Backstage|| Hell Raton.

By itsluceeeeeee

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Non tutte le storie sono destinate a durare in eterno, ma qualcuna forse sì. Jenny è tornata da Los Angeles... More

Cap. 1
Cap. 2
Cap. 3
Cap. 4
Cap. 5
Cap. 6
Cap. 7
Cap. 8
Cap.9
Cap.10
Cap. 11
Cap. 12
Cap. 13
Cap. 14
Cap.15
Cap. 16
Cap. 17
Cap. 18
Cap.19
Cap. 20
Ciao!

Prologo.

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By itsluceeeeeee




-No mamma, così non funziona! - borbottai stizzita. Mia madre si abbassò gli occhiali dalla forma longilinea sul naso (non ricordo quante volte le avessi già detto che una donna della sua età non poteva più permetterseli; lei mi aveva dato della cinica) e si portò le dita sulle tempie, massaggiandole in un vano tentativo di placare l'imminenza di una delle sue emicranie impietose. – Adesso non è proprio il momento – sibilò a denti stretti e poi puntò i suoi occhi azzurri sui miei – tesoro, la party planner ha fatto del suo meglio. È giunto il momento che ti rilassi e ti godi la festa, non è da tutti i giorni compiere trent'anni – abbozzò un sorriso e trascinò le dita affusolate lungo la mia spalla, per poi sparire oltre l'arco della cucina.

Puntai lo sguardo sulle piastrelle immacolate del salotto, dove la luce si rifletteva oltrepassando il velo trasparente dell'ampia vetrata che dava sul giardino diligentemente curato. Il prato era coperto da un sottile strato di neve, solo qualche sprazzo di erba verde riusciva a fare capolino dimenando le estremità ingiallite.

Sbuffai e mi guardai attorno – tutto questo mi sembra decisamente troppo – commentai, osservando la composizione di palloncini dorati e gli striscioni appesi alle pareti sapientemente puntellate dalle mie "foto migliori" (così le aveva definite mamma, quando pochi giorni prima aveva insistito con il mio ufficio stampa perché le spedissero ciò che di più imponente avessero nel mio fascicolo) – è tutto così pacchiano –

Mi lasciai cadere sul divano con un tonfo e strattonai il collo alto del mio maglione così che celasse parte delle mie labbra screpolate.

Proprio in quel momento mio padre aprì il portone con una scatola tra le mani, mi rifilò un'occhiata e posò il pacco sulla soglia, strofinando le scarpe sporche di neve sullo zerbino – cos'è quel muso lungo? – domandò, affiancandomi sul divano.

Scossi la testa – non lo so, mi sento sopraffatta. Questa festa, mamma che non si dà pace e io non so nemmeno se...- chiusi gli occhi, esalando un grosso sospiro. Sapevo esattamente dove sarei andata a parare con quel flusso di coscienza.

Papà si morse il labbro inferiore e poi storse la bocca – non sai se Manuel verrà, non è così? –

Annuii, portandomi una mano sulla fronte – già e se dovesse venire beh...- strinsi gli occhi in un'espressione allusiva. Non sapevo se la sua presenza alla mia festa avrebbe giovato alla nostra relazione, ancora in fase di stallo dopo gli ultimi due anni burrascosi.

Non era stato affatto semplice dopo il mio ritorno.

Dapprima ci eravamo riabbracciati come se non ci fosse stato mai nulla da recuperare, come se le nottate trascorse al telefono attaccati ad una linea sottile quanto fragile che non ci permetteva di voltare pagina non fossero mai esistite. Ma l'idillio di quel momento si era spezzato quanto prima, ponendoci difronte ad una realtà differente e totalmente distopica.

Era passato troppo tempo perché la leggerezza con cui riuscivamo a stare insieme al tempo di X-Factor fosse ancora parte integrante delle nostre vite e ben presto ci eravamo accorti di avere a che fare con due persone differenti, vestite soltanto delle fattezze degli individui che ricordavamo.

Non avevo di certo nulla da rimproverargli, lui aveva aperto la mia mente e risanato il mio cuore debole e dipendente dai fantasmi del passato, ma il sentimento che non avevo mai avuto dubbi di provare per lui adesso era sepolto vivo sotto una spessa coltre di tempo e spazio che avevano dilatato la voragine della distanza tra di noi.

Manuel a parte, la mia vita in questo ultimo anno aveva preso una piega piuttosto interessante.

Sin da quando ero atterrata a Los Angeles ne avevo percepito il clima frizzante come un grande peso appiccicoso sulla pelle, così- portati a termine i miei impegni lavorativi e ineluttabili – avevo deciso di mettere in affitto la mia casa di Calabasas e acquistare un loft a Milano, lì dove il mio cuore era rimasto incastrato tra le guglie aguzze del duomo e vicina alla succursale della mia casa discografica.

Manuelito aveva appreso la notizia con grande stupore e si era improvvisato manovale per qualche giorno, aiutandomi con il trasloco e con i piccoli lavori di assestamento.

