50. La Tomba

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La finestra è aperta e l'aria è tiepida, umidiccia

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La finestra è aperta e l'aria è tiepida, umidiccia. Si appiccica alla pelle, ma il suo tocco è gradevole.

Come ogni sera, prima di andare a dormire, mi arrampico sul davanzale, scalza, e lascio ciondolare i piedi in un vuoto che è apparente. Il buio mi si cuce addosso e mi avvolge come farebbe una coperta. La sua stretta non mi spaventa, anzi: mi aggrappo al ripiano di marmo, tendo l'orecchio e resto pazientemente in ascolto.

Il silenzio delle campagne attorno a Saint-Médard-en-Jalles non è mai puro. E io, come se fosse un gioco, quasi mi diverto a decifrare e memorizzare i rumori che inquinano la notte: squittii, fruscii, il rombare di qualche auto in lontananza che rincasa, l'abbaiare frenetico di un cane.

A volte il silenzio si dilunga per minuti e minuti, sbatte contro i timpani e sembra non voler mai cessare. Ma so che non è così. Prima o poi il silenzio si annulla, muore, prima o poi torna sempre qualcosa a far rumore.

Qualcosa che non posso vedere, ma che so che c'è.

Marcel mi ha detto che non devo aver timore quando fatico a tenere gli occhi aperti nel buio, a dare una sembianza a ciò striscia al suo interno, a spiegarmi quel che in apparenza non si può spiegare. Basta ragionare, secondo lui, e aspettare pazientemente che la vista si abitui, ad esempio.

Mi ha spiegato che ci sono cose che fanno paura proprio perché arrivano all'improvviso e fanno un gran baccano, oppure si avvicinano in punta di piedi e ti colgono di sorpresa, che sia notte o che sia giorno. È normale: sono terrori che si portano dietro anche i grandi.

Tutti temono l'ignoto. Tutti temono ciò che non si conosce ed è comunque saggio restare cauti.

È la natura, mi ha detto una volta prima di rimboccarmi le coperte, è l'istinto.

La me bambina ho fatto sì con la testa, anche se non ci ha capito granché, ma papà ha sempre un asso nella manica. Ha spostato le ciabatte coi talloni e afferrato l'abat-jour, poi ha sfilato via il paralume con le frange beige. Accendendola, la luce giallognola ha inondato la parete di fronte e le domande dentro quella me si sono moltiplicate a dismisura.

Come si può spiegare a una bimba di nove anni cos'è l'istinto?

Uno sbadiglio ha chiuso gli occhi della me bambina. Nel riaprirli, gli ha domandato: "Cos'è?"

"A te che sembra?" Marcel ha mosso le dita intrecciate e l'ombra proiettata sul muro ha spalancato la bocca – il muso.

"Un cane?"

"Un cane. Ti fa paura?"

"No" ha riso l'altra me, la più piccola. "No, non mi fa paura".

"E perché?"

"Perché a me i cani piacciono".

Papà le ha sorriso. "Sì, può anche sembrare un cane, ma... non lo è".

Litlaus - Incolore {COMPLETA}Where stories live. Discover now