Backstage|| Hell Raton.

Bởi itsluceeeeeee

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Non tutte le storie sono destinate a durare in eterno, ma qualcuna forse sì. Jenny è tornata da Los Angeles... Xem Thêm

Prologo.
Cap. 1
Cap. 2
Cap. 3
Cap. 4
Cap. 5
Cap. 6
Cap. 7
Cap. 8
Cap.9
Cap.10
Cap. 11
Cap. 12
Cap. 13
Cap. 14
Cap.15
Cap. 16
Cap. 17
Cap. 18
Cap.19
Ciao!

Cap. 20

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Bởi itsluceeeeeee


- Quindi quando vorresti partire? – chiese Manuel, il computer aperto sopra le gambe, mentre era intento ad inserire le probabili date del nostro viaggio sulla barra di ricerca della pagina internet di una compagnia aerea.

Quella che dapprima si era manifestata come una proposta totalmente impulsiva e irrealistica era stata accolta di buon grado dal mio appena ritrovato compagno, tanto che non aveva perso tempo e si era subito prodigato per trovare giorni liberi che combaciassero così che potessimo davvero abbandonare tutti e raggiungere Los Angeles indisturbati.

La sua eccitazione era abbastanza contagiosa perché io stessa mi sentissi in totale fibrillazione, come se dovessi esplorare un luogo nuovo che non avevo mai visitato quando in realtà avrei semplicemente fatto ritorno a casa. Forse è vero quello che si dice: non importa il posto, ma la compagnia e avere Manuel a fianco avrebbe fatto sì che la California divenisse davvero la terra promessa.

Tuttavia per poter partire e godermi a pieno il viaggio, constatai, c'erano un paio di cose che dovevo mettere in ordine. Non amavo lasciare una località in cui avevo costruito un pezzo della mia storia con situazioni irrisolte alle spalle, anche se sarebbe stato solo per poco e vi avrei fatto ritorno a breve.

- Non so – risposi; avevo le mani intrecciate sul grembo e lo sguardo basso con le pupille scure intente a rimirare distrattamente le mie dita che si riconcorrevano a vicenda, stropicciando piccole porzioni di pelle e smalto – ci sono delle questioni che vorrei approfondire prima di partire – aggiunsi. Manuel sbuffò leggermente, spingendomi ad alzare il capo ed inclinarlo, poi inarcai un sopracciglio alla vista della sua espressione imbronciata.

Era evidente che avesse capito dove volessi andare a parare e per quanto la sua gelosia improvvisa ed immotivata mi infastidisse (che non si fidasse di me forse?), non potevo affermare ciecamente di non riuscire a comprenderlo almeno in minima parte.

Sapevo che io stessa non avrei potuto fare a meno di sentirmi a disagio se anche lui fosse stato perseguitato dal fantasma aleggiante di un'ex che era uscita di scena scagliando un'ultima freccia e facendo sì che se ne portasse a presso il peso per i giorni a venire.

Sorrisi debolmente e scivolai lungo il divano finché le mie dita non furono abbastanza vicine a quelle di Manuel da poterle accarezzare, trascinando con i miei movimenti lenti anche la tensione che le appesantiva.

Lui si voltò per guardarmi in viso e strofinò il naso contro il mio, poi si allontanò e si strinse contro il corrimano del divano – Jenny, se hai dei dubbi...- iniziò, ma non gli diedi modo di continuare, tanto quell'insinuazione era inverosimile.

Poggiai il pollice sotto al suo mento, mentre l'indice si strinse alla base della sua guancia, poi feci pressione così che riportasse lo sguardo sulla mia faccia e sperai che questa non presentasse alcun segno d'indecisione. Volevo così tanto che capisse, che non ci fosse più insicurezza tra di noi.

- Guardami – comandai – se avessi avuto dei dubbi non ti avrei accompagnato da tua madre, non avrei lasciato che conoscessi mia nipote e non saresti qui adesso – affermai – ho solo bisogno di chiarezza. In fondo Thomas è pur sempre il figlio del mio capo, forse non avrei dovuto intraprendere...qualsiasi cosa sia stato quello che stavamo combinando –

Ero cosciente del fatto che Manuel provasse ancora rimorso nei confronti di ciò che aveva fatto, lo dimostrava la sua impressionante insicurezza e la sua incapacità a fidarsi delle mie parole se non rincarate da una buona dose di rassicurazione.

