Personaggi: Obi-Wan Kenobi, f!OC (senza nome)
Contesto: pre-"Kenobi"
Genere: introspettivo, malinconico
Arriva con il crepuscolo, quando la luce comincia a morire.
Avanti e indietro tutti i giorni da Anchorhead, dondolando sulla groppa di un eopie.
Le viene facile ricordarsi i visi; non che ne veda poi molti, nel giro di una giornata. Il suo non assomiglia a quello di un locale: il tono imbrunito dell'incarnato stona con la barba rossiccia, quasi viola sotto le tinte purpuree del cielo.
È quello che ha notato subito di lui, la prima volta che lo ha visto. La seconda volta, degli occhi troppo chiari per essere nati sotto il segno dei soli; la terza, li ha colti incontrare i suoi in un breve, muto riconoscimento.
Da quando ha iniziato a portare i bantha al pascolo in questa parte del deserto, quello con lui è diventato quasi un appuntamento quotidiano. Forse non ci si potrà ridurre la Galassia intera e, come questo luogo, non rimarrà per sempre al sicuro dall'ombra dell'Impero – ogni giorno più lunga e spettrale. Per lei è comunque molto. Nessuno viene mai da quella parte: ogni giorno che lui lo fa, è un altro giorno che il sangue non chiamerà altro sangue da dietro le dune, e a quest'ora tutto sarà ancora quiete, buio e arancione.
Non sa se per lui sia ugualmente rassicurante vederla seduta nello stesso punto ogni giorno, ma mai sulla stessa cresta sabbiosa; vigilare sulla mandria, mungere, controllare zoccoli, giri di corna, lunghezza delle pelliccie. Anche se non lo fosse, saprebbe fare di meglio che pretenderlo: ha trovato la sua piccola misura di pace nella ciclicità di questo ritmo e le basta così. Si accontenterebbe di essere un frammento di inoffensiva normalità: un niente, ma pur sempre qualcosa di più, per una volta, di un granello di sabbia su miliardi.
Ha imparato ad assecondare i venti delle dune e li conosce abbastanza da poter dire che, a giudicare dal sorriso che le ha appena rivolto passandole accanto, lui gli si è già arreso.
Non l'ha mai nemmeno visto, il cielo dopo una tempesta, ma il colore che aveva nei racconti delle sue nonne è incredibilmente vicino a quello degli occhi di quest'uomo.
Potrebbero nascondere molte cose – una battaglia persa, una speranza tradita, una colpa da espiare – ma, in fondo, anche il Mare delle Dune nasconde segreti. A volte, sono talmente segreti che nemmeno esistono, ma c'è chi muore lo stesso pur di metterci le mani. Per quanto possa essere curiosa, non crede di essere disposta a correre questo rischio per un viandante.
Con un bastoncino trovato poco fa, spinge un sasso in avanti, fino a farlo affondare sotto la sabbia. Ne contempla la scia, i granellini che cadono dentro scintillando sotto l'ultima luce dei soli. Forse si sbagliava: forse sono altre, le luci che si spengono per sempre.
Solleva nuovamente la testa, osservando in silenzio mentre l'ombra dell'eopie si allunga a dismisura sulla sabbia e il percorso delle sue orme si distende verso l'orizzonte frastagliato dai monti.
Abbassa le palpebre, gravide dell'amaro che viene dall'esperienza. Il deserto non perdona chi gli va contro, e nemmeno i pesi morti.
Non è qui che lui troverà la sua redenzione, qualunque sia la sua storia.
A/N:
Beh, se avessi saputo che mi sarebbe davvero bastato scrivere su Obi-Wan per avere in prestito il sacro dono della sintesi, lo avrei fatto eoni fa.
Ho ancora dei mixed feelings nei confronti di "Kenobi" e sto iniziando davvero a mal tollerare la scelta di basare le serie SW principalmente sull'effetto nostalgia, ma alla fine tutto in questo confusionario kriff di universo riporta sempre su Tatooine e boh, se ci penso, ho bisogno di mettermi un attimo seduta con una mano sul cuore e una sulla fronte perché*insert poetic_cinema.jpg* tutto riporta sempre su Tatooine. :')