Capitolo 19

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Natalie



In un attimo cado in un silenzio profondo, surreale. Pian piano il dolore e il freddo vanno scemando, lasciando spazio a una strana sensazione di intorpidimento. Prendo coraggio e cerco di aprire gli occhi, la vista è parecchio annebbiata, ma lentamente tutto si fa più nitido. 

Con non poca fatica mi metto a sedere, guardandomi intorno, constatando che mi trovo nello stesso punto dove sono svenuta poco fa. 

Però c'è una differenza abissale; la carta da parati sulle pareti è sporca e scrostata. Finalmente mi alzo notando con disgusto che il tappeto dove ero adagiata non è più lucido e pulito, ma logoro e pieno di macchie non identificate. 

Faccio qualche passo verso l'ascensore, notando delle chiazze sulla parte alta dei muri, simili a muffa scura. Tutto è così spento, cupo, oserei dire senza vita. Tutto intorno a me trasuda sofferenza e morte. 

Ormai risulta ben chiaro dove mi trovo. Sono in quel posto che alcuni chiamano Limbo, altri invece, lo definiscono quella linea sottile che separa i morti dai vivi. Un luogo di passaggio per chi sta morendo, ma una fissa dimora per le anime dannate. 

Ero già venuta in questo posto, ma solo in sogno, ben ancorata alla vita terrena, ora invece mi trovo qui con tutte le scarpe. Non ho la certezza di essere viva, ma l'unica cosa di cui sono sicura è che sono qui per un motivo. Devo assolutamente trovare Tobias, e devo farlo al più presto se desidero avere qualche chance di salvarlo. 

Il mio dono ormai si è palesato in tutta la sua potenza, l'unica cosa che mi rimane è farmi guidare dal istinto, per non rimanere bloccata in questo fetido posto. 

Decido di percorrere le scale, ma prima devo decisamente togliere questi fastidiosi tacchi. In fondo sarebbero solo di intralcio, il contatto dei piedi con il pavimento freddo mi dona un grande sollievo, mi fanno sentire un pochino più "viva". Percorro velocemente le scale , cercando però di non inciampare, vista la scarsa illuminazione. Decido di reggere la parte posteriore del vestito, che data l'assenza delle scarpe alte, crea un fastidioso fruscio a contatto col pavimento. Cerco di stare piu allerta possibile, a ogni rampa di scale mi affaccio per vedere cosa troverò in quella successiva. 

Sono quasi arrivata al piano terra, quando nella rampa sottostante, sugli ultimi gradini, prima della porta che conduce alla hall vedo una strana figura. È scura, indistinta, sembra quasi qualcosa buttato lì, ma man mano che mi avvicino le mie ipotesi sfuma miseramente. 

Scorgo un ammasso di capelli arruffati, che sbucano da quello che sembra un grosso cappotto logoro. Proseguo lentamente e il più silenziosamente possibile, ormai sono a pochi gradini da quella cosa. Distinguo una mano sporca, dalle unghie esageratamente lunghe e gialle, quasi completamente coperta da quello strano soprabito. 

Nonostante quella cosa sembra immobile, non posso negare che ho una paura terribile. Ma devo proseguire, non posso arrendermi, e