Backstage|| Hell Raton.

By itsluceeeeeee

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Non tutte le storie sono destinate a durare in eterno, ma qualcuna forse sì. Jenny è tornata da Los Angeles... More

Prologo.
Cap. 2
Cap. 3
Cap. 4
Cap. 5
Cap. 6
Cap. 7
Cap. 8
Cap.9
Cap.10
Cap. 11
Cap. 12
Cap. 13
Cap. 14
Cap.15
Cap. 16
Cap. 17
Cap. 18
Cap.19
Cap. 20
Ciao!

Cap. 1

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By itsluceeeeeee


- Ho appena visto Manuel uscire di soppiatto come un ladro. Che succede Jennifer? –

Mika era stato il primo ad accorgersi del mio stato d'insofferenza. Mi aveva circuita e scortata lontana da orecchie indiscrete, cullandomi in un abbraccio rassicurante. Proprio come aveva fatto appena un paio di anni prima, raccogliendomi dal pavimento che mi vedeva sciolta in un turbinio di singhiozzi. Ma quella volta ero stanca di piangere.

Con le mani sulle sue braccia lo avevo allontanato con delicatezza – nulla, davvero. Sto bene – avevo farfugliato e, allungato il gomito verso il tavolo, avevo afferrato un bicchiere colmo di spumante – ho solo bisogno di bollicine e tanto, tanto cioccolato –

Lui aveva inarcato un sopracciglio e confuso si era passato le dita sulla fronte, poi sul mento – e questo perché? –

- Oh – avevo scosso la testa – li vedi? Mio fratello e sua moglie laggiù? – puntai il dito in direzione della coppia. Mio fratello era di solo un paio d'anni più piccolo di me, sorrideva spensierato e accarezzava il ventre gonfio della consorte. Presto sarei diventata zia e in quel momento la gelosia mi colorava di una tinta che mai avrei pensato d'indossare. Mi ritrovai a fissarli immobile, priva di qualsiasi reazione o di uno stimolo cognitivo che mi permettesse di proferire parola.

- Jenny...- mormorò il mio amico, scuotendomi la spalla.

- Non avrò mai quello che hanno loro – borbottai – sospetto che qualcuno dall'alto ce l'abbia con me. Insomma, è il mio trentesimo compleanno e l'amore della mia vita se l'è appena data a gambe. Penso che sia finta sai? Decisamente –

Mika mi ascoltò attentamente. Incamerò la mia confessione e la processò, umettandosi le labbra di tanto in tanto – io non credo. Vi conosco, tra di voi non finisce mai – decretò solenne.

- Non penso proprio – ammisi. Abbandonai il bicchiere sul tavolo, macchiando la tovaglia dorata di gocce trasparenti – ma è il mio compleanno e mi rifiuto di pensarci adesso. Discuteremo domani della mia patetica vita – esclamai.

- Oh God – si pizzicò il labbro inferiore tra le dita – questa è la prima fase. Denial

Scossi la testa, scompigliandomi i capelli. Per quanto strano potesse sembrare, mi ero davvero resa immune a qualsiasi emozione, premurandomi di relegare qualsivoglia pulsione in un angolo remoto della mia amigdala cerebrale. – Non sto negando nulla – risi – non fare lo spiritoso –

Mika sbuffò – e come vorresti che la prendessi? – domandò, scrutandomi dubbioso.

- Non prenderla affatto, fai come me – scrollai le spalle e recuperai il mio bicchiere, riempiendolo fino all'orlo.

Ancheggiando, mi trascinai fino al tavolo dove mia madre si scostò leggermente, lasciandomi spazio per sedermi di fianco a lei – tesoro – fece, poi si guardò attorno – dov'è Manuel? –

Alzai le spalle – ha avuto un'emergenza, credo – mi portai il bicchiere alla bocca e trangugiai un lungo sorso che mi bruciò un retrogusto dolciastro in gola. Non sopportavo lo spumante.

Mamma mi guardò interrogativa – ma è il tuo compleanno! – esclamò, attirando l'attenzione degli altri commensali.

In un istante mi sentii tremendamente accaldata. La lana del vestito che indossavo mi pungeva la pelle che mi sarei volentieri strappata di dosso, tanto aveva iniziato a starmi stretta. Il mio stesso corpo era diventato un peso inscindibile. – Ci sono cose più importanti mamma, che non possono aspettare – farfugliai – ma adesso sono qui con voi no? Godiamoci questo bellissimo momento assieme, prima che riparta per Milano –

I mormorii cessarono e, come se avessi proferito un'infamia, mio fratello si voltò verso di me. Contrasse le labbra e giunse le mani sul tavolo – ripartirai per Milano? –

- Beh sì – ammisi in un sospiro.

Lui scosse la testa – credevo che ti saresti fermata fino alla nascita della bambina – dichiarò.

Sgranai gli occhi colpevole, ma poi mi ricomposi schiarendomi la voce – Enea, tua figlia nascerà tra più di un mese – sospirai esasperata, sperando mio fratello cogliesse al volo la mia preghiera implicita. Volevo che mi lasciasse andare senza farmene una colpa, che capisse il mio bisogno viscerale di allontanarmi dal loro nido perfetto almeno fin quando io stessa non avrei ritrovato la stabilità che tanto avevo millantato di possedere.

Tuttavia la mia supplica non rese giustizia a ciò che cercavo di esprimere. Mio fratello passò lo sguardo sul mio viso con un'occhiata vacua che mi fece rabbrividire – sei un'egoista – bisbigliò, serrando i pugni ritmicamente.