I suoi occhi erano lucidi, puntati sui miei, e le sue labbra leggermente ricurve verso il basso, fissò il pavimento per un istante poi alzò la testa repentinamente e la scosse. Poggiò il capo nell'incavo della mia spalla e, vicino al collo, vi abbandonò un bacio umido – non riesco a credere che stavo per lasciarti andare – mormorò a voce bassa.

- L'avresti fatto davvero? –

Manuel annuì, i suoi ricci mi solleticarono il viso; cercai di concentrarmi sulla sensazione dei suoi capelli scuri sulla mia pelle per ignorare il dolore di una forte stretta allo stomaco. Certe volte sopravvalutavo la mole di ciò che pensavo di riuscire a sopportare tutto in una volta.

Questa volta fu il suo turno di assicurare le dita tra le mie ciocche lunghe, le afferrò saldamente e si aggrappò alla mia nuca spostandomi a pochi centimetri dalle sue labbra, poi prese a massaggiare la zona con i polpastrelli dei pollici.

- Non pensavo ci fosse più modo di riparare la situazione – ammise – ma adesso che ci rifletto bene non ho mai davvero immaginato la prospettiva di una vita senza di te –

Ed io? Mi accorsi che io stessa forse non avevo mai davvero inteso il voler andare avanti come un futuro senza la sua presenza costante.

Da quando ci eravamo conosciuti Manuel c'era sempre stato, in un modo o nell'altro, e realizzai proprio allora che anche durante la nostra separazione non mi ero mai davvero figurata un domani in cui non avrei potuto sentire la sua voce o vederlo in giro a condividere lo stesso spazio e scambiarci qualche commento sfrontato. Magari non saremmo stati insieme, nel mio immaginario, ma avremmo comunque avuto modo di rimanere presenti nelle reciproche quotidianità.

Mi spaventava immaginare che tutto ciò potesse finire e mi promisi che mi sarei impegnata così tanto affinché non avvenisse.

- Partiamo dopodomani! – esclamai all'improvviso.

Manuel strabuzzò gli occhi – dopodomani? – ripeté sorpreso. Le sue mani scesero lungo le mie braccia accarezzandole lentamente – ne sei sicura? – domandò.

- Sì, ho solo bisogno di mettere a posto alcune cose ma ho bisogno di andarmene da qui almeno per un po'. –

****

Onestamente non pensavo che Thomas avrebbe accettato il mio invito ad incontrarci in un bar in centro, ma nonostante credessi che mi avrebbe bidonata senza alcuna riserva, ciò che decise di fare mi sorprese; difatti egli rimbalzò la mia richiesta, trasformandola in un'urgenza di vedermi in un luogo più appartato.

Non riuscii a capire il perché del suo bisogno di non essere in presenza di altre persone. Forse avrebbe dato in escandescenza? O magari si sarebbe sfogato senza risparmiarsi alcun epiteto colorito nei miei confronti. Probabilmente me lo sarei meritata, ma non potevo negare che, sebbene mi fidassi della sua indole perlopiù pacata, una punta di timore mi impediva di accordare quella visita a cuor leggero.

Lo contattati dopo averne parlato con Manuel, la sera stessa della nostra riappacificazione, e sebbene quest'ultimo fosse del tutto restio a lasciarmi andare comprese ben presto che non avrei demorso.

Dapprima si offrì di accompagnarmi, ma il mio sguardo spazientito lo scoraggiò definitivamente, così sbuffò rumorosamente e alzò le mani lasciandomi ai miei grattacapi.

Dopo un continuo susseguirsi di battibecchi telefonici stabilimmo che il luogo dell'incontro sarebbe stato la sala di registrazione dello studio, ma che se avessi davvero voluto redimermi e spiegare la situazione avrei dovuto presentarmi prima dell'orario di apertura di modo che nessuno fosse attorno o avesse la possibilità di origliare.

Tutto questo bisogno di segretezza stava davvero iniziando ad intimorirmi così, il mattino seguente, costrinsi Manuel a svegliarsi poco dopo l'alba e accompagnarmi.

Il sole non era ancora alto nel cielo quando parcheggiamo difronte alla palazzina bianca e piuttosto isolata dal centro di Milano.

- Potrei davvero ucciderlo se non mi sentissi in colpa – bisbigliai, tentando di soffocare uno sbadiglio nel palmo della mano.

- Magari ti batterà sul tempo e sarà lui a farlo per primo – commentò Manuel, appoggiato al finestrino dell'auto.

Una mia occhiata eloquente fu sufficiente perché tacesse mentre mi abbassavo per recuperare la borsa da sotto al sedile in pelle – non sei affatto divertente –

Lui rise a denti stretti e arricciò il naso – sono esilarante –

Recuperai le chiavi dello studio e, riconosciuta la macchina di Thomas parcheggiata a poca distanza dalla nostra, feci per uscire dall'abitacolo quando una mano si strinse attorno al mio polso.

Manuel mi attirò a sé e le sue labbra si scontrarono con la mia fronte in un bacio veloce – so che non vuoi che ti accompagni – disse – ma ti avverto che farò irruzione se non sarai fuori entro mezz'ora – aggiunse piuttosto serio.

- Mezz'ora potrebbe essere più che sufficiente per commettere un omicidio – ribattei e misi a tacere ogni suo fremito scoccandogli un bacio sulla bocca.

Feci in tempo a scorgere i suoi occhi che si alzavano al cielo mentre aprivo il portone e la chiusura a scatto cigolava lasciandomi entrare nell'edificio.

Di fretta imboccai le scale e raggiunsi il terzo piano; vi si trovava la sala di registrazione, la cui porta era accostata e lasciava trapelare uno spiraglio di luce fioca che si rifletteva sul pavimento del corridoio.

Avanzai verso il rivolo chiaro e bussai, facendomi spazio nella sala solo quando recepii un lieve "avanti".

Thomas se ne stava seduto difronte alla finestra, in penombra quasi, rendendomi ancor più difficile decifrare l'espressione sul suo volto ombroso. Aveva le sopracciglia corrucciate e le labbra talmente rosse che pensavo avrebbero preso a sanguinare da un momento all'altro; i suoi occhi erano contornati da un lieve alone rosso e violaceo a tratti, tuttavia non credevo avesse pianto, l'evidenza schiacciante confermava che- come me- avesse passato la notte insonne.

Deglutii, sapevo benissimo di essere stata la causa del trambusto delle ultime ore e in cuor mio non potevo far altro se non sentirmi in colpa.

Ci scambiammo uno sguardo non appena decise di prendere coscienza della mia presenza nella stanza e si voltò completamente nella mia direzione, poi si sgranchì le braccia e appoggiò i gomiti sulle ginocchia spostando il busto in avanti.

Con le dita, Thomas, mi fece segno di sedermi davanti a lui, dunque recuperai una sedia e obbedii sommessamente. Cercai di guardarlo con empatia, ma mio malgrado non riuscii a scalfire nemmeno la superficie della sua espressione così truce.

- Sei tornata con Manuel – disse quando gli fui davanti. La sua voce non sembrava trasudare rabbia o delusione, come avevo immaginato, al contrario pareva stesse solamente ripetendo una frase ovvia. Forse si aspettava già un simile risvolto o magari non era mai stato così preso da me da poterne risentire.

Di primo acchito non seppi cosa pensare: avrei dovuto sentirmi sollevata? Oppure indignata poiché avevo aspettato così tanto prima di tornare da Manuel, sicura che se lo avessi fatto prima avrei irrimediabilmente ferito l'animo buono di un ragazzo che non meritava affatto di essere coinvolto nei miei drammi sentimentali?

- Sono tornata con Manuel, sì – ripetei – ma questo non significa che non mi dispiaccia per come sono andate le cose – tentai di giustificarmi, ma Thomas mi zittì, poi scosse la testa e prese un respiro profondo.

La mancanza di reazione da parte sua mi mise in guardia, azionando ogni mio campanello dall'allarme. In un istante mi sentii claustrofobica e presi a giocare con un filo che si era sciolto dal polsino della mia maglia, così da incanalare la mia attenzione in qualcosa che non fosse l'uomo davanti a me.

Avevo paura che potesse esplodere da un momento all'altro, farmi del male forse, oppure attaccarmi con così tanto accanimento che non avrei voluto pensare alle conseguenze.

La mia mente, paranoica ed ansiosa, si prese la libertà di immaginare scenari ben poco auspicabili e la proposta di Manuel di accompagnarmi si fece subito più allettante. Peccato che non fosse più possibile tornare indietro, che lui fosse comodamente seduto in macchina ad aspettarmi e che io non potessi recuperare il cellulare senza destare sospetti nel mio interlocutore.

Ci furono lunghi attimi di silenzio prima che qualcuno riprendesse a parlare, una quiete che non riuscivo più a sopportare, quindi presi coraggio e mormorai un "di' qualcosa" sotto voce, poi tossii un paio di volte – davvero Thomas, se vuoi urlarmi contro fa' pure, qualsiasi cose è meglio di questo gioco del silenzio –

Lui passò la lingua sulle labbra e inclinò il capo di lato – vedi, quello che sto per dirti non è facile nemmeno per me – disse – sto solo cercando le parole giuste –

In un istante capii che forse non c'era bisogno di temere per la mia incolumità. Di sicuro Thomas non aveva tendenza sociopatiche e il suo primo istinto non sarebbe stato quello di tagliarmi la gola e nascondermi in uno stanzino per punirmi delle mie azioni villane.

Con il memento di smetterla con i podcast true crime, cercai di cogliere uno scorcio del suo viso e lo esortai ancora – beh, parla. Sono qui, ti ascolto –

Con uno scatto che mi fece trasalire, le sue mani si allungarono verso le mie e le strinsero in una morsa leggera. Mi rilassai quando compresi che non si sarebbe spinto oltre, ma mi sentii nuovamente in colpa dal momento in cui vidi il suo viso abbassarsi sulle nostre dita giunte.

- Non voglio che ciò che sto per dire ti faccia cambiare idea su di me – mormorò, il suo tono fragile e spezzato.

- Non capisco – dichiarai imbarazzata – sono io che ti dovrei delle scuse, delle spiegazioni. Tu non hai colpe – lo confortai, pentendomi immediatamente della frase estremamente cliché che avevo appena pronunciato. Forse era uno schiaffo morale ancor più grosso tra i tanti che si era preso dalla sottoscritta.

Thomas scosse la testa – Jennifer io sono gay – esalò tutto d'un fiato ed io mi sentii gelare.

- Tu sei cosa? – esclamai confusa – ma noi abbiamo...- mormorai allusiva, però in un istante qualcosa fece click nella mia testa e mi riportò ad una scena di poche settimane fa.

Eravamo in macchina e mi stava parlando della sua passione per il pugilato, solo allora compresi perché "uno come lui" non avrebbe mai potuto sfondare in quel mondo così infuso di cattiveria e competizione macchiata da testosterone tossico.

Lui ridacchiò, comprendendo il mio sgomento – pensi di essere stata l'unica ragazza con cui sono andato a letto? – domandò retorico – non è poi così difficile –

Strinsi la presa sulle sue mani e mi avvicinai a lui – perché non me l'hai detto subito? – domandai.

- Beh, tecnicamente sei una delle poche a saperlo adesso. Mio padre non vorrebbe più avere nulla a che fare con me se lo scoprisse, dunque non è esattamente la prima cosa che tendo a dire quando mi presento –

- No – scossi la testa – intendo, avresti potuto evitare che ti prendessi in giro così, con la storia di Manuel e tutto il resto –

Un sorriso pacato si dipinse sul suo volto – tu avevi bisogno di una distrazione ed io di una copertura – spiegò ed io mi accigliai, tuttavia non essere più l'unica colpevole in questo grande fiasco fu come un'enorme boccata d'aria.

- Sei arrabbiata? – domandò squadrando la mia espressione.

- Come potrei esserlo? Stavo solo riflettendo. Ho un paio di amici che potrei presentarti...-

Thomas rise e si portò una mano alla fronte – non iniziare anche tu con questa storia, ti prego –


Parlammo ancora un po', io e lui, finché il sole non fu alto in cielo e Manuel non prese a chiamarmi a ripetizione, ma non me ne curai perché tra tutti i risvolti che questa vicenda avrebbe potuto prendere tale conclusione mi sembrò più che felice. Finalmente tutto stava iniziando a girare per il verso giusto e forse non mi sentivo più così fuori posto.



Ehi!

Vi ho fatto aspettare un bel po' e mi scuso, non è stato un gran bel periodo però almeno il capitolo è più lungo del solito!

Vi avevo promesso una grande sorpresa ed eccoci qua! Ve lo aspettavate? Spero di no!

Per tutte le amanti di Thomas, continuate a tenerlo d'occhio perché non sarà l'ultima volta che lo vedremo sui nostri schermi.

Detto questo, spero che il capitolo vi sia piaciuto e che mi lasciate tante stelline e commenti se vi va!

Vi ringrazio per la pazienza e il supporto continuo!

Un bacio enorme <3

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