Gran parte della mia routine sembrava girare per il verso giusto, fino al momento in cui la realtà dei fatti aveva impattato con il castello che, inconsapevolmente, avevo costruito speranzosa. Per questo avevo accettato di festeggiare i miei trent'anni in Toscana, in compagnia della mia famiglia e delle poche persone a me più care. Beh, questa era stata l'idea iniziale, almeno finché non avevo lasciato i preparativi in mano a mia madre che aveva reso l'allestimento della mia festa ciò che di più simile ci fosse ad una sfarzosissima quinceanera.

****

Stavo applicando l'ultimo strato di mascara quando il campanello prese a suonare insistentemente. Posai lo scovolino e picchiettai i polpastrelli lungo le guance per accentuare il colore del fard che avevo steso – mamma, puoi andare ad aprire? – urlai tendendo l'orecchio in attesa di una risposta, ma, al posto della sua voce trafelata, percepii un lungo squillo. Sbuffai e corsi lungo il corridoio, recuperando le scarpe che avevo abbandonato accanto alla porta della mia vecchia stanza – sto arrivando, un secondo! – gridai e raggiunsi il portone, strattonando la maniglia.

Mika apparve nella mia visuale, con il naso e le guance arrosate, il suo sguardo corse lungo la mia figura vestita di un abito di lana chiara e inarcò un sopracciglio – look at you! – esclamò – maledetta escursione termica! Là fuori si gela e qui sembra di stare all'inferno, mi prenderà un colpo! – borbottò. Si fece spazio nel salotto e adagiò una busta scintillante sul divano – i come bearing gifts – fece, indicando il sacchetto; mi baciò le guance e si accostò al mio orecchio – non chiudere la porta, l'altro regalo sta per arrivare – si alzò di scatto, per poi incamminarsi verso la cucina – vado a salutare tua madre – aggiunse, trottando lungo il corridoio e lasciandomi interdetta difronte al portone.

Pochi istanti dopo sentii una pressione sulla maniglia, che ancora tenevo stretta tra le dita, così la tirai verso di me, rivelando il volto imbarazzato di Manuel. Puntò lo sguardo sul mio e le sue labbra si inarcarono in un piccolo sorriso – ehi – mormorò.

Lo osservai per un istante, incantata dal modo in cui il maglione scuro che indossava fasciasse il suo torace tornito delineando le linee del suo corpo che più preferivo – ciao – risposi – entra, fuori fa freddo. –

Annuì – già – solo allora notai il cappotto posato sull'avanbraccio – questo dallo pure a me – feci, indicandolo.

Manuel si accomodò sul divano e posò un pacchetto accanto a quello di Mika – non potevo presentarmi a mani vuote – ammise, notando i miei occhi curiosi.

Mi sedetti accanto a lui e accavallai le gambe – il fatto che tu sia qui è abbastanza. Onestamente non ero certa che saresti venuto – mormorai.

Lui scosse la testa e accarezzò il mio ginocchio scoperto con la punta delle dita – hai sbagliato a dubitarne – dichiarò.

La mia intera persona fu scossa improvvisamente da un brivido che corse lungo la mia schiena protesa verso di lui, per poi fermarsi in un punto preciso del mio petto. Sentii il cuore scalpitare mentre avvicinavo il mio viso al suo; pensavo davvero che fossimo del bel mezzo di uno dei nostri momenti, che quell'atmosfera di completezza che era solita avvolgerci avesse fatto ritorno, ma le risate sguaiate provenienti dal corridoio fecero sì che ci ricomponessimo.

Mi schiarii la voce e rifilai un'occhiata di sbieco a Mika, che sogghignava indisturbato, un braccio che avvolgeva le spalle di mia madre – Jenny, sei davvero incontentabile – fece, tirando il capo indietro – tua mamma mi stava raccontando di come hai licenziato la party planner la settimana scorsa –

Mi morsi il labbro – beh, guardati intorno – lo esortai – sembra che dopo tutto abbia comunque portato a termine il lavoro. Questo posto assomiglia ad un parco divertimenti –

Mika piazzò un buffetto sulla mia spalla e si sedette sul bracciolo del divano – show a little gratefulness! esclamò – non sai cosa darei per compiere di nuovo trent'anni – ammise.

- Be my guest! – lo beffeggiai – tutto questo allestimento da palcoscenico e siamo solo in cinque –

Mi ravviai i capelli e poggiai il capo sul palmo della mano aperta.

- Dove sono tutti gli altri? – domandò, realizzando la comicità della situazione.

- Emma è in tour, baby two non permette a Kylie di viaggiare e sai bene che le Kardashian-Jenner si muovono solo in blocco e preferirei tagliarmi il braccio destro piuttosto che avere Kris tra i piedi a meno che non sia strettamente necessario – spiegai – quindi eccoci qui...oh, mio fratello e sua moglie arriveranno tra un'ora circa. Sono rimasti bloccati nel traffico. –

Mia madre, d'improvviso, applaudì e i suoi occhi inquisitori si posarono su Manuel, taciturno di fianco a me – tu devi essere Manuel – asserì. Tirò le labbra in un sorriso singolare, scoprendo parte dei suoi denti perfettamente candidi.

