Resta

382 39 8
                                    

I giorni passarono in fretta.

Finalmente avevano un rapporto civile, se non quasi amichevole.
Continuarono il gioco delle domande ad ogni incontro, spesso si trovano anche la notte nelle camere per continuare fino a notte fonda a farsi domande, e più andavano avanti, più smettevano di giocare, finchè non arrivarono a conoscersi veramente, incuriositi uno dall'altro.

Erano due mondi opposti, ma a tratti sembravano essere fatti della stessa materia.
Due passati completamenti diversi, con due modi diversi di vivere.

Lui aveva passato la vita con una rabbia che dentro di lui cresceva ogni secondo, lei viveva nell'indifferenza.
Ma ciò che li accomunava era proprio questo, anche se diversi, avevano un mostro dentro di loro che viveva al posto loro.
Per lui la rabbia, per lei l'indifferenza.
E quei mostri continuavano a respirare per loro, a vivere per loro, logorandogli l'anima.

Forse proprio perché diversi, oppure fin troppo simili, erano riusciti ad aiutarsi a vicenda.
A tirarsi fuori da quella vita fatta di monotonia, in cui per scappare non rimanevano che gli incubi.

Erano la cura uno per l'altra.

Al aveva scoperto che il fiore preferito di Emma era il tulipano e che le piaceva leggere ogni tipo di libro.

Leggeva per scappare dal mondo esterno che non la accettava. Da quel mondo di cui non si sentiva parte e in questo Al si ritrovava completamene.

I suoi sorrisi rari erano sempre un brivido sulla sua schiena e quegli occhi di ghiaccio, che ogni giorni si scioglievano sempre di più, diventarono quasi un ossessione.
L'unico motivo per cui continuava a rimanere in quel luogo, invece di scappare come faceva sempre.

Sentiva la rabbia dentro di lui affievolirsi, come se grazie a lei avesse iniziato a vedere un mondo dietro a quel muro di odio e rancore.

I momenti bui c'erano ancora, quei momenti in cui tornava un bambino impotente con la voglia di spaccare ogni cosa.
Ma non quando c'era lei. Non quando era nella stessa stanza con quegli occhi azzurri come il mare e freddi come l'Antartide.

La ascoltava per ore parlare della sua vita. Di come sua madre fosse la donna più bella del mondo e suo padre l'uomo più emotivo sulla faccia del pianeta.
Di come il loro amore fosse stata una favola finita in tragedia.
Gli raccontava di come sua nonna si fosse presa cura di lei, e di come un giorno si fosse chiuse in se stessa, diventando ossessionata dagli specchi.

Emma invece aveva scoperto in parte la storia di Al.
Carpirgli delle informazioni era sempre una sfida, ma ogni giorno riusciva a conoscerlo sempre di più, entrando nel suo mondo.

Aveva scoperto che il rapporto con suo padre era da sempre burrascoso, che era un uomo potente, capace di tutto, ossessionato dalle regole e dalla perfezione, perfezione che Al non aveva mai raggiunto.

Era scappato da lui, nella notte del suo diciottesimo compleanno. Una notte fredda e buia, in cui un ragazzo appena maggiorenne aveva deciso che era meglio vivere senza famiglia che con un padre brutale e violento.

"Ti faceva del male? Ti picchiava?"
"Si e no. Non ha mai alzato un dito su di me, gli bastava guardarmi"

Glielo aveva confidato, quasi sussurrando, mentre, ormai a notte fonda, usciva dalla sua stanza.
E lei non aveva indagato oltre.
Vedeva come quel discorso lo faceva soffrire e non voleva essere lei a riportagli alla mente quei brutti ricordi.

Di sua madre non parlava, era un argomento tabù, che sembrava distruggerlo solo al pensiero.

Nemmeno del sovrannaturale parlavano.
Quella parola era come stata bandita, insieme al mondo parallelo delle sue storie.

Si domandava ancora cosa avesse voluto dire quella notte. Perchè aveva detto d'essere sovrannaturale e infondo a se, si chiedeva ancora se quelle storie su streghe, draghi e vampiri fossero semplici fiabe.

Non aveva ancora scoperto perchè indossasse sempre gli occhiali, e quando aveva pensato di toglierglieli mentre dormiva, Al le aveva subito detto che non le avrebbe rivolto più la parola se lo avesse fatto.
Era come se le avesse letto la mente.
Più di una volta si era accorta di come lui rispondesse alle sue domande prima che potesse fargliele e come risposta riceva sempre un semplice: "sei molto prevedibile", che lei aveva accettato senza pensarci troppo.