Io mi alzai di scatto, facendo vacillare i bicchieri in bilico sul tavolo – ah sarei io l'egoista? – mi lasciai sfuggire un risolino amaro che non passò inosservato alle orecchie di mia madre; lei subito mi affiancò, aggrappandosi delicatamente al mio braccio – Jenny, ti prego – mormorò a denti stretti.

Gli occhi di tutti erano puntati su di me, in attesa che mettessi in scena una delle mie solite filippiche probabilmente, ma non avevo la forza per lanciarmi in una spiegazione veemente; così mi diedi del tempo per ricompormi e mi sedetti – sarò comunque presente per te – dichiarai, abbozzando un sorriso – per voi. So che non è una stata una passeggiata e che mi sono persa i momenti più importanti, ma ci sarò. Lo prometto. –

****

- Credi che starai bene qui? – domandai a Mika, passandogli una pesante coperta di pile – mia madre ti ha sistemato nella stanza più fredda della casa –

Lui alzò le spalle e si posizionò sul letto, incrociando le gambe – ho dormito in posti peggiori. Ti ho mai raccontato di quella volta dell'ostello in Bulgaria? –

Alzai gli occhi al cielo e risi all'immagine di lui, perse le chiavi della stanza, in solo un paio di pantaloni e una canotta in mezzo alla neve – oh sì, circa una decina di volte – lo beffeggiai. Mi spintonò la spalla leggermente, facendomi sbilanciare sul materasso – tu starai bene? – domandò, intrappolando la mia mano gelata tra le sue altrettanto congestionate.

Annuii distrattamente, non lasciandomi spazio per ulteriori considerazioni – credo di sì, sai? Non ho ancora avuto tempo per pensarci. Sono una persona orribile, vero? –

Mika inclinò il capo di lato, contorcendo il volto in un'espressione che non seppi rilevare a pieno. Leggevo grande disappunto nei suoi occhi verdi e il calore di un'empatia così forte da renderlo più sensibile alle mie emozioni di quanto non fossi io stessa. Allungò le braccia e mosse le dita, segnalandomi di raggiungerlo e mettermi comoda tra le sue membra confortanti – no che non lo sei tesoro. Ci vorrà del tempo – sibilò, nascondendo il naso tra i miei capelli.

Chiusi gli occhi e arricciai la fronte, irritata dallo sfregare delle ciglia contro la mia guancia strizzata contro il petto del mio amico.

Aveva un profumo così dolce Mika, delicato e frizzante, proprio come lui. Lo respirai a pieni polmoni ma alla mia memoria non sfuggì un'impercettibile sentore amaro. Quella non era la fragranza che volevo su di me e le sue non erano le braccia che volevo mi avvolgessero stretta e al sicuro.

Alzai il capo e puntai il mento appena sotto la sua clavicola; il mio labbro inferiore prese a tremare, colto forse dagli spasmi del pianto che montavano inesorabili, risorgendo dal centro del mio stomaco. Era una sensazione strana, sentire il mio intero corpo coinvolto in quello che sembrava un convulso dolore fisico dettato dalla mia mente ferita.

I miei pensieri, in un istante, si concentrarono sul volto di Manuel, scolpito dentro di me come una fotografia. Ricordai il modo in cui sorrideva e stringeva lo sguardo o come il sole colpiva il suo corpo immobile, in penombra sul mio letto al mattino; arrotolato tra le lenzuola con la mappa stagliata dei suoi tatuaggi in contrasto con le coperte chiare.

Mi sarebbe mancato tutto della nostra piccola fetta di quotidianità assieme: i suoi vestiti smessi sul pavimento, la sua giacca appesa al mio attaccapanni o quando stringeva il volante dell'auto così forte e le sue mani si tingevano di bianco e persino la maniera in cui le sue labbra si arrotondavano quando mi chiamava bonita.

Non mi accorsi delle lacrime che sporcavano le mie guance, scendevano lente lungo il mio collo e zuppavano la felpa di Mika che, suo malgrado, non aveva osato proferire parola abbandonandomi alle mie reminiscenze. Solo qualche minuto dopo picchiettò la punta delle dita sulla mia fronte, alleviando il cipiglio stretto dei miei muscoli contratti – Here we go – sussurrò – questa è la seconda fase, depressione – aggiunse – brava Jenny, let it all out. Sfogarsi è importante. –

Un singhiozzo scosse le mie spalle e mi aggiustai tra le braccia del mio amico, stringendo la presa sui suoi indumenti, adesso nelle mie mani contratte in due pugni ben saldi.

Piansi per ore quella sera, senza lasciarmi sfuggire nulla che non fosse un singulto strozzato o un piccolo gemito che la mia gola dolorante non riuscì a trattenere.

La fine di una storia, infondo, è un po' come perdere qualcuno che ami. Si attraversano le medesime fasi e, se ne siamo in grado, si cerca di darsi del tempo per capire come leggere la realtà con occhi diversi. Più appannati, forse un po' gonfi di rimpianti e parole inespresse. Magari prima o poi si impara anche a fare i conti con l'assenza e si smette di cercare un segno, un barlume di luce o una coincidenza precisa dietro ogni angolo.

Per quanto mi riguardava però, quel momento si sarebbe fatto attendere ancora per un po'.

Buona sera!

Eccomi con il secondo capitolo di questa storia che sembra essere sempre più triste.

Ne approfitto per ringraziarvi del successo ottenuto già dal primo capitolo, non mi sarei mai aspettata di vedere "facce" nuove e riscoprire anche vecchie conoscenze fedeli! Siete fantastiche.

Un bacio <3

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