Mamma sorrideva in due modi, forse tre all'occasione. C'era il sorriso commosso – così mi piaceva definirlo – di quando parlava di me e di quanto avessi lavorato duramente nel corso degli anni; il sorriso compiaciuto, che si palesava soltanto quando le cose andavano esattamente come da suo personale copione e il sorriso mellifluo-finto-amichevole. Non fu davvero affatto difficile dedurre a quale categoria appartenesse la smorfia lasciva che le decorava il volto.

- Mia figlia parla spesso di te. Vorrei fosse sempre felice quando lo fa – ammise, socchiudendo gli occhi – ad ogni modo, tu sei il suo ragazzo. Non è vero? –

- Mamma – mormorai sfiancata. Intrecciai le dita tra i capelli, massaggiando le punte – è più complicato di così – sussurrai.

****

La festa era entrata nel vivo da più di un'ora. Mio fratello e sua moglie si erano appartati in un angolo del salotto e discutevano divertiti con i nostri genitori, mentre Mika si riempiva il bicchiere di abbondante vino rosso accompagnandolo con diligenti raid al buffet allestito di fianco al focolare acceso; tuttavia non riuscivo a farmi coinvolgere dalla calda atmosfera casalinga e le risate giulive dei miei parenti, qualcosa mi affossava, come uno spiffero di gelo da cui non riuscivo a coprirmi.

Manuel se ne stava in disparte, seduto sul divano con le spalle ricurve sul cellulare e gli occhi fermi sulla schermata di Instagram su cui si scorgeva lo stesso post da più di mezz'ora.

- Dev'essere una foto davvero interessante – commentai – la stai osservando così attentamente – ridacchiai, posandogli una mano sulla spalla.

Lui scosse la testa – a tua madre non piaccio proprio – ammise.

Mimai un gesto veloce con le dita a mezz'aria per poi adagiarle sul suo viso – ignorala, a lei non piace nessuno ma è innocua. Non ci metterà i bastoni tra le ruote, se è questo che temi –

Manuel fece scattare la testa in alto, rivelando i suoi occhi scuri velati da un luce cupa – Jenny...c'è un posto dove possiamo parlare? – domandò, guardandosi attorno.

Annuii – sì – bisbigliai – ma non capisco, cosa c'è che non va? – domandai. Una strana irrequietezza si stagliò nel mio stomaco, colpito e annodato dal suo silenzio mentre mi seguiva nella mia stanza.

Mi sedetti sul letto – che succede? – lo esortai.

Lui si inginocchiò alla mia altezza, posando entrambi i palmi sulle mie cosce coperte solo da un paio di collant – Non voglio rovinarti il compleanno – esordì – ti prego, non fraintendermi ma non credo di essere pronto per tutto questo –

Io ridacchiai amareggiata – è bastato davvero così poco? Uno stupido commento di mia madre. Davvero Manuel? –

- E' proprio questo il punto! – esclamò – tua madre, essere qui con la tua famiglia. Non va bene Jennifer, non è giusto – si alzò di scatto, prendendo a camminare lungo il parquet – non possiamo fare finta di essere gli stessi di due anni fa. Non funziona così, non è naturale. Non più – ammise sconfitto.

- Cosa vuoi dire? – borbottai – non sembravi avere problemi a Milano – aggiunsi frustrata.

- Milano è una realtà a parte Jennifer –

Lo guardai negli occhi, aggrappandomi all'inesistente possibilità di cogliere anche un solo piccolo barlume di incertezza nei suoi occhi tersi, ma questi sembravano riflettere solo un pallido accenno di rassegnazione: per una storia finita, per qualcosa che c'era stato e adesso più che mai sembrava irrecuperabile.

Sospirai, sbattendo le ciglia in un vano tentativo di celare la mia debolezza – non riesci davvero a perdonarmi, mh? –

Manuel si inginocchiò di nuovo, intrecciando le mie dita con le sue – non hai niente da farti perdonare – bisbigliò.

- Risparmiami le stronzate Manuel, credo di meritarmi almeno questo. Stavolta è davvero finita. –

Salve a tutt*!

Non ci credo nemmeno io, non pensavo che lo avrei fatto perché di solito non amo particolarmente i sequel ma eccoci qui! Dopo più di un anno mi imbarco in questa nuova avventura che vede protagonisti i nostri tanto amati due piccioncini!

Non me la sentivo di lasciarli andare, non ancora.

Che dire di più? Spero che questa storia vi piaccia tanto quanto "Superstar" e vi ricordo di andare a leggerla se non venite da lì, altrimenti questa storia non avrebbe senso.

Aspetto i vostri pareri!

Un bacio <3

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