"Cosa pensi di fare?" Gli chiese quella notte sinceramente interessata.
"Nella vita cerco di non morire e di farmi gli affari miei" le rispose ironico accendendosi l'ennesima sigaretta, mentre guardava fuori dalla finestra la luna illuminare il cortile.

Sapeva che cosa intendeva e sapeva che non avrebbe potuto tenerla lontana da quell'argomento, ma solo l'idea di doverne parlare, di dover realmente pensare al suo imminente futuro, lo spaventava.

Se ne parli diventa realtà.
E quella realtà ad Al non piaceva. Lo disgustava.
Come lo disgustava la sua gente, la sua specie, lui stesso.

"Non puoi continuare a fare finta di niente. A dicembre ti devi sposare" glielo disse in un bisbiglio, come se anche lei avesse paura di farlo alterare e spezzare quel delicato ecosistema che c'era fra loro.

Quelle parole sussurrate però, arrivarono dritte alle orecchie del ragazzo, che si voltò verso di lei rabbioso.

Ma quella rabbia, quel fuoco dentro che gli ardeva ogni volta che qualcuno provava a farsi gli affari suoi, si spense immediatamente quando incrociò quegli occhi azzurri.

"Non lo so" fu l'unica cosa che riuscì a dire, mentre si alzava e si avviava verso la porta per tornarsene in camera sua, nel suo mondo di odio e disprezzo.

"Questa è l'ultima sera" riprese a parlare cercando di fermarlo.

"È l'ultima, se vuoi che lo sia" rispose senza senza voltarsi, "tu lo vuoi? Vuoi che finisca tutto?"

"E tu?"

"Non funziona così Emma" disse continuando a darle le spalle, mentre un sorrisetto gli incurvava leggermente le labbra sottili. "Non puoi lasciare che siano sempre gli altri a decidere per te"

Dopo qualche secondo di silenzio, in cui percepì la sua mente in continua elaborazione, la sentì alzarsi e raggiungerlo a passo lento.

Quei centimetri che li separavano, per Al sembrano chilometri.

Strinse i pugni così forte da far diventare le nocche bianche, mentre si voltava verso di lei per degnarla finalmente di uno sguardo.
Guardò il suo volto illuminato solo dalla luce che entrava dalla finestra e ancora una volta, la millesima in quelle settimane, pensò che era bellissima. Pura e innocente.
Lo sapeva che quella sarebbe stata l'ultima notte. Lo aveva sempre saputo.
Solo che mentre due settimane prima avrebbe desiderato che quel momento arrivasse il più in fretta possibile, in quel momento avrebbe voluto che il tempo si fermasse, lasciandoli così per sempre.
Cercò di stamparsi nella mente quel momento, il suo profumo, i suoi occhi che lo guardavano senza avere paura, mostrando liberamente ciò che pensavano senza nessuna finzione, senza nessuna pretesa.

Se la trovò davanti, che lo guardava con la testa alzata a via della loro differenza d'altezza.
E con il cuore che inspiegabilmente gli batteva all'impazzata.

"Mi piacerebbe continuare l'amicizia che c'è fra di noi, ma se tu non vuoi, non importa" gli disse bisbigliando.

Un tuffo al cuore lo colpì.

"Ci vediamo domani sera." Rispose con una calma, che in quel momento dentro di lui non aveva.
Le diede un leggero bacio sulla fronte e se ne andò, lasciandola li, sola nella sua camera.

La ragazza si trovò a sorridere leggermente, ma questa volta non si porto una mano alla bocca per sfiorarsi le labbra, come se ormai non fosse più sorpresa dei sorrisi che lui riusciva a procurargli.

Andò a dormire, sentendosi sempre la stessa, sentendosi sempre la solita Emma, apatica da 17 anni.
Ma non sapeva che invece qualcosa era cambiato. Qualcosa si stava muovendo.
Ma era fin troppo presto per ammetterlo, ed era fin troppo piccolo per mostrarsi.

Ma c'era, ed era quello l'importante per Al, che fuori dalla sua porta, finalmente riusciva di nuovo a sentire i suoi pensieri.

Lo voleva lì con lei.
Lei non lo sapeva e forse si sarebbe anche impaurita di quel pensiero, ma lui lo sapeva e per il momento gli bastava.

ApatiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora