

"Come?" Riesce finalmente a chiedere.

Sirius scruta il suo Re, la minuscola figura di pietra che si sparpaglia sulla scacchiera. "Si è tirato indietro. Si è fatto prendere. Voldemort si è occupato di lui. Non ha lasciato nemmeno il cazzo di corpo quando ha finito."

"Nessun corpo?" Remus si sente male.

Un ragazzino con gli occhi grigi spalancati e la bocca accigliata.

"No."

Un ragazzino che sta sempre all'ombra del fratello.

Remus non sa cosa dire. Cosa fare. Vorrebbe muoversi, scendere a terra con Sirius e prenderlo in braccio ma in qualche modo non gli sembra giusto. Così rimane al suo posto.

"Quando l'hai scoperto?"

"Circa una settimana fa."

Una settimana. Remus sente il viso svuotarsi di colore. Sirius è stato seduto con questo, affrontando questo, per una settimana. Senza di lui. Sembra di essere tornati a Fleamont.

"Sirius, mi dispiace tan—"

Sirius si alza, facendo quasi cadere la scacchiera dal tavolo. "Vado a vedere se hanno bisogno di aiuto per il pranzo," dice, infilandosi le mani nelle tasche dei pantaloni mentre si avvia verso la porta.

"Sirius—"

Ma non si ferma, mantiene un'espressione vuota mentre si spinge fuori dalla stanza, Remus ascolta il suono lontano delle voci lungo il corridoio.

"Cazzo," si accascia sul divano, la testa tra le mani. "Cazzo."

È colpa sua. Proprio colpa sua. È rimasto con Greyback più a lungo del previsto perché si è preoccupato per Gabe. Più passa il tempo e più Gabe si ritira e Remus non sa cosa fare. Vorrebbe che andasse a trovare Ava e Liam, ma lui dice sempre che è troppo pericoloso. Non vuole che vengano coinvolti in questa storia. Remus sta ancora cercando di convincere Silente a permettergli di portare Gabe a far visita a Charlotte ma non ha fortuna neanche con questo.

Così è rimasto.

E Regulus è morto.

E lui non c'era.

"Mi dispiace."

La testa di Remus si alza di scatto, trovando James in piedi sulla porta. Sembra stanco quasi quanto lo sembra.

"Probabilmente sarei dovuto rimanere per fare da arbitro," continua, il che fa ridere Remus.

"Non credo che dovremmo avere bisogno di un arbitro."

James si limita a fare spallucce, avvicinandosi e sedendosi accanto a lui. "Gli fa male."

Remus si guarda le ginocchia. "Lo so."

"Si arrabbia quando sta male. Si autoconserva e tutto il resto."

"Lo so," sbotta Remus. "Sono il suo cazzo di ragazzo James, non ho bisogno che tu me lo spieghi."

James resta immobile accanto a lui, una lunga pausa prima di parlare. "Scusa, non stavo cercando di—" Si ferma, sospirando. "Non mi piace quando litigate, tutto qui."

La vergogna è immediata.

Remus fa un respiro profondo, passandosi una mano sul viso. "Mi dispiace," dice infine, facendo battere le loro spalle. "Non avrei dovuto—non volevo staccarti la testa a morsi."

James gli rivolge un lieve sorriso. "Nah, sei a posto Moons."

È più sconfitto di quanto Remus lo abbia mai visto prima. Ed è proprio così. Sconfitta. Ha visto James arrabbiato, e triste—diavolo, l'ha visto fottutamente devastato—ma non l'ha mai visto così vicino ad arrendersi.

Remus si morde il labbro inferiore, continuando a premere leggermente sul fianco di James. "Come stai?"

James emette un'espirazione tremante, abbassando lo sguardo sulle sue mani. "Sai," dice, un sorriso secco che gli tira l'angolo della bocca. "Malissimo cazzo. Ma... meglio con quei due stronzi in giro," fa un cenno verso la cucina. "Mi dà qualcosa da fare."

Il senso di colpa è grande e pesante nello stomaco di Remus. "Mi dispiace," ripete.

James si limita a scuotere la testa. "É okay, non è colpa tua," c'è una pausa e poi; "Lo sa anche Sirius."

Remus deglutisce a fatica, incapace di dare una risposta. Evidentemente James se ne accorge perché continua: "Ti ama così fottutamente tanto, sai? Credo che lo spaventi a essere sinceri. Che ha bisogno di te."

"Lo so," perché è così. C'è stato un tempo in cui pensava che stare con lui avrebbe aiutato Sirius. Gli avrebbe mostrato che le cose potevano essere diverse. Che le persone possono essere buone l'una con l'altra. Arroganza, suppone.

C'è un lungo momento di silenzio tra loro. Remus sente la radio in cucina, sente Peter e Sirius che bisticciano su qualcosa, forse il rumore delle posate che vengono lasciate cadere, o—conoscendoli—lanciate.

Gli ci vuole tutto quel tempo per capire che manca qualcuno.

"Dov'è Lily?"

Il volto di James si spegne immediatamente. È un'espressione così insolita per lui che in realtà coglie Remus alla sprovvista. "È da Mary."

"Da Mary? Perché?"

"Sta lì." C'è qualcosa che non va nella voce di James ma Remus non riesce a capirlo.

"Quegli stupidi l'hanno infastidita fuori da casa sua?" Chiede, ma James non ride, non fa un sorriso, si limita a sedersi, passandosi una mano sul viso e scuotendo la testa. Remus aspetta altre spiegazioni ma dopo qualche minuto capisce che non ne avrà.

Dà un colpetto al piede di James. "Cosa c'è?"

James scuote di nuovo la testa, aprendo e chiudendo la bocca un paio di volte prima di riuscire finalmente a parlare, la voce piccola. Impotente. "Regulus è morto."

Remus sbatte le palpebre, senza capire, e poi—vede l'espressione accartocciata sul viso di James e—"Gliel'hai detto?"

"Lo sapeva," James ride in modo umido prima di stringere gli occhi. "Lo sapeva da anni a quanto pare."

Gli occhi di Remus si spalancano. "Oh—wow—okay, beh, non me l'aspettavo," anche se avrebbe dovuto. Lily è intelligente e James è ovvio. Probabilmente lo ha sorpreso a fare gli occhi a cuore a Regulus nella Sala Grande o qualcosa del genere.

"Ma poi..." Remus si sfrega il viso. "Perché è da Mary?"

James si limita a guardarlo, gli occhi tristi.

"C'è dell'altro?" Remus dice finalmente, parlando lentamente, attento alle parole.

C'è una pausa e poi; "Sì," gracchia James. "Sì c'è dell'altro. Ma non posso—non posso in questo momento Remus. Non posso farlo di nuovo—parlarne di nuovo."

Remus annuisce. Perché non ha intenzione di spingere James e perché è abbastanza sicuro di poter riempire da solo alcuni vuoti.

"Okay," dice infine, "okay." Allunga la mano e stringe il braccio di James, sentendosi ancora un po' scosso.

"L'attacco al Ministero," si stupisce quando parla, non avendoci pensato bene. "Regulus avrebbe potuto renderlo molto peggiore per noi," si sforza per un attimo di decidere cosa vuole dire. Quanto vuole dire. "Avrebbe potuto peggiorare le cose per me in particolare. E non l'ha fatto. Lui... beh, mi ha protetto credo. Quindi... non so se questo ha importanza ma... ho pensato che forse avresti voluto saperlo."

James lo fissa per un attimo. "Sei tu la talpa?" Chiede alla fine. "Quello che ha fatto la soffiata a Moody?"

A Remus sembra che lo stomaco si stia annodando. Non riesce a parlare e annuisce.

"E Regulus ha mantenuto il tuo segreto?"

Non dovrebbero proprio avere questa conversazione, ma Remus annuisce lo stesso.

James fa un'altra faccia sofferente.

Ferita aperta, è la prima cosa che viene in mente a Remus.

"Grazie," dice James a bassa voce.

"Certo."

Rimangono in silenzio per un po', entrambi appoggiati l'uno all'altro, ascoltando i rumori lontani di Sirius e Peter che senza dubbio distruggono la cucina di James. Remus fa un respiro profondo e poi espira. Riesce ancora a sentirlo. Quell'innegabile senso di 'giusto' quando loro quattro sono insieme. Come se fosse così che dovevano essere, da sempre. Guerre, amori, tutto passa in secondo piano.

Per loro.

Chiude gli occhi per un momento, solo per... sentirlo. "Hai intenzione di sistemare le cose con Lily?" Chiede alla fine.

Sente James irrigidirsi. "Pensi che possa farlo?"

"Non lo so," Remus si acciglia. "Ma credo che tu le debba un tentativo."

James si lascia sfuggire una debole risata. "Ci proverò," dice, come se non fosse mai stata una domanda. "Certo che ci proverò."

"Bene. Qualunque cosa tu abbia fatto, lei non se lo meritava."

"No," James sembra avere cent'anni. "Non lo meritava."

"Oi!"

La voce di Peter proviene dalla cucina.

"Il pranzo è pronto!"

Remus si volta verso James, inarcando le sopracciglia. "Su dieci, quanto sarà immangiabile?"

"Hey!" James gli dà un pugno scherzoso. "Noi tre sappiamo cucinare bene?"

"Da quando?"

James sorride ed è bello. Lo fa sembrare più simile a sé stesso. "Sono solo fagioli su pane tostato."

"Ah beh, in questo caso."

Si alzano entrambi ma Remus rallenta quando raggiungono il corridoio, un senso di sprofondamento gli riempie lo stomaco mentre ascolta le voci che provengono dalla cucina. "Forse sarebbe meglio se io—"

"No, tu resti," dice James con decisione. "È casa mia. E poi," rivolge a Remus uno sguardo significativo, "non ci si sente bene senza di te."

Nemmeno io mi sono sentito bene senza di voi, quasi dice Remus, anche se non ha senso. Anche se non è sicuro di poter spiegare quanto lo senta. La perdita di loro. Come se fosse solo una debole impronta di se stesso quando non sono con lui. Ma poi, probabilmente non dovrebbe spiegarlo. Almeno non a James.

"Ah—cazzo," Peter lascia cadere il toast nel piatto, arieggiando la bocca mentre Sirius alza gli occhi al cielo accanto a lui.

"Te l'avevo detto che era caldo," dice, soffiando sul proprio cibo.

"Non penwsavo fwosse coswì cwaldo," dice Peter con la lingua mezza fuori dalla bocca.

La cucina è un disastro assoluto, anche se Remus pensa che non sia solo a causa del pranzo. Piatti e involucri e cibo mezzo mangiato sono sparsi sui banconi e ammucchiati nel lavandino.

"Davvero?" Chiede Remus, mentre James gli porge un piatto. "Nessuno di voi sa fare un incantesimo di pulizia?"

James si guarda intorno come se si fosse appena accorto che c'è qualcosa da pulire. "Immagino che stia diventando un po' squallido no?"

Remus inarca le sopracciglia, sedendosi al tavolo di fronte a Sirius che ancora non lo guarda negli occhi. "Un po' squallido?"

"Va bene, va bene," James mastica e deglutisce. "Puliremo dopo pranzo okay?"

"Puliremo?" Peter chiede, sembrando sinceramente preoccupato. "Non ricordo di aver accettato."

"Un po' di lavori domestici non ti uccideranno Peter," dice Remus con decisione.

"Questo non lo sai."

Sirius sbuffa. "Non ha tutti i torti." Remus cerca di catturare il suo sguardo.

James li fulmina con lo sguardo. "Oh, scusate, c'è qualche altra cucina che voi due avete usato e di cui non sono a conoscenza?" Entrambi rimangono imbronciati e silenziosi. "No? È quello che pensavo. Avete contribuito a incasinare, potete aiutare a pulire."

Sirius alza gli occhi al cielo, ma Peter apre la bocca: "Perché non potete prendere un nuovo elfo domestico?" La sua voce ha un tono petulante, ricorda quello di un bambino infelice.

Tutti i presenti si bloccano, Remus guarda da Peter a James e viceversa. La faccia di James è stata cancellata da ogni buonumore e Peter ha capito subito il suo errore.

"Non che—non che Mimi non fosse tipo, importante e cose del genere."

"La famiglia, vuoi dire."

Negli occhi di Peter sembra balenare qualcosa che Remus non riesce a capire, ma appena appare sparisce. "Sì, certo. Non sto cercando di dire che è sostituibile."

"Solo che dovrei sbrigarmi a sostituirla?" James chiede freddamente, facendo contorcere Peter.

Remus decide di troncare la questione prima che vada troppo oltre. "Un sacco di gente riesce a pulire la casa senza un elfo domestico. Credo che sopravviveremo, sì?"

Guarda tra i suoi due amici, la tensione è ancora così densa che può praticamente sentirne il sapore.

"Sì, sicuramente," è Sirius che alla fine parla, dando una gomitata a Peter. "Vero Pete?"

Gli occhi di Peter sono ancora fissi su quelli di James ma alla fine annuisce, deglutendo a fatica. "Sì, certo," abbassa lo sguardo sul suo toast.

Il resto del pasto è decisamente più tranquillo.


Peter e Sirius aiutano a pulire, e con relativamente poche lamentele. Anche se Remus si accorge che Peter borbotta maledizioni sottovoce un paio di volte, soprattutto quando il suo incantesimo dell'acqua finisce per spruzzarlo in faccia. Comunque, riescono a risolvere la maggior parte del disordine prima di perderli; Peter che si aggira nel soggiorno e, a giudicare dai rumori che ne derivano, si fa subito un pisolino, e Sirius che scompare nel giardino sul retro.

Remus fissa la porta sul retro, una fitta al petto. È difficile stare lontani. Ma è sempre più difficile tornare e non poterlo toccare. Vederlo e sentire ancora la distanza tra loro come un muro insormontabile.

"Vai allora."

Remus inizia e poi annaspa, lottando per non far cadere il piatto che ha in mano, alzando lo sguardo per trovare James che lo fissa divertito. L'altro ragazzo fa cenno a Remus di consegnargli le stoviglie.

"Scusa," borbotta Remus, prendendo il piatto successivo.

"Moons," James sembra affettuoso ma esasperato, "lascia quei maledetti piatti e vai a parlare con lui cazzo."

"Non c'è problema. Ti aiuto a finire," insiste ostinatamente, guadagnandosi un sospiro frustrato.

"Amico, se devo stare qui a guardarti passare altri quindici minuti ad asciugare lo stesso piatto IO rompo qualcosa."

Remus sbatte le palpebre, guarda il piatto nelle mani di James e poi torna su. "Oh, scusa mi sono..." I suoi occhi scivolano verso la porta sul retro, "distratto."

"Sì, l'ho capito," strappa lo strofinaccio dalle mani di Remus.

"Hey—"

"Vai e basta," James lo spinge verso la porta. "Per favore, per il bene di tutti noi."

Remus aggrotta le sopracciglia ma James si è già voltato verso i piatti, decidendo apparentemente di ignorarlo. Pensa di discutere ancora un po', ma, purtroppo, questo è uno dei pochi momenti in cui James si comporta in modo sensato. Dopo un altro secondo di esitazione davanti alla porta, si infila gli stivali e si spinge fuori.

Lancia immediatamente un incantesimo di riscaldamento su di sé perché fa un freddo fottuto, anche con il sole a picco. Remus incrocia le braccia sul petto mentre scende il pendio del giardino sul retro dei Potter verso il Campo di Quidditch.

Non vede Sirius finché non gli è quasi sotto—vola intorno ai pali della porta in miniatura che Fleamont ha incantato quando James riusciva ancora a malapena a camminare. Remus si copre gli occhi con la mano mentre fissa Sirius che sfreccia nel cielo, i capelli scuri che gli frullano dietro.

È bellissimo quando vola.

Beh,

è sempre bellissimo.

Remus si siede a terra, le ginocchia piegate, aspetta.

E aspetta.

E aspetta.

Ma Sirius non scende, e Remus non sa se è perché lo sta evitando o perché non ne ha proprio voglia. I suoi denti si mordono il labbro inferiore mentre guarda Sirius girare e girare e girare finché alla fine non ce la fa più.

Certo, questa è una pessima idea. Lo sa anche prima di far oscillare la gamba sul manico della scopa, anche prima di spingere via, goffamente, nell'aria.

"Oh cazzo, oh cazzo, oh cazzo." Chiude gli occhi e poi, rendendosi conto di quanto ciò sia ridicolmente inutile, li riapre a forza.

Odia volare, almeno con la scopa, non sa come facciano James e Sirius. Si sente completamente instabile e vulnerabile. Non c'è assolutamente nulla di robusto o confortante in una cazzo di scopa. Di tutti gli oggetti domestici che i Maghi potrebbero incantare per volare, non capisce perché non possa essere un materasso o una poltrona.

Barcolla, le mani tremano mentre afferrano il manico. È stato un errore. È stato proprio un errore. Cadrà a terra prima di riuscire a parlare con Sirius. Dio, i manici di scopa volanti sono così fottutamente stupidi. Così fottutamente—

"Cosa stai facendo?"

La testa di Remus si alza di scatto, facendo oscillare la scopa e facendolo andare giù, premendo il petto contro il manico e aggrappandosi per salvarsi.

"Cerco di parlarti," dice con voce sforzata, fissando Sirius che galleggia davanti a lui, un'espressione confusa. È sudato nonostante il freddo, ma Remus suppone che volare nevroticamente intorno a un Campo di Quidditch faccia questo effetto.

"Tu odi volare," dice infine Sirius. Il che sembra un po' ridondante per Remus, ma visto lo stato attuale del loro rapporto riesce a trattenersi dal sottolinearlo.

"Volevo parlarti," ripete invece.

Sirius lo guarda per un altro minuto, la stessa espressione confusa, come se stesse cercando di capire qualcosa, prima di volare in avanti.

"Ecco," dice, allungando una mano sulla spalla di Remus. "Stai rendendo la cosa più difficile del dovuto."

"Woah, woah," dice Remus mentre Sirius comincia a cercare di spingerlo di nuovo in piedi. "Che cosa stai facendo?"

"Non sei seduto bene."

"Sono seduto benissimo."

Sirius sbuffa. "Lasciami fare—sto cercando di aiutarti. Potresti fidarti di me, per favore?"

Per un attimo i loro occhi si incontrano, e Remus capisce dall'espressione di Sirius che non aveva intenzione di dire quelle parole. Non aveva intenzione di trascinare tutto quel bagaglio. Mille significati diversi che improvvisamente fluttuano nell'aria tra loro.

Alla fine Remus espira. "Okay," dice, rilassandosi abbastanza da permettere a Sirius di spingerlo delicatamente in piedi. Tenendo una mano sulla spalla e appoggiando l'altra sulla parte bassa della schiena di Remus, lo sposta verso la coda della scopa.

"Ecco fatto," dice Sirius con dolcezza. Remus lo guarda, ancora terrorizzato, anche se momentaneamente distratto dalla vicinanza di Sirius. Dal modo in cui i suoi capelli sudati si arricciano sulle tempie e sulle orecchie.

"E poi," Sirius lascia andare il suo busto e Remus è sorpreso di scoprire che in effetti si sente più stabile, "metti le mani così," la sua lingua sporge tra le labbra mentre aggiusta con cura le mani di Remus, il contatto fa rabbrividire Remus. E forse se lo sta immaginando. Forse è un'illusione. Ma giura che Sirius le tiene strette per diversi secondi più del necessario.

"Ecco," si tira indietro lentamente, "meglio?"

Remus deglutisce, la gola stretta. Sa che sono stati il volo e il freddo a far apparire il rosa sulle guance di Sirius, ma non può fare a meno di fissarlo lo stesso. "Sì," riesce finalmente a dire, la voce roca, "meglio."

Sirius annuisce e per un lungo momento rimangono a galla, il vento che li spinge contro, facendoli dondolare come navi. Remus fa del suo meglio per non ricominciare a stringere il manico della scopa.

"Allora," si schiarisce finalmente la gola Sirius, guardando in lontananza, "volevi parlare?"

Lo voleva. Lo voleva davvero. Ma ora che è qui non ha idea di cosa dire.

"Non voglio litigare," è quello che decide alla fine. Infantile? Sì, forse. Ma conciso. Onesto. Brutalmente, dolorosamente onesto.

Guarda Sirius che si mastica l'interno della guancia, continuando a fissare in lontananza. "Non stiamo litigando," riesce finalmente a dire. "È quello che ho cercato—è quello che sto cercando di non fare."

E naturalmente, non appena lo dice, Remus capisce che è vero in tutti i modi. Sirius si è allontanato da lui per tutto il giorno. Si è allontanato quando normalmente avrebbe gridato e urlato e sbraitato.

"È comunque una specie di litigio," dice Remus alla fine. "Forse è diverso ma... mi stai punendo. Non è vero?"

Sirius sospira, strofinandosi il viso. "Non so cosa vuoi che faccia Remus," dice infine. "Non so come non essere arrabbiato per questo."

Il che è giusto.

Molto, in realtà.

Remus segue lo sguardo di Sirius. Il cielo è quasi da cartone animato oggi—azzurro, grosse, grasse, nuvole bianche.

"Regulus amava volare," dice Sirius all'improvviso, facendo trasalire Remus.

Apre e poi chiude la bocca. Non è il tipo di affermazione che richiede una risposta, quindi guarda Sirius, aspettando che dica di più.

"Stava per diventare un professionista," continua Sirius alla fine. "Sai che c'erano già dei talent scout che lo guardavano? Quando era a Hogwarts?"

Remus non lo sapeva—anche se, in tutta onestà, Remus sa molto poco di come funziona il Quidditch. Tuttavia, lo sorprende che Sirius lo sappia. Si chiede, all'improvviso, se non ci sia la possibilità che Sirius abbia tenuto d'occhio il suo fratellino in tutti questi anni più di quanto Remus si sia reso conto.

"Avrebbe avuto la sua scelta. Sarebbe diventato una fottuta star. Probabilmente avrebbe giocato nelle World Series—" La voce di Sirius si spezza e si interrompe, chiudendo gli occhi per un minuto, facendo stringere il cuore a Remus. "Come siamo arrivati qui?" Sirius sussurra, la faccia corrucciata. "Come cazzo siamo arrivati qui?"

E nonostante l'incredibile terrore che gli incute il cuore, Remus solleva una mano dalla scopa e la allunga, stringendo il braccio di Sirius.

"Sai, a volte," dice Sirius debolmente. "Mi chiedo, se non ci fosse stata la guerra, avrebbe lasciato quella casa con me? La loro presa su di lui sarebbe stata più debole, se non fosse stato tutto così... spaventoso."

Remus non sa cosa rispondere e alla fine propone un patetico; "Forse."

Ma Sirius si limita a scuotere la testa. "Ma è stata la guerra a fargli fare quello che ha fatto? O è sempre stato così? Quella persona è sempre stata lì? Sarebbe sempre stato... come loro? O era... ma ha detto che si è pentito, quindi non lo so. Cazzo non lo so più."

Remus sbatte le palpebre, sorpreso. "Davvero? Ha detto di essersi pentito di essersi unito a Voldemort? Quando?"

Gli occhi di Sirius si aprono. "Cosa?"

"Quando ha detto che si è pentito?"

"Oh," Sirius sembra improvvisamente imbarazzato, cosa che non ha senso per Remus. "Non l'ha fatto. Non importa. Non so perché l'ho detto."

Il che non convince Remus, ma decide di lasciar perdere. Almeno per ora.

"Mi dispiace," dice invece, riportando finalmente gli occhi di Sirius su di lui.

L'altro ragazzo gli fa un sorriso triste. "Già. Lo siamo tutti quindi."

È come guardare di nuovo James. Come se la perdita di Regulus avesse reciso il sottile filo dell'infanzia a cui entrambi erano ancora aggrappati. Il fantasma di quella speranza, di quell'ingenuità, di quella fiducia in se stessi—che erano re, che potevano fare qualsiasi cosa. La scintilla che li rendeva James Potter e Sirius Black è stata spenta.

La mano di Remus scivola dal braccio di Sirius al suo viso, lo stringe con cura, le dita gli sfiorano la guancia.

"Ti amo, lo sai," dice, perché è tutto ciò che ha a questo punto. Non può tornare indietro e cambiare quello che è successo. Non può sistemare nulla. Tutto ciò che ha è l'amore. Di cui le storie e i poeti amano fare un gran parlare.

Tutto ciò di cui hai bisogno è l'amore.

Come dicono.

Sono sciocchezze, ovviamente.

Un uomo morente può essere amato ma questo non gli farà tornare l'aria nei polmoni.

Ed è questo che sono al giorno d'oggi, non è vero?

Uomini morenti.

Gli occhi di Sirius si aprono, la luce li cattura, li fa brillare, fa mancare il fiato a Remus, sentendosi avvampare nelle costole. Dopo un attimo Sirius gira la testa e bacia il palmo della mano di Remus.

"Ti amo anch'io."


PARTE III: JAMES


James è fuori dalla casa di Mary.

Probabilmente è un errore.

Ed è per questo che è ancora in piedi per strada due ore dopo essere arrivato, senza riuscire a camminare fino alla porta d'ingresso.

Perché probabilmente é di un errore.

Ma cos'altro c'è?

Cammina avanti e indietro, passandosi le mani tra i capelli mentre le dita iniziano a intorpidirsi per il freddo. I suoi pensieri sono tutti confusi, i nervi li fanno annodare. Cerca di separarli, di disporli in file ordinate. Di dargli un senso. Non importa quante volte pensi a quello che sta per dire. Cosa fare. Non riesce ad avvicinarsi.

Essere in un limbo, non sapere a che punto sono lui e Lily, se lei tornerà o meno, se riusciranno o meno a superare questa situazione, è una tortura. Davvero, lo è. Lo divora. Ma almeno gli dà ancora speranza. Una possibilità. La relazione di Schrödinger. Non appena bussa a quella porta la perde. Non esisterà più una realtà in cui la loro relazione sia viva e morta allo stesso tempo. Sarà l'uno o l'altro. E dovrà conviverci.

È quasi certo di non poterlo fare.

"Sai," James salta, girandosi per trovare Mary appoggiata con disinvoltura alla porta di casa, "la gente comincerà a chiamare la polizia se continui ad appostarti qui fuori."

James sbatte le palpebre, cercando di tenere a freno l'ansia. "Non mi sto appostando."

"A me sembri piuttosto appostato."

"Sono solo in piedi."

"E stai camminando."

James alza gli occhi al cielo. "Okay, sì, e sto camminando."

"Fuori da casa mia. Per ore."

James emette un sospiro, ma invece di camminare verso di lei sprofonda sul marciapiede, appoggiando i gomiti sulle ginocchia e tenendosi la testa. Non può farlo. Non può. Deve farlo, ma non ci riesce.

Dopo qualche minuto sente Mary sedersi accanto a lui. Si è tagliata i capelli dall'ultima volta che l'ha vista. Probabilmente non se ne sarebbe accorto se non fosse che non l'aveva mai vista con i capelli corti—un afro stretto e riccio che le incornicia il viso. È stridente perché è diverso. Perché è nuovo. Perché conosce Mary da quando avevano entrambi undici anni e all'improvviso lei sembra un'adulta e non capisce come sia successo. Una parte di lui lo odia. Vuole che le cose rimangano com'erano. Vuole che tutti rimangano com'erano.

È infantile e non lo fa sentire particolarmente bene con se stesso.

"Lily sa che sono qui fuori?" Chiede infine, dopo una lunga pausa.

Mary sbuffa. "Se Lily sapesse che sei qui fuori lei sarebbe qui fuori."

James si volta a guardarla, cercando senza riuscirci di capire la sua espressione. Nessuno nasconde i propri sentimenti così bene come Mary. Nemmeno Sirius. "E tu... non lo vuoi?" Chiede infine.

"Tu non lo vuoi," corregge lei. "È per questo che hai strisciato su e giù per il marciapiede per tutto il pomeriggio."

James fa il broncio. "Non ho strisciato."

"Mmhm," Mary tira fuori dalla tasca posteriore una piccola stecca. Mette una sigaretta tra le dita prima di offrirgli la scatola. "Ne vuoi una?"

James storce il naso. "Bastoncini infernali."

"Pardon moi?" Chiede Mary, leggermente divertita.

Lui fa un cenno alle sigarette. "Fottuti bastoncini infernali. Tu e Lily, non so come facciate."

Mary sorride, facendo scivolare la sua in bocca e schioccando le dita per accenderla. "Lily non sta fumando nulla al momento," dice, inspirando profondamente e un secondo dopo inclinando la testa all'indietro e soffiando il fumo verso il cielo. "Sai, hai un tempismo di merda."

James si limita a guardarla, senza sapere cosa pensare, Mary agita la mano con impazienza. "Metterle addosso tutto questo quando è incinta. Voglio dire, ci sono le ovvie ragioni per cui ti rende una completa testa di cazzo."

"Grazie."

"Non c'è problema. Ma poi c'è il fatto che lei non può fare nessuna delle cose che si dovrebbero fare quando qualcuno ti spezza il cuore."

James trasale. Non aveva mai voluto spezzare il cuore di Lily. Non aveva mai pensato di poterlo fare. Era sempre stato così sicuro che sarebbe stato il contrario.

"Non può bere, non può fumare, non può fare uso di sostanze ricreative di alcun tipo," dice lei tirando un'altra volta la sigaretta. "Potrebbe tagliarsi i capelli suppongo."

"È per questo che hai tagliato i tuoi?" James chiede prima di potersi fermare.

Mary lo guarda con la coda dell'occhio. "Ti piacerebbe saperlo."

C'è un attimo di silenzio prima che alla fine James gema, strofinandosi il viso e poi tendendo la mano. "Fanculo. Dammi una di quelle."

Mary sorride, passandogli la stecca e osservando con crescente divertimento James che si infila goffamente una sigaretta in bocca.

"Devi aspirare va bene?" Dice Mary mentre posiziona le dita sulla punta.

James alza gli occhi al cielo. "So come funziona," borbotta intorno alla sigaretta. Mary sorride, schiocca le dita e fa brillare la punta. James inspira e si pente immediatamente di ogni decisione presa negli ultimi secondi.

Il fumo gli brucia la gola e i polmoni, e il calore secco e graffiante lo fa tossire all'istante, il fumo che gli esce dalla bocca.

Mary ride. "Oh mio Dio, sei tragico."

James la guarda con gli occhi che lacrimano, prima di chinarsi e sputare per terra. "Queste cose sono ignobili," dice, riportandolo alle labbra per qualche motivo e inspirando di nuovo. È una risposta quasi automatica. La seconda volta la sensazione è ancora tremenda ma la tosse è un po' più sedata. "Merlino, sono così contento che nessuno di voi le abbia mostrate a Sirius."

Mary sbuffa. "Mai. Quel segaiolo ne farebbe la sua intera personalità."

James ride e si sente bene, anche se poi tossisce un po'.

Per un po' rimangono seduti, James è consapevole che Mary sta aspettando che lui parli. Che si spieghi. Ma lui... non sa da dove cominciare.

"Come sta allora?" Riesce finalmente a dire, temendo la risposta.

Mary gli rivolge un'occhiata divertita. "Come sta chi? La tua ragazza incinta a cui hai mentito e che hai tradito?" Mary emette una lunga espirazione, il fumo che le esce dall'angolo della bocca. "Sta una meraviglia."

"Mary," dice lui stancamente.

"Cosa?" Per la prima volta c'è un filo di rabbia nel suo tono. Onestamente, James è sorpreso che ci sia voluto così tanto tempo per farsi vedere. "Cosa vuoi che ti dica?" E quando lui continua a fissarla alza gli occhi al cielo. "Lei é.. soprattutto confusa, se vuoi sapere la verità. È come se tu avessi cambiato tutto. Pensava di conoscerti, di conoscere il vostro rapporto, e poi all'improvviso è tutto diverso," Mary espira. "È molto a cui abituarsi."

James giocherella con la sigaretta in mano più che fumarla, la arrotola tra le dita, fa cadere la cenere dall'estremità, il ginocchio rimbalza su e giù.

"Non volevo farle del male," si stizzisce con sé stesso. È una frase così generica che dovrebbe stare su un biglietto d'auguri.

Mary lascia che il silenzio si prolunghi inutilmente. Lascia che James rimanga seduto nel suo imbarazzo. "Non volevi farle del male," ripete infine. "O non volevi che si sentisse ferita?"

Questo fa cadere James di lato. "Cosa?"

Mary fa un'altra pausa, costringendolo a incontrare il suo sguardo. "Ti è mai capitato che qualcuno si scusasse con te dicendoti 'Mi dispiace che tu sia arrabbiata'? Non 'Mi dispiace di averlo fatto,' non 'Ho sbagliato,' ma 'Mi dispiace che tu sia arrabbiata'? Mi dispiace che tu ne faccia un problema—"

"Non intendevo questo."

Mary inarca le sopracciglia. "Sei sicuro?"

"Io—" Ma la sua voce si interrompe. La verità è che James non è sicuro di molto al momento. Sospira, frustrato, cercando di mettere in ordine i suoi pensieri per la millesima volta in quel giorno.

"Forse io..." Si guarda le mani con molta determinazione, "forse ho pensato che—ho sperato che..." Si interrompe, ridendo senza umorismo. "Che non le avrebbe fatto male, credo. Che forse avrebbe capito," stringe brevemente gli occhi, costringendo questi sogni vulnerabili a uscire nel mondo. Quelli che ora sanno di cenere nella sua bocca. "Ho sperato che forse eravamo destinati a stare così, sai? Che fossi destinato a stare con loro due. E che anche loro fossero in grado di sentirlo," il suo prossimo respiro trema." Volevo davvero che capisse. Perché non mi sembra... sbagliato."

Sente che Mary lo scruta, gli occhi scuri, intelligenti, lo esaminano. "Stare con Regulus?" Chiede neutra, un tono illeggibile.

James scuote la testa. "Amarli entrambi," apre gli occhi. "Non mi sembra sbagliato amarli entrambi. So che dovrebbe essere così. Ma quel prurito che ti dice che stai facendo la cosa sbagliata, non c'è mai stato. O almeno non c'è mai stato qui," si tocca il petto.

Mary lo osserva ancora per un attimo prima di emettere un pesante sospiro. "Merlino, sei davvero un disastro vero?"

Questo sorprende James in una risata, grato per l'interruzione della tensione. "Sì, assolutamente."

"Voglio dire che hai incasinato tutto questo al massimo delle tue capacità."

"Me ne rendo conto."

"E negherò con veemenza tutto questo se lo dirai a qualcuno," continua Mary, distogliendo l'attenzione di James dalle sue mani, "e se Lily deciderà di lasciarti sarò proprio lì con lei, a fare il tifo per lei, a inscatolare le sue cose," l'immagine fa torcere dolorosamente lo stomaco di James. "Ma faccio ancora il tifo per te James Potter."

Una leggera sensazione di pizzicore si materializza improvvisamente dietro gli occhi di James che deve rapidamente sbattere le palpebre. Non si aspettava una cosa del genere da Mary. Non dopo... tutto. "Oh," dice, e poi, prima di potersi fermare; "Ancora? Non sapevo che facessi il tifo per me."

Mary sbuffa, batte la sua spalla contro quella di lui, James ricambia il gesto. Tira una boccata di sigaretta, solo per distrarsi dalle emozioni che gli gonfiano lo stomaco e forse per trovare una scusa per l'umido negli occhi. Le auto passano lungo la strada, il suono dei bambini che giocano riecheggia da qualche casa più in là.

Qualcosa stringe il petto di James. Un nuovo senso di colpa—o forse più precisamente, un vecchio sentimento che riaffiora. È passato molto tempo dall'ultima volta che lui e Mary hanno parlato. Parlare come si deve. Qualcosa si è frapposto tra loro, costruendo un muro che nessuno dei due sembrava disposto a riconoscere o a scavalcare. Ma ora le cose sono cambiate. Tutto è alla luce del sole.

"Senti, avevo intenzione di—" Si interrompe, facendo una smorfia per il tono di voce da uomo d'affari. Si schiarisce la gola e cerca di ricominciare, le mani che gli tremano così tanto da far cadere la sigaretta, spegnendola con il tacco delle sue scarpe da ginnastica. Mary lo guarda con curiosità.

"Quello che ti è successo... a scuola—" La sua voce si interrompe di nuovo, ma vede la comprensione illuminare il volto di Mary.

"Ah," dice lei. "Sì, essere aggredita e poi avere la memoria completamente fottuta dal tuo ragazzo. Per favore continua. Mi interessa vedere come va a finire."

James fa una smorfia. Mary ha la straordinaria capacità di mettere le cose in un modo che non ti lascia scampo. Come avere le luci accese. Le tende tirate indietro. La maschera strappata. La bocca di James è diventata improvvisamente secca.

"Mi dispiace," i limiti della lingua inglese non sono mai stati così evidenti per lui come in questo momento. Perché questo non si avvicina a ciò che intende. A quanto intende.

Il volto di Mary rimane illeggibile. "Ho bisogno che tu sia più specifico. Per cosa ti dispiace esattamente?"

Regulus è improvvisamente seduto tra loro. Forse è stato lì per tutto il tempo. Forse era lì da anni. Il muro che non volevano riconoscere. Da scavalcare.

Alla fine James si costringe a parlare. "Volevo esserci per te."

Lei annuisce lentamente. "Strano modo di dimostrarlo."

"Lo so," James si schermisce. "Lo so, è solo che mi sembrava—" Cerco di spiegare. "In quel momento mi è sembrato che stessero accadendo tante cose tutte insieme e che fosse tutto così grande e così fottutamente terribile e io... non sapevo cosa fare. Non sapevo come gestirlo." Non è che non senta come suona. Quanto sia inadeguato. Ma questo non impedisce che sia vero. Non sapeva cosa fare.

Aveva solo sedici anni.

"Ma avrei dovuto essere lì per te," sta dicendo tutto questo in modo sbagliato. "Avrei dovuto... capirlo prima. Cosa fare. Cosa era giusto fare." Non è ancora abbastanza. Niente lo sarà mai.

Segue il silenzio. Il rumore delle pulsazioni di James gli rimbomba nelle orecchie. Sta sudando nonostante il freddo.

"E se io non riuscissi a perdonarti?" Chiede infine Mary. Non è arrabbiata. Non è cattiva. Lo guarda con sincera curiosità.

"Non è per questo che mi sto scusando," dice lui. "Non voglio niente da te Mary. Avevo solo—solo bisogno che tu lo sapessi. Che mi dispiace. Che non ho dimenticato. Che non lo dimenticherò mai." Sembra un bambino e non può fare a meno di chiedersi quando finirà. Quando gli adulti cominceranno a parlare come tali?

C'è silenzio, ma dopo qualche secondo di tensione Mary batte di nuovo le spalle. "Grazie," le parole le suonano goffe e rigide in bocca. È davvero così simile a Sirius.

Lui non sa come rispondere, di certo non ha intenzione di dire 'prego.' Per fortuna, Mary gli risparmia la fatica.

"Dopo non ha mai smesso, vero?"

James sente che il suo viso si sta raggrinzendo per la confusione. "Cosa vuoi dire?"

Lei agita la sigaretta in aria. "Le cose che succedono tutte insieme. Cose grandi. Cose terribili. Cose che nessuno di noi sapeva come gestire. Sembra che sia iniziato tutto allora, che sia iniziato con quello, e poi—" Si interrompe, gesticolando in lontananza.

James aspetta un attimo prima di annuire. Gli sembra di non riuscire a riprendere fiato da secoli.

"Ora sono solo in quattro."

James la guarda. "Quattro chi?"

"Loro," ripete lei, fissando la strada. Poi alza la mano e comincia a scorrere i nomi sulle dita: "Piton, Mulciber, Avery e Crouch," c'è qualcosa di tagliente nella sua voce. Qualcosa che vuole tagliare e strappare e fare a pezzi le cose. "Due morti. Quattro vivi," e ora si rivolge a James. "Sopravviverò a tutti loro. Solo per far loro un cazzo di dispetto. Vivrò finché l'ultimo di loro non esalerà il suo ultimo patetico respiro. Diavolo," l'angolo della sua bocca si storce verso l'alto, "forse li ucciderò io."

Per chiunque altro sarebbe un modo di dire. Un po' di dramma. Ma per Mary è quasi certamente una promessa.

Prima che si possa dire altro lei lascia cadere la sigaretta nella grondaia e si alza in piedi. "Allora, sei pronto?"

"Pronto?"

"A parlare con Lily? Sai, tutto il motivo per cui sei qui?"

"Oh," lo stomaco di James cade immediatamente sulla suola delle scarpe. "Sì, io—sì, okay," fa per alzarsi anche lui ma Mary gli fa cenno di no.

"Nah, resta lì. Se decide di ucciderti non voglio sangue sul mio tappeto. È un vero dolore toglierlo, anche con la magia."

Nonostante il nervosismo non può fare a meno di sbuffare. "Apprezzo il voto di fiducia di Macdonald."

"Quando vuoi Potter," lo chiama alle spalle mentre torna verso casa.

Ma qualcosa non quadra in James. "Hey—Mary?" Le chiede, fermandola sulla porta. Lei si gira con un'espressione esasperata. Probabilmente si aspettava che lui si tirasse indietro, ma non è così.

"Quello che ho detto prima, sul fatto che avrei voluto essere lì per te," lui vede il più piccolo guizzo di sorpresa prima che lei lo cancelli. "Non è—non è proprio quello che stavo cercando di dire. Voglio dire, lo è, ma c'è dell'altro. Mi sembra che faccia sembrare che—"

"Stai farfugliando Potter."

Si passa una mano frustrata tra i capelli e cerca di riordinare i pensieri. "Avrei voluto esserci per te allora, ma voglio anche che tu sappia che sono qui per te adesso. Se hai bisogno di parlare. Se hai bisogno..." Perde le parole. "Se hai bisogno di qualsiasi qualcosa, okay? Io sono qui."

Mary lo fissa, un'espressione vuota, e dopo qualche secondo James non riesce a trattenersi dal dire altro.

"Sei la persona più forte che conosca Mary, onestamente. Il che è tutto dire, considerando le persone che conosco. Sei in grado di gestire tutto da sola, solo che—non dovresti farlo."

Negli occhi di lei lampeggia qualcosa che lui non riesce a individuare. "Sono proprio come il mondo mi ha creato."

James annaspa. Non sa cosa dire. Non sa nemmeno bene cosa lei voglia dire. Vedendo chiaramente il suo smarrimento, Mary ha pietà di lui.

"Ti farò sapere se ho bisogno di qualcosa, va bene Potter?"

"Sì," riesce lui, tirando un sospiro di sollievo. "Sì va bene, d'accordo."

Lei non dice altro, si gira e torna dentro.

James guarda la porta, le mani che si strofinano nervosamente su e giù per le cosce. Si sente come se non vedesse Lily da secoli e gli manca da morire. Ma più passa il tempo e più comincia a temere che forse lei non verrà. Che non voglia parlargli. È sempre stata una possibilità, ma sperava che fosse davvero, davvero improbabile. Forse era ottimista da parte sua.

Poi la porta si apre.

E lei è lì.

James ha un ricordo viscerale della prima volta che ha visto Lily. Non aveva mai provato nulla di così forte e improvviso come l'impulso di starle vicino. Di attirare la sua attenzione, di farla ridere, sorridere. Naturalmente, non ci riuscì molto in quei primi anni—c'era molta più indignazione e occhiatacce. Non che avesse importanza. Voleva solo avere la possibilità di orbitare intorno a lei per qualche minuto. Pochi secondi.

"Hey," dice lei, facendo tornare James al presente.

Si è alzato... per qualche motivo... Lily vicino alla porta, come se non fosse sicura di avvicinarsi. Guardarla lo fa sentire ancora come quando aveva undici anni—come se non volesse mai più trovarsi in un posto dove non c'è Lily. Solo che ora quel sentimento è legato al senso di colpa e alla tristezza e a un mucchio di fottuto dolore.

"Hey," riesce finalmente a dire James.

Nessuno dei due si muove. Il mondo diventa improvvisamente silenzioso, come se ci fossero solo loro. Lily sembra stanca e non del tutto contenta di vederlo, ma non gli sta puntando contro la bacchetta quindi James pensa che sia almeno qualcosa.

"Ho pensato che forse dovremmo... parlare." Si prepara al rifiuto. Ha fatto molta pratica nell'essere respinto da Lily Evans. Se lei gli dice di andarsene lo farà. Gli si spezzerà il cuore ma lo farà.

"Sì," dice Lily alla fine, "okay." James la vede fare un respiro profondo prima di iniziare a camminare.

Aveva pensato che la cosa più difficile fosse non vederla, ma forse si sbagliava. Forse è più difficile vederla e sapere che in qualche modo profondo ha perso il privilegio di appartenerle. Di averla. Di averla avuta.

Si schiarisce la gola. "Er—beh, credo che forse dovremmo..." Fa un gesto verso il marciapiede come se stesse tirando fuori una sedia e vede il più lieve guizzo di un sorriso sul volto di lei.

"Certo, va bene."

Entrambi si siedono sul terreno freddo e James lancia rapidamente un incantesimo di riscaldamento. Vede Lily irrigidirsi nel momento in cui lo fa, gli occhi si chiudono per un secondo.

"Scusa," non sa come ha fatto a rovinare tutto. "Posso sbarazzarmene se ti dà fastidio, pensavo solo che... per via del freddo..."

Lily scuote la testa. "No, va tutto bene io... io credo sia passato un po' di tempo dall'ultima volta che ho sentito la tua magia," apre gli occhi e gli rivolge un debole sorriso. "Non mi aspettavo che... mi facesse così tanto effetto."

James non è sicuro di cosa fare, non sa se sia una cosa positiva o negativa. Vorrebbe poter cancellare la tristezza dagli occhi di Lily.

"Volevi parlare?" Dice lei, dopo una pausa troppo lunga.

"Oh—sì, io—sì," sospira lui, strofinandosi il viso. Ha bisogno di un secondo per riordinare i pensieri. È spiazzato da... da qualsiasi cosa stiano facendo in questo momento. Non c'è mai stato veramente silenzio tra loro prima d'ora. C'è stata rabbia e passione e amicizia e amore ma mai... un freno. Mai paura. Pensa che questo sia ciò che fa più male. Che quando lei lo guarda ora, c'è paura nascosta negli angoli dei suoi occhi.

Alla fine James mette la mano nella tasca della giacca e tira fuori una piccola fiala di liquido chiaro.

"Cosa—" Ma Lily si ferma e James può praticamente vedere gli ingranaggi che girano nella sua testa. Cercando di restringere il Campo delle Pozioni in base al colore, alla consistenza, alla pertinenza. Che cosa avrà mai portato qui James?

"Veritaserum?" Lei quasi sussurra, gli occhi che rimbalzano dalla fiala al viso di lui e viceversa.

James annuisce senza guardarla davvero, rigirando la Pozione tra le mani. "Penso che probabilmente non hai... la massima fiducia in me in questo momento," fa una smorfia. "Il che è giusto. Ma non voglio che tu debba chiederti se sto dicendo la verità o meno, sai?"

Alza lo sguardo e trova gli occhi di lei spalancati—non ha mai visto niente di simile, i suoi occhi. Giura che sono fatti di magia.

È così bella.

La sua Lily.

È difficile pensarlo e non sentirsi come se stesse tradendo Regulus. Ma è vero. Sono sempre stati suoi. O forse, più precisamente, lui è sempre stato loro. Apparteneva a loro. A entrambi.

Il suo dolore non lo porta ad amare Lily di meno.

Semplicemente è... meno.

Meno senza Regulus.

"Non posso chiederti di fare questo James," dice infine lei.

Ora tocca a lui farle un sorriso triste. "Non me lo stai chiedendo. Lo sto facendo io. Lascia che lo faccia io Lily—lascia che io..." Cerca le parole giuste. "Lo semplifichi il più possibile."

Lei lo considera, gli occhi verdi pensierosi lo scrutano e lui la lascia fare. James Potter non è mai stato uno che nasconde i propri sentimenti. Lentamente, Lily annuisce.

"Cosa vuoi che ti chieda?"

"Tutto quello che vuoi."

"James," lo ammonisce lei, perché è un'impresa aprirsi completamente, non porsi limiti, mettere in mostra tutti i propri pensieri e sentimenti interiori, anche quelli che non si sapeva di avere. Ma poi, in fondo sembra giusto così, dopo tutto quello che è successo.

"Tutto quello che vuoi Lils," dice ancora. "Mi fido di te."

Lei si morde il labbro inferiore, ancora incerta. "Okay," dice a bassa voce. "Non prenderne troppo."

Lui le sorride. "Hai capito," estrae il tappo con i denti, inghiottendo un boccone prima di innervosirsi troppo. "Questo dovrebbe darci, quanto? Un'ora?"

Lily annuisce. "Più o meno, sì."

"Posso sempre prenderne di più se ne hai bisogno." Rimette il tappo alla bottiglia e la infila nella tasca della giacca.

"Sono sicura che un'ora sarà sufficiente."

Sente già gli effetti che stanno prendendo piede. Il ronzio sotto la pelle, lo scioglimento delle decine di nodi che legano le sue verità, permettendo a tutti di galleggiare in superficie.

"Okay," dice James dopo qualche altro minuto, voltandosi verso Lily in modo corretto. "Sono abbastanza sicuro che siamo a posto."

Lei lo guarda, Lily ha sempre avuto la capacità di immobilizzarlo.

"Stai bene?" Chiede lei infine, cosa che lui non si aspettava affatto. Sente le sopracciglia sollevarsi per la sorpresa mentre la sua bocca si apre:

"No."

Lui non può fare a meno di ridere. Forse è il nervosismo. O il desiderio di evitare il peso di quella confessione.

Lily si limita ad annuire, accettandolo. "Il giorno dell'attacco al Ministero, è stata l'unica volta che hai visto Regulus dopo che ha lasciato la scuola?"

"No," la risposta gli sfugge ancora una volta prima che abbia il tempo di pensare, il volto di Lily si offusca all'istante. "Era uno dei Mangiamorte che hanno fatto irruzione nel negozio che io e Marlene stavamo sorvegliando," spiega rapidamente. "È l'unica altra volta che l'ho visto."

"Non sei mai andato a casa sua?"

James scuote la testa. "Solo quella volta."

"Non gli hai mai scritto?"

James deglutisce, pensando alla lettera al cottage, quella che ha riletto quasi ogni sera da quando l'ha aperta per la prima volta. "Non dopo Hogwarts," riesce finalmente a dire.

"Ma—" La voce di lei si interrompe e stringe i denti. "Ma lo amavi? Fino alla fine?"

"Ancora," trasalisce James. "Lo amo ancora."

Lily si lascia sfuggire una risata dal suono tragico. Si passa le mani sul viso e scuote la testa, distogliendo lo sguardo. James ha l'impulso irrefrenabile di raggiungerla, ma tiene le mani chiuse in grembo.

"Chiedimi amo anche te," dice invece.

"Dio, James—"

"Ti prego. Chiedimi se ti amo."

Lei lo guarda, gli occhi vitrei. Triste. Delusa. Sembra che sia passato molto tempo prima che lei parli. "Mi ami?"

"Sì," la parola gli scappa di bocca. Fa male quando vede la vera sorpresa sul volto di lei. "Certo, ti amo."

Lily abbassa lo sguardo per un attimo, in evidente difficoltà con se stessa.

"Sai," dice lei, dopo una lunga pausa. "Non pensavo proprio che questa sarebbe stata la risposta."

"Lily—"

"Non sotto il Veritaserum."

"Ti amo. Te lo prometto."

Lily sbatte le palpebre un paio di volte, le lacrime le rigano le guance e lei le asciuga rapidamente. "Non—non vedo come sia possibile James."

Lui odia questo.

"Lo è. Ti assicuro che lo è."

Altre lacrime le scendono sul viso e lei emette un verso di frustrazione, inclinando la testa all'indietro e chiudendo gli occhi.

"Cazzo odio piangere durante i litigi," dice, rivolgendosi appena a James. "Mi fa sentire così... fuori controllo. Così debole."

"Tu non sei debole."

Lei si schernisce, "Non credi?"

E lui non è sicuro di cosa fare con questo—di cosa lei intenda dire. Lily riapre gli occhi, strofinandosi con rabbia il viso con la manica della giacca.

"Ho tanta voglia di tornare a casa," sussurra, senza guardare James. "Mi manchi—parlare con te, toccarti, addormentarmi con te. Dopo tutto quello che è successo, come posso desiderare tutto questo senza sentirmi debole?"

James deglutisce a fatica. "Non sono sicuro di poter rispondere a questa domanda."

"No," Lily ride e tira su col naso allo stesso tempo, asciugandosi il naso. "No immagino che tu non possa." Si fissa le mani e le esamina per un minuto prima di riprendere a parlare. "Tu—" La sua voce vacilla. "Tu vuoi ancora questo bambino?"

James si sente come se gli avessero appena tolto l'aria dai polmoni. "Sì."

"È per questo che sei rimasto? Dopo essere andato a Grimmauld? È stato per il bambino?"

Lui scuote la testa anche se lei continua a non guardarlo. "No. Ti amo. Voglio stare con te."

"Tanto quanto volevi stare con lui?" E finalmente gli occhi di lei si alzano, facendo fare al cuore di James ogni sorta di goffo movimento nel suo petto.

"Sì," sussurra lui. Lei non lo lascia andare, lo sguardo lo tiene fermo.

"Ero la tua seconda scelta? Regulus ha lasciato la scuola e poi ci siamo messi insieme, se fosse rimasto—"

James scuote la testa. "Avevamo già... finito, prima che se ne andasse. Lui—" James si prende un momento, gli occhi si stringono. "Pensavo di poter... non so... fargli vedere le cose in modo diverso. Ma lui—tutto è andato un po' storto il sesto anno. Tutto è andato un po'... male."

Il petto gli si stringe al ricordo. A quanto si era sentito perso e spaventato e sopraffatto. Quanto era stato difficile dare un senso al ragazzo che conosceva e alla persona che aveva fatto del male al suo amico. Che aveva impresso il Marchio Oscuro sulla sua pelle.

Non voleva accettarlo.

Onestamente, fa ancora fatica a farlo.

James espira, riaprendo gli occhi, trovando Lily che lo osserva con attenzione.

"Non sei una sostituta o una seconda scelta è quello che sto cercando di dire," riesce finalmente a dire, prima di farle un piccolo sorriso. "Voglio dire, sei Lily Evans per l'amor di Godric."

Lily si lascia sfuggire una risata umida, scuotendo la testa. "Non so ancora cosa significhi."

"Questo perché tu puoi essere sempre te stessa. Il resto di noi deve fare a meno di te ogni tanto. Sperimentare come diventa piatta la vita quando non ci sei."

Lei alza gli occhi al cielo. "Sembra terribile."

"Lo è," la sua voce è più sincera di quanto intenda, forse è il Veritaserum. Per un attimo sembra che entrambi stiano trattenendo il respiro.

Alla fine Lily scuote la testa. "Non so dove andremo a parare."

James prende un respiro tremante. "Torna a casa."

"James—"

"Non perché sia tutto risolto," spiega in fretta. "So che non è così. E io—sai—dormirò nella stanza di Sirius, qualsiasi cosa ti serva, per sentirti a tuo agio. Ma vieni a casa così possiamo... provare." Lui la guarda implorante. "Voglio provare Lily. E tu?"

La vede discutere con sé stessa e fa del suo meglio per non insistere oltre. Non si agita, non distoglie lo sguardo, non lascia trasparire dal suo volto la paura che ha dentro. Perché se lei non lo facesse? Cosa farebbe allora?

"Okay," dice la parola lentamente, come se stesse provando come si sente sulla lingua.

James fa del suo meglio per tenere sotto controllo il cuore che rimbalza. "Sì?"

"Non perché sia tutto risolto," gli ripete le sue parole. "Ma perché voglio provarci."

James annuisce vigorosamente con la testa. "Sì, okay, sì. Questo é—grazie." E improvvisamente James non riesce più a trattenersi. "Posso•posso abbracciarti?"

Lily sembra sorpresa per un attimo poi il suo viso si addolcisce. "Sì James, puoi abbracciarmi."

Meno di un secondo dopo è tra le sue braccia, stringendolo a sé come lui stringe lei. James sente che tutto il suo corpo si rilassa al contatto, seppellisce il viso tra i suoi capelli e la respira a pieni polmoni. Il calore gli scorre nelle vene, facendolo sentire... appagato. James non sarà mai più pieno, ma almeno qui, tra le braccia di Lily, non si sente così fottutamente vuoto.

"Okay," sospira lei, tirandosi indietro con grande disappunto di James. Incontra gli occhi di lui, un po' arrossati ma determinati. "Lasciami prendere le mie cose."


Solo quando varcano la porta d'ingresso James si ricorda che la sua casa è piena di Malandrini.

"Merda," dice, mentre dalla cucina provengono urla forti e bellicose. "Mi ero dimenticato che erano qui." Beh, non se n'è proprio dimenticato, è solo che si è talmente abituato alla loro presenza che ha dimenticato che di solito non ci sono.

"Pensi davvero di potermi battere? Davvero?"

"Certo che penso di poterti battere! Tu non sai nulla di strategia! Ti inventi solo le cose!"

"Ha funzionato piuttosto bene negli scacchi."

"Perché stai barando!"

"Non è così."

"Lo é."

"Non lo é!"

James si volta verso Lily che, per fortuna, invece di sembrare arrabbiata o inorridita, sta ridendo.

"Posso dire loro di andarsene—voglio dire—glielo dirò, ovviamente," ignora la parte di lui che disperatamente non vuole farlo, anche se Lily è qui adesso. È stato bello, tornare tutti e quattro insieme in questi ultimi giorni, vivere l'uno con l'altro, come ai vecchi tempi. È stato troppo facile abituarsi. Abituarsi a questa situazione. È l'unica cosa positiva che è venuta fuori da tutto questo.

"Sono tutti qui?" Chiede Lily.

"Sì—come ho detto, dirò loro di—"

Ma Lily lo respinge. "No non farlo, non li vedo da secoli." Posa la borsa, il cappotto e gli stivali sono già stati tolti, spinge James verso la cucina.

"Andiamo a vedere perché si urla tanto."

"Sei sicura?" James chiede nervosamente. "Perché giuro che butto fuori quelle teste di cazzo, subito."

Lily si lascia sfuggire un piccolo sbuffo. "Sono sicura. Continua."

Lui si chiede se forse la sente anche lei—l'ansia di stare da soli insieme. Di dover cercare di tornare alla normalità. Di quanto tutto sembrerà sbagliato ora, la loro casa, la loro vita, tutto cambiato.

"Non puoi inventare le tue regole e fingere di vincere!" Peter ha il viso rosso vivo mentre urla a un Sirius decisamente meno infastidito. Remus sembra cercare di ignorarli entrambi, il naso immerso in un libro, una tazza di tè nella mano libera.

"Tutte le regole sono inventate Peter, lo sai vero? Non sono fenomeni naturali. Un tizio da qualche parte ha deciso che le cose sarebbero andate così. Beh, anch'io sono un tizio e decido che le cose devono andare diversamente."

"Non è così che funzionano i giochi!"

"Non è così che funziona qualsiasi cosa," aggiunge Remus senza alzare lo sguardo dal suo libro.

Ma Sirius non sembra infastidito da nessuna delle due osservazioni, scrolla le spalle, un sorriso pigro che gli pende dalla bocca. "Forse non per voi. Ma per me funziona sicuramente così."

James non può fare a meno di sbuffare, portando l'attenzione di Peter e Sirius verso di loro, Remus, naturalmente, non alza lo sguardo dal suo libro.

Beh, almeno finché Peter non dice: "Lily?"

"Lily?" Remus ripete.

Sirius si è già alzato dal suo posto, Lily lo raggiunge a metà strada, i due si abbracciano—Sirius la solleva anche un po' da terra. "Hey bellissima," dice dolcemente, senza la consueta sfacciataggine.

"Hey," risponde lei dolcemente, tirandosi indietro ma non troppo, quanto basta per guardarlo. "Come stai? Ho pensato a te."

Sirius fa un sorrisetto che però non arriva agli occhi. "Cosa? Al piccolo vecchio me?" E quando Lily non molla la presa; "Sto bene Evans. Sai... e tu?"

La bocca di lei si contrae. "Sai." Questo fa ridere Sirius.

"Hey," Remus si avvicina a James, distogliendo la sua attenzione dall'altra coppia. "Vuoi che ce ne andiamo da qui?" Chiede con voce pacata.

James torna a guardare Lily, lei e Sirius che parlano a bassa voce e che lui non riesce a capire. Si rende conto di essere un po' geloso, anche se non sa esattamente di chi. Dopo un attimo scuote la testa.

"No, Lily ha detto che vuole che voi rimaniate," e quando Remus guarda scettico; "Anch'io voglio che voi rimaniate."

È difficile spiegare come ci si sente ad averli qui. I suoi ragazzi. Insieme. Quanto ne ha bisogno. Quanto lo tenga insieme in questo momento. Si chiede se loro provino la stessa cosa. Nessuno di loro si è posto il problema, visto che hanno appena iniziato a vivere tutti insieme. Peter va ancora a lavoro, Sirius di tanto in tanto viene chiamato per affari dell'Ordine—James non è stato chiesto di fare nulla di recente, e lui sospetta che sia colpa di Frank—ma nessuno di loro ha mai accennato al bisogno di tornare a casa. E lui ne è grato.

"Che ne dici Wormtail?" La voce di Sirius strappa James dai suoi pensieri. "Sei pronto per quella partita a Sparaschiocco?"

"Vince chi ne fa due su tre?" Chiede Peter alzandosi dal suo posto.

"Proprio così."

"Io gioco contro il vincitore!" Lily canta, Sirius la spinge verso il salotto. All'uscita incrocia lo sguardo di James che crede di vedere il suo sorriso irrigidirsi. Cerca di non farsene condizionare.

"Hey," gli dice Remus dopo che gli altri se ne sono andati, Pete e Sirius litigano su chi tira per primo mentre si spostano lungo il corridoio. "Stai bene?"

James cerca di sorridere. "Certo."

Remus gli lancia un'occhiata scettica ma James riesce solo a fare spallucce.

"È tornata," dice infine. "Non credo di poter chiedere di più in questo momento."

Remus allunga la mano e gli stringe il braccio.

"Oi!" La voce di Peter arriva dal soggiorno. "Cosa credi di fare!"

"Mischio," risponde Sirius.

"Col cavolo, non mi fido di te cazzo—dammele, mischio io."

"E chi dice che mi fido di te?"

"Ragazzi, ragazzi," interviene Lily. "Mischio io."

Remus fa un piccolo sorriso a James, "Andiamo," dice, facendo un cenno con la testa verso la facciata della casa. "Andiamo ad assicurarci che non si uccidano a vicenda, sì?"

"Proprio come ai vecchi tempi non è vero?" Dice James, facendo del suo meglio per ignorare il dolore al petto.

Il desiderio di tornare indietro e fare tutto in modo diverso.


Alla fine Peter batte Sirius.

E Lily batte Peter.

E Remus.

A quel punto sono tutti mezzi addormentati. Troppo stanchi per riuscire a salire le scale. Tappeti e divani si trasformano in materassi finché alla fine l'intero soggiorno non è altro che letti e coperte. Peter sta russando prima ancora che James abbia spento le luci, Sirius e Remus sono sdraiati uno vicino all'altro, James e Lily ai loro lati. Per un breve momento i loro occhi si incontrano.

Buonanotte.

Lily mima, facendo mancare il respiro a James. Resiste all'impulso di strisciare verso di lei.

Buonanotte.

Alla fine mima con la bocca.

Gli ci vuole un po' per addormentarsi.


"Non capisco perché non possiamo aiutarle," dice Sirius la mattina dopo, incapace di mantenere una faccia del tutto seria mentre lui e James prendono in giro Remus che sta cercando di preparare loro la colazione.

"Già, io e Padfoot siamo dei bravi cuochi," aggiunge James dal suo posto sul bancone, sbattendo i piedi contro gli armadietti sottostanti. Peter è accasciato sul tavolo ancora mezzo addormentato, Lily è dall'altra parte di Remus a tagliare la frutta.

"Lily può aiutare," fa notare Sirius con petulanza.

"Sì beh," la padella su cui Remus è in piedi comincia a sfrigolare, "questo perché posso fidarmi che Lily non si tagli le dita," e poi, con uno sguardo significativo a Sirius, "o quelle di chiunque altro."

Sirius ha un sussulto drammatico. "Prongs l'hai sentito?"

"Certo, sembra che stia mettendo in dubbio la tua abilità con i coltelli."

"Un affronto al mio onore!"

Remus scuote la testa e versa con cura la pastella nella padella, inclinandola delicatamente da una parte e dall'altra fino a coprire l'intera superficie. È onestamente affascinante da guardare.

"Dopotutto sono Francese," continua Sirius.

"E questo cosa c'entra?" Chiede Lily, infilandosi in bocca una fragola. James cerca di non notare il modo in cui il succo le arrossa le labbra e si guarda invece le nocche.

"Um, lui sta facendo le crêpes," dice Sirius. "Il cibo della mia gente."

"Il cibo della tua gente," borbotta Remus, scansando Sirius e facendo scivolare la crêpe appena fatta su un piatto insieme alle altre prima di ricominciare l'intero processo.

Sembra che Sirius si stia preparando per un discorso importante quando si sente battere alla finestra. Tutti si voltano e vedono il piccolo gufo marrone che aspetta impaziente con il Profeta nel becco.

Remus dà un altro spintone a Sirius. "Ecco, vuoi essere utile? Vai a prendere il giornale."

"Ma io—"

"Dai, vai!"

Alzando gli occhi al cielo Sirius si dirige verso la finestra, borbottando qualcosa come 'il mio talento sprecato' mentre va.

"Lily, ci siamo ricordati delle more?" Chiede Remus, senza staccare gli occhi dalla padella davanti a lui.

"Uh—sì, devono essere qui da qualche parte," comincia a girare su se stessa, gli occhi che vagano sul caos della spesa sul bancone. James è quasi certo che abbiano comprato l'intero supermercato.

"Alla tua sinistra."

Gli occhi di lei si posano su quelli di lui e per un attimo la coppia si blocca. Non riesce più a capire se l'elettricità che c'è tra loro sia una cosa positiva o negativa.

James si schiarisce la gola. "Le more. Sono alla tua sinistra," indica con il dito.

Lily sbatte le palpebre. "Oh," spinge alcune cose da parte per raggiungerle, "...grazie."

James sta per dire 'prego' o qualcosa di altrettanto rigido e noioso, quando Peter lo interrompe:

"Sirius stai bene?"

Tutti girano la testa, anche Remus, che prima era stato molto restio a distogliere lo sguardo dalle sue crêpes. Sirius è in piedi alla finestra, con giornale in mano, il gufo sparito da tempo, fissando la prima pagina.

"Sirius?" James chiede, scivolando dal bancone, ma è Remus che attraversa la stanza verso di lui, Lily agita la bacchetta per spegnere il calore del cibo prima che si bruci.

Sirius non alza lo sguardo e non dà segno di aver sentito nulla, continua a rimanere lì, completamente immobile. James sente qualcosa di pesante formarsi nella bocca dello stomaco.

"Sirius?" Remus lo chiede di nuovo, ora al suo fianco, la mano che sfiora la schiena di Sirius.

Sirius si raddrizza, sollevando la testa in modo che James possa apprezzare quanto sia diventato pallido. "Merda, scusate, mi sono assopito," dice con voce falsamente allegra, gettando il giornale di lato e tornando verso il cibo. "Allora, abbiamo finito? Sto morendo di fame cazzo."

Afferra il piatto di crêpes finite, agitando la bacchetta in modo che la frutta lo segua mentre si siede a tavola con un Peter dall'aria molto stupita. Lily deve arrampicarsi per afferrare il coltello precariamente posizionato sul tagliere che ora segue Sirius attraverso la stanza.

"Cazzo sembra buono," dice Sirius, iniziando a riempire un po' maniacalmente il suo piatto. "Beh, forza Pete, dacci dentro."

Peter sembra sorpreso di essere stato riconosciuto e poi si gira rapidamente verso James con un chiaro 'cosa devo fare?' nell'espressione. James si limita ad annuire, e così, diffidente, Peter inizia a mangiare.

Remus ha preso il posto di Sirius, in piedi accanto alla finestra, fissando con occhi spalancati la prima pagina del giornale.

"Moons?" Chiede infine James. Remus alza lo sguardo, va verso Sirius e poi di nuovo verso James, che inarca il sopracciglio in segno di domanda.

"È Orion," dice infine Remus, la voce sforzata mentre gira il giornale in modo che possano vedere la gigantesca foto in movimento di Orion Black—scattata sicuramente diversi anni fa a qualche funzione del Ministero. È vestito con abiti eleganti e sorride in un modo che a James fa venire il voltastomaco—ricordandogli troppo Regulus. "È morto."

L'informazione non dovrebbe essere così sconvolgente, visto lo stato di salute in cui si trovava l'ultima volta che James l'ha visto. Ma per qualche motivo sente ancora il cuore che gli si stringe.

"Merda," Peter guarda Sirius dall'altra parte del tavolo che non ha posato la forchetta, non ha alzato la testa per guardare nessuno, gli occhi sono concentrati sul suo piatto. Remus si siede accanto a lui, James e Lily sono ancora immobilizzati. Nessuno di loro sa davvero cosa dire o fare.

Sirius sembra deglutire a fatica, lasciando che il silenzio si protragga per un bel po' prima di parlare.

"Brutto momento per essere un Black, huh?"

La risata non gli arriva agli occhi.


I ragazzi si fermano ancora per qualche giorno. Anche se nessuno ne parla, soprattutto Sirius. Non menziona nemmeno una volta il nome di suo padre e quando qualcuno cerca di tirarlo fuori si concentra intensamente su un compito o un altro—come fare l'arrosto o guardare i documenti di Lily o lucidare la scopa. Ma alla fine devono andarsene.

"Passo un paio di volte dopo il lavoro magari?" Dice Peter mentre si stacca da un abbraccio con Lily.

"Sarebbe bello Pete," dice lei, sorridendo.

"Grazie Wormtail," James lo abbraccia. Peter era più basso di lui quando erano bambini ma ora sono praticamente alti uguali, un fatto che James dimentica sempre fino a momenti come questo. "Per... sai."

Sente Peter annuire contro la sua spalla. "Certo."

È un po' più difficile, lasciare andare Remus e Sirius.

James non sa per quanto tempo Sirius e lui rimangano sulla porta d'ingresso abbracciati l'uno all'altro. Probabilmente è un tempo imbarazzante ma dubita che Lily o Remus ne siano sorpresi.

"Puoi tornare, se hai bisogno," dice James, sentendo Sirius annuire.

"Sì lo so. Sempre il benvenuto giusto?"

James lo stringe più forte. "Ti preparerò anche il tuo disgustoso tè."

"Vaffanculo Potter."

James ride, gira la testa e bacia la tempia di Sirius, sentendo l'altro ragazzo afflosciarsi un po' di più in lui. "Possiamo ancora essere felici," sussurra.

Questa volta è Sirius a stringere, prima di tirarsi indietro con riluttanza. "Ti credo," dice a James con un sorriso a metà.

"Mi prenderò cura di lui," dice Remus, quando è il suo turno.

"Prenditi cura anche di te, okay?"

Remus sbuffa. "Ci proverò."

E poi se ne vanno. Lasciando James e Lily da soli in una casa vuota.


La situazione è tesa.

Non... litigano, ma non... parlano nemmeno molto. James si trasferisce nella camera di Sirius e ricomincia a lavorare al Ministero, aiutando Frank ad addestrare gli Auror al combattimento aereo. Lily ha i suoi lavori, anche se, ovviamente, James non ha idea di quali siano. Quindi evitarsi a vicenda è abbastanza facile. Ed è quello che stanno facendo, per quanto James non voglia ammetterlo.

Per la prima volta James pensa di capire davvero il termine 'piccole chiacchiere,' perché ogni volta che parlano sembra tutto minuscolo. Piccole parole, con piccoli significati.

Ciao.

Buongiorno.

Oggi è bello fuori.

Abbiamo bisogno di più latte.

Più le parole diventano piccole più il suo petto si stringe. Come se si stesse rimpicciolendo, cercando di occupare meno spazio, scusandosi per essere lì. Per essere nella sua vita. Una forma di penitenza. James Potter, il più rumoroso e il più grande e il più brillante, si è messo in un angolo. Perché forse se non fosse stato così rumoroso e grande e brillante sarebbe riuscito a vedere oltre sé stesso. Forse sarebbe stato in grado di impedire che tutto andasse così male.

Le settimane passano.

Inizia un nuovo anno che non sembra entusiasmare nessuno.

Il tempo si trascina.

James aveva detto che avrebbe risolto la situazione. Ha detto che potevano ancora essere felici.

Vuole mantenere quelle promesse, ma a volte il peso nel petto è troppo grande. Il dolore. La perdita. A volte pensa di piangere Lily quanto Regulus.

Poi, un giorno, torna a casa e la trova seduta al tavolo della cucina.

"Oh," si ferma sulla soglia. "Ciao."

In generale i due passano pochissimo tempo negli spazi comuni, preferendo entrambi nascondersi nelle loro stanze.

Lei gli fa un debole sorriso. "Ciao," e poi, schiarendosi la gola. "Ti siedi?"

Il cuore di James cade nella bocca dello stomaco mentre sprofonda nella sedia di fronte a lei. Non gli piace affatto la piega che sta prendendo la situazione, il ginocchio rimbalza nervosamente su e giù sotto il tavolo.

"James—"

"Senti," la interrompe lui, sporgendosi in avanti. "So che non mi sono comportato bene, che ho detto di volere che tu tornassi per poter provare e poi sono stato... fuori dai piedi."

"James—"

"Ma è solo perché non so come—come iniziare credo? E non voglio insistere troppo. Voglio darti tempo e spazio e, sai," si passa una mano frustrata tra i capelli. "Ma ho lasciato che questa cosa andasse avanti per troppo tempo e probabilmente sembra che non mi stia impegnando affatto. Ma giuro che lo sto facendo—o meglio, lo voglio. Devo solo capire—"

"James," lei parla abbastanza forte da far tacere i pensieri a spirale nella sua testa, facendo sì che gli occhi di lui si alzino di scatto e incontrino quelli di lei. Lei non sembra arrabbiata, solo un po' esasperata, e se lui si sente generoso, potrebbe anche esserci un po' di simpatia.

"Non è tutta colpa tua," dice infine.

"Sono io che ho mandato tutto a puttane però."

"Forse, ma ho accettato di tornare. Il che significa che siamo entrambi responsabili di far funzionare le cose. E nemmeno io... nemmeno io ho fatto la mia parte," si mordicchia il labbro inferiore per un attimo prima di confessare: "Credo di avere paura, ad essere sincera."

James le rivolge un debole sorriso. "Sì," gracchia, "anch'io."

"Ho parlato con Alice," dice lei alla fine. "E pensa che ci farebbe bene... vedere qualcuno."

James sbatte le palpebre e aggrotta la fronte per la confusione. "Vedere qualcuno?"

Lily ha iniziato a picchiare le dita come fa spesso quando è nervosa. Mastica le parole prima di pronunciarle. "Sì, come un... sai, un Guaritore Mentale."

Quella parola si posa al centro del tavolo. È grande e invadente e James non riesce a vederci intorno quanto vorrebbe.

"Pensi che dobbiamo andare in terapia?" Non sa perché l'idea lo infastidisca tanto, se non perché in qualche modo gli sembra di ammettere una sconfitta. Che ha fallito in qualche modo. Che loro due... non sono abbastanza forti per risolvere la situazione da soli. I suoi genitori, dopo tutto, non hanno mai avuto bisogno di andare in terapia.

Lily sospira. "Credo... credo di non sapere cosa sto facendo," ammette infine, alzando lo sguardo su di lui. "Questa... cosa... tra noi, non so come affrontarla. Non so come parlarne. È troppo grande."

"Possiamo affrontarla," dice James. "Possiamo superarlo, so che possiamo."

Lily lo guarda con tristezza. "Lo spero. Ma non da soli, non credo." E quando James continua a fissarla, combattendo le sue battaglie interne, lei alla fine continua. "Per favore," la sua voce è cruda. "Credo che abbiamo bisogno di aiuto. Io ho bisogno di aiuto."

Io voglio aiutare. Lasciami fare.

Ma lui inghiotte quel pensiero, perché nonostante tutte le sue proteste interiori, sa che lei non ha torto. Sa che in questo momento è talmente fuori di sé da non riuscire a capire da che parte stia il cielo o la terra.

"Okay."

"Okay?"

"Sì," anche se gli fa male dirlo. "Cerchiamo... un Guaritore Mentale."

L'espressione di sollievo sul volto di lei sembra valerne quasi la pena.


La loro Guaritrice Mentale è una donna sulla cinquantina di nome Katherine—lei insiste perché usino il suo nome. Ha grandi, spessi occhiali con montatura viola, appesi a una catenella intorno al collo, capelli incredibilmente bianchi per una persona non così vecchia e la tendenza a indossare maglioni molto grossi e colorati.

È simpatica.

Anche se James non crede che lui le piaccia molto. Non che sia mai scortese ma spesso, quando lui risponde a una domanda, lei inclina la testa di lato e gli rivolge un sorriso condiscendente che suggerisce che non gli crede del tutto.

James non pensa che stia mentendo. Esattamente. Ma forse... non è completamente aperto. Cerca di trovare le risposte alle sue domande che pensa lei voglia. Che lui dovrebbe avere. È piuttosto bravo a leggere le persone, a capire cosa ci si aspetta da lui, lo è sempre stato. Ma ogni volta che pensa di avere la risposta giusta riceve uno di quegli sguardi, e un rumore sempre più frustrato da Lily.

Personalmente, James ritiene che la terapia non sia affatto quello che ci si aspetta. Certo, prima la situazione era tesa, i due si muovevano in punta di piedi. Ma almeno non litigavano. Ora invece? Beh...

"Non capisco perché sei così arrabbiata con me," sbotta James. Sono tornati a casa dopo la terza seduta e Lily si aggira per casa sbattendo le ante degli armadi.

"Perché è stata una colossale perdita di tempo, di nuovo!" Prende una bottiglia di birra e poi, rendendosi conto nel momento stesso in cui la tiene in mano che non può berla, la guarda con cattiveria. Come se l'avesse appena offesa.

"Non vedo perché sia colpa mia," ribatte James. "Sei tu che hai voluto andare in terapia non io!"

"Per cercare di aiutarci a risolvere la situazione," sbatte la bottiglia con tanta forza sul bancone che James è onestamente impressionato che non si sia rotta.

"Non è colpa mia se non funziona!"

"Non ci stai nemmeno provando!"

Il che secondo James è del tutto ingiusto. "Sì che ci sto provando!"

"Stronzate James, sono stronzate! Te ne stai lì seduto come se fossi un politico che rilascia comunicati di una fottuta stampa!"

"Che cazzo significa?" Le mani di James si sono arricciate a pugno. Lily alza gli occhi al cielo e questo lo fa infuriare ancora di più. "No, davvero Lily, che cazzo significa? Che cazzo vuoi da me? Volevi scappare e andare da Mary—"

"Scappare?"

"Così ti ho lasciato andare—"

"Oh come sei fortuitamente gentile."

"Volevi andare in terapia, sto andando in terapia. Sto seduto in una stanza con una signora che non conosciamo nemmeno e sono—"

"Non stai facendo niente!" Lily lo interrompe. "Non stai facendo niente. Non stai dando nulla—la terapia è un lavoro James. Devi essere disposto a fare il lavoro, a guardarti dentro, a essere onesto. Giuro su Dio che ci sediamo in quella stanza e mi sembra che siamo tornati ad avere tredici anni con te che ti comporti come una pomposa testa di cazzo."

James alza le braccia in segno di frustrazione. "Non so di cosa stai parlando!"

"Stai recitando!" Grida lei. "Stai recitando James, è di questo che sto parlando e non è dannatamente utile. È il motivo per cui siamo qui. Continui a sforzarti di essere questa persona perfetta—questa persona che pensi la gente voglia e finisci per nascondere a tutti questa merda. Non è sano e non possiamo—non posso farlo se non so nemmeno con chi cazzo lo sto facendo."

Il suo viso è arrossato, i capelli le cadono dallo chignon dietro la testa.

"Voglio dire, chi sei tu James? Lo sai almeno?"

Questo colpisce un nervo scoperto, uno che lo attraversa, caldo e tagliente. Il che forse dovrebbe farlo fermare, fargli fare un respiro profondo. Ma James è troppo elettrizzato per fare altro che stare sulla difensiva.

"È una domanda stupida—sei ridicola."

Lei scuote la testa, passandosi una mano sul viso prima di spingerlo oltre e dirigersi verso la porta.

"Oh, fantastico, te ne vai di nuovo? Davvero utile Lils! Allora vai, vai a parlare merda con Mary."

"Vaffanculo Potter!" Grida lei mentre lui la segue nell'ingresso.

"Sì vaffanculo anche tu!" Sbotta lui, sbattendogli la porta in faccia.

Prima di riuscire a fermarsi infila il pugno nel legno di fronte a lui, lasciandosi dietro un'ammaccatura. Il dolore gli vibra dalle nocche fino al gomito, il legno scheggiato gli graffia la mano, lasciandola rossa e punteggiata di sangue, che inizia già a gonfiarsi. Potrebbe ripararla in un secondo ma non lo fa, preferendo il dolore al vuoto che sa che proverà quando non ci sarà più.

Ripara comunque la porta, prima di prendere la giacca e Materializzarsi nell'appartamento di Sirius e Remus. È un po' scortese, lo ammette, presentarsi senza preavviso, ma non riesce a sopportarlo. Stare in quella casa. Se non sono in casa va da Pete. O da Frank cazzo. Ovunque.

"Oh," dice Remus quando apre la porta, ammiccando più volte a James prima di farsi da parte e fargli cenno di entrare. "Stai bene?"

James inizia subito a camminare, passandosi le mani tra i capelli.

"Scusa, Sirius è fuori a fare—beh, non so bene cosa, presumibilmente qualcosa per l'Or—James la tua mano!"

"Va tutto bene," borbotta James, continuando a camminare.

"Sta sanguinando."

"Va tutto bene."

"Uh-huh, okay, ho bisogno che tu ti sieda," Remus prende James saldamente per un braccio, e pur pensando di opporsi alla fine si lascia trascinare verso il divano. Remus si siede sul tavolino di fronte a lui e prende delicatamente la mano di James nella sua, la guarda per un attimo prima che i suoi occhi preoccupati si rivolgano a James.

"Chi hai preso a pugni?"

James distoglie lo sguardo. "La mia porta d'ingresso."

Remus mugugna. "Beh, insomma, poteva andare peggio." Estrae la bacchetta, James sibila per il bruciore dei suoi incantesimi curativi. "Oh ma dai bambinone, non fa così male," gli dice Remus dandogli una gomitata bonaria sul piede.

"Allora," lascia che James riprenda la mano, posando la bacchetta sul tavolo, "vuoi dirmi perché hai dato un pugno a una porta?"

James si mette a sedere, incrociando le braccia sul petto e fissando il pavimento. "Sto perdendo la testa con la terapia," dice alla fine, facendo sgranare gli occhi a Remus.

"Okay, cavolo, ci sono un sacco di cose da sistemare," fa un bel respiro. "Sei in terapia?"

"Lily pensava che fosse una buona idea," calcia la gamba del tavolo. "Si sbagliava cazzo."

"Perché stai perdendo la testa?"

"Esattamente."

Remus rimane in silenzio per un minuto, osservando James. "Ti è venuto in mente che la terapia non è qualcosa che si vince o si perde?"

James si schernisce. "No."

"Beh, questo potrebbe essere il tuo primo problema."

"Oh ce n'è più di uno? Bene."

Remus sorride seccamente. "Dimmi James, come si fa esattamente a vincere in terapia?"

James sposta lo sguardo dal pavimento al suo compagno, che ride, alzando le mani in segno di resa.

"Senti, l'hai detto tu, io te lo chiedo e basta. Perché onestamente, non ne ho idea."

James brontola, cercando di capire esattamente cosa gli impedisca di essere... onesto al cento per cento in queste sedute. Questo lo fa indietreggiare all'idea di dire a Katherine esattamente come si sente, esattamente cosa ha fatto.

"Tu... non so, dimostri loro che non sei... distrutto. Che loro non possono curarti. Che puoi farcela da solo." James fissa risolutamente fuori dalla finestra, non volendo guardare Remus, non volendo ammettere di sapere quanto questo suoni ridicolo. Alla fine sospira.

"Sai, i miei genitori? Non hanno mai litigato. Neanche una volta. Non sono mai stati cattivi l'uno con l'altro, non si sono mai fatti del male, non hanno mai fatto nulla per cui valesse la pena litigare. Erano solo... disgustosamente innamorati. Credo che mi abbia un po' fottuto onestamente, vedere due persone che si amano così perfettamente," soffia via un respiro, consapevole degli occhi di Remus su di lui, del modo in cui lo sta ascoltando con attenzione. Remus è sempre stato un buon ascoltatore.

"Vorrei essere così, sai? Ma mi sembra che il modo in cui amo sia... non fa altro che rendere la vita di tutti più difficile. È troppo. È troppo forte. Troppo opprimente. Non riesco a controllarlo. Faccio tutto male. Amo le persone in modo sbagliato. O qualcosa del genere—cazzo—ignorami, sto dicendo sciocchezze," borbotta, scuotendo la testa.

Remus continua a guardarlo, tanto a lungo che James comincia ad agitarsi. "Non sai cosa non ti hanno detto James," gli dice gentilmente. "Non sai com'era il loro matrimonio a porte chiuse. Non credo—" Si interrompe, mordendosi il labbro inferiore. "Voglio dire, non sono un esperto, ma non credo che nessuno ami perfettamente. Cazzo, non credo che nulla di ciò che esiste nella vita reale sia perfetto."

James aggrotta le sopracciglia. "Forse," ma non è sicuro di essere d'accordo.

C'è qualcosa di triste negli occhi di Remus che James non sopporta, così abbassa lo sguardo sul pavimento.

"Sai," dice Remus. "Va bene essere distrutti a volte. Dopo tutto quello che abbiamo passato... credo che sia giusto essere un po' distrutti."

James non si preoccupa di sottolineare che lui e Remus non hanno passato le stesse cose. Che la vita di Remus è stata, da qualsiasi punto di vista, molto più difficile.

"E se—" Si ferma, facendo un respiro profondo. "E se non potessi essere me stesso ed essere distrutto?"

Gli occhi di Remus si allargano, ma prende ancora tempo prima di parlare. "E se fosse l'unico modo per essere te stesso?"

James sbuffa una risata. "Merlino, questa cosa sta diventando troppo fottutamente filosofica."

Remus sorride. "Un po' sì," e poi, più sinceramente. "Avere bisogno della terapia non significa che hai perso James. Non significa che ami peggio di chiunque altro. Quindi, sai, magari abbassa un po' la guardia sì? Potrebbe davvero essere d'aiuto."

James sospira, lasciando cadere la testa contro il divano. "Va bene. Ci... proverò."

"Bravo ragazzo."

Alza gli occhi al cielo e dà un calcio a Remus che ricambia.

"Allora come state tu e Pads? Le cose... vanno meglio?"

Remus fa una smorfia, inclinando la testa da un lato all'altro. "Stanno... non lo so. Ho l'impressione che si stia trattenendo. Il che... è giusto credo. Non c'è motivo di sentirsi a proprio agio con qualcuno che scompare continuamente per settimane. Ma..."

"Odi questo?"

Remus ride senza troppo umorismo. "Lo odio cazzo. Mi fa venire voglia di rompere le cose quasi tutti i giorni," emette un respiro stanco, pizzicandosi il ponte del naso. "Continuo a pensare—quando questa guerra sarà finita, staremo bene. Dobbiamo solo riuscire a uscirne. Dobbiamo solo sopravvivere fino a quel momento. Perché so che siamo destinati a stare insieme, lo so e basta. Ma non... in questo modo. Quindi se riusciamo a trattenere il respiro ancora un po'... solo che è difficile vedere la fine in questi giorni vero?"

Alza lo sguardo su James che sente il petto irrigidirsi. "Già."

"Sembra che resteremo intrappolati così per sempre."

"Questo," concorda James, "oppure, sai, moriremo."

Remus si lascia sfuggire una risata stupita. "Cazzo, questo è morboso. Hai davvero bisogno di una terapia."

"Oi!" James colpisce Remus con uno dei cuscini del divano, che Remus prontamente gli strappa dalle mani e lo colpisce a sua volta.


Quando James torna a casa sente il suono del giradischi di Lily. Rimane in piedi in fondo alle scale per un minuto, facendo un respiro profondo e cercando di raccogliere il coraggio. Fuori è buio, la maggior parte delle luci della casa è spenta, anche se salendo al secondo piano riesce a vedere la calda luce che fuoriesce da sotto la porta della loro camera da letto. O, almeno, da quella che era la loro camera da letto.

Bussa. "Posso entrare?"

C'è una pausa, e lui si chiede se forse lei non l'abbia sentito, ma poi:

"Sì, puoi entrare."

Lily sembra stanca quasi quanto James.

La trova sdraiata supina sul pavimento, solo le lampade più tenui della stanza accese, dando all'ambiente un'innegabile sensazione di sicurezza. La canzone che suona è di un gruppo Babbano, James non ricorda il nome ma li ha già sentiti. Una delle preferite di Lily.


"Well, I've been afraid of changin'
'Cause I've built my life around you"


La voce struggente riempie la stanza, dolente di nostalgia.


"But time makes you bolder
Even children get older
And I'm getting older too"


James costringe i suoi piedi a muoversi, si avvicina a Lily e si sdraia accanto a lei sul tappeto. Sono vicini ma non si toccano, entrambi fissano il soffitto, il testo della canzone li avvolge.

"Avevi ragione," esala James. Sente che lei gira la testa ma lui tiene gli occhi sul soffitto.

"Avevo ragione?" Eipete lei lentamente.

James annuisce. "Ho cercato—" Fa fatica per un momento, una parte di lui è disperata di non lasciare andare questa verità, questa insicurezza orribile, "di dimostrare a me stesso—a te, a Katherine—che non ho bisogno di terapia. Che noi non ne abbiamo bisogno della terapia. E questo non è giusto," sospira, costringendosi finalmente a guardarla. "Ti ho detto che sarei andato, ti ho detto che avrei provato. Voglio farlo. Voglio... stare meglio. Te lo prometto."

Lei lo studia per un momento, James non sa se il silenzio sia una cosa buona o cattiva finché non sente la sua mano scivolare nella sua. Si toccano così raramente in questi giorni che il contatto fa schizzare l'elettricità nel braccio di James, abbassa lo sguardo sul punto in cui si incontrano. Si meraviglia di loro.

"Grazie," dice infine Lily. E poi; "Non me ne andrò di nuovo sai," e quando James la guarda confuso; "Oggi me ne sono andata perché avevo bisogno di spazio. Ma non voglio che tu ti preoccupi che ogni volta che sono arrabbiata ora sparisca per qualche settimana. Ho preso la decisione di tornare. Quindi sono qui, al cento per cento. Non vado da nessuna parte okay?"

James si ritrova a stringerle la mano senza volerlo. "Okay," sussurra.

Da allora non parlano molto, si limitano ad ascoltare la musica, sdraiati l'uno accanto all'altra. Quando James si sveglia al mattino, il sole che filtra dalla finestra, e si ritrova ancora sul pavimento, la mano ancora avvolta in quella di Lily, non può fare a meno di pensare che questa è la prima volta che dormono nella stessa stanza da mesi.

E qualcosa di simile alla speranza inizia a sbocciare nel suo petto.


PARTE IV: LILY


Lily non aveva mai pensato molto all'idea di essere incinta.

Ha pensato un po' a rimanere incinta.

Al parto.

All'essere mamma.

Ma alla gravidanza vera e propria non ha mai pensato più di tanto. Non è un sogno ad occhi aperti così entusiasmante suppone. Solo ora che sta accadendo si rende conto di quanto sia stato un errore. A quanto pare ci sono molte regole sull'essere incinta che tutti sembrano conoscere tranne lei.

È perché tutte quelle persone hanno una madre, sussurra la voce crudele nella sua testa.

Ci sono liste di cose che non può mangiare o bere o fare, e almeno tre Pozioni di cui non ha mai sentito parlare e che ora beve ogni giorno. Una di queste è una Pozione Anti-nausea e ringraziamo Merlino per questo, perché il termine 'nausea mattutina' è del tutto impreciso e, per quanto riguarda Lily, troppo carino per una condizione che comporta il bisogno irrefrenabile di vomitare in momenti casuali della giornata.

Si sente del tutto inadeguata ad affrontare la gravidanza—questa cosa che si suppone sia naturale. Forse questo non è di buon auspicio per lei come madre. Se avesse un vero istinto materno saprebbe già come fare tutto questo. Onestamente, Lily non ne ha idea. Non ha mai chiesto a sua madre come fosse essere incinta. Pensava di avere più tempo.

Almeno ha Alice.

"È questo?" Lily chiede con diffidenza quando si fermano davanti a un negozio di Diagon Alley con i mattoni dipinti di rosa e le serrande bianche. Un bambolotto incantato è seduto sull'insegna e ride e ridacchia.

"Sì," dice Alice, accigliandosi leggermente. "Un po'... troppo, vero?"

"Un po', sì."

"Vuoi tornare indietro e tornare nella mia casa a mangiare patatine e a spettegolare?"

Lily ride. "Sì, ma forse dovrei procurarmi almeno... una culla? Ho sentito dire che quelle sono importanti."

"Mm," concorda Alice. "Va bene allora, proviamoci che ne dici?" Sorride a Lily mentre unisce le loro braccia. "Forse l'interno non sarà così..." fa un gesto verso il bambino che ridacchia e Lily sbuffa.

Purtroppo, l'interno è ancora così...

"Rosa," dice Alice, un po' stupita.

"E blu," aggiunge Lily. È come se ci fosse un muro che divide il negozio in due.

Alice si avvicina a uno scaffale con dei biberon che sembrano delle piccole burrobirre e una tutina con su scritto 'Il compagno di bevute di papà.' Si stropiccia il naso. "Davvero?"

Dall'altra parte del corridoio, sembra esserci qualcosa con un tutù attaccato che dice, a lettere scintillanti, 'rubacuori.'

Lily sente crescere l'ansia mentre si guarda intorno al negozio. Qualunque cosa sia—la odia. Ma cosa significa? Non dovrebbe essere entusiasta di comprare cose per il suo bambino? Non è una cosa che va bene per tutti? Perché all'improvviso le sembra di non riuscire a respirare?

"Tu dove hai preso le tue cose?" Chiede ad Alice mentre iniziano ad avanzare cautamente nel negozio.

"Per lo più dalla mamma di Frank," fa spallucce, stringendo alcuni orsacchiotti che le passano accanto e che le ringhiano giocosamente. "Ha tenuto tutte le sue cose da bambino quindi siamo praticamente a posto."

"Oh," Lily non ci aveva nemmeno pensato.

"Sono sicura che James avrà un mucchio di roba, non riesco a immaginare i suoi genitori che buttano via tutto quello che lui ha toccato," sorride e Lily fa del suo meglio per sorridere a sua volta, anche se non crede di riuscirci del tutto. L'espressione di Alice si spegne rapidamente. "Hey? Cosa c'è?"

Lily scuote la testa, distogliendo lo sguardo per un attimo, lasciando scorrere le dita su una fila di piccoli asciugamani per bambini che stanno passando. "È solo che—" non sa bene come spiegarsi. "Mi manca molto il nostro appartamento."

Alice la guarda, un'espressione un po' confusa sul volto. "Il vostro appartamento?"

"So che non era niente di speciale," di certo non era come il cottage dei Potter, "ma era... nostro, sai? Siamo andati a vederlo insieme, abbiamo deciso di affittarlo, l'abbiamo riempito con tutti i nostri mobili schifosi e i nostri poster pacchiani che non avevano nemmeno la cornice. Ed è stato, sai, un completo disastro ovviamente. Ma ogni centimetro di quel posto era nostro. Noi due. La vita che stavamo costruendo insieme."

Fa una pausa, aspettandosi che Alice parli, ma non lo fa. In qualche modo sa che Lily ha altro da dire.

"Ora viviamo in casa sua," continua. "Circondati dalle sue cose, dalla sua infanzia, dalla sua famiglia. Dormiamo nella sua stanza. E io mi sto solo inserendo. Costringendomi in uno spazio a cui non so nemmeno se appartengo—"

"Lily," dice Alice con tristezza, ma lei la respinge.

"Tutto è suo. Ma voglio che questo bambino sia nostro, sai? Voglio guardare questo bambino e vedere anche me stessa, e non solo il prossimo erede dei Potter," sospira. "Ti sembra una cosa da pazzi?"

Alice scuote la testa. "No. Per niente."

"Bene, perché a volte mi sento un po' pazza." Si fermano in un corridoio a caso.

"Hai qualche cosa di tuo che ti può servire?" Alice chiede. "Vecchie cose da bambino intendo?"

"Non lo so." Ricorda vagamente di aver ripulito la sua casa d'infanzia con Petunia dopo la morte della madre, ma onestamente è tutto così confuso. Non riesce a ricordare cosa hanno tenuto e cosa hanno buttato via. "Probabilmente mia sorella lo saprebbe."

"Dovresti chiederglielo," dice Alice, senza capire bene quanto sarebbe complicato. "Potrebbe esserti d'aiuto avere in giro un po' delle tue cose, sai? Un po' della tua vita?"

Lily fa un rumore non impegnativo, avvicinandosi un po' troppo a uno scaffale di ciucci che all'improvviso iniziano a emettere rumori di succhiare molto suggestivi.

"Gesù," Lily fa un salto indietro. "Letteralmente ma che cazzo?!"

Alice ride e da qualche parte vicino alla cassa Lily giura di aver sentito qualcuno borbottare infelicemente—senza dubbio il proprietario del negozio che veniva a dirgliene quattro.

"Okay, basta così, possiamo andarcene da qui?" Afferra una Alice ancora ridacchiante, trascinandola verso l'uscita.

"La tua faccia!"

"Sì, sì," si allontana dal corridoio e per poco non va a sbattere contro una donna vestita come una vecchia spogliarellista di caramelle—un grembiulino rosa e una camicia bianca sotto. Chiaramente la proprietaria del negozio.

"Oh, scusi," dice Lily sbigottita, inciampando all'indietro mentre Alice cerca di riprendere il controllo.

La donna le osserva con un'espressione infelice. "Posso aiutarvi in qualcosa ragazze?"

"A dire il vero la mia amica era molto interessata a quei ciucci—ow," Lily pesta il piede di Alice, facendo un sorriso forzato alla negoziante.

"No, niente, grazie. Credo che abbiamo finito di cercare."

La donna all'inizio non si muove, gli occhi li scorrono su e giù. "Questo è un negozio per adulti lo sa, il negozio di dolci è un altro isolato più in là."

E poi tira su col naso, a testa alta mentre si allontana dalla loro strada. Per un attimo Lily è troppo agitata per muoversi. Né Alice né lei si vedono ancora, hanno messo su qualche chilo, ma indossano cappotti, e se non le si conoscesse prima non si noterebbe la pancia. È chiaro che quando la commessa le guarda non vede due madri in attesa. Vede delle bambine. L'idea che stiano per avere dei bambini probabilmente le sembra ridicola. Onestamente, anche a Lily sembra un po' ridicola la maggior parte dei giorni.

"Dai Lily," Alice prende l'iniziativa, tirando Lily verso la porta e di nuovo in strada.

Adesso nevica, Alice si tira giù il cappello dalle orecchie mentre Lily la segue lungo la strada. Si chiede come sarà quando tutti saranno in grado di capire—si chiede se ogni volta che un estraneo la vedrà in pubblico la prima cosa che penserà sarà 'che razza di ragazza si mette in una posizione del genere?' Suppone che avrebbe dovuto avere questi pensieri prima è solo che... è successo tutto così in fretta. Ma ora non può fare a meno di guardare i volti che incrocia. Non può fare a meno di chiedersi cosa pensino di lei.

Non può fare a meno di chiedersi cosa pensa lei di lei stessa.

"Quella donna era proprio una stronza."

Lily si sente trasalire e non riesce a trattenere una risata. "Alice!"

"Cosa?" Alice chiede, afferrando il braccio di Lily mentre continuano a camminare per strada. "Lo era!" E poi, con la massima disinvoltura, come se non fosse successo nulla—Lily suppone che, nel grande schema delle cose, non sia mai successo—continua; "Andiamo al Paiolo, sì? Sto morendo di fame. In più devo proprio fare pipì."

Lily ride.


Le ci vuole qualche giorno, ma alla fine chiama Petunia. Chiede di vedersi a pranzo. Beh, in realtà, chiede di venire da lei ma Petunia insiste che vadano a mangiare fuori. Lily pensa che questo abbia a che fare con il fatto che non vuole che Lily stia vicino a Vernon. Considerando che si tratta di una persona insignificante, la sorella teme costantemente di non essere all'altezza dei suoi standard.

È passato molto tempo dall'ultima volta che hanno parlato e Lily si accorge di essere nervosa quando si avvicina al piccolo ristorante in un sobborgo appena fuori Londra. Le mani armeggiano con le maniche.

Petunia, ovviamente, è in anticipo. Così Lily si gode la sensazione decisamente spiacevole di sentire lo sguardo critico della sorella su di lei mentre viene condotta al tavolo dalla padrona di casa.

"Grazie," dice alla donna mentre si siede goffamente sulla sedia, un menu davanti a sé.

Si sente sempre grande e rumorosa e impacciata con Petunia, che non è nulla di tutto ciò. Se la parola 'delicato' fosse una persona sarebbe la sorella di Lily.

"Ce l'hai fatta," dice Petunia in modo categorico.

"Certo che ce l'ho fatta," Lily cerca di sorridere ma il sorriso non le sta bene e Petunia non lo ricambia, anzi sembra sospettosa. "Beh," Lily non sa bene perché sembra così senza fiato o perché le sue guance sono così calde. "Questo posto è bello. Sei—er—sei già stata qui?"

"Io e le ragazze veniamo qui a pranzo ogni due Martedì."

Le 'ragazze' sono un gruppo di donne con cui Petunia è amica fin dalle elementari. Lily non è mai andata molto d'accordo con loro. A dire il vero, nemmeno lei è del tutto convinta che Petunia vada d'accordo con loro ma di certo... hanno l'aspetto che Petunia desidera. Il modo in cui si vestono e i luoghi che frequentano e le famiglie da cui provengono. Lily è quasi certa che sia l'unico motivo per cui sono amiche, perché altrimenti non riesce a pensare a una sola cosa che abbiano in comune.

Ma poi, non è che sappia molto di sua sorella in questi giorni.

"Ottimo," riesce a dire Lily, mantenendo il suo falso buonumore. "Allora puoi dirmi cosa c'è di buono."

Petunia la guarda a lungo prima di abbassare gli occhi sul menu. "Le loro insalate sono deliziose."

Lily fa del suo meglio per non rabbrividire.

Alla fine, prende una parmigiana di pollo, perché le piace e non riesce mai a capire come farlo bene da sola—sta ancora cercando un incantesimo. Petunia, effettivamente, ordina un'insalata.

"Allora..." Lily inizia goffamente, una volta che la cameriera li ha lasciati.

Petunia inarca le sopracciglia. "Allora?"

"Come stai? Come vanno le cose?"

La sua fronte non si abbassa. "Davvero? È di questo che volevi parlare?"

Lily si sposta scompostamente sulla sedia, improvvisamente preoccupata di non essersi vestita abbastanza bene—non che questo posto sia di lusso ma di certo è bello, e lei indossa solo un paio di pantaloni neri elasticizzati e un maglione oversize.

"Non è questo che la gente si chiede?" Dice speranzosa.

Gli occhi di Petunia si restringono. "La gente, forse. Ma non tu. Non mi chiedi mai come sto. Ti ho sentito a malapena da quando abbiamo finito di occuparci delle cose di mamma."

Lily trasalisce, sapendo che è vero. "Beh, neanche tu mi hai mai chiamato."

"Non hai un telefono," sottolinea Petunia in modo categorico.

Giusto.

"Scrivimi allora."

Petunia la fissa. "E come dovrei spedire questa lettera esattamente? Con un corvo? Con un tasso? O c'è qualche altra creatura che usi in questi giorni?"

Lily alza gli occhi al cielo. "Puoi spedirmi le lettere usando la posta Babbana."

"Babbana," ripete la parola con intensa antipatia e Lily sospira, perché avrebbe davvero dovuto sapere che non era il caso di dirlo.

"Okay, senti, mi dispiace di non... essere stata presente. Le cose sono..." Come spiegarlo. "Un po' pericolose nel mio mondo in questo momento."

"Oh hai un mondo tutto tuo vero? Che bello."

"È l'unica parte di quello che ho appena detto che hai sentito?"

Petunia lo fulmina con lo sguardo. "Mangia la tua pasta Lily." Lei stessa si accanisce sulla lattuga di fronte a lei. Lily si rifiuta con veemenza di toccare il suo cibo per principio. Dopo tutto è un'adulta e Petunia non può dirle cosa fare. Tuttavia, dopo alcuni minuti in cui Petunia la ignora, e lo stomaco di Lily brontola, alla fine cede.

Mangiano in silenzio per la maggior parte del tempo, Lily lascia che la tensione si stemperi mentre cerca di trovare il coraggio di chiedere ciò che è venuta a chiedere.

"Allora," tenta di nuovo, bevendo un sorso d'acqua, le mani un po' tremanti quando la posa, "sai che fine hanno fatto le nostre cose da bambini?"

Petunia si irrigidisce. "Perché?" Chiede a denti stretti, mentre si siede, tamponandosi gli angoli della bocca con il tovagliolo.

Lily comincia a sentire di nuovo un po' troppo caldo e si tira il colletto. "Beh è solo che non mi ricordo cosa ne abbiamo fatto quando abbiamo ripulito la casa e—insomma, sarebbe bello averlo, per, sai... i nostri figli."

Petunia continua a fissarla e Lily si sente rimpicciolire sotto il suo sguardo duro, il ristorante improvvisamente troppo pieno e troppo piccolo, il tintinnio delle posate la fa trasalire.

"Ce le ho io," dice infine Petunia.

Lily sbatte le palpebre. "Ce le hai... tu?"

"La roba per il bambino, sì, ce l'ho."

"Oh." C'è qualcosa nel modo in cui la sorella lo dice, come una sfida, non che questo sia esattamente insolito per Petunia, ma Lily ha la sensazione che si tratti di qualcosa che dovrà chiedere con delicatezza. Petunia non è mai stata una fan dei regali a Lily, non lo è mai stata dal giorno in cui Lily ha ricevuto la lettera di Hogwarts.

"È fantastico," continua, sorridendo di nuovo. "Ti—cioè—ti dispiacerebbe se ci dessi un'occhiata? Magari prendendo alcune delle mie cose?"

"Nessuna è tua."

Questo fa trasalire Lily. "Qualcuna deve esserlo."

"No," dice Petunia con tono deciso. "Tutto quello che avevi era mio prima. Quindi, tutto, è tecnicamente, mio."

Lily stringe i denti, facendo del suo meglio per non perdere la pazienza. "Okay, beh, ma ti dispiace se ne prendo un po' lo stesso?"

"Sì."

"Sì?"

"Sì mi dispiacerebbe."

"Perché?" Lily chiede. "Non è che le usi."

Petunia non dice nulla, e dopo un lungo e scomodo momento di silenzio prende la sua acqua e ne beve un sorso. Lily sente un prurito al petto.

"Non le usi?" Ripete, ricevendo lo stesso sguardo vuoto. "Giusto?"

Petunia si schiarisce la gola. "In realtà sì."

Ci vogliono alcuni istanti di silenzio attonito perché Lily possa elaborare questa affermazione. "Sei incinta?" I suoi occhi vanno automaticamente alla pancia della sorella che, ovviamente, è in gran parte coperta dal tavolo. "A che punto è?"

"Quasi cinque mesi ora," Petunia sorride davvero quando lo dice, appoggiando le mani sulla pancia e ora Lily può vederla—la rotondità. Sottile, ma c'è.

"È," Lily deglutisce, non sapendo perché questo la faccia emozionare. "È davvero—è davvero fantastico Tuni, sono così felice per te, wow."

Sua sorella la guarda, raggiante. Davvero raggiante. "Quindi come vedi, mi serviranno le cose per il bambino."

Qualcosa si stringe nel petto di Lily, i suoi nervi tornano a farsi sentire. Tutta questa conversazione è così surreale. Sembra che sia passato a malapena un po' di tempo tra loro due che giocavano nel parco in fondo alla strada e adesso. Sedute qui. Entrambe incinte. A malapena un tempo. O forse una vita. È difficile dire quale.

"Sì certo," riesce finalmente a dire Lily, la voce un po' roca. "Ma—uh—pensi che potremmo condividerle?"

L'espressione di Petunia si chiude immediatamente. "Perché?" Chiede bruscamente, e poi i suoi occhi scendono verso la pancia di Lily, che non mostra molto, ma abbastanza da far sì che una volta sottolineata... lo sguardo di Petunia si rialzi di scatto. "Sei incinta?" Un'offesa.

Lily le rivolge un sorriso esitante. "Sorpresa?"

Per un secondo sembra che Petunia smetta di muoversi completamente, congelata sul posto, e poi: "Ti sei sposata?"

Sembra ferita?

"No," Lily esita. "Er—no—non era esattamente previsto."

"Cristo Santo Lily. Con chi?"

"Il mio ragazzo, con chi credi che sia?" Si irrita lei. "L'hai conosciuto al funerale."

Petunia fa una smorfia. "Quello con quei capelli orribili?"

Lily si trattiene a malapena dal far notare che Petunia non è certo nella posizione di denigrare l'aspetto dell'altra persona che ha accanto.

"Sì, proprio lui," dice decisa. "Quindi speravo che—"

"Speravi che cosa?" Petunia chiede. "Speravi che tu potessi piombare qui e rubare i riflettori?"

"I riflettori?"

"Prendere quello che vuoi e sparire nel tuo piccolo mondo, lasciando il resto di noi indietro senza pensarci due volte?"

Lily fa un verso di frustrazione. "Questo non é giusto."

"Non lo è?"

"No," si passa una mano imbarazzata tra i capelli. "Io penso a te—" Petunia si schernisce. "Lo faccio! Ma tu non mi vuoi qui Tuni, l'hai detto chiaramente, quindi cosa vuoi che faccia? Che venga ogni tanto e mi lasci usare come una specie di sacco da boxe?"

Petunia scuote la testa. "Lascia perdere."

Ma Lily non può. Si china in avanti, a metà del tavolo, cercando di avvicinarsi alla sorella. "Anche a me mancano."

"Stai zitta."

"E mi dispiace di non esserci stata quando papà è morto, e mi dispiace che tu abbia dovuto accollarti gran parte del lavoro quando mamma si è ammalata."

"Ho detto di stare zitta," la voce di Petunia freme.

"Ma ti giuro che ci ho provato! Ho fatto del mio meglio. Ero solo una ragazzina—"

"E io cos'ero?" Petunia non grida esattamente, ma di certo la sua voce si alza abbastanza da attirare l'attenzione dei tavoli circostanti. A Lily non potrebbe importare di meno ma vede immediatamente le spalle della sorella tirarsi indietro, il mento sollevarsi.

"Petunia—"

"Questa conversazione è finita," dice lei frugando nella borsetta prima di tirare fuori il portafoglio e far cadere qualche banconota sul tavolo. "Questo dovrebbe coprire il pranzo," dice alzandosi in piedi.

"Tuni—" Lily si sente improvvisamente molto piccola. E molto giovane. E molto sola.

Sua sorella la fissa con uno sguardo freddo. "Non chiamarmi più."

Lily guarda Petunia allontanarsi.

Le ultime parole che la sorella le dice le risuonano nelle orecchie.


Lily non torna a casa.

Non è più sicura di sapere dove sia casa.

Finisce per sedersi davanti alla tomba di sua madre. Era sempre andata a trovarla, ovviamente. Ma in qualche modo la visita si è trasformata in ore di seduta, di conversazione, di riflessione. Lily si rende conto che questa è la cosa più vicina a un'ancora. Alla sua infanzia. All'appartenenza. I suoi occhi ripercorrono per la decima volta le parole scolpite davanti a lei, senza trovarvi più conforto di prima.

Emette un respiro tremante e chiude gli occhi. "Non so cosa fare," sussurra, sentendosi forte nello spazio vuoto che la circonda, il cielo in alto diventa blu marino con l'arrivo della sera. "Mamma non so cosa fare. Ho davvero bisogno che tu me lo dica." Tira su col naso, asciugandosi il viso. "Sto commettendo un errore?" Ride umidamente. "Ho fatto qualche scelta di recente che non sia un errore?"

Lily sente il freddo mordere le guance, ha bisogno di rifare il suo incantesimo di riscaldamento ma non prende la bacchetta. Ascolta invece il suono del vento, il rumore lontano del traffico un po' più in là. Ascoltando sua madre.

"Hey," dice una voce silenziosa alle sue spalle.

Lily sobbalza, gli occhi si aprono di scatto e si gira trovando James in piedi sul sentiero a pochi metri di distanza, un'aria un po' peccaminosa alla luce della lampada.

"Ciao," sbatte le palpebre. "Er—che ci fai qui?" È allora che vede i fiori nelle sue mani—narcisi gialli, i preferiti di sua madre. "Ti sei ricordato," dice lei, prima che lui possa rispondere.

James sembra confuso per un attimo prima di seguire lo sguardo di Lily. "Oh—sì. Sì beh, li abbiamo ricevuti spesso quando era in ospedale e so—so che possiamo evocarli ma è meglio quando sono veri. Comunque, scusa, sto farfugliando."

Non si è mosso, non ha lasciato il sentiero, come se stesse aspettando di essere congedato.

"Cosa ci fai qui?" Chiede ancora lei.

"Beh," James si strofina nervosamente la nuca. "Hai detto che dovevi pranzare con tua sorella, ma da quando ti conosco non hai mai passato volentieri più di un'ora con lei," Lily sbuffa una risata, anche se, tutto sommato, non è molto divertente. "Così quando non sei tornata a casa ho pensato che probabilmente eri venuta qui. E quando ancora non sei tornata a casa ho pensato che... forse il pranzo era stato, sai, difficile. E che forse avevi bisogno di un po' di compagnia?"

Quando Lily si limita a fissarlo, lui continua rapidamente.

"Ma capisco perfettamente se vuoi mandarmi a fanculo."

Lei ride un po', strofinandosi il naso. "No," dice infine. "No, è—grazie."

James si rilassa. "Certo." Ma ancora non si muove.

"Allora?" Lily inarca le sopracciglia. "Te ne starai lì impalato o hai intenzione di darle i suoi fiori?" Fa un cenno verso la lapide.

"Giusto—sì," James si avvia in avanti, posando delicatamente il mazzo di fiori alla base della lapide prima di sfilarsi lo zaino e la giacca, trasformando quest'ultima in una coperta. "Tieni," dice, e Lily scivola con gratitudine sul morbido materiale.

"Grazie, avrei dovuto pensarci ma..." Si interrompe e James si limita ad annuire, sedendosi accanto a lei, senza bisogno di spiegazioni. Lei nota lo spazio intenzionale che lui lascia tra loro. È stato bravo in questo, da quando lei è tornata. In qualche modo sapeva istintivamente che l'intimità—tutta l'intimità onestamente—sarebbe stata difficile dopo quello che è successo. Lascia che sia lei a prendere l'iniziativa. Non inizia mai nulla.

"Cosa c'è nella borsa?" Chiede lei infine.

"Huh?"

Lei fa un cenno allo zaino che lui ha lasciato cadere accanto a loro.

"Oh!" James si raddrizza di scatto. "Bene, guarda questo," apre la cerniera e tira fuori una bottiglia, porgendola a Lily.

"Mi sembra una cosa crudele," dice lei fissando la birra.

"No, no, guarda!" Lui indica l'etichetta e Lily strizza gli occhi nell'oscurità per vedere le piccole parole stampate in basso.


Analcolica.


La fissa per un minuto e poi alza lo sguardo verso il volto speranzoso di James. "Tu... mi hai preso una birra analcolica?"

"Mi sbarazzerò dell'altra roba quando arriveremo a casa," dice lui, prendendo la sua bottiglia e staccando il tappo. "Tu non puoi bere, io non posso bere, mi sembra giusto sì?" Gli porge la bottiglia e Lily ci batte contro la sua senza nemmeno pensarci. Guarda divertita mentre lui beve un sorso.

"È buona?"

James sembra riflettere. "Beh, come sai, ho un palato molto raffinato."

Lily sbuffa. "Sì, molto raffinato. Che cosa avete mangiato tu e Sirius l'altro giorno?"

"Panini con i sottaceti."

"Proprio quello."

"Come ho detto," le fa un sorriso, "palato raffinato."

"Uh-huh, e cosa dice il tuo palato raffinato degli alcolici analcolici?"

James si socchiude le labbra. "Una buona annata—"

"Oh vaffanculo."

"Sa di quercia e ciliegia."

"Dimentica che te l'ho chiesto."

Lui sorride porgendole la bottiglia aperta. "È buona, provala." E lei pur avendo la sua la prende.

"Allora?" Chiede lui, inarcando le sopracciglia mentre lei gliela restituisce.

Lily muove la testa da una parte all'altra. "Non male," guardando la bottiglia tra le mani sospira. "Però non vedo l'ora di potermi ubriacare di nuovo come si deve."

James ride, il rumore rimbalza intorno a loro. "Un giorno huh?" Gli occhi di lui si posano sulla pancia di lei prima di distogliere lo sguardo.

Dopo qualche istante di silenzio lei si sdraia sulla coperta, guardando il cielo mentre le stelle iniziano a scomparire lentamente. È tutto tranquillo e lei emette un grosso respiro, cercando di scaricare un po' dello stress e dell'ansia che si sono accumulati in lei per tutto il giorno. Ci vuole solo un minuto o poco più prima che James si sdrai accanto a lei.

"Ti ricordi," chiede lei, continuando a guardare il cielo, "quella sera che ti ho trovato ubriaco nel giardino sul retro alla festa di Mary?"

James sbuffa. "Sì, un po' confuso, ma sì."

Lily fa una pausa e poi; "Stavi guardando le stelle."

Lei riesce a percepire il leggero cambiamento di lui. La tensione.

"Sì," dice infine lui.

Lily alza la mano e si strofina lo sterno, cercando di allentare la pressione che si fa strada nel suo petto. "Pensavo che fosse stato Sirius a parlarti di loro. Ma tu hai detto che non era stato lui," deglutisce a fatica. "È stato lui, vero?"

James rimane in silenzio per un minuto e poi: "Sì, è stato lui."

Lei sapeva già la risposta e non sa perché le sembri ancora così netta. Le sue mani afferrano la coperta sotto di lei, gli occhi si stringono. Si sente imbarazzantemente vicina alle lacrime che attribuisce interamente alla gravidanza.

"Quella sera," riesce a dire, quando finalmente può fidarsi che la sua voce non vacilli, "mi hai detto che ero una forza," sente James girare la testa verso di lei ma lei non guarda. "Che era questo che ti piaceva di me, non che ero bella, ma che ero... Dio cos'hai detto di nuovo?—Una tempesta." Ride in modo un po' umido. "Quello," la sua voce è più densa di quanto vorrebbe. "Quello ha significato molto per me."

"Lily," dice lui dolcemente, ma lei scuote la testa.

"Ora quando mi guardo indietro è come se—lui fosse sempre stato lì, sai? In tutti questi momenti che pensavo riguardassero noi due, c'era quest'altra persona e io non lo sapevo nemmeno."

A queste parole segue il silenzio, ovviamente. Lily non sa nemmeno cosa si aspetta che lui dica. Ma riesce praticamente a sentirlo pensare accanto a lei.

"Sai," la voce di lui è un po' distrutta quando finalmente parla. "Credo che lui provasse le stesse cose per te."

Questo basta a far sì che Lily apra gli occhi e lo guardi. "Cosa?"

"Lui ha sempre pensato che tu fossi la persona con cui avrei dovuto stare. E io—" James si ferma, mordicchiandosi per un attimo il labbro inferiore, aggrottando le sopracciglia. "Non la vedevo così. Neanche una volta. Ma non ho mai smesso di provare qualcosa per te. Anche se ho cercato di non pensarci. Non sono sicuro che ci sia mai stato un momento in cui, indipendentemente dalla persona con cui ero, non vi abbia desiderati entrambi."

Lily non ha bisogno del Veritaserum per capire che James dice sul serio. Ora è il suo turno di chiudere gli occhi, il volto accartocciato.

"Dio, mi dispiace tanto."

"Per cosa?" Chiede Lily.

James emette un'espirazione tremante. "Non ho mai voluto che nessuno di voi due si sentisse così."

"In che modo?"

"Come se non significaste tutto per me."

Lily non sa perché il respiro le si blocca nel petto. Rimangono in silenzio per un momento. James è ancora con gli occhi chiusi, lo sguardo di Lily scorre sui piani del suo viso; i lividi sotto gli occhi, i piccoli riccioli di capelli scuri alle tempie, le macchie sugli occhiali.

"James?" Dice infine lei.

"Sì?"

Lei prende un bel respiro, rassicurandosi. "Non credo che Regulus fosse una brava persona," perché deve dirlo, perché teme che a volte questo si perda. E non può essere così. Per lei è importante che non accada.

Il viso di James si rattrista di nuovo, e Merlino fa male, guardare la sua bella bocca che si abbassa, i suoi occhi che si chiudono sempre di più.

"No," riesce finalmente a dire James, "forse non lo era. Ma voleva davvero fottutamente esserlo," quando gli occhi di James si aprono sono umidi e Lily non riesce a trattenersi dall'allungare la mano per asciugargli le lacrime dalle guance. "E questo deve pur contare qualcosa giusto?"

Lei continua a tenergli la mano sul viso, delicata, tenace. "Sì," riesce a dire, anche se non sa se ci crede. "Sì conta qualcosa."


Rimangono così a lungo sdraiati che alla fine Lily si addormenta. Si sveglia solo parzialmente quando James la prende in braccio. Lei emette una specie di brontolio, non abbastanza sveglia per formulare parole vere e proprie.

"Shh," dice James dolcemente. "Adesso ci faccio tornare a casa con la Materializzazione okay?"

Lily mugugna, seppellendo il viso nel suo petto mentre sente la familiare sensazione di vertigine della Materializzazione. Aveva dimenticato com'era—essere abbracciati da James. Il calore. La forza. Lo ama davvero tanto, tantissimo.

"Ci siamo quasi," sussurra lui. Lily lo sente muoversi sotto di lei ma non apre gli occhi. "Eccoti qui," le dice lui abbassandola delicatamente, Lily geme e si rigira su se stessa. Sente il suono della risata sommessa di James.

"Lascia che ti tolga gli stivali ti dispiace?"

Lei sente che lui le toglie le scarpe e la giacca, sente che la coperta viene tirata indietro e poi avvolta intorno a lei. Tutto è vago—impressioni—rumori e sensazioni disincarnate che il suo cervello non riesce a elaborare.

"Va bene, buonanotte pazzoide," sente che lui si allontana e prima di avere il tempo di pensare si ritrova a sbattere gli occhi.

"James," la sua voce è appesantita dal sonno.

"Ma guarda un po', parla," dice lui con leggerezza, fermandosi sulla soglia della porta.

"Torna indietro."

C'è un attimo di pausa.

"Cosa?"

Lily dà una pacca sul letto accanto a lei. "Rimani. Per favore?"

James esita, e anche nel buio e nel suo stato di semi-incoscienza può vedere la preoccupazione nei suoi occhi. "Sei sicura?"

"Sono stanca James, non ubriaca."

Lui ride di questo.

"Sono sicura," cerca di rendere le sue parole il più solide possibile. "Potresti solo—solo venire qui?"

Questo sembra essere sufficiente per lui, lei osserva attraverso le ombre mentre lui si toglie i vestiti—la giacca e gli stivali che cadono a terra prima di infilarsi nel letto, lasciando spazio tra loro come fa sempre. Lily sbuffa un po' prima di avvicinarsi e sistemarlo come vuole.

James ride. "Sei tu il cucchiaione huh?"

"Sempre," sbadiglia Lily, seppellendo il viso tra le scapole di lui.

Passa abbastanza tempo perché Lily si sia quasi riaddormentata prima di sentirlo sussurrare le parole:

"Mi sei mancata," nel buio.

Vorrebbe dirgli che anche lei ha sentito la sua mancanza ma è troppo stanca, così si limita a stringerlo molto, molto forte.


Gideon e Fabian sono le prime morti dell'Ordine che colpiscono davvero Lily. Tutte le morti sono terribili, ovviamente. Ma lei conosceva Gideon e Fabian. Aveva lavorato al loro fianco. Era andata al pub con loro. Aveva ballato con loro al matrimonio di Alice. Avevano solo pochi anni più di lei.

E ora sono morti.

"Merda," sibila Sirius sottovoce mentre guardano le bare che vengono calate nel terreno.

"Già," dice James accanto a lui.

È umido e miserabile e grigio. Lily ha la pancia troppo grossa per potersi mettere il cappotto, il che la fa sentire ridicola. Marlene si avvicina, prende il suo braccio e appoggia la testa sulla spalla di Lily, tirando su col naso.

"Questo è proprio un casino."

Lily annuisce osservando la famiglia che si avvicina a uno a uno, lasciando cadere manciate di terra nelle tombe. Vede Molly Weasley, gli occhi rossi, i capelli rossi tirati indietro mentre porta un bambino e una manciata di terra, quando raggiunge le tombe sussurra qualcosa che Lily non riesce a sentire. Le lacrime le colano sul viso mentre si volta dall'altra parte.

Alice è una delle ultime persone ad arrivare. Non ha alcuno dei segni evidenti del lutto—il viso pulito, le vesti ordinate. Ma è quella rigidità, quella formalità, che la tradisce. Alice che di solito è così aperta e sciolta, oggi è fredda e rigida. Un Auror in tutto e per tutto. È una delle persone che hanno trovato i loro corpi—Gideon e Fabian. Li ha inseguiti quando i fratelli non sono tornati. Pensano che ci sia voluto un bel po' di Mangiamorte per eliminarli, di sicuro ne hanno uccisi abbastanza nel processo. Moody ha parlato alla funzione di quanto sia impressionante.

Ma Lily non crede che i Prewetts si preoccupino molto di quanto siano stati impressionanti i loro figli al momento.

Pensa che avrebbero preferito che fossero mediocri e vivi.

Quando Alice ha finito e le tombe cominciano a essere riempite per bene, si avvicina a loro. Mary è subito al suo fianco, un braccio che le cinge la schiena, e in quel momento Lily nota quanto Alice sia pallida, come se fosse pronta a crollare.

"Ciao cari," dice con un sorriso a metà.

"Di che cosa hai bisogno Alice?" Chiede Sirius, il volto più sobrio che Lily abbia mai visto. Lui e Remus hanno l'aria di essere piuttosto appoggiati l'uno all'altro. Ognuno sostiene l'altro.

Alice fa un respiro, il suo sorriso vacilla mentre sbatte via l'umidità dagli occhi. Lily vorrebbe dirle che è giusto piangere ma conosce Alice. Sa quanto preferisca prendersi cura degli altri piuttosto che prendersi cura di se stessa.

"Volete venire da noi allora? A cena? Per bere qualcosa?"

Frank non c'è. Come ha detto Moody, non poteva dare a tutti il giorno libero nel reparto. Frank non era contento, ma non è nemmeno uno che si oppone a un ordine diretto.

"Sì, certo che lo faremo," dice James, ricambiando il suo sorriso. "Io e i ragazzi cucineremo. Facciamo dei fagioli sul pane tostato da paura, non è vero Moony?"

Remus alza gli occhi al cielo ma Alice ride. Non è il rumore che fa di solito.

"Sì, no, prendiamo il cibo da asporto," dice Mary.

"Sono d'accordo," interviene Dorcas.

Sirius si gira verso di lei, una finta indignazione sul volto mentre si stringe il petto. "Et tu, Brute?"

"Sì okay, calmati Black."

C'è una tensione che attraversa la conversazione, minacciando di incrinare la sottile maschera di normalità che stanno cercando di mantenere. Ognuno di loro ha un aspetto delicato. La loro brevità, il loro buon umore, sono tutti suscettibili di essere spezzati.

"Bene, beh, salutiamo e andiamo via di qui sì?" Alice si appoggia un po' di più a Mary quando parla.

Ci sono accordi borbottati, alcuni dei quali filtrano verso la famiglia, gli altri scendono lungo il piccolo pendio verso i cancelli d'ingresso. Mentre Marlene si allontana per scendere con Dorcas, James e Sirius stanno già parlando tranquillamente davanti a loro, Lily nota che qualcuno è rimasto indietro vicino alle tombe.

"Stai bene Pete?"

Lui non alza lo sguardo, fissando intensamente la terra fresca come se stesse cercando di risolvere una specie di indovinello. Il vento sibila tra le pietre tombali intorno a loro, facendo cadere i capelli di Peter negli occhi—sono diventati più lunghi di recente, più di quanto Lily li abbia mai visti prima. Resiste all'impulso di allungare la mano e spazzolarglieli via dal viso. È difficile non volersi prendere cura di Peter. Sembra sempre che ne abbia bisogno più degli altri. Come se senza un piccolo aiuto potesse perdere facilmente la strada.

"Se non avessero combattuto," dice infine Peter, guardando ancora le tombe, "sarebbero ancora vivi."

Lily sbatte le palpebre. "Cosa intendi?"

"Prewett, è un'antica famiglia di Purosangue. Se non avessero combattuto, Voldemort non li avrebbe uccisi. Sarebbero ancora vivi."

Lily non è sicura di cosa fare. Dopo qualche istante di silenzio riesce finalmente a mettere in bocca qualche parola. "Sì, ma poi sarebbero morte altre persone."

Peter finalmente la guarda, aggrottando le sopracciglia. "Cosa?"

"Da qualche parte là fuori, le persone sono vive perché Fabian e Gideon hanno scelto di combattere."

Peter ci pensa un attimo, prima di riportare lo sguardo sulle tombe di fronte a loro. "Non conosco queste altre persone," dice infine. "Ma conoscevo Gideon e Fabian. Li conosco fin da quando ero piccolo," Peter tira su col naso. "Gideon voleva aprire un negozio di animali, era bravissimo con gli animali. E Fabian voleva dipingere ritratti," gli si incrina la voce e Lily allunga la mano per stringergli il braccio.

"Vorrei che non avessero combattuto," dice lui infine, la voce flebile. "Vorrei che fossero ancora vivi."

Lily non lo biasima per nulla. Sa bene quanto il dolore possa renderti negligente. Inoltre, chi non ha mai desiderato qualcosa di terribile sul letto di morte di una persona cara? Non ha mai desiderato che ci fosse qualcun altro lì oltre a loro. La madre o il padre o il fratello di qualcun altro. Che qualcun altro provi questo dolore, chiunque tranne me.

"Andiamo," dice lei alla fine, facendo passare il suo braccio attraverso quello di lui e unendoli insieme. "Andiamo a raggiungere gli altri huh?"

Peter le rivolge un piccolo sorriso, che però non raggiunge gli occhi. "Sì. Sì va bene."


Non sembra più che stiano cercando di vincere una guerra.

Sembra solo che stiano cercando di sopravvivere a una guerra.

La differenza è forse sottile, ma importante. Non si parla molto di sconfitta. Basta non morire. È il nuovo motto dell'Ordine.

Non morire.

Non morire.

Non morire.

È quello che ripetono in continuazione la notte in cui Sirius si presenta alla loro porta, Remus in braccio, sanguinante. Svenuto.

"Non riesco a farlo smettere," Sirius è pallido, i denti digrignano mentre James lo tira dentro. "Si è presentato così e ho provato di tutto ma non riesco a farlo smettere—non riesco a farlo smettere—non riesco—"

"Okay Pads, va tutto bene," dice James con calma, anche se i suoi occhi sono pieni di paura.

"La cucina," Lily si sta già muovendo lungo il corridoio. "Mettetelo sul tavolo."

I ragazzi la seguono, Sirius trema così tanto che Lily si stupisce che non abbia fatto cadere Remus. Ma quando lo sdraia lo fa con tanta cura da far pensare che Remus sia fatto di vetro.

Lily fa rapidamente un passo avanti. La camicia di Remus è coperta di sangue ma non è strappata. Non c'è nessun punto d'inizio—nessun punto in cui sia stato pugnalato o colpito o artigliato. Agita la bacchetta e la camicia scompare, rivelando uno squarcio netto che lo apre dal fianco alle costole. Per un attimo Lily rimane ammutolita nel vedere Remus rivelato in questo modo. Aperto come un frutto.

"Cazzo," singhiozza Sirius alle sue spalle, riportandola al presente.

"Hai provato con Epismendo? Ferula?"

"Sì."

"Dittany?"

"Sì—cazzo, ho provato tutte quelle stronzate James."

"Okay, okay scusa sto solo—"

"È una ferita maledetta," li interruppe Lily, gli occhi che percorrevano i bordi lisci dello squarcio. "Come quella che ha avuto Frank dopo la lotta con i Bulgari, ricordi?"

"Merda."

"Che cosa facciamo?" Sirius si fa avanti, gli occhi imploranti, in preda al panico. Lily non crede di averlo mai visto così giovane.

"Dovrò preparare una Pozione, e tu," lei evoca un asciugamano dall'armadio e lo stringe tra le mani di Sirius. "Dovrai tenere questo contro la ferita. Ha bisogno di pressione per rallentare il flusso di sangue." Sirius si sta già spostando al fianco di Remus.

Lily si rivolge a James. "Portami il mio calderone e il libro di Pozioni nello studio di tuo padre—quello verde con il dorso viola."

James annuisce, prima di andare le appoggia una mano rassicurante sulla schiena. Lily inizia subito a rovistare negli armadi e nei cassetti, tirando fuori gli ingredienti—tutto ciò che pensa possa servirle.

"Non morire okay?" Sussurra una vocina dietro di lei. "Non morire Rem. Non voglio che tutto questo avvenga senza di te. Quindi—per favore non morire."


Lo dicono anche loro, quando James e Marlene scompaiono per giorni, Moody non vuole dire loro dove sono o cosa stanno facendo o quando torneranno a casa.

Non morire.

Non morire.

Non morire.

"Tornerà Lils," la rassicura Sirius. "Torna sempre."

Non morire.

Non morire.

Per favore non morire.


O quando Lily si sveglia una mattina con le mutande sporche di sangue. Le mani che stringono la pancia.

Non morire.

Non morire.

Non morire.

"Ecco, lo vedi?" Chiede la Guaritrice, sorridendo tenendo la bacchetta sulla pancia di Lily, l'immagine sfocata di un bambino proiettata davanti a loro. "Il battito cardiaco è forte e tutto il resto. È stato solo uno spavento, probabilmente causato dallo stress."

Lily non respira ancora bene, gli occhi non riescono a distogliere lo sguardo dall'immagine che ha davanti.

"Dio sta diventando grande," sussurra James, intrecciando le mani.

"Certo che lo sta diventando," sorride la Guaritrice. "Sembra che avrai un bambino molto robusto."

Lily sente qualcosa che le strattona il petto. "Ma é sicura che stia bene? È positivo? Non ci sono altri esami da fare?"

La donna le rivolge uno sguardo paziente. "Abbiamo fatto un controllo completo su di voi, siete entrambi in perfetta salute."

Lily annuisce, cercando di rilassarsi. Di crederle. "Okay. Grazie."

"Certo," lo sguardo della donna rimbalza tra Lily e James prima di dire; "Vi lascio soli per un minuto d'accordo?"

Lily le fa un piccolo sorriso e lo sguardo torna alla proiezione del suo bambino. James si accascia sulla sedia accanto a lei, posando la fronte sulla spalla di Lily ed emettendo un pesante sospiro.

"Non facciamolo più, sì?"

Lily non può fare a meno di ridere, anche se alla fine sembra più un singhiozzo, facendo alzare la testa di James.

"Oh hey," dice lui dolcemente, passandole una mano confortante tra i capelli. "È tutto a posto. Lui sta bene. Va tutto bene."

"Lo so," singhiozza lei. "Lo so davvero. Per un attimo ho temuto che—" La sua voce si interrompe.

"Lo so," dice James, stringendole la mano. "Ma guardalo," fa un cenno verso l'immagine. "Ti stai prendendo cura di lui. Starà bene."

Non so cosa sto facendo, dice quasi lei.

E se stessi rovinando tutto?

E se non migliorassi mai?

E se mi sentissi sempre così spaventata?

Naturalmente non dice nulla di tutto ciò. Invece quello che le esce è; "Come puoi amare così tanto qualcuno che non hai mai conosciuto?" Che alla fine è forse la stessa cosa.

James si limita a fare spallucce. "Perché è nostro," come se questo spiegasse tutto.

"Nostro," ripete Lily, abbassando lo sguardo sulla pancia, la mano libera appoggiata in modo protettivo sulla parte superiore.

Non morire.

Non morire.

Non morire.


A volte Lily scorge James che fissa il vuoto, gli occhi sfocati, l'espressione sobria. A volte scorge una pallina rossa che passa avanti e indietro tra le sue mani.

Non è mai sicura di chi abbia il cuore più spezzato in quei momenti.


Un mese dopo la visita in ospedale Lily sta leggendo in salotto quando uno stallone bianco e splendente irrompe dalla porta d'ingresso.

"Merda," lascia cadere il libro e si stringe la mano al petto mentre il Patronus galoppa al centro della stanza.

"Lily?" Dice la voce preoccupata di James dal piano di sopra.

Lei sta per rispondere ma il cavallo parla per primo;

"Alice ha partorito," la voce di Frank riempie la stanza, Lily sente James che scende le scale. "È successo in fretta, non chiedetemi come ha fatto, ma—sì—lui—ho un figlio," Lily può praticamente sentire il sorriso nella voce di Frank e sente gli occhi riempirsi di lacrime perché essere incinta la fa piangere per ogni cosa. Non che questa volta le dispiaccia molto.

"Si chiama Neville," dice Frank mentre James entra nella stanza, spalancando gli occhi alla vista del cavallo. "È sano—sono entrambi sani, entrambi bellissimi," Lily pensa che forse non è l'unica a piangere per questo. "Okay, okay, devo andare," dice Frank ridendo. "Alice vuole che tu venga a trovarlo però—domani? Ci saranno tutti immagino. Una vera festa di compleanno. Okay, okay, devo proprio andare. Ci vediamo presto comunque."

Il cavallo scuote la criniera prima di dissolversi nella nebbia, lasciando James e Lily a fissarsi dall'altra parte della stanza, Lily che tira su col naso e si asciuga gli occhi.

"Hanno avuto il bambino?" Chiede James.

Lily annuisce. "Merlino sembrava così felice," ride un po'. "Non sentivo Frank così entusiasta per qualcosa dai tempi del Quidditch."

James sorride mentre si siede accanto a lei sul divano. "Mi sorprende che non abbia chiamato il bambino Pluffa sinceramente."

"Alice non glielo avrebbe mai permesso."

"Non sottovalutare Alice. Si sa che ogni tanto va fuori di testa."

Lily lo guarda, un sopracciglio alzato. "Davvero?"

"Cosa? È un complimento. Onestamente, non credo che Sirius sia mai uscito dai binari."

Lily ride di nuovo, scuotendo la testa e appoggiandosi a lui. "Sei ridicolo."

Per qualche motivo questo fa irrigidire James. Lily cerca di allontanarsi ma lui le cinge rapidamente le spalle con un braccio, tirandola contro di sé. Lei sente che si sta sforzando di rilassarsi—i respiri controllati, come se stesse cercando di calmarsi. Si chiede cosa possa aver detto per farlo arrabbiare. E non sa come chiederlo senza peggiorare la situazione.

"Non abbiamo un nome," dice infine James. Non è proprio quello che Lily si aspettava e le ci vuole qualche minuto per capirlo.

"Oh," dice quando finalmente se ne rende conto. "Giusto, sì... me ne ero dimenticata."

Questo fa ridere James, allentando la tensione delle sue spalle. "Potremmo chiamarlo bebè?"

Lily sbuffa. "No non potremmo assolutamente."

"Che ne dici di Bambino? Bambino è un nome fantastico!"

"Perché mi sembra di doverti spiegare la differenza tra dare un nome ed etichettare? Inoltre in quale mondo Bambino è un nome fantastico?"

"Ma dai! 'Hey Bambino! Da questa parte Bambino! Che stai facendo Bambino?" Rotola direttamente dalla sua lingua. "Molto orecchiabile. Molto versatile."

Lily scuote la testa e gli dà un leggero pugno sul petto. "Dobbiamo trovare un nome appropriato per lui."

"Ugh, appropriato, suona malissimo."

"Lo dice James Potter, è il nome inglese più appropriato che abbia mai sentito."

"Oh scusa Lily Evans, se solo i miei genitori avessero scelto qualcosa di più avventuroso come chiamarmi come un fiore."

Lei gli dà un pizzicotto sul fianco e lui le scompiglia i capelli, i due fanno la lotta sul divano finché Lily non si ritrova sopra.

"Va bene, va bene, cessate il fuoco," gli blocca le braccia sulla testa, gli occhi luminosi di James la fissano, dimenticando l'imbarazzo di prima. Prima di poterne fare a meno si abbassa e gli bacia la bocca. Veloce. Casto. Tuttavia, quando lei si ritrae lui le sorride in modo stralunato.

"Nostro figlio ha bisogno di un nome vero."

"Sei molto esigente per essere una persona che fino a cinque minuti fa non si ricordava nemmeno che i nomi fossero una cosa seria."

Lily alza gli occhi al cielo, si siede e si scosta una ciocca di capelli dal viso. "E Fleamont?"

James fa una pausa, l'espressione si fa seria mentre si raddrizza gli occhiali.

"Non sono sicuro di... volerlo," dice infine. "Fleamont sarà sempre mio padre, sai?"

Lily annuisce, perché lo sa. "Provo la stessa cosa per il nome di mio padre," sospira, passandosi una mano tra i capelli e guardando la stanza. "Non voglio che passi tutta la vita a essere paragonato a un fantasma."

"Sì," concorda James. "Sì, assolutamente,"

Lo stomaco di James interrompe il momento con un brontolio assurdamente forte.

"Oof, okay," si alza dal divano e porge la mano a Lily. "Non riesco a pensare a stomaco vuoto. Possiamo pensare ai nomi dopo aver mangiato. Ti vanno bene gli spaghetti?"

Lily sorride. "Sì, va bene. Metto su un po' di musica."

James si batte il naso. "Bella pensata, ci darà sicuramente un sacco di nomi di bambini," Lily scuote la testa mentre lui si avvia verso la cucina. "Oo! Qual è il cantante Babbano che ti piace? Quello che balla come uno spaventapasseri posseduto?"

Lily sbuffa. "Mick Jagger?"

"Proprio lui!" James grida dall'altra stanza. "Jagger non è un brutto nome."

"Assolutamente no!"

"Perché?! Chi non vorrebbe essere amico di Jagger Potter!"

Lily alza gli occhi al cielo mentre sale in camera loro. Non si preoccupa mai di spostare il giradischi, non quando può semplicemente incantare il suono in qualsiasi stanza lo voglia. Si china per iniziare a sfogliare gli album quando un dolore le irradia la schiena.

"Ugh," Lei fa una pausa e appoggia la mano al muro mentre respira. A questo punto è così grossa che il solo salire le scale la mette in crisi. "Non prenderla male," sussurra lei, guardandosi la pancia. "Ma a volte fai davvero schifo."

Come in risposta, sente un piccolo calcio da qualche parte troppo vicino alla vescica. "Sfacciato," mormora, prendendo di nuovo i dischi. Salta gli Stones, non volendo incoraggiare James, e cerca qualcosa di più lento—Ella Fitzgerald o Peggy Lee o Otis Redding.

"Ah ah!" Tira fuori la sua copia di At Last! afferrando accidentalmente anche il disco dietro, che fa cadere sul pavimento.

Lily geme. Il pavimento è diventato il nemico numero uno. In questi giorni non c'è niente di così fastidioso come dover raccogliere le cose. Pensa di lasciare il disco a James perché lo prenda più tardi ma poi si rende conto di cosa si tratta.

"Oh," si ferma, lo fissa per un attimo prima di chinarsi goffamente e raccoglierlo. È più vecchio e più ruvido della maggior parte della sua collezione. "Ciao," scorre la mano sulla copertina.

Lily crede molto nel destino quando si tratta di musica. Che ogni tanto una canzone suona al momento giusto, nel posto giusto, per le persone giuste, perché era destino. Perché avevano bisogno di sentirla. Per riparare i cuori o spezzare i cuori o rovesciare gli imperi. La musica, per quanto la meravigli, è la forma più pura di magia.

"Cos'è questa?" James le chiede quando entra in cucina, gemendo quando si siede a tavola. La sua schiena si sta comportando come una piccola bastarda. Un leggero dolore pulsante le spinge contro la spina dorsale.

"Non credo di averla mai sentita prima," continua James, agitando la bacchetta appena in tempo per impedire alla pentola d'acqua di bollire sul fornello.

"È di mio padre, l'ho presa quando stavamo ripulendo la casa dei miei genitori," chiude gli occhi per un attimo, ascoltando la canzone—il suono da big band, la tromba intricata. Le ricorda così tanto la sua infanzia che praticamente ne sente il sapore.

"Sembra un po' triste," dice James, facendo sì che Lily apra gli occhi. La sua mano va al ventre, strofinando cerchi lenti, confortanti.

"Non lo è. Anzi, è piuttosto felice."

"Oh sì?" James mette la pasta nell'acqua prima di voltarsi verso di lei, appoggiandosi al bancone e lanciandole uno sguardo che vuole chiaramente indicare che la sta ascoltando. È pronto per saperne di più.

"Dovrebbe essere qualcuno che accoglie il proprio amante a casa dopo la guerra. Parla di tutto il tempo che hanno ora—per parlare, per baciarsi, per stare insieme. Di quanto hanno sentito la mancanza l'uno dell'altro, ma l'attesa è finita. Ce l'hanno fatta. Possono finalmente stare insieme. Essere felici," la sua voce si strozza inutilmente alla fine e tossisce, cercando di nasconderlo, incapace di sostenere lo sguardo di James.

Non pensano più ad altro—a come sarà quando la guerra sarà finita. Onestamente sembra pornografico, i suoi sogni di vita domestica, di una vita normale. Lily arrossisce al solo pensiero.

"Mio padre amava questa canzone," continua quando nessuno dei due parla. "La suonava quando era di buon umore e costringeva mia madre a ballare con lui," sorride Lily ai suoi ricordi. "Oppure se lei era impegnata a volte ballava con me e Tuni, stavamo in piedi sui suoi piedi, ballando il valzer come degli idioti."

Lily ricorda che lei e Petunia guardavano i loro genitori ballare. Ricorda di aver ridacchiato e di aver pensato a quanto fosse sciocco. Cosa non darebbe per tornare indietro. Per guardarli ancora una volta.

James si allontana dal bancone e si avvicina a lei con la mano tesa. Lei guarda la mano e poi il suo volto sorridente.

"Balla con me," le chiede—beh, chiedere potrebbe essere un po' generoso. Non sembra che ci sia molto spazio per rifiutare. Lily ci prova comunque.

"Non essere ridicolo—James, sono una balena, non posso ballare."

"Sei perfetta," dice lui senza perdere un colpo. "Balla con me."

Nonostante tutto quello che hanno passato, Lily si sente ancora arrossire—per il modo onesto e sincero in cui lui lo dice. Infila la mano in quella di lui e lascia che la tiri in piedi, iniziando ad ondeggiare. E sì, sembra un po' sciocco, ma anche molto, molto importante. E Lily non sa come spiegarlo.

"Chi è?" Chiede James alla fine.

Lily sbatte le palpebre, sollevando la testa dalla spalla di lui. "Chi è chi?"

"Di chi è la canzone?"

"Oh," le ci vuole un minuto per trascinare il nome fuori dalla sua mente assonnata. "Harry James."

Lui la guarda. "Harry James?"

"Sì?"

Il suo viso ha qualcosa che le ricorda quello di quando era a Hogwarts, il modo in cui si guardava poco prima di fare qualche ridicola bravata o semplicemente di fare qualcosa di assurdamente simile a James Potter.

"Harry James," ripete ancora. "Sai, mio nonno si chiamava Harry."

Lily non ha idea di come sia venuto fuori. "Davvero?" Ma James la sta ascoltando a malapena.

"Harry James," continua a borbottare. "Suona bene, non credi?" E poi, un sorriso sfacciato in bella mostra, "Harry James Potter."

C'è un attimo di silenzio. E poi, per qualche motivo, Lily si ritrova a ridere.

"Cosa? Perché è divertente?" James chiede indignato, i due si fermano in mezzo alla cucina. "Che problema potresti mai avere con questo nome?"

Lily si limita a scuotere la testa. "No, nessuno. È perfetto."

"É—aspetta, davvero?"

Lei sorride, salendo in punta di piedi per poter raggiungere la sua bocca. "Sì," dice contro le sue labbra. "Un po' di me e un po' di te. Mi piace."

James ricambia il bacio prima di sorridere compiaciuto. "Beh, ovviamente, l'ho inventato io."

Lily sta per ribattere quando un dolore lancinante le attraversa la parte inferiore del corpo. "Ah," sibila, afferrandosi la schiena e inarcandosi. La gioia viene immediatamente cancellata dal volto di James.

"Lily? Hey, stai bene?"

Lei gli rivolge un sorriso tirato. "Sì," espira, James la aiuta a rimettersi a sedere. "Bene, solo mal di schiena, crampi."

"Dovremmo andare a San Mungo? Hai bisogno che chiami un Guaritore?"

Ma lei scuote la testa, sono le ultime due cose che vuole. "No, davvero James, va bene così."

Lui si inginocchia davanti a lei, le mani sulle ginocchia, guardandola con preoccupazione. "Sei sicura?"

Lei sorride di nuovo, questa volta in modo un po' più rassicurante. "Affermativo," gli occhi di lei passano dalle sue spalle alla pentola fumante dietro di lui "Ora vai a controllare la pasta ti dispiace? Sto morendo di fame."

James aspetta un altro minuto prima di stringerle le ginocchia e tornare al cibo. "Mi dirai se la situazione peggiora sì?"

"Certo," la sua mano è di nuovo sullo stomaco, facendo quei lenti cerchi. Le ultime note della canzone fluttuano nella stanza.


You'll never know how many dreams
I've dreamed about you
Or just how empty they all seemed without you
So kiss me once, then kiss me twice
Then kiss me once again
It's been a long, long time


Non gli dice quando la situazione peggiora.

E così è.

Si sdraia a letto e prega di addormentarsi, sperando che dopo qualche ora di incoscienza le passi, ma è impossibile mettersi a proprio agio quando sembra che un amo da pesca arrugginito le venga trascinato nell'intestino. Alla fine, quando è sicura che James stia dormendo, si alza dal letto e inizia a camminare, le mani sulla schiena, i respiri lenti e controllati. In un certo senso entra in una sorta di trance, cavalcando le ondate di dolore che arrivano. Respira attraverso di esse.

Non si permette di pensare a cosa potrebbe essere.

A quello che quasi certamente è.

Continua a ripetersi che alla fine si fermerà.

Passerà.

Perché non è pronta.

Voglio dire, sì, certo, è pronta a non portarsi dietro un'altra vita ovunque vada. Ma non è pronta a diventare mamma. Per avere un bambino. Ha solo bisogno di più tempo. Solo un po' di più. Ha bisogno di avere più controllo. Quindi deve aspettare. Il bambino deve aspettare.

"Lily?" James mormora, strizzando gli occhi verso di lei, appena sveglio.

"Scusa, mi sento solo un po' inquieta," sorride con forza, anche se dubita che lui possa vederla al buio. "Torna a dormire, mi sdraio tra un minuto."

Per fortuna lui lo fa, i suoi occhi pesanti si chiudono di nuovo. Un secondo dopo sta russando. James non crede di russare, Lily ha pensato di registrarlo e di riprodurlo per lui, ma non l'ha mai fatto.

Non è sicura di quanto tempo passi tra un momento e l'altro. Non riesce a guardare l'orologio. Non riesce a pensare a nulla se non a respirare e a non urlare. O piangere. O fare qualsiasi altra cosa.

Tutto questo passerà.

Passa sempre.

"Lily?" Questa volta James si alza in piedi, strofinandosi gli occhi, i capelli in disordine. "Cosa c'è che non va?"

"Niente," sussurra lei, la massima disinvoltura possibile. "Torna a dormire."

Con sua grande irritazione James non si riaddormenta, ma continua a rimanere seduto con le ginocchia piegate sotto le coperte, guardandola camminare. Se pensasse di poterlo fare, tornerebbe a letto solo per metterlo a suo agio. Ma in questo momento muoversi è l'unica cosa che la mantiene sana di mente.

"È lo stesso dolore della cena?" James gracchia.

Lily fa una smorfia ma non risponde. Non vuole rispondere. Inspirando ed espirando, chiede al suo corpo di fermarsi. Smettila. Non lo faremo. Non ancora. Non ancora. Per favore non ancora. Non è pronta. Non sa quando lo sarà ma di certo non lo è in questo momento.

Oltre al dolore nella parte inferiore del corpo qualcosa ha iniziato ad attanagliare disperatamente il suo petto.

Il panico.

È in preda al panico.

In qualche modo saperlo non aiuta.

"Lily, credo che dobbiamo andare in ospedale," dice infine James, sbadigliando.

Lei scuote la testa. "Non è niente."

"Lily."

"Non andrò all'ospedale!" Sbotta lei, interrompendo la sua camminata per poterlo fissare. Sfortunatamente, il suo corpo sceglie quel momento per liberare un dolore particolarmente brutale, le cui scosse rimbombano in lei come un tuono.

"Ah," rantola, aggrappandosi al muro come sostegno.

"Ecco," James si alza dal letto, aprendo il comò e cerca i pantaloni. "Ce ne andiamo."

"Ho detto di no!" Lily sibila, a denti stretti.

"È chiaro che c'è qualcosa che non va—o stai avendo il ba—"

"Stai zitto," dice lei con frustrante affanno, ansimando come se avesse appena corso un chilometro, il sudore che le inumidisce i capelli. La pelle.

James la guarda, la preoccupazione che gli sale da ogni parte, i pantaloni stretti in mano. "Cosa sta succedendo in questo momento?"

Lei non ha una risposta da dargli. Non sa come dirgli che si sente come se stesse facendo tutto da sola. Che si è sentita sola dal giorno in cui l'ha visto crollare per un'altra persona e si è improvvisamente resa conto che non erano d'accordo su nulla. I mesi di lavoro che hanno fatto non le sembrano sufficienti. Non ora. Non in questo momento.

Ma soprattutto, non sa come dirgli che ha paura.

Paura di diventare mamma.

Paura di aver preso la decisione sbagliata.

Paura di quanto lo ami e di quanto a volte faccia male.

Quindi non gli dice nulla di tutto ciò. Invece lo scavalca per uscire dalla stanza. "Non andrò all'ospedale," dice di getto.

"Lily—"

Ma lei gli sbatte addosso la porta del bagno, chiudendola a chiave per buona misura prima di inginocchiarsi sul tappetino, le mani aggrappate al bordo della vasca mentre cerca di respirare. Cerca di contrattare con il suo corpo.

Sarò così brava se la smetti e basta.

Smettila per favore.

Berrò così tanta acqua.

Dormirò otto ore.

Solo ti prego, ti prego, non farlo.

Pensavo di poterlo sopportare ma non posso.

Non posso.

Quando il successivo dolore acuto la attraversa non riesce a trattenere un singhiozzo sconvolto, il cuore le batte più forte di quanto abbia mai sentito prima. "Voglio mia madre," non è la prima volta che lo pensa. Non è la prima volta che fa questa richiesta. La voce esce piccola e debole. "Voglio la mia mamma." Non è mai stata destinata a fare questo senza di lei. Non è sicura di come possa farlo ora.

Si sente bussare delicatamente alla porta. "Lily?" James chiede dolcemente.

Lily chiude gli occhi e le lacrime le scivolano sulle guance. "Ti prego," la sua voce è roca. "Ti prego vattene e basta."

Potrebbe aprire la porta, naturalmente, un semplice Alohomora sarebbe sufficiente. Ma non lo fa. Lei può sentirlo in piedi dall'altra parte. Sente il suo calore anche attraverso le pareti.

Alla fine sospira. "Non so cosa fare qui Lils."

Lei ride a metà, singhiozza a metà. "Nemmeno io."

Lui non dice altro, i due cadono nel silenzio e alla fine Lily va alla deriva, la coscienza che si sfilaccia ai bordi mentre la sua fronte preme sulla vasca di porcellana fredda.

Non sa per quanto tempo si protragga quel periodo di tempo. Di silenzio. Di immobilità. Al momento la sua percezione del tempo è, per sua stessa ammissione, confusa. Ma a un certo punto bussano di nuovo alla porta. Questa volta in modo decisamente meno gentile.

"Va bene piccola, devi aprire."

Lily solleva la testa, sbattendo le palpebre annebbiate. "Mary?"

"E Marlene!" Si alza un'altra voce.

"C'è anche Dorcas."

Lily fissa la porta, quasi certa di avere le allucinazioni.

"Oi, Evans," dice di nuovo la voce di Mary. "Sei viva?" Scherza ma nella sua voce c'è sicuramente un filo di preoccupazione.

Lily tossisce, schiarendosi la gola. "Er—sì—io—sì." Pensa di alzarsi per andare ad aprire la porta ma non riesce a muoversi. "Potete entrare solo che non posso—" Ma non riesce nemmeno a finire la frase prima che la porta si apra di scatto, entrano Mary e Marlene, Marlene indossa un paio di pantaloni del pigiama viola con minuscoli Boccini dappertutto. Mary è in tuta e maglione e indossa gli occhiali—cosa rara. Dorcas è un po' più indietro di loro e rivolge a Lily un tenero sorriso che Lily ricambia tremando.

"Ecco," Mary si sdraia sul pavimento accanto a lei e porge a Lily una bottiglia d'acqua. Solo quando la vede si rende conto di quanta sete ha.

"Grazie," le tremano le mani mentre trangugia l'acqua mentre Mary le scosta i capelli sudati dalla fronte. Quando ha finito posa la bottiglia a terra, si pulisce la bocca con il dorso della mano e alza lo sguardo verso le amiche.

"Cosa ci fate qui?"

"Beh," Marlene è in piedi davanti a Mary. "James sta dando un po' di matto."

"Perché hai iniziato ad avere un bambino e poi ti sei chiusa in bagno e ti sei rifiutata di andare in ospedale," dice Mary senza mezzi termini, riuscendo in qualche modo a strappare una risata a Lily.

"Oh."

"A dire il vero," dice Dorcas, appoggiandosi alla porta chiusa. "Probabilmente farei lo stesso."

Marlene si volta verso di lei, un'espressione sconcertata. "Cosa? Perché?" E poi rapidamente; "Senza offesa Lily."

"Non mi offendo."

"Perché i bambini fanno paura," continua Dorcas. "Anch'io vorrei nascondermi da loro."

Questo fa ridere Lily di nuovo, anche se questa volta trasale, il dolore che le sale allo stomaco. Si aggrappa a Mary che non indietreggia nemmeno.

"Non puoi nasconderti," continua Marlene. "È letteralmente dentro di te."

"Posso provarci," ansima Lily, respirando con il dolore.

Dorcas annuisce come se ciò avesse perfettamente senso. "Esattamente."

"Mar," li interrompe Mary mentre le unghie di Lily le scavano il braccio. "Vuoi bagnare una di quelle salviette con acqua fredda?"

"Sì, certo."

Lily sente il rubinetto scorrere e allora si accorge di aver chiuso gli occhi. Li apre, trovando lo sguardo di Mary intento su di lei. "Scusa," sussurra Lily, la voce roca, ma Mary si limita a scuotere la testa.

"Non hai nulla di cui scusarti."

Prima che Lily possa parlare Marlene torna con la salvietta. "Ecco," Mary inclina delicatamente la testa di Lily in avanti, appoggiando il panno freddo sulla nuca. Lily emette un respiro pesante. "Ti senti bene?"

Annuisce come meglio può. "Sì."

Marlene si avvicina alle sue spalle, si inginocchia e le strofina dei cerchi rilassanti nella parte bassa della schiena. Lily non sa se ridere o piangere. Rimangono così per un po', senza parlare, Lily che respira nonostante il dolore, finché un forte botto non irrompe dal piano di sotto.

Lily alza la testa e la salvietta cade sul pavimento di piastrelle. "Ma che cazzo—"

Mary alza gli occhi al cielo. "Dorcas, puoi andare a dire a quei fottuti idioti di non far saltare in aria la casa proprio adesso?"

Dorcas le fa un saluto con due dita. "Subito."

"Che diavolo stanno facendo?" Chiede Marlene, crollando contro il muro di fronte alla vasca.

"Chi lo sa."

Gli occhi di Lily vanno avanti e indietro tra le due. "Scusa, di chi stiamo parlando?"

"Ci sono anche i ragazzi, anche se abbiamo pensato che fosse meglio che rimanessero al piano di sotto," spiega Mary.

"I ragazzi?"

"Remus, Sirius, Peter," Marlene li elenca sulle dita.

Lily la fissa. "Sono tutti qui? Perché?"

"Beh, è come ho detto," prosegue lei, un'aria un po' sconsolata. "James stava dando di matto e credo che abbia—"

"Chiamato tutti."

"Gesù," Lily si passa una mano sul viso.

"Il lato positivo," continua Mary. "Almeno adesso ha qualcosa che lo distrae così non sta qui a scervellarsi."

Lily ride un po', appoggia la fronte sulla vasca ed espira. "Merlino questo è un tale casino."

"Nah, non è così male," dice Marlene. "Anche se stai un po' rubando la scena ad Alice."

Lily sbuffa e poi fa una smorfia, portandosi una mano allo stomaco. "Smettila di farmi ridere, mi fa male."

La mano di Mary le trova la nuca e le dà una stretta confortante proprio mentre la porta si apre di nuovo.

"Gli idioti sono stati sistemati," annuncia Dorcas, un po' trafelata.

"Sei una star," Lily sente dire da Marlene prima del suono inconfondibile di un bacio ben assestato.

"Così mi hanno detto," mormora Dorcas.

Ci sono altri momenti di immobilità, in cui lasciano che Lily respiri, la mano di Mary non le lascia mai il collo.

"Ecco," dice infine Mary, rimettendo la bottiglia d'acqua nelle sue mani, "bevi." Lily lo fa, bevendo a piccoli sorsi, regolarizzando il respiro e calmando lo stomaco. "Qualcuno vuole andare a rompere qualche cubetto di ghiaccio da farle succhiare?" Mary chiede, la mano che strofina delicatamente su e giù per la schiena di Lily.

"Ci pensiamo noi!" Dice Marlene, e Lily sente di nuovo il rumore della porta che si apre e si chiude. Si accascia ancora un po' in avanti, appoggiando tutto il suo peso sulla vasca. Alla fine riesce a sollevare la testa abbastanza da guardare Mary.

"Come fai a sapere cosa fare?" Chiede debolmente, ignorando le scintille di dolore che le attraversano lo stomaco.

"Sono un patrimonio di conoscenze," dice Mary seccamente, provocando in Lily un debole sorriso. "Ma in tutta onestà, sto solo facendo quello che facevo quando mia sorella aveva l'influenza da piccola."

"Ah, certo," Lily è troppo stanca per ridere. "Il parto e l'influenza, praticamente la stessa cosa."

"È quello che ho pensato," prima che la sua espressione si faccia più sincera. "Ma la mia esperienza si esaurirà quando arriveremo alla parte vera e propria della notte dedicata al parto," fa una pausa quando Lily distoglie lo sguardo. "Dobbiamo davvero portarti in ospedale Lily."

Lily trasale anche se sa che Mary ha ragione. "Ho paura."

"Di andare in ospedale?"

Tra le altre cose.

"Di renderlo reale," sussurra.

C'è una pausa prima che Mary si chini in avanti, appoggiando la testa sul bordo della vasca accanto a quella di Lily, i nasi che quasi si toccano. "Mi dispiace dirtelo piccola," sussurra di rimando, "ma è già tutto reale."

Lily chiude gli occhi ed emette un'espirazione tremante. "Lo so."

Un altro dolore mostruoso la colpisce e lei geme, alzandosi in ginocchio. "Cazzo," sibila. "Cazzo, cazzo, cazzo." La mano di Mary si sposta sulla schiena, esercitando una pressione confortante tra le scapole.

Lily si sente come se ogni organo del suo corpo venisse spremuto—il che, è vero, è quello che sta accadendo, quindi è giusto così. Ma comunque. Dannatamente insopportabile.

"Fa così male."

"Lo so, stai andando benissimo."

"Non posso—non posso—ho bisogno di qualcosa per—" La sua voce si interrompe in un gemito.

"Dobbiamo portarti in ospedale per questo."

Prima che Lily possa costringersi a parlare di nuovo Marlene e Dorcas entrano di corsa dalla porta—beh, Marlene sta correndo, Dorcas cammina a un ritmo molto ragionevole.

"Ghiaccioli ottenuti!" Marlene mostra la piccola ciotola con orgoglio.

Mary non toglie gli occhi di dosso a Lily, con sopracciglio alzato in segno di domanda. Lily non ha bisogno di parole per capire cosa sta chiedendo.

"Er—ragazze?" Marlene scuote la ciotola di ghiaccio e guarda confusa tra le due.

Dopo una lunga pausa, Lily finalmente sospira, annuendo con la testa.

"Lascia perdere il ghiaccio," dice Mary, facendo scivolare il braccio intorno alla vita di Lily mentre entrambe lottano per metterla in piedi. "Andiamo all'ospedale."

"Sono assolutamente favorevole a questo piano," dice Dorcas dalla porta.

"Okay, va bene," Marlene getta il ghiaccio nel lavandino. "Operazione portare Lily da Mungo," poi il suo sguardo si posa sui pantaloni da notte di Lily e qualcosa le attraversa il viso. "Forse è meglio che ti procuri un nuovo paio di pantaloni però Lils, sembra che tu—er—abbia avuto un incidente."

Lily sbatte le palpebre. "Cosa?" Guarda in basso e scopre di essersi bagnata. "Oh fottetemi, davvero?"

"Non preoccuparti," dice Dorcas con disinvoltura. "Mar si è fatta la pipì addosso dopo aver bevuto troppo al pub tipo due settimane fa."

"Oi!" Marlene si gira e le dà un pugno sul braccio. "Dovevi portartela nella tomba!"

Dorcas alza gli occhi al cielo. "Per favore, hai fatto cose molto più imbarazzanti."

"Non credo che tu ti sia fatta la pipì addosso," interrompe Mary, il braccio ancora avvolto intorno a Lily, sorreggendola perché in questo momento stare in piedi è estremamente difficile. "Credo che ti si siano rotte le acque."

Lily sbatte le palpebre. "Cosa?"

"Quanto tempo fa è successo?" Mary chiede, ma Lily si limita a scuotere la testa.

"Non lo so, ero accovacciata e già sudata e sinceramente non me ne sono nemmeno accorta. Io—"

Ma si rannicchia mentre un'altra contrazione la colpisce. Stanno decisamente peggiorando e questa è di gran lunga la più dolorosa. "Ahh," grida, tremando.

"Cazzo," sente Mary sibilare mentre aiuta Lily ad abbassarsi a terra perché è lì che sta andando che lo voglia o no. "Non c'è modo di portarla in ospedale così, è troppo avanti."

Lily abbassa la testa sul petto. "Cazzo, cazzo, cazzo."

"Vuoi dire che partorirà qui?" Marlene chiede. "In bagno?"

Tutto sembra sfocato dal dolore—troppo forte e troppo luminoso—come se Lily stesse per svenire, e l'unica cosa su cui riesce a concentrarsi è respirare.

Dentro.

Fuori.

Dentro.

Fuori.

Il suo cervello va in corto circuito ogni volta che le contrazioni colpiscono. Le tagliano lo stomaco come una lama spuntata.

Mary fa un respiro profondo. "Okay, dì ai ragazzi di procurarci un Medimago—chiama Mungo col camino o vai all'ospedale e rapiscine uno per quanto mi riguarda."

Marlene annuisce. "Sì. Capito!"

"Okay, Lils, togliamo questi pantaloni bagnati va bene?" Lily piagnucola e Mary le passa una mano calmante tra i capelli. "Andrà tutto bene, te lo prometto. Possiamo assolutamente farcela."

E in qualche modo, quando Mary lo dice, Lily quasi le crede.

"Dorcas, puoi aiutarmi ad alzarla? A toglierle questi?"

Un secondo dopo Dorcas è al fianco di Lily, le sue due amiche la aiutano ad alzarsi, Dorcas la tiene ferma mentre Mary le abbassa i pantaloni.

"Ecco, forse sarebbe meglio se entrassimo nella vasca? Più sostegno e meno... disordine?" Lily entra nella vasca senza lamentarsi, lasciando che Dorcas la faccia scendere mentre il dolore si attenua per un attimo.

"Cazzo," sospira per la centesima volta. "Cazzo è una cosa da pazzi."

"Va tutto bene, vero Dorcas?"

Dorcas sorride un po'. "Assolutamente."

Lily scuote la testa verso le due, gli occhi un po' appannati. "Allora siete proprio matte."

"Lo dice la ragazza che ha iniziato a partorire e ha deciso di chiudersi in bagno. Davvero Lily, e io che pensavo di essere la regina dei drama," Mary le fa l'occhiolino.

"Oh vaffanculo," geme proprio mentre Marlene rientra nella stanza.

"Okay, okay, okay," raddoppia lei, stringendosi le ginocchia, senza fiato per aver corso tanto su e giù per le scale. "Allora loro andranno all'ospedale e vedranno se possono portare qualcuno con loro ma," Marlene guarda Lily che si sente a malapena in grado di tenere il passo. "James vuole davvero vederti prima."

Si girano tutti verso di lei, facendo contorcere Lily. Sa che questa dovrebbe essere una risposta facile. Una risposta ovvia. Ma dopo un secondo scuote la testa. Teme che le chiedano spiegazioni ma Marlene non perde un colpo.

"Ho capito, dirò loro di andare fottutamente via." E un attimo dopo se ne va di nuovo.

"Io..." Dice Lily tra un respiro e l'altro mentre Mary si inginocchia accanto alla vasca. "Non posso. Non ora, lui—" Stringe gli occhi. "Lo amo. Lo amo. Lo voglio qui. Ma è troppo difficile in questo momento. Non posso."

Mary allunga la mano e la prende. "Va benissimo, al cento per cento, tutto bene."

"Ecco," Dorcas si avvicina, si accovaccia con il ghiaccio abbandonato in precedenza. "Ho pensato che potessero servirci di nuovo."

Lily si lascia sfuggire qualcosa tra una risata e un singhiozzo. "Grazie," prende un po' di ghiaccio, prima di appoggiare la testa alle piastrelle fredde e chiudere gli occhi.

Il rumore dei piedi che salgono le scale segnala il ritorno di Marlene, entrando di corsa nel bagno.

"Indovina chi ho trovato?" Dice allegramente.

"Ti prego dimmi che è qualcuno con una laurea in medicina," risponde Mary.

"Sono d'accordo," interviene Dorcas.

Il sorriso di Marlene non si riduce. "Nah meglio." Lily è vagamente consapevole del rumore di qualcuno che si sta avvicinando alle spalle di Marlene, il dolore si fa di nuovo sentire dentro di lei, rendendo difficile la concentrazione. Marlene si fa da parte con un gesto che rivela—

"Porca puttana," dice Mary nello stesso momento in cui Lily grida; "Alice!" Seguito rapidamente da: "Che diavolo ci fai qui? Hai appena avuto un bambino!"

Alice è vestita con una maglietta larga che deve essere di Frank e pantaloni del pigiama di flanella. Sembra stanca ma per il resto sta bene. Gli occhi sono lucidi e fissano Lily.

"Che ci faccio qui? Che ci fai tu a partorire in una vasca da bagno?"

Lily geme e poi la contrazione la colpisce davvero e si trasforma in un grugnito, costringendola a rannicchiarsi in avanti sulla pancia.

"Va bene, okay, sei a posto tesoro, ci siamo noi," Alice si fa strada nel bagno fino a strisciare nella vasca ai piedi di Lily. "Quanto sono distanti tra loro le contrazioni?" Chiede a Mary.

"Non molto."

"Non molto? Avrò bisogno di qualcosa di più preciso di questo Macdonald."

"Beh non ho niente di più preciso di questo Longbottom."

Alice alza gli occhi al cielo. "Qualcuno può iniziare a cronometrare queste contrazioni?"

"Subito!" Chiama Dorcas, tirando fuori la bacchetta e trasfigurando lo spazzolino di Lily in un cronometro.

Lily emette un piccolo mugolio. "Cazzo, cazzo, che facciamo? E se qualcosa va storto?"

"Hey," dice Alice con dolcezza, stringendo le ginocchia di Lily. "I ragazzi sono andati a prendere un Medimago okay? Ti prometto che abbiamo un sacco di tempo prima che questo bambino arrivi, quindi devi solo stare calma e respirare. Niente andrà storto. Siamo tutti qui per qualsiasi cosa tu abbia bisogno, okay?"

Lily chiude gli occhi, stringendo la mano di Mary ed espirando. "Okay." Poi fa una smorfia.

"È un'altra contrazione?" Chiede Alice.

"Sì," Lily lo dice a denti stretti e apre gli occhi per vedere Alice che guarda Dorcas da sopra la sua testa.

"Quanto è la durata?"

Dorcas alza lo sguardo dall'orologio. "Due minuti."

"Huh," dice Alice, voltandosi verso Lily.

"Che c'è?" Chiede, la voce sforzata mentre cerca di parlare attraverso il dolore, sorpresa che Mary non abbia detto una parola visto che le sta decisamente strizzando la mano. "Cosa c'è che non va?"

Alice scuote rapidamente la testa. "Niente! Non c'è niente che non va, solo—uh—" Fa un sorriso divertito a Lily. "Quel bambino potrebbe arrivare un po' prima di quanto pensassi."


PARTE V: JAMES


A James e Sirius è stato chiesto di lasciare l'ospedale.

Beh, forse non è del tutto vero.

James e Sirius sono stati scortati dalla sicurezza fuori dall'edificio e ora camminano ansiosamente all'esterno. Almeno, James cammina, Sirius è più... appoggiato.

"Non è che abbiamo preso a pugni qualcuno!" James inveisce, gettando le braccia al vento indignatosamente. "Stavamo solo dicendo loro, con calma," Sirius sbuffa ma James lo ignora, "di tirare fuori la testa dal culo e di aiutare mia moglie incinta."

"Fidanzata."

"Cosa?"

"Fidanzata," corregge Sirius, mettendo in difficoltà James. "Hai detto—er—moglie."

"Oh," James sbatte le palpebre un paio di volte. "Oh beh..." C'é un piccolo silenzio imbarazzante mentre James cerca di capire da dove diavolo sia venuto quel lapsus mentale. "Sai cosa volevo dire."

Sirius annuisce. "Sì amico, lo so."

"E ci hanno buttato fuori dannazione!"

"Fuori luogo."

"Completamente fuori luogo!" La voce di James riecheggia un po', rimbalzando nel cortile in cui si trovano.

"Moony li sistemerà," dice Sirius, una sicurezza incrollabile. "E, sarò sincero, stavo sicuramente per prendere a pugni almeno uno di loro."

James sbuffa, strofinandosi il viso. "Già," mormora. "Sì anch'io." Emette un sospiro pesante, si avvicina a Sirius vicino al muro e sprofonda a terra. "Voglio solo essere utile."

Sirius lo spinge con il piede. "Lo so."

Un'altra pausa e poi. "Lei non voleva vedermi."

Sirius sospira, "Lo so."

James scuote la testa prima di farla ricadere contro il muro di mattoni alle sue spalle. "A volte," inizia, "penso che questo stia migliorando, sai? Che stiamo... guarendo... e poi altre volte..." Mi ricordo che non lo vedrò mai più. Altre volte Lily entra nella stanza e non mi guarda nemmeno.

"Non è passato molto tempo, tutto sommato," dice Sirius alla fine. "Forse diventerà più facile?"

James si strofina il viso, "Sì," gracchia. Non sa che ora sia. Sa che c'è luce—il sole è offensivamente luminoso nel cielo sopra la sua testa—ma questo potrebbe significare qualsiasi cosa. Tarda mattinata? Primo pomeriggio? Sa solo che è in piedi da ore e che tutto il suo corpo si sente pesante.

"Ci sono momenti belli," si ritrova a dire, "momenti davvero belli." Pensa a ieri sera, al ballo con Lily nel bel mezzo della loro cucina. "Non riesco a capire se è normale, sai? Che quelli sono solo... momenti. Che c'è così tanto in mezzo."

Sirius sospira, sprofondando finalmente accanto a lui. C'è silenzio prima che parli. "Credi che siamo solo noi?" Chiede infine, entrambi guardandosi. "Siamo noi il problema? O è solo... così?"

"Così?" Chiede James.

Sirius agita la mano in aria. "Essere un adulto."

James pensa ai suoi genitori. Ai genitori di Remus. A quelli di Sirius. Infine scuote la testa. "Non ne ho la più pallida fottuta idea."

Sirius sbuffa. "Nemmeno io."

In quel momento la porta d'ingresso si apre di scatto ed entrambi balzano in piedi, Remus e Peter si dirigono verso di loro.

"Non vedo nessun Medimago," dice James con tono di avvertimento.

Remus gli lancia un'occhiata indifferente. "Sai, come regola generale, se vuoi che le persone facciano qualcosa per te è davvero meglio non cercare di combatterle."

"A meno che non si stiano comportando da veri e propri bastardi," dice Sirius, guadagnandosi un'occhiata altrettanto indifferente.

"Avremmo dovuto lasciarvi indietro."

"Remus, il Medimago?" James chiede impaziente.

L'altro ragazzo alza gli occhi al cielo. "Sono pieni di lavoro, riusciranno a mandare qualcuno tra qualche ora."

"Qualche ora!" James chiede.

"Due o tre," elabora Remus con riluttanza.

"Oh assolutamente no!" Si avvia verso le porte ma Peter gli impedisce il cammino, un'espressione piuttosto apologetica sul volto mentre Remus afferra Sirius che lo seguiva.

"No, no, no," dice Remus con fermezza. "Se voi due andate lì ci vorranno dieci ore prima che si preoccupino di mandare qualcuno."

"Lei ha bisogno di qualcuno ora non tra tre ore! Cristo Santo." James cerca di avanzare di nuovo, e ancora una volta Peter gli sbarra la strada. Lo fulmina con lo sguardo. "Pete, ti voglio bene, ma se non ti togli di mezzo userò la forza."

Peter fa una smorfia ma resta fermo al suo posto. "Scusa Prongs, ma Moony mi fa più paura quindi..."

"James," dice Remus stancamente. "Per favore, lo capisco, sei stressato, ma lottare contro tutti in quell'ospedale non risolverà nulla."

"Questo non lo sai."

"James."

Sospira, passandosi una mano tra i capelli. "Cazzo—bene. BENE," si volta verso Remus che è in piedi qualche passo dietro di lui, ancora aggrappato al braccio di Sirius. "Allora cosa facciamo adesso?"

Negli occhi di Remus c'è qualcosa di simile alla pietà. "Torniamo indietro e aspettiamo."

James scuote la testa e alza le mani in aria. "Fantastico. Questo è proprio un fottuto—molto utile."

"James—"

Ma è troppo tardi. Si sta già allontanando con la Materializzazione, non interessato a qualsiasi dichiarazione di placamento che Remus sta per fare. Si avvicina alla porta di casa, ascoltando i distinti 'pop' della Materializzazione dell'amico alle sue spalle. Nel momento in cui entra sente urlare. Si ferma di colpo. Non aveva mai sentito la voce di Lily in quel modo.

Sente Sirius che gli si affianca, e poi Remus, Peter. Si appoggiano a lui, facendogli sentire il loro peso, la loro presenza, mentre lui rimane inutilmente in piedi in fondo alle scale e ascolta una delle persone che ama di più al mondo soffrire. Senza poter fare nulla.

"Non è male," dice infine Remus, la voce pacata. "So che sembra... ma non è male."

James annuisce insensibilmente. Lo sa, suppone, ma al momento è difficile crederci.

"Dai," Sirius lo dirige in salotto, spingendolo praticamente sul divano. "Vuoi un po' di tè?"

"Lo preparo io," dice Remus, andando velocemente in cucina.

Sirius si siede accanto a James, i rumori del piano di sopra si diffondono ancora nei pavimenti. James appoggia i gomiti sulle ginocchia, la testa tra le mani. "Odio tutto questo," mormora. Non è mai stato bravo ad aspettare. A stare fermo. A non fare nulla. Vuole sistemare le cose.

"Sì," dice Sirius accanto a lui. "Lo so."


Quindi si siedono.

E ascoltano.

Sperando che da un momento all'altro le protezioni si attivino e appaia il Medimago.

A un certo punto Remus e Peter iniziano a giocare una partita a scacchi, mentre Sirius rimane incollato al fianco di James, anche quando Peter gli chiede se vuole giocare contro il vincitore. Si stringe a James, proprio come aveva fatto alla porta. Senza parlare, solo una presenza costante.

Sono qui.

Sono qui.

Sono qui.

E poi sentono correre. James alza la testa proprio mentre Marlene entra di soppiatto nella stanza. I suoi capelli sono stati raccolti in uno chignon sciatto, ciocche che sfuggono in tutte le direzioni e che la fanno sembrare un po' pazza. E c'è del sangue. Sangue sulla camicia.

"James," dice lei, il cuore di lui gli si stringe nel petto anche dopo aver notato il sorriso sul suo volto. "Vieni, vieni, vieni."

"Lei sta bene?" James inciampa nei suoi piedi, Marlene sta già uscendo dalla stanza come una specie di coniglio sovraeccitato.

"Sta benissimo. Stanno entrambi bene."

È già a metà delle scale prima di rendersene conto. "Entrambi?" Gli si secca la bocca. "Tu—il—il bambino?"

"Il bambino," conferma Marlene, guardandolo raggiante da sopra la spalla. "Aspetta solo che—Dio James lui è così—" Ma ormai sono arrivati alla porta del bagno, che è spalancata, la stanza all'interno è un vero e proprio disastro. Ci sono vestiti e acqua e sangue—perché c'è così tanto sangue?

Dorcas è seduta sul coperchio del water, gli sorride stancamente mentre lui entra, Mary è al lavandino a lavarsi le mani, Alice è inginocchiata accanto alla vasca e poi—

Il cervello di James si blocca per un attimo, facendolo fermare al centro della stanza. Il movimento improvviso—o la mancanza—sembra attirare l'attenzione di Alice, perché alza lo sguardo.

"Guarda un po' chi c'è," sorride lei, sudata e stanca. "Scusa, sono nel tuo posto."

Lei si scosta, stringendo la spalla di James mentre gli passa accanto. "Penso che forse tutti noi abbiamo qualcosa di molto urgente da fare al piano di sotto proprio in questo momento."

Mary sbuffa.

"Oh—sì—quella cosa," Marlene afferra il braccio di Dorcas e inizia a trascinarla verso la porta.

"Gesù Mar," James le sente a distanza nel corridoio, "slogami il braccio perché non lo fai."

E all'improvviso ci sono solo loro.

James.

E Lily.

E—

"Guarda Harry," dice Lily, la voce roca, "quello è tuo padre."

James deglutisce mentre il bambino—rosa e azzurro e dolorosamente bello—lo guarda. Occhi verdi giganti e piccoli ciuffi di capelli scuri. Per un attimo non riesce a respirare. È sopraffatto da tutto questo.

"James?" Lily chiede, un minimo accenno di preoccupazione che si insinua nella sua voce, in quel momento James si rende conto di non aver detto nulla da quando è entrato nella stanza.

"Ciao," James sembra distrutto e Lily ride un po'.

"Ciao."

E all'improvviso lui è al suo fianco, si inginocchia, baciandole la tempia.

"Oh non farlo, sono così disgustosa," il suo contorcersi fa contorcere il bambino, che si stiracchia il musetto paffuto, facendo le raggrinzendo la bocca paffuta.

"Siete così belli," dice James con voce sommessa, qualcosa che gli pizzica dietro gli occhi. "Siete entrambi così belli. Io—"

E non ci riesce.

Non riesce proprio a parlare.

Vuole solo prenderli tra le braccia.

Vuole solo stringerli per il resto della sua vita.

"Siamo stati bravi huh?" Chiede Lily.

James fa un mezzo sospiro e un mezzo sorriso. "Noi? Ti prego, è stato tutto merito tuo," la sua voce si incrina mentre assapora avidamente la vista del loro bambino. Il loro figlio. Allunga una mano, facendo scorrere delicatamente le dita sulle piccole braccia di Harry.

"È così perfetto."

"Lo so," sussurra Lily. "Vorrei solo schiacciarlo."

Questo fa scoppiare una risata a James. Poi si china in avanti e dà un bacio alla testa del bambino. "Ciao Harry," dice con la stessa voce gentile. "Salve, ciao, hey, è così bello vederti. Ti voglio tanto bene. Ti vorrò così tanto bene."

"Credi che sia possibile amare troppo qualcuno?" Chiede Lily, annaspando a sua volta. "Perché credo di sì."

James la guarda. Le guance arrossate e gli occhi lucidi, i capelli appiccicati al viso dal sudore. Prima di poterne fare a meno la bacia di nuovo—la guancia, la fronte, il naso.

"James," lei ride.

Quando lui si ritrae i loro occhi cadono l'uno nell'altro, si catturano e si tengono, si tengono, si tengono.

"Sposami."

Le parole gli escono di bocca prima che abbia il tempo di pensarci. E anche se è, in effetti, un po' sorpreso dalla sua sfacciataggine, non se ne pente. Neanche un po'.

Gli occhi di Lily si spalancano. "James—"

"So che non siamo perfetti," continua lui. "So che abbiamo ancora tante cose da risolvere. Ma puoi onestamente guardarmi e dire che questo non è per sempre? Perché anche nei momenti peggiori, nei momenti più difficili—quelli che bruciano e fanno male e pungono—quando ti guardo mi sento per sempre."

Sono abbastanza vicini da poter sentire il suo respiro affannoso, lo stesso vale per il bambino, che emette un gorgoglio un po' sconcertato.

"James," ripete lei, come se il suo nome fosse l'unica cosa che la sua mente riesce a pronunciare.

"Ti amo," lui sa che lei sta piangendo. Un completo e totale disordine. Si allunga in avanti e le culla il viso tra le mani. "È l'unica cosa che voglio fare davvero onestamente. Amarti. Amare entrambi."

Lily si lascia sfuggire una risata umida, mentre gira il viso per baciargli il palmo della mano. "Sì."

"Sì?"

"Sì—sì, okay, è assolutamente pazzo ma sì," scuote la testa, sporgendosi in avanti per baciargli la bocca. "Anch'io mi sento per sempre con te," dice contro le sue labbra. James si stringe intorno a lei e Harry—che si contorce di nuovo ma miracolosamente non si mette a piangere—seppellendo il viso nel collo di Lily.

"Tutto bene?" Lily chiede, girando la testa per accarezzargli i capelli.

"Sì," James espira, lasciando andare tutta l'ansia e la paura che aveva da quando si è svegliato ieri sera e ha trovato Lily fuori dal letto. "Sono solo fottutamente felice che stiate entrambi bene."

Lily canticchia, baciandogli la sommità del capo. "Anch'io."


"Knock, knock," canta Alice battendo sulla porta della camera da letto qualche tempo dopo, Sirius in piedi dietro di lei.

Lily e James sono entrambi sul letto, Lily sotto le coperte, James sopra di loro, il piccolo Harry addormentato tra le sue braccia.

"Oh—whoops, scusa," la voce di Alice si abbassa immediatamente a un sussurro quando entrano nella stanza. Va al fianco di Lily e le accarezza i capelli. "Hai un aspetto migliore."

"Probabilmente per la doccia," la voce di Lily è appesantita dalla stanchezza ma ha un sorriso ebete sul volto. "Beh, quello e la mancanza di sangue."

Alice sbuffa. "Personalmente, ho pensato che fossi piuttosto elegante ricoperta in dopo parto."

Lily fa una smorfia. "Che schifo."

Sirius non ha superato il centro della stanza, gli occhi sul bambino in braccio a James, sembra che sia stato colpito da un incantesimo di stordimento.

"Allora?" James chiede con dolcezza. "Hai intenzione di venire a conoscerlo o te ne starai lì a bocca aperta?"

Sirius sbatte le palpebre, come se si stesse svegliando da una trance. "Giusto—sì—certo."

Si avvicina a James, senza riuscire a guardare altrove se non il bambino.

"Questo è Harry," dice James, sorridendo. È già ossessionato dalla sensazione di quel corpo caldo tra le sue braccia—i suoi piccoli respiri e i suoi sbuffi fanno diventare il cuore di James una poltiglia.

"È così..." Si legge la dolcezza nella voce di Sirius. "È così piccolo."

"Oi! Dagli un minuto, è appena arrivato. Crescerà. Almeno così mi hanno detto."

Alice si lascia sfuggire una risata ma il volto di Sirius rimane insolitamente sobrio. Dopo qualche altro secondo di silenzio James comincia a preoccuparsi.

"Sirius?"

Sirius deglutisce prima di alzare lo sguardo e James vede che ha gli occhi umidi. "Scusa," si schiarisce la voce, sbattendo velocemente via l'umidità. "È che—è tuo figlio, sai?"

James fa un sorriso dolce all'amico. "Sì," dice. "Lo so."

"Gli comprerò un sacco di merda."

James si dimentica quasi di fare silenzio, si morde il labbro all'ultimo secondo per trattenere una risata piena, Harry si agita un po' tra le sue braccia per il movimento.

"Oh Dio," dice Lily, un suono più affettuoso che inorridito.

Gli occhi di Sirius si rivolgono a lei. "Sei stata davvero brava Evans."

Lei gli sorride. "Sono stata brava, vero?" E per un momento tutti si crogiolano in questa sensazione. Il calore e la morbidezza e l'amore che sembra trasudare da ogni angolo della stanza.

"Allora," dice Alice alla fine, "non che non voglia passare ogni momento di veglia con te e il tuo adorabile fagottino di gioia. Ma c'è un motivo per cui ci hai convocati?" Agita un dito tra sé e Sirius. "Perché devo ammettere, mi sento un po' come se fossi stata convocata nell'ufficio del Preside."

Lily sbuffa. "Come se tu fossi mai stata chiamata nell'ufficio del Preside."

"Ha ragione, non è affatto così," aggiunge Sirius. "Il tuo essere saccente si sta mostrando Longbottom."

Alice alza gli occhi al cielo. "Oh beh, scusami se non ho fatto arrabbiare di proposito tutti i professori della scuola."

"Suvvia, non si trattava certo di TUTTI i professori,"

James fa un verso di scetticismo.

"Sono abbastanza sicuro che Lumacorno fosse ossessionato da noi."

"Probabilmente era un po' seccato che non andassimo mai alle sue feste."

"Pfft, quelle non erano feste. Erano più che altro... riunioni."

"Lavori da fare."

"Obblighi familiari."

"Va bene," interrompe Alice, rivolgendosi a Lily. "Immagino che tu voglia dirci qualcosa."

Lily sorride, si morde il labbro e prende la mano di Alice. "Sì," dice, prima di guardare Sirius. "Ci chiedevamo se voi due foste disposti a..."

"Essere padrino e madrina di Harry," conclude James.

C'è un attimo di silenzio.

E poi Alice emette uno strillo, che fa ridere Lily e le fa il solletico allo stesso tempo.

"Scusa, scusa," dice Alice, le mani giunte sulla bocca mentre fa una piccola danza felice.

"È un sì?" Chiede Lily.

"Oh non essere sciocca, certo che è un sì!" Getta le braccia intorno a Lily e la stringe irragionevolmente.

La reazione di Sirius è un po' più contenuta. I suoi occhi si spalancano—rischiando di cadere. "Io?" Chiede James a bassa voce.

"Sì, certo tu. Chi altro potrebbe essere?"

Sirius sembra incerto, ha un'espressione strana. "Non so, Frank o Remus, sono..." Ma sembra non sapere come finire la frase.

James vorrebbe tendergli la mano, ma si accontenta di guardare. "No," dice, il più sinceramente possibile. "Tu. Voglio che sia tu. Se, sai, se sei disposto a farlo?"

Sirius sostiene il suo sguardo. "Certo," e poi, dopo un attimo. "Ho appena conosciuto quel piccolo bastardo ma morirei per lui in un batter d'occhio."

James sorride. "So che lo faresti."


Alla fine il Medimago arriva, esegue alcuni incantesimi diagnostici e stabilisce che è tutto a posto. Dà a Lily alcune Pozioni e pomate per aiutarla a riprendersi, anche se per lo più le consiglia di riposare il più possibile. Un po' difficile quando tutti si accalcano intorno a loro per cercare di vedere meglio Harry.

"Sembra un po' un topo talpa nudo non è vero?"

"Merlino Peter."

Alla fine James si convince a metterlo nella sua culla. La casa si svuota lentamente fino a quando rimangono solo loro tre.

"James, vieni a letto," dice Lily ridendo a mezza voce.

Ma lui non riesce a smettere di guardare Harry. Non sopporta di non essere accanto a lui. Di toccarlo. "È un bambino così buono," commenta James. "Non ha quasi pianto."

Lily sbuffa. "Sì beh, sono sicura che le cose cambieranno tra qualche ora quando deciderà di avere fame."

James non può arrabbiarsi per questo, anche lui vuole piangere quando ha fame. E non c'è niente di male in un piccolo spuntino di mezzanotte.

"James," sibila Lily, anche se non riesce a trattenere il calore della sua voce. "Vieni qui. Non dormi da tipo ventiquattro ore."

Dopo qualche altro secondo James sospira, si stacca dalla culla e si infila nel letto con Lily. Infila un braccio sotto di lei e lei appoggia la testa sul suo petto. Sente già il sonno che lo attira, anche se cinque secondi fa era più che disposto a stare sveglio tutta la notte a guardare Harry. Ma prima di riuscire ad andare completamente alla deriva si ritrova a parlare:

"Non volevi vedermi."

"Hm?" Lily borbotta.

"Quando stavi—quando stavi per avere il bambino. Non volevi vedermi."

C'è una pausa e James pensa che forse Lily si sia addormentata.

"È ancora... un lavoro, fidarsi di te a volte," sussurra lei nella stanza buia, James può sentire le vibrazioni della sua voce nel petto. "E io... non potevo fare quel lavoro allora, non ce l'avevo dentro di me. Ha senso?"

James chiude brevemente gli occhi, cercando di inghiottire il modo in cui brucia. "Sì," dice infine. "Sì ha senso."

Sente che Lily solleva la testa, quindi apre gli occhi e la guarda. "Sta diventando più facile però," dice lei, prima di sporgersi e baciargli la guancia. "Sono comunque contenta che sia tu."

Il respiro di James si fa affannoso nel petto. "Anch'io sono contento che sia tu."


Lily è ancora a letto quando la mattina dopo bussano alla porta. James non ci pensa molto. Più o meno tutti hanno promesso di tornare a trovarlo quindi non è esattamente sorpreso. Non porta nemmeno la bacchetta e va alla porta in maglietta e pantaloni.

Gli occhi di Silente brillano quando apre la porta.

"Oh," si interrompe James. "Er—salve?"

L'uomo più anziano gli rivolge un sorriso tirato. "Buongiorno James. Spero che perdoni l'intrusione, ma ho sentito che ieri ha avuto un figlio?"

James sente la confusione pizzicargli il viso. "Io—sì io—è qui per vedere il bambino?"

Il modo in cui il sorriso di Silente si accende fa cadere qualcosa di pesante nella bocca dello stomaco di James.

"Non proprio," dice alla fine il vecchio. "Posso entrare?"


Il matrimonio è piccolo. Lo celebrano nel giardino di casa. Le lucciole si incantano a illuminare il cielo sopra le loro teste come una coperta di stelle. È l'inizio dell'autunno ma fa ancora caldo.

Frank trova James prima della cerimonia, intento ad agitarsi con il colletto della veste nello specchio del bagno.

"Ecco, lascia fare a me," dice, allontanando le mani di James. "Stai solo peggiorando la situazione."

James sospira ma non si oppone, inclinando leggermente la testa all'indietro per dare a Frank un accesso migliore.

"Come te la cavi?" Gli chiede.

"Bene."

"Sbruffone."

Questo fa ridere James. "Scusa. Cercherò di essere più nel panico."

Frank si limita ad alzare gli occhi al cielo, facendo un passo indietro e ammirando il suo lavoro. "Beh, almeno adesso non sembra che tu stia cercando di strangolarti."

La mano di James si alza e sfiora delicatamente il tessuto mentre si guarda allo specchio, un vago senso di nostalgia che gli attanaglia l'intestino. In un'altra vita, pensa, ci sarebbe stato suo padre ad aiutarlo a prepararsi.

"Oggi sarebbero stati così felici," dice Frank, come se potesse leggere nella mente di James.

Cerca di sorridere. "Già," la sua voce si incrina.

"Chi pensi che inizierebbe a piangere per primo?"

James sbuffa. "Fleamont, facile."

"Sì, certo."

James espira, sporgendosi in avanti e afferrando il lavandino di fronte a sé. Oggi è una buona giornata. Lo è. Ma è anche... difficile.

"Non mi aspettavo che ci fossero così tante persone mancanti il giorno del mio matrimonio."

Frank gli rivolge uno sguardo comprensivo. "Sono qui, te lo assicuro. Le persone che contano sono sempre qui," da una leggera spinta al petto di James, prima che i suoi occhi percorrano la stanza, le pareti, come se potesse vedere Effie e Fleamont nelle travi di legno.

"So che il matrimonio doveva essere qui per altre ragioni, meno sentimentali, ma sembra giusto. Mi sembra che facciano ancora parte di tutto questo, sai?" Frank guarda James, il cui cuore si gonfia un po' troppo per il suo petto.

"Sì," riesce a soffocare. "Sì è vero."

Era stata una lotta per convincere Silente a permettere loro di fare qualsiasi tipo di celebrazione. Soprattutto considerando che da domani James e Lily saranno ufficialmente nascosti. Per fortuna avevano quasi tutti i membri dell'Ordine dalla loro parte e alla fine Silente ha ceduto. Silente ha permesso che si tenesse una piccola riunione a casa loro. Quindi eccoli qui, a sposarsi. A dirsi addio.

"Oi!" la voce di Sirius sale le scale urlando. "Avete finito di farvi belli? Dobbiamo iniziare il matrimonio!"

James e Frank si scambiano uno sguardo di esasperazione comune.

"Spero che Remus non gli chieda mai di sposarlo," dice Frank mentre escono dal bagno. "Perché Black sarà una sposa da incubo."

James ride e arriva in cima alle scale prima di sentirsi le maniche. "Merda—ho dimenticato i gemelli."

Frank lo guarda, qualche gradino più in basso.

"Vai pure," gli fa cenno James, tornando indietro verso la camera da letto. "Arrivo subito."

"Meglio che ti sbrighi o rovinerai il giorno speciale di Sirius!"

James scuote la testa mentre entra in camera da letto e le mani vanno a prendere i gemelli che si trovano sopra il comò. Dovrebbe essere la fine. Finito. Fatto. Ma per qualche motivo James indugia. Prima che possa davvero pensare a ciò che sta facendo la sua mano apre il primo cassetto, la raggiunge, avvolgendo la piccola scatola di legno in fondo.

La apre con cautela, estraendo la Pluffa e sedendosi sul letto. Sente il dolore familiare che prova sempre quando si trova senza vita nel suo palmo. La fa rotolare, osservando le iniziali dorate che scintillano alla luce del corridoio.

"Ti senti tradito?" Sussurra alla palla. "O capisci?"

Che è ancora amore.

Sempre amore.

Stringe forte la palla prima di portarla alle labbra.

"Vorrei che tu fossi qui," che è una cosa assurda da dire, ma la sente lo stesso.

Perché vuole sposare Lily. Vorrebbe solo che anche Regulus fosse con lui. Al suo fianco. Sorridendo. Facendo commenti pungenti sugli ospiti che arrivano. Sorride di nascosto a James quando pensa che nessuno stia guardando. Bisticciare con Sirius per la musica. James chiude gli occhi per un attimo ed espira. Sa che non sarebbe stato così, anche se Regulus fosse stato vivo, anche se fosse venuto a Godric's Hollow, non sarebbe mai stato così.

Ma oh come James lo desidera.

"PRONGS! Smettila di giocare con i tuoi capelli e vieni qui!"

James sospira. "STO ARRIVANDO PAZZOIDE!"

Si alza, muovendosi per rimettere la Pluffa nella sua scatola, ma all'ultimo momento la sua mano sembra prendere una deviazione. La palla finisce invece nella tasca della veste di James.


Qualche ora dopo—dopo la cerimonia, durante la quale James ha pianto più di quanto Harry abbia mai fatto, e la cena, durante la quale sono stati consumati diversi bicchieri di vino—Sirius trascina goffamente James nella quiete della casa. Non c'è nessuna luce accesa quindi possono vedersi solo grazie al caldo bagliore che si diffonde dal giardino sul retro.

"Ho qualcosa per te," dice Sirius, la mano calda sulla nuca di James. È sorprendentemente serio per uno che, solo un attimo prima, stava facendo il verme in mezzo alla pista da ballo.

"Padfoot, ti voglio bene, ma sono impegnato," dice James alzando la mano. "Sono spooosaaaaatoooo."

Probabilmente dovrebbe smettere di bere.

"Ti ho avuto io per primo ed Evans lo sa," dice Sirius, facendo sbuffare James mentre i due inciampano in giro. "Ma ascolta ASCOLTA è importante."

James fa del suo meglio per imprimere alla sua espressione qualcosa che dica 'ti sto ascoltando,' ma a giudicare dallo sguardo che Sirius gli rivolge non fa un buon lavoro. Sirius stringe la nuca di James prima di avvicinare le loro fronti.

"Sono qui."

"Lo so questo."

"No, davvero James. Io sono qui. So che sarà..." Deglutisce a fatica, "più difficile ora, con..." L'alcol sembra aver tolto a Sirius la capacità di finire le frasi.

"Il nascondersi," decide James per aiutarlo, sentendo Sirius annuire contro di lui. Nel buio la luce cattura gli occhi di Sirius, facendoli sembrare acqua.

"Ma io sarò sempre qui, sempre, sempre. Okay? Per te. Per Lily. Per Harry."

Il petto di James comincia a sentirsi fastidiosamente stretto. "Vorrei che tu e Moons vi trasferiste qui."

Sirius ride sommessamente, anche se c'è qualcosa di pesante. "Non sembra mai giusto, vero? Quando tutti noi non stiamo insieme."

James scuote la testa. "No," sussurra, come se fosse un segreto. "Mai."

Una nuova certezza sembra impadronirsi di Sirius e si allontana da James, che ondeggia involontariamente nello spazio vuoto che ha lasciato.

"Ecco perché voglio che tu abbia questo."

All'inizio, a causa della luce, e anche dell'alcol, James non riesce a capire cosa sia. Sembra... bagnato... forse? E poi si rende conto—

"Uno specchio?" James prende la maniglia ornata che gli viene offerta e regge lo specchio.

"Si parlano tra loro," spiega Sirius mentre mostra a James il suo gemello. James strizza gli occhi al suo migliore amico.

"Parlano tra loro?"

Sirius annuisce all'oggetto in questione. "Guarda il riflesso."

James lo fa, aspettandosi di vedere l'immagine sfocata del proprio volto. Invece vede l'immagine sfocata del volto di Sirius. I suoi occhi si alzano, e poi si abbassano, più volte.

"Possiamo usare questi," dice Sirius quando decide che James si è confuso abbastanza. "Niente camino, niente lettere. Avrò sempre questo con me okay?" James guarda di nuovo Sirius, i suoi occhi che nuotano lo trattengono. "Ovunque io sia, qualsiasi cosa stia facendo, sarai in grado di contattarmi. Okay?" Afferra di nuovo il collo di James con la mano libera. "Sono qui."

Cazzo, James è troppo ubriaco per provare così tante emozioni.

"Vale per entrambi," riesce finalmente a dire. "Lo porterò, sempre."

James non è sicuro di chi si muova per primo, ma subito dopo si ritrova con le braccia avvolte l'una intorno all'altra, un abbraccio quasi violento, che quasi li fa cadere in piedi.

"Ti voglio davvero bene, sai," gli dice Sirius sulla spalla.

James lo stringe più forte, come se temesse che possa scomparire all'improvviso. "Anch'io ti voglio bene."


James non voleva fare di Sirius il Custode.

Cioè, lo voleva.

Ma.

Non voleva dare a Remus e Sirius un altro motivo per cui litigare.

Un altro oceano nel loro rapporto che nessuno dei due poteva attraversare.

Un'altra cosa che non potevano dire.

Così James aveva voluto scegliere qualcun altro.

Eccetto.

Eccetto che non poteva.

Era Sirius.

Sarebbe sempre stato Sirius.


All'inizio Harry è una buona distrazione. I bambini, si scopre, portano via un bel po' di tempo. Comodo, visto che ora Lily e James ne hanno tanto. All'inizio non si nota molto che sono prigionieri. Non se ne rende conto fino al giorno in cui James cerca di andare a volare e scopre che le protezioni predisposte da Silente non lo lasciano nemmeno entrare nel giardino sul retro.

Non è uno shock per nessuno che James sia terribile nel rimanere fermo. Tranquillo. Paziente. Parla con Sirius ogni giorno. A volte c'è Remus. A volte con Peter. Gli raccontano quello che succede—almeno nella misura in cui gli è permesso, il che, grazie a Moody, non è molto. James è sempre più amareggiato per questo perché ovviamente non è lui la fottuta spia no? E non è che può vedere qualcuno per diffondere informazioni. Ma a quanto pare Moody non crede alle eccezioni.

"Probabilmente domani non potrò parlare."

Sirius ha un'aria infelice quasi quanto quella di James, seduto sul divano, i capelli raccolti in uno chignon disordinato, le borse pesanti sotto gli occhi. Remus è seduto accanto a lui, la tazza di tè stretta tra le mani.

Merlino, James non può fare a meno di pensare, quando abbiamo cominciato a sembrare tutti così vecchi?

"Perché?" Chiede lui rabbrividendo per il suono petulante, ma se Sirius se ne accorge non fa commenti, limitandosi a soffiare un respiro che disturba alcuni dei capelli volanti che gli incorniciano la fronte.

"Io—"

"Sirius," lo avverte Remus, guadagnandosi un'occhiataccia da parte di entrambi.

"A chi lo dirà Remus? Onestamente."

"Non sai chi sta ascoltando," insiste Remus.

"Ti prometto che Harry non farà la spia," James vuole che sia una battuta ma l'amarezza nella sua voce è innegabile.

Remus gli rivolge uno sguardo di scusa. "Senti, so quanto possa sembrare assurdo—"

"Ah sì?" Esige Sirius, e ora sono tutti imbambolati.

"Sì. Lo faccio. Ma non abbiamo idea di come funzionino questi specchi—di come siano facili da violare. Per non parlare del nostro appartamento."

"Il nostro appartamento?" Sirius ripete. "Cosa diavolo c'è che non va nel nostro appartamento?"

"Potrebbe essere pieno di cimici! Non è proprio un segreto che viviamo qui, in un luogo molto frequentato, conosciuto."

Sirius emette un pesante sospiro e, presume James, lancia le braccia in aria, perché per un attimo riesce a guardare molto bene il soffitto.

"Gesù Cristo Remus."

"Era solo per dire!"

"Sei solo un fottuto paranoico."

"Non è vero un cazzo che sono paranoico! Non sei stato attento?"

"Oh non cominciare—"

"OI!" James grida, la mano libera che si massaggia la tempia. "Basta, basta. Merlino, si direbbe che siate voi due quelli rinchiusi in una casa insieme."

Entrambi sembrano un po' imbarazzati, il che non è proprio quello che vuole James.

"Scusa James, è che—"

Ma James ferma Remus con la mano. "Non c'è problema, davvero, hai ragione—"

Sirius si schernisce.

"Ha ragione," James lancia a Sirius un'occhiata tagliente. "Quindi... parliamo d'altro. Okay?"

C'è un momento di silenzio teso prima che Remus si schiarisca la gola. "Come vanno le cose, sai, tra te e Lily?"

Come vanno le cose con Lily?

Questa è una domanda interessante.

Sono sempre vicini, ineluttabilmente, con un bambino appena nato che—nonostante sia straordinariamente ben educato, James mantiene— ama farli alzare più volte per notte. Lily sa solo come prendersi cura di un bambino alla maniera Babbana e James alla maniera Magica, e mentre la maggior parte delle volte questi due sistemi convivono piacevolmente, ogni tanto si scontrano. Come quando James ha incantato gli orsacchiotti perché guardassero Harry per un'ora mentre lui chiacchierava con Sirius l'altra sera.

Eppure, nonostante tutto, James pensa che stranamente, miracolosamente, potrebbero essere—

"A posto," dice alla fine, rimettendo gli occhi sui suoi due compagni che ora lo stanno osservando piuttosto intensamente. "Forse sembra strano ma mi sembra che ci sia... mancato Harry, capite? Lui... tutto ha più senso ora con lui."

Non accenna al fatto che a volte fantastica su come sarebbe stato presentare Harry a Regulus. Vedere lui che lo tiene in braccio. Anche questo... ha senso. Riempie un vuoto per James.

Sirius sembra completamente smarrito ma Remus offre a James un tenero sorriso. "Sono felice per te."


A prescindere da quanto lui e Lily stiano bene James si sente ancora a dieci secondi dal tirarsi i capelli il più delle volte. Ha già letto praticamente tutti i libri della casa—Remus ha acconsentito a farsene portare altri da Sirius—e si è annoiato a tal punto che ha tirato fuori dalla cantina alcuni dei vecchi oggetti di Pozioni di suo padre e ha iniziato a sperimentare.

"Se ci maledici per sbaglio sarò così poco impressionata Potter," dice Lily un giorno, facendo rimbalzare Harry sulle sue ginocchia mentre guarda James che si libra su una Pozione che bolle.

"O voi di poca fede," dice James, tagliando una zampa di rana.

"Ho sette anni di lezioni di Pozioni che mi dicono di non fidarmi di te con un calderone."

"Oi!" James dice leggermente offeso. "Ero bravo in Pozioni."

"È più la tua mente malvagia che mi spaventa, non tanto la tua mancanza di abilità."

Lui le lancia un sorriso sfacciato. "Pensi che io abbia una mente malvagia? Perbacco Lily Potter, stai cercando di sedurmi? Perché sta funzionando," ammicca.

Lily cerca senza riuscirci di mantenere la faccia seria, alla fine ride, facendo sì che Harry emetta un gorgoglio felice che James suppone sia lui a fare.

A volte li ama così tanto che fa male.


Inizia a stare sveglio più tardi, perché è uno dei pochi modi per stare da solo. Per avere un po' di spazio. Lily e Harry dormono al piano di sopra mentre lui armeggia con le Pozioni. Una notte, per qualche motivo, si ritrova a lanciare il suo Patronus. E poi lo fa di nuovo la notte successiva. E dopo. E dopo. Non sa perché.

Beh, okay.

Forse lo sa.

Sta con lui, una presenza calma e rassicurante. Riempie le notti di James con un sicuro bagliore bluastro. E di conversazioni sussurrate.

"Che ne pensi Reg?" Dice dolcemente. "Schiacciamo i semi di melograno o li mettiamo interi?"

Divertente. Ma lui giura che il cervo sta ascoltando.


Solo poco dopo che James ha scoperto che il mantello dell'invisibilità gli permette di attraversare le protezioni di Silente il vecchio viene a chiedergli di prenderlo. Non pensa che si tratti di una coincidenza, né apprezza di essere trattato come un bambino—a cui vengono tolti i giocattoli. Ma il problema con Silente è che, per quanto lo si voglia, non si può mai dirgli di no.

A meno che non siate Mary Macdonald.

Ma quasi nessuno lo è.

Silente dice che lo restituirà. Che gli serve solo per una ricerca che sta facendo. James non gli dice molto. Denti stretti, mani a pugno. Ogni fibra del suo essere si ribella all'idea di consegnarlo. Ma alla fine lo fa.

Certo che lo fa.

Il suo ultimo pezzo di libertà.

Non è sicuro che Silente sappia cosa sta prendendo. O forse non gli interessa.


Tutte le loro comunicazioni devono passare attraverso Sirius, che, a suo merito, si assume il compito di portalettere con gentilezza. James sa che Lily si sente sola. Non ha uno specchio Magico che la collega istantaneamente ai suoi amici. Diamine, non ha nemmeno più un gufo. E anche se Sirius fa del suo meglio per farle visita regolarmente, è difficile.

Lily scrive molte lettere. Non c'è molto altro da fare a dire il vero. Le lettere sono appoggiate sulla sua scrivania e aspettano che Sirius venga a prenderle e James combatte l'impulso di chiederle cosa contengono.

Non sono affari suoi.

Ma non può fare a meno di chiederselo.


Harry è nel lavandino—troppo piccolo per la vasca da bagno—bagnato e con le guance rosee e sorridente mentre gioca con il piccolo Boccino di gomma che James ha creato per lui. Harry non parla ancora ma sorride. Sorride molto. E il gorgoglio ha iniziato a somigliare più a una risata.

"Credo che abbiamo per le mani un Cercatore," dice James mentre passa lo shampoo per bambini sui capelli incredibilmente folti di Harry.

"Ah sì?" Lily ascolta solo a metà, seduta nella vasca vuota dietro di lui, leggendo le lettere che Sirius ha portato quel giorno.

"È ossessionato da questa cosa," e poi, per dimostrare la sua tesi, prende il Boccino in questione e lo usa per fare il solletico al pancino di Harry. "Non è vero, huh? Non è vero?"

Harry fa quel verso gorgogliante e James non può fare a meno di rispondere con un sorriso.

"A dire il vero," dice Lily, "anche tu ne sei ossessionato e sei un Cacciatore."

James ci pensa un attimo. "Abbastanza vero suppongo."

Stava giusto asciugando Harry—che cominciava a essere un po' scontroso—quando Lily ha un sussulto. Lui si gira e la trova che si agita ai suoi in piedi, occhi spalancati sulla lettera che ha in mano. Sente il cuore balbettare.

"Cosa?" Chiede, cercando di trattenere il panico dalla voce mentre stringe Harry a sé. "Che cosa è successo? Cosa c'è?"

Ma poi Lily scoppia a ridere. "Marlene e Dorcas," alza lo sguardo, gli occhi lucidi. "Si vogliono sposare!"

"Porca puttana," dice James, prima di guardare colpevolmente Harry e sussurrare: "Non dire a nessuno che ho detto questo."

Harry si limita a sbattere le palpebre, emettendo un suono infelice. È chiaro che qualcuno ha bisogno di un pisolino.

"Dio non posso crederci," Lily sta praticamente vibrando, stando in piedi al centro della vasca e saltando su e giù sulle palle dei piedi. James non può fare a meno di sorridere. "A quanto pare è stata Marlene a farlo, ha comprato un anello, si è inginocchiata, tutto quanto."

"Ha senso," dice James, baciando la testa di Harry solo perché è lì.

"Cavolo io—" Un po' dell'eccitazione che bolle in pentola le si svuota di dosso. "Non posso credere di non poterla vedere," e poi, alzando lo sguardo su James, come se si aspettasse una lotta. "Non c'è modo che io non vada a questo matrimonio."

James annuisce anche se sa che non dipende da loro, non proprio. Anche Lily lo sa quindi non c'è motivo di sottolinearlo. "Non riesco a immaginare che lo farebbero senza di te."

Lily abbassa lo sguardo sulla lettera e James può praticamente sentire il desiderio che si sprigiona da lei. "È solo che non voglio... perdermi tutto, sai? Voglio solo essere lì. Ti sembra terribilmente... egoista." All'improvviso guarda Harry, il senso di colpa negli occhi, come se avesse fatto qualcosa di sbagliato.

"No," James fa un passo avanti e le bacia la testa anche a lei. "Non lo é."

Sono passati solo pochi mesi, ma anche James lo sente.

Come se il mondo andasse avanti senza di loro.

È fottutamente terrificante.


Il suo Patronus si aggira per il confine della stanza. E per un attimo James non può fare altro che fissarlo e soffrire.


"Bones è scomparso," dice la voce stentata di Sirius attraverso lo specchio.

"Bones?"

"Frederick Bones."

"Merda."

Sirius annuisce in accordo. "Connor, Mark, Kathy, qualche altro che non conosco, tutti morti—le riunioni dell'Ordine sono un affare piuttosto intimo di questi tempi."


"Oh mio Dio James! James!"

James arriva di corsa in salotto dalla cucina e trova Lily e Harry a terra. Lei lo guarda, sorridendo ampiamente.

"Harry sta gattonando! Guarda, guarda, guarda," si sposta un po' indietro e poi tende le mani a Harry che al momento è a pancia in giù. "Vieni qui tesoro, dai, vieni qui!"

Harry fa una smorfia—James la considera segretamente la sua smorfia di cacca—prima di mettere improvvisamente le mani sotto di sé e trascinarsi in avanti verso Lily.

"Wow guarda come va," dice James mentre Lily prende il bambino in braccio e gli accarezza la testa.

"Hai sentito Harry? Hai fatto un ottimo lavoro. Ora ho solo bisogno che tu dica mamma."

James alza gli occhi al cielo. "La sua prima parola sarà papà e lo sappiamo tutti."

Lily alza lo sguardo e gli tira fuori la lingua e James ride.


"Non lo so, credo che potrebbe essere un Battitore," Sirius alza un braccino di Harry. "Guarda che roba, increspata amico."

James sbuffa da dove è seduto sulla poltrona dall'altra parte della stanza. "Se i muscoli increspati fossero un requisito per essere un buon Battitore non saresti nemmeno stato ammesso sul Campo."

"Wow, che maleducato," abbassa la testa e sussurra a Harry con fare cospiratorio. "Non ascoltare tuo padre, non sa di cosa parla. Io sono in forma."

Harry ridacchia, probabilmente perché l'alito di Sirius gli solletica la guancia, ma Sirius alza comunque lo sguardo su James trionfante. "Pensa che io sia divertente."

James alza gli occhi al cielo. "Pensa che le sue dita dei piedi siano divertenti."

Sirius fa un'espressione pensierosa prima di abbassare lo sguardo sui piedi calzati di Harry. Allunga una mano e ne dà una leggera strizzata. "A dire il vero, lo sono un po'."

"Oi!"

"Cosa! Sto solo dicendo—"

"Ragazzi," lo rimprovera Lily scherzando mentre entra nella stanza, mettendo una ciotola di patatine sul tavolo prima di sedersi sul pavimento, appoggiandosi alle gambe di James. "Dovrò separarvi?"

"Sta insultando le dita dei piedi di nostro figlio!"

Sirius si schernisce. "Per favore, semmai mi stavo complimentando con il suo senso dell'umorismo ben sviluppato."

Lily sbuffa. "Beh, almeno non state litigando per una sciocchezza."

"Sciocchezza?"

"Noi?"

"Mai."

"Non riesco nemmeno a immaginarlo in realtà."

"Nemmeno io Prongs, nemmeno io."

"Avete ragione," dice Lily con una mezza risata, prendendo le patatine. "Non so a cosa stessi pensando."

C'è una piccola pausa, Sirius gioca con Harry mentre James guarda, sentendosi più a suo agio di quanto non fosse da giorni. Forse da settimane. Il ronzio impaziente che di recente si è fatto più forte sotto la sua pelle si è ridotto a un tranquillo ronzio.

"Allora," chiede Lily. "Come vanno le cose? Come sta Remus?"

Sirius fa spallucce, continuando a giocare con Harry che sta facendo una serie di versi senza senso. È la sua nuova cosa preferita. È come se ti rispondesse anche se non conosce le parole. A volte James balbetta con lui.

"Moony sta bene, o, sapete, stava bene l'ultima volta che l'ho visto."

Ah.

È sparito di nuovo allora.

Sono anni che va avanti così. Si potrebbe pensare che siano tutti abituati ma in qualche modo non sembrano mai banali, le sparizioni di Remus. Non sembrano mai una routine. Non è che tutti loro non siano spariti di tanto in tanto, ma le sparizioni di Remus sono certamente le più lunghe e le più costanti. Ed è, come Sirius sottolinea sempre molto amaramente, il più riservato.

James e Lily si scambiano un rapido sguardo e James apre la bocca per dire qualcosa di confortante quando Harry lo precede.

"Moomy, moomy, moomy," borbotta, tirando il colletto di Sirius. Lily si alza in ginocchio.

"Ha appena detto moomy?" Chiede eccitata.

"Non è possibile," James non ha intenzione di perdere questa battaglia.

"Ti ho detto che sarei stata la sua prima parola!"

"Lui NON ha detto moomy, stai sentendo cose Evans."

"Ti piacerebbe Potter."

"Oi!" Lo interrompe Sirius, guardando ancora Harry dall'alto in basso. "Volete stare zitti voi due, il bambino sta cercando di parlare."

Si calmano, anche se James dà una gomitata a Lily con il piede, provocando la sua reazione con una gomitata negli stinchi.

Harry è tornato alla sua solita serie di rumori indistinguibili e James sente che Lily si sta preparando ad andare a prendere il Pensatoio per poter rivedere il ricordo e ascoltare Harry che lo ripete, quando—

"Moomy," tirando fuori le dita dalla bocca e guardando Sirius. "Moony."

C'è un attimo di silenzio.

"Ha appena—"

"Moony?"

"Moony!"

"Ma che diavolo!" James esclama, alzando le mani. "Come fa Remus a essere la prima parola di MIO figlio se il bastardo non è nemmeno qui!"

Sirius non dice nulla, fissando Harry con qualcosa di complicato negli occhi, facendo sì che Lily e James si scambino ancora una volta uno sguardo. Passano ancora alcuni secondi prima che James faccia un pungolo:

"Padfoot? Stai bene laggiù?"

"Sì," gracchia Sirius. "Sì solo..." Lascia la frase in sospeso così a lungo che James è certo che non la finirà ma poi: "Credo che Remus si senta un po' all'esterno in questi giorni... significherà qualcosa per lui, che Harry conosca il suo nome."

"Beh," c'è un piccolo tremore nella voce di Lily. "Credo di poter superare la sconfitta allora."

C'è una pausa prima che lei guardi con attenzione James. "Pfft," si schernisce lui. "Io no, sono ancora fottutamente arrabbiato."

Questo fa sbuffare Sirius e Lily dà un pugno alla coscia di James.

"Moony!" Harry esclama eccitato, facendo ridere di più Sirius.

"Sì amico", dice dolcemente. "Moony, Moony, Moony."


Il giorno in cui James cerca di usare lo specchio e Sirius non risponde sa che qualcosa non va.

Non sa quanto sia sbagliato, ovviamente. Non ancora. Ma è abbastanza per iniziare a preoccuparsi.

Rimane seduto in fondo al letto con lo specchio stretto tra le mani per quasi un'ora cercando di ottenere una risposta. Ma non arriva.

È allora che il panico si fa sentire.

Cammina per la stanza, senza voler scendere e spaventare Lily prima di avere qualche informazione concreta—qualcosa di più della sua intuizione e della certezza che Sirius non avrebbe mai risposto volentieri a una sua chiamata.

Guarda il tempo che passa e fa del suo meglio per non masticarsi la guancia. Ogni pochi minuti riprova a chiamare Sirius ma c'è solo silenzio, solo il riflesso di James che lo fissa. Un'ora diventa due. Poi tre. E poi, finalmente, sente una voce.

"James?"

Solleva lo specchio all'altezza degli occhi, il sollievo nel vedere che Sirius sta bene dura poco quando osserva il suo viso pallido e lo sguardo vuoto nei suoi occhi. Quando le cose si mettono male, veramente male, Sirius si spegne. Regulus era lo stesso. Una caratteristica di famiglia—un modo per proteggersi dalle cose orribili che non avevano altra scelta che vivere.

"Cosa c'è? Che cosa è successo?"

James ha un ricordo inquietante di quando seduto sul pavimento dello studio di suo padre, faceva domande simili a Sirius prima che il suo mondo venisse distrutto. Cerca di allontanarlo. Rievocare un vecchio dolore non lo aiuterà ora.

"C'è Lily?"

"Non nella stanza con me."

Sirius annuisce. "Dovresti andare a prenderla." La sua voce è uniforme. Vuota. Qualcuno potrebbe scambiarla per calma. James non è come gli altri. Lo vede per quello che è—devastazione.

"Sirius—"

"Anche lei ha bisogno di sentirlo. Ed è meglio... non essere soli."

James deglutisce a fatica. "Mi stai spaventando Sirius."

L'altro ragazzo si limita ad annuire. "Vai a chiamare Lily."

Non si preoccupa di opporsi, felice quando scende al piano di sotto e trova Harry già a terra per il suo pisolino pomeridiano, che renderà le cose più facili. Lily alza lo sguardo dal libro che ha in grembo, fa un piccolo sorriso a James finché non vede l'espressione di lui.

"Cosa c'è?" Chiede.

James si limita a scuotere la testa. "Sirius vuole parlare con entrambi."

Vede gli occhi di Lily cadere sullo specchio che ha tra le mani e poi scivolare su Harry. "Cucina?" Dice dopo un attimo, e James annuisce, i due si spostano rapidamente nell'altra stanza.

"Hey Lily," dice Sirius stancamente quando sono seduti a tavola, entrambi visibili nel riflesso dello specchio.

"Sirius, che succede?"

Per un attimo lui si limita a guardarli, la bocca semiaperta, fa fatica a trovare le parole, come se cercassero disperatamente di tornare in gola.

Per la prima volta si apre una crepa nella sua maschera, il dolore gli lampeggia negli occhi. Li chiude brevemente, facendo un respiro profondo. "I McKinnion sono stati attaccati," James sente la sensazione di freddo terrore che gli cola lungo la schiena, Lily rigida accanto a lui. "Sono tutti—tutti morti." Le sue parole tremano anche se la sua espressione rimane invariata. "Marlene è morta."

Lily scuote la testa. "No."

"Sembra che sia stato veloce. Non molto—non credo che lei—" La voce di Sirius si interrompe e lui chiude di nuovo gli occhi.

"No," ripete Lily, prima di alzarsi e uscire dalla stanza.

"Lily—" James è già mezzo alzato dalla sedia. "Sirius ti richiamo io okay?".

"C'è altro," l'incrinatura della voce di Sirius fa desistere James. Ispeziona il volto dell'amico.

"Cosa?"

Sirius sospira. "Dorcas è scomparsa."

"Cosa?"

Sente un forte botto nell'altra stanza e guarda nervosamente in corridoio. Un secondo dopo Harry inizia a piangere.

"Non era con Mar. Stava lavorando e quando l'ha saputo è fottutamente scappata," Sirius si passa una mano sul viso. "La stiamo cercando ma, Dio, non lo so. Sento che se n'è andata e—" La sua voce si spezza di nuovo.

Dorcas e Sirius hanno lavorato molto insieme James lo sa.

E Marlene—

C'è un altro botto, Harry urla a pieni polmoni.

"Cazzo—okay devo andare. Stai—Remus?"

Sirius scuote la testa. "È tutto a posto. Vai. Ti richiamo quando posso sì?"

James annuisce. "Stai attento."

Non sa da chi deve andare per primo; da Lily o da Harry. Sta tremando e ha un po' di freddo e sa che non sta elaborando nulla, che tutto questo lo colpirà come un muro di mattoni più tardi ma ora è grato per il torpore.

Trova Lily nello studio, la porta spalancata, la bacchetta in mano mentre lancia incantesimi al camino.

"Lily—"

"Devo uscire da questa casa," agita la bacchetta, lanciando Dio solo sa cosa. James è quasi certo che Silente li abbia tolti completamente dalla rete e che non ci sia modo di riconnettersi da questa parte. "Devo vederla."

"Vedere chi?" Chiede James, facendo un timido passo avanti, entrambe le braccia alzate.

"Marlene. Devo vederla."

"Lily—"

"Non lo è," sbotta Lily, lanciando un altro incantesimo che rimbalza sul mantello facendo indietreggiare James. Sente Harry urlare e gli si contorce lo stomaco. "Forse è ferita, o qualcosa del genere, ma non è—non è—" Lily scuote la testa e le lacrime le riempiono gli occhi. "Non Marlene, sai? Lei è così—lei ha così tanta vita ed è così intelligente e forte, quindi non può essere—non può essere. Non è possibile."

Solleva di nuovo la bacchetta ma questa volta James si sposta, mettendosi davanti a lei. "Devi fermarti, farai qualcosa alla casa, potresti fare del male a Harry. Devi fermarti."

Lily sbatte le palpebre, guardandolo per la prima volta. Per un attimo lui teme che lei voglia lanciare comunque ma non lo fa, anzi lo spinge via e si avvia verso la porta d'ingresso.

"Bene, allora romperò quelle cazzo di protezioni."

"Lily!" Lui la segue, passando davanti al soggiorno dove Harry si lamenta per attirare la loro attenzione. "Se rompi le protezioni ci metti in pericolo."

"Non mi interessa," la sua mano sulla maniglia. "È successo qualcosa a Marlene e devo trovarla, devo stare con lei, devo—devo—"

Lui le cinge le braccia da dietro, tirandola in casa.

"Lasciami andare cazzo James!"

"Mi dispiace, mi dispiace tanto ma non posso. Dobbiamo pensare a Harry, dobbiamo—"

"Lasciami andare! Lasciami andare! Lasciami andare!" Singhiozza ora, scalcia e tira pugni mentre James la trascina in salotto.

"Mi dispiace," la sua voce vacilla. "Ma non possiamo fare nulla."

"No."

"Lily—"

"Non può continuare a succedere!" Grida lei disperata, la voce che le si sente stridere sui denti. "Come può continuare a succedere? Come possiamo—no, non lo farò. Non la perderò. Non posso perderla. Ti prego lasciami andare. Ti prego, ti prego ho solo bisogno di vederla. Ho solo bisogno di sentire la sua voce. Per favore. Non posso farlo di nuovo. Non posso perdere di nuovo qualcuno. Ti prego."

In qualche modo sono finiti sul pavimento, James si rannicchia intorno a Lily che smette di lottare contro di lui e inizia a piangere. James trema così tanto che riesce a malapena a tenere la presa.

"Mi dispiace," sussurra lui, baciandole la tempia. È tutto ciò che riesce a dire. È tutto ciò che ha. "Mi dispiace." Sente la graffiatura della sua stessa voce. Harry che ulula in sottofondo. "Mi dispiace." Pensa che ora sta piangendo anche lui e spera che Harry non lo veda. Spera che non abbia idea di cosa stia succedendo. Spera di non ricordare mai questo momento.

Spera che la sua vita non sia una serie di momenti come questo.


Ci vuole Voldemort in persona per uccidere Dorcas. Anche se lei riesce a trascinare con sé molti dei suoi seguaci.

Naturalmente non possono andare ai funerali.

Lily si rinchiude nella loro camera da letto.


Il primo compleanno di Harry arriva e passa. Preparano una torta, cantano canzoni, Harry fa un gran casino.

Sirius gli manda una scopa giocattolo di cui James si innamora sinceramente quanto Harry. Il bambino la usa come se fosse la cosa più naturale del mondo—va in giro e ridacchia. James è sinceramente geloso. Erano anni che non volava.

Quella notte rimane sveglio fino a tardi, il suo Patronus che brilla luminoso accanto a lui mentre si siede con la testa tra le mani.

"Non voglio che tutta la sua vita sia così," dice.

Non sa con chi sta parlando.

Beh.

Okay.

Forse lo sa.

"Intrappolato in questa casa. Lui dovrebbe essere fuori, dovrebbe essere circondato dalla famiglia e da altri bambini e non solo dalla nostra fottuta miseria." Perché da quando Marlene e Dorcas niente è più come prima. Come potrebbe esserlo?

"Questa casa è piena di dolore," sospira James, strofinandosi gli occhi. "Non voglio che la sua vita sia piena di dolore," e poi: "Non voglio che la mia vita sia piena di dolore."


Circa un mese dopo Sirius si presenta senza preavviso.

Sembra nervoso, come se non avesse dormito, cammina su e giù per il salotto mentre loro lo guardano dal divano, si tintinna le mani, si tira i capelli. Sembra che aspettino a lungo, che la sua ansia sia troppo forte per essere interrotta, per essere tagliata fuori, riempiendo l'intera stanza e facendo agitare tutti loro.

Finché alla fine si ferma, gli occhi spalancati, implorandoli di capire. "Credo che dobbiate scegliere un nuovo Custode."

Che non è affatto quello che James si aspettava.

"Cosa?"

"Penso di essere troppo ovvio," continua Sirius, l'aria di chi ha avuto questo pensiero ancora e ancora e ancora. "E sono preoccupato—sono preoccupato che possano uccidermi. E se ci riuscissero voi non sareste più al sicuro." James non riesce a capire perché abbia un'aria così colpevole. "Morirei per voi, per tutti voi, in un batter d'occhio. Lo sai," guarda con supplica James che annuisce rapidamente.

"Certo che lo so."

"Ma non voglio essere il motivo per cui non siete al sicuro. Non voglio essere il motivo per cui—" Deglutisce. "Hai bisogno di un nuovo Custode."

James vorrebbe discutere con lui, ma non è sicuro che Sirius abbia del tutto torto. Non è esattamente un segreto quanto siano legati, e anche se a Sirius non dispiacerebbe morire per loro, James non vuole certo che lo faccia.

"A chi stai pensando?" Chiede Lily alla fine. "Remus?"

Ecco di nuovo quel senso di colpa. Sirius distoglie lo sguardo, scuotendo la testa. "No, ancora troppo ovvio," James pensa che ci sia dell'altro ma Sirius non gli dà la possibilità di insistere. "Peter"

"Peter?" James chiede, sorpreso.

Sirius alza di nuovo lo sguardo, più sicuro nel suo sguardo. "Nessuno lo sospetterà. Non lui. Non Pete. Nessuno pensa mai che sia Pete, nemmeno a scuola."

James si mordicchia il labbro inferiore, riflettendo, prima di guardare Lily.

"Ha senso," dice infine lei.

Non sa perché non gli sembra giusto, perché l'idea gli fa prudere qualcosa nel petto. Alla fine si volta verso Sirius. "Pensi che questa sia la nostra opzione migliore?"

Sirius annuisce. "Verranno a prendermi, è solo questione di tempo. Almeno in questo modo, se ci riusciranno... almeno in questo modo starai bene."

Il che non potrebbe essere più lontano dalla verità.

Se Sirius muore James muore. Ma non si preoccupa di sottolinearlo. Non pensa di doverlo fare. È chiaro che Sirius ha avuto un peso su questa cosa, così, alla fine, annuisce.

"Qualcuno dovrebbe andare a prendere Pete."


"Aspetta, aspetta, aspetta!" Lily si precipita su per le scale, lasciando Harry e James a fissarsi, James con la macchina fotografica in mano.

"Non guardare me," dice al bambino di un anno. "Non so cosa stia facendo."

Harry gli fa un occhietto spalancato. "Moomy."

Non è che Harry non abbia imparato altre parole, le ha imparate. Come scopa, e fame, e no. Ma l'unico nome che sembra aver imparato è Moony. Per qualche motivo.

"Non proprio amico," dice James quando sente il rumore di Lily che torna di corsa giù per le scale, sbattendo in salotto.

"Gli serve il cappello!" dice lei trafelata. "Rende tutto più bello."

"Uh-huh."

Lei gli lancia un'occhiata mentre tira il cappello rotondo con il gambo appuntito sulla testa di Harry. Fa un passo indietro e sorride. "Ecco, perfetto."

A dire il vero, il cappello mette davvero d'accordo tutti. Il piccolo Harry seduto al centro del divano vestito come una zucca molto convincente. "Okay," dice James, sollevando la telecamera verso il suo viso, "dì 'cheese.'"

Harry sorride quasi sempre quindi non è difficile fare una buona foto. In realtà James pensa che potrebbe fissarlo per ore1—i suoi grandi occhi verdi, i suoi folti capelli scuri, le sue guance paffute.

Perfetto.

Tutto in lui è perfetto.

"Oi!" James ride mentre Lily si precipita nell'inquadratura, saltando sul divano e tempestando Harry di baci. "Signora, la prego, sta molestando il mio modello." Anche se mentre lo dice scatta qualche altra foto.

"Non posso farci niente, è così carino", tira Harry in grembo, il suo cappello si perde mentre lo fa rimbalzare sulle ginocchia. "Non è vero?", dice con voce da bambino, sporgendosi in avanti per sfiorare i loro nasi. "Non sei il più carino?". Harry ridacchia e James posa la macchina fotografica, avvicinandosi a loro.

"Avremmo dovuto comprare dei dolci," dice, passa un braccio sulle spalle di Lily, tirandola al suo fianco. "È un Halloween un po' triste senza di loro."

Lily ride. "È un bambino, non può mangiare dolci."

"Chi ha detto che sarebbero per lui?"

Harry gioca con la collana di Lily e di tanto in tanto intervalla i suoi balbettii con parole vere e proprie. Qualcosa in questo momento—loro tre seduti insieme sul divano—fa sentire James a posto. Quasi calmo. Una cosa rara di questi tempi.

"Lo prendi per un minuto?" Lily dice mentre sposta Harry sulle ginocchia di James, "vado di sopra a mettere un po' di musica."

"Se non è Monster Mash non voglio sentire!" James le grida dietro.

"Sai, a volte non riesco a capire chi sia il bambino, tu o Harry!"

"Oi!" E poi, chinandosi e sussurrando a Harry; "Sono io, ma non dirle che l'ho detto."

Harry si limita a sbattere le palpebre, e poi ridacchia, provocando un sorriso sul volto di James.

"Sei davvero ingiustamente carino," continua con lo stesso tono tranquillo. "Non dico che dovresti essermi grato, ma abbiamo davvero superato noi stessi con questo," dice agitando vagamente la mano sul viso di Harry, cosa che, ovviamente, fa sì che il bambino allunghi la mano e cerchi di infilarsi le dita di James in bocca.

"Speriamo che tu riesca ad avere la vista di tua madre insieme ai suoi occhi," continua mentre Harry cerca di mangiarlo. "Gli occhiali sono una vera rottura soprattutto in Campo," gli dice sorridendo. "Merlino, non vedo l'ora di vederti giocare. Sarai bravissimo, lo sento già."

A volte, quando guarda Harry, quando pensa a tutto quello che vorrebbe mostrargli e dirgli e guardarlo fare, si sente come se il suo petto fosse troppo piccolo. Come se non potesse contenere la quantità impossibile di amore che prova per questo piccolo essere.

"Questo non sembra Monster Mash!" Dice, mentre Lily inizia a scendere le scale.

"Questo perché ho gusto," lui osserva il viso di lei che si scalda quando entra dalla porta. "Aw, voi due sembrate così comodi."

"Scusaci, siamo molto temibili, vero zucchetta?" Si china e preme un bacio sulla fronte di Harry facendolo contorcere.

"Uh-huh" Lily si arrampica di nuovo sul divano, accoccolandosi al fianco di James. Canticchia la canzone che sembra piacere molto a Harry, applaude e la cerca. In generale è un'ottima fonte di intrattenimento. Certo, le sue capacità di articolare pensieri e di muoversi sono limitate, ma Harry fa sempre qualcosa. E tutto ciò che fa è affascinante per James.

È in quel momento che lo sente.

Un leggero tremore.

Ma non proviene dal suolo, come un terremoto, bensì dallo spazio intorno a loro. L'aria si increspa.

Lily si alza immediatamente in piedi. "Questo è strano."

Il silenzio cala sulla casa. Un attimo prima c'era il rumore dei bambini per strada, bussavano alle porte e chiedevano dolci. Lo schiocco delle Materializzazioni mentre la gente saltava da un quartiere all'altro. Parlando. Ridendo.

Ora.

Ora non c'è più nulla.

Nemmeno il vento.

È snervante.

Senza parole James fa scivolare Harry dalle sue ginocchia e lo porta tra le braccia di Lily. "James?" Chiede lei, sussurrando, perché improvvisamente sembra che debbano essere silenziosi come l'ambiente circostante.

Ed è allora che James si rende conto; "La musica si è fermata."

Il viso di Lily si contorce e guarda verso il soffitto, come se potesse vedere il giradischi. "Strano," mormora. "Mi chiedo se la puntina si sia incastrata?"

Il suono è un'onda. Fisica, anche se non possiamo vederla. E James riesce a pensare solo a quel tremore. Abbastanza potente da far saltare la musica in aria.

"Le protezioni," dice infine. Ora si muove più velocemente, verso la finestra. "Sono le protezioni. Sono rotte."

"Cosa?" Sente il panico nella voce di Lily un attimo prima di riuscire a vedere fuori. Riesce a vedere l'uomo che cammina tranquillamente sui gradini di casa.

"James—"

"Lily è lui," sente il suo corpo intorpidirsi, impedendogli di elaborare quelle parole. "Devi scappare." Si sente un rumore di passi sul gradino d'ingresso. La porta è chiusa a chiave, naturalmente. Una precauzione ridicola.

"Scappare?"

"Cercherò di trattenerlo," James si sta già dirigendo verso la porta d'ingresso. "Trova una via d'uscita. Porta Harry in un posto sicuro."

La maniglia della porta gira.

"James—"

"Lily. Ti prego."

Lui trema mentre ascolta il suono di lei che corre su per le scale, cerca la bacchetta e ride quando scopre che non c'è. Non ha idea di dove l'abbia lasciata. In cucina dopo aver preparato uno spuntino veloce? Sul pavimento del soggiorno dopo aver giocato con Harry? In questi giorni non ne ha quasi più bisogno, è diventato pigro.

Certo, è già capitato di rimanere senza bacchetta in momenti come questo. Come quando aveva quindici anni. In piedi nella Stamberga Strillante tra Piton e Remus. Allora le cose andarono bene. Forse ce la farà anche adesso?

La sensazione di malessere allo stomaco gli suggerisce che non ci crede del tutto.

È strano come tutto acceleri e rallenti allo stesso tempo. I secondi diventano ore, la porta si apre e ci mette una vita. La sua vita. E le molte vite che non ha vissuto. James sente che si sta spezzando ancor prima di vedere il volto di Voldemort. Le corde legate a tutti i suoi possibili finali vengono tagliate una ad una. Tutte le scelte che avrebbe potuto fare cadono via.

Questa è l'ultima.

Non ce ne saranno altre.

Dove una volta c'erano moltitudini ora c'è un solo ragazzo. Nudo. E solo. In piedi davanti alla porta della sua casa di famiglia. Incontrando un ospite inatteso. In un certo senso, è proprio così che tutto è cominciato.

Pensa di caricare, forse può far cadere la bacchetta dalla mano dell'altro uomo. Forse, alla fine, Voldemort sarà abbattuto non da qualche grande impresa di magia ma da pugni disperati. Ma è solo un pensiero fugace, che non dura nemmeno un secondo.

Nel momento in cui James incontra gli occhi dell'uomo più anziano è già troppo tardi.

L'incantesimo è stato lanciato.

Mentre tutte le sue vite si svolgono davanti ai suoi occhi nei pietosi momenti che precedono la sua morte, solo un pensiero si eleva davvero al di sopra degli altri. Così, l'ultima cosa a cui James Potter pensa, con il cuore che batte e il polso che batte, è Sirius Black.

Un momento in una carrozza del treno, i loro occhi che si incrociano per la prima volta, come due soli che si scontrano. Era luminoso senza Sirius, ma lo era di più con lui. Il suo universo si è fondamentalmente messo a posto nel momento in cui si sono stretti la mano.

Se Sirius muore James muore. E se James muore—

Sirius.

Lo sente a malapena quando il dardo verde gli scivola tra le costole. È solo un brivido in realtà. Un fremito. Non è poi così male. Forse non ha funzionato. Forse qualcosa è andato storto. Forse respira ancora.

Eccetto che sta cadendo.

Si schianta a terra mentre il mondo diventa un miscuglio di suoni e colori indistinguibili.

Oh Sirius, mi dispiace tan—


Inspira.


Espira.


Espira.


Espi—


PARTE IV: SIRIUS


Sente tutto.


Tutto insieme.


Inevitabile.


Sente tutto.


E fa male,


male


male.


PARTE V: REMUS


Quando Remus torna a casa l'appartamento è buio.


PARTE VI: MARY


Sono passati anni dall'ultima volta che Mary Macdonald ha messo piede a Hogwarts. Probabilmente altrettanto tempo è passato dall'ultima volta che ha fissato il banco di Albus Silente. La qualità dell'esperienza non è migliorata.

"Petunia Evans."

"In realtà è Dursley," la corregge Silente con dolcezza.

C'è qualcosa di simile alla rabbia che ronza sotto la sua pelle, così vicino alla superficie che sta praticamente attraversando la scrivania. Dovrebbe davvero stare più attenta. "

"Lily non avrebbe mai voluto questo."

Silente inclina la testa in segno di assenso. "Ahimè, i guardiani che voleva sono attualmente indisposti."

Imprigionati.

Pazzi.

Le unghie di Mary si conficcano nei braccioli della sedia mentre gli occhi blu di lui la fissano con calma. Scintillanti. Come se gli piacesse.

"Allora lasci che lo prenda io."

L'uomo più anziano inarca le sopracciglia. "Vuole crescere il loro bambino?" Si scosta leggermente la barba. "Devo ammettere signora MacDonald, sono piuttosto sorpreso. Mi è sempre sembrata così restia a farsi coinvolgere."

È un attacco ovvio. Noioso e poco stimolante. "Sì, beh, sono piena di sorprese."

Sorride. Non è rassicurante. "Lo è di sicuro. Purtroppo, il bambino deve rimanere dov'è. Anche se sono sicuro che James e Lily avrebbero apprezzato la sua disponibilità ad aiutare."

Mary trattiene a stento l'impulso di strappargli di bocca i loro nomi. "Mi dispiace," dice, la voce vuota. "Mi sono espressa male prima. Volevo dire; prenderò Harry. Visto che non è suo e non può darlo via non ho bisogno suo tuo permesso. Avevo solo bisogno di sapere dov'era."

Fa per alzarsi ma le parole di Silente la fermano. "In realtà ho l'autorità per questa faccenda, guarda caso. Poiché Remus Lupin era il partner legale di Black, e i due tutori nominati sono stati ritenuti incapaci di prendere decisioni, il potere della tutela di Harry spetta a lui," sorride ancora. "E ha scelto di affidarsi a me."

"Stronzate," sbotta lei. "Remus è catatonico, riesce a malapena a parlare figuriamoci se può acconsentire legalmente a qualcosa."

Silente le apre i palmi delle mani. "Il Ministero non è d'accordo con te."

"Fanculo il Ministero."

"Se vuole verificare la cosa con il Ministero posso certamente organizzare un incontro—"

"Fanculo il Ministero e fanculo tu," la sua visione si offusca ai bordi, a pochi secondi dall'esplodere. Dal bruciare la scuola. "Prendo Harry."

Non aspetta una risposta, gira sui tacchi e si dirige verso la porta. L'unica cosa che le impedisce di prendere la bacchetta è la consapevolezza che Harry ha già una persona destinata a prendersi cura di lui in prigione. Non ne ha certo bisogno di un'altra.

"Signora Macdonald."

Lei non si ferma.

Non è interessata a ciò che ha da dire.

In realtà non lo ha mai fatto.

"Signora Macdonald—Mary."

Mano sulla maniglia.

"29 Hendford Hill."

Lei si blocca, tutto il corpo si irrigidisce.

"È l'indirizzo di suo fratello vero? Damian?"

Si gira verso di lui e la rabbia si trasforma in qualcos'altro. Qualcosa di simile all'acido. Qualcosa come la paura. Silente è in piedi ora, illuminato dalle alte finestre alle sue spalle. Quasi brilla.

"Lascerai Harry Potter dov'è," la sua voce non ha più calore. Il sipario si chiude. Il Mago di Oz si rivela. "Non gli parlerai, non gli scriverai, non avrai alcun contatto con lui."

Si chiede come abbiano fatto a non accorgersene. Come abbiano fatto a non vedere. Non sa se avrebbe fatto differenza. Forse se ne sarebbero andati tutti anche senza l'aiuto di Silente.

"E prometto," continua il vecchio, "di mostrare a tuo fratello la stessa cortesia."

Di lasciarlo vivere.

Per la prima volta dopo anni, Mary Macdonald si sente crollare.


PARTE VII: PETER


Peter non ha mai pensato molto a che tipo di persona sia.

Le domande più grandi, quelle che cercano di aprire la vita e di comprenderla, non gli sono mai piaciute.
Quelle sono la specialità di Remus.

Peter è semplicemente una persona. Questo gli basta.

Quando sente il desiderio si muove verso di esso.

Quando prova paura si allontana.

Non pensa che la vita debba essere più complicata di così. In fondo siamo animali. Le cose hanno un significato maggiore solo perché lo decidiamo noi.

La morte, è una di queste cose.

Peter si è perso nel dolore. Alla sua sofferenza. Al male. Ma questo prima di rendersi conto di avere una scelta.

La morte fa male perché gli uomini decidono di farla soffrire.

Decidono che si deve piangere.

Strapparsi i capelli.

Urlare.

E così si fa. Ma la morte, come la vita, non ha un significato intrinseco. È semplicemente così. Un fatto. Uno stato dell'essere. Non c'è bisogno di tutta questa teatralità. Non c'è bisogno di piangersi addosso. Se si ignora semplicemente tutto ciò che ci viene insegnato, la morte può essere qualcosa di abbastanza banale.

Beh.

La morte degli altri, in ogni caso.

Peter lo imparò per la prima volta quando si trovò davanti al corpo di Marlene McKinnon.

All'inizio, c'era quel gonfiore di sensazioni. Quel dolore. Quel male. Ma poi si era imposto di smetterla.

Smettila.

Smettila.

Non significa nulla. Non fa davvero male. Pensi che lo fa. Ti è stato insegnato che è così. Ma in realtà non è così che ci si sente.

Alla fine la sua morte era sembrata quasi noiosa. Come se dovesse esserci qualcosa di più. Era rimasto in piedi davanti a lei, gli occhi che lo fissavano senza vedere, e aveva pensato; 'Non è stato così male.' Poteva farlo di nuovo. Se fosse stato necessario. Se ne avesse avuto bisogno. Se lo avesse tenuto in vita. Perché questo contava, contava sempre.

Peter contava.

Questo è ciò che diceva il Signore Oscuro.

Era uno dei tanti motivi per cui si stava stancando dei suoi compagni di scuola. Soprattutto di Remus e Sirius. Sentirli sospettare l'uno dell'altro. Dare all'altro il merito del suo lavoro. All'inizio l'aveva preso come un complimento, il fatto che non pensassero che si sarebbe mai rivoltato contro di loro, ma si era subito reso conto che non era così. Avevano semplicemente dimenticato di considerarlo. Era un non-fattore. Troppo umile persino per essere sospettato.

Voldemort, invece, non si era mai dimenticato di Peter. Gli corrispondeva spesso e sorrideva ogni volta che Peter veniva a trovarlo. Non c'erano state più fregature dopo la farsa al Ministero di due anni prima, e questo aveva rimesso Peter saldamente nelle grazie del Signore Oscuro. Il Signore Oscuro aveva persino rivelato la sua identità ai suoi seguaci di più alto rango. Costringendo Lucius Malfoy e Rodolphus Lestrange a ringraziarlo per il grande servizio reso. Quando c'erano riunioni sedeva a capotavola.

Era impossibile non notarlo.

Non vederlo.

Non considerarlo.

Tuttavia, non era sua intenzione consegnare James a Voldemort. Almeno non all'inizio. Significava molto per lui che James avesse deciso di cambiare idea. Di fare di Peter il Custode—come avrebbe dovuto essere da sempre onestamente. Sirius era troppo sfacciato per una cosa del genere. Troppo imprudente. Peter aveva sempre pensato di essere la scelta più ovvia.

Per un po' era tornato a essere molto devoto a James, andando a trovarlo spesso, consegnando qualsiasi cosa servisse a lui e a Lily, giocando con il piccolo Harry. Onestamente aveva cominciato a riconsiderare le cose. Evidentemente James si stava riprendendo, lo vedeva come quando erano bambini, prima di Hogwarts, come una persona degna del suo tempo.

Lui contava.

Peter contava.

Ma si accorse sempre di più che James voleva parlare solo degli altri; Sirius, Remus, Mary, Alice, Frank. Non c'erano mai domande su Peter. Aveva escogitato decine di scuse da usare per spiegare le sue frequenti assenze ma non ne aveva mai avuto bisogno. Nessuno gli chiedeva dove fosse stato o cosa stesse facendo. A nessuno importava molto di come passasse il tempo.

C'erano stati anni in cui era stato il più caro amico di James Potter. Il suo unico amico, in realtà. Avevano passato quasi ogni giorno insieme. Come poteva James dimenticare tutto questo? Mettere tutto da parte per Sirius? Non è che a Peter non piacesse Sirius. O a Remus. Certo che gli piaceva. Ma non gli piacevano più di quanto piacesse a lui stesso.

James aveva visto qualcosa in lui una volta. Qualcosa che gli aveva fatto lasciare una stanza piena di gente per seguire Peter al piano di sopra. In qualche modo l'aveva perso di vista. Ma Peter era stanco di essere dimenticato. E stanco di avere paura. Tutti pensavano di saperne più di lui, ma erano dalla parte sbagliata. La parte perdente. E mentre tutti loro affondavano, Peter galleggiava.

Regulus Black aveva lasciato un vuoto nelle file di Voldemort. Il nome della sua famiglia lo avrebbe reso la scelta più ovvia per diventare il protetto di Voldemort. Non avrebbe nemmeno avuto bisogno di lavorare per questo, di dimostrare il suo valore—tutto gli sarebbe stato consegnato. Ma ha fatto un buco nell'acqua. Non aveva capito quello che aveva capito Peter—che si può scegliere ciò che conta. Cosa significa qualcosa. Si può scegliere ciò che è giusto e ciò che è sbagliato.

Peter ripensa al ricordo del corpo morto di Marlene.

Alla fine era stato giusto che morisse.

Giusto per lui in ogni caso.

E ora può prendere il posto di Regulus nello stesso modo in cui Sirius ha preso il suo—c'è una sorta di simmetria in questo.

Così anche se gli ci sono voluti alcuni mesi per decidere, alla fine ha consegnato James a Voldemort. E si aspettava lo stesso nulla che aveva provato con Marlene. In realtà sarebbe stato ancora più facile, visto che lui non sarebbe stato presente.

E in un certo senso lo era. Non c'erano agitazioni—o meglio, non c'erano molte agitazioni—non ci si strappava i capelli, non si piangeva. Peter ha semplicemente continuato la sua giornata come chiunque altro. Eppure. Alle 20:32 esatte del 31 ottobre 1981, il mondo di Peter si oscurò.

Avrebbe discusso con sé stesso di questo per gli anni a venire.

Perché era assurdo.

La perdita di una sola persona non poteva alterare così tanto l'universo.

Ma in qualche modo tutti i colori sembravano improvvisamente meno vivaci. Il cibo che mangiava era meno gustoso. Ogni brano musicale, ogni giorno d'estate, ogni tocco—più spento.

Era certo di essersi inventato tutto.

Era certo.

Ma ciò che non poteva negare, ciò che alla fine accettò il giorno in cui la sua stessa mano gli si avvolse intorno al collo, era che non importava quanto in alto fosse salito, quanto lontano dal fango e dalla polvere della guerra fosse riuscito a elevarsi, quanto vicino alla cima fosse arrivato Peter Pettigrew.

Non sentì mai più il sole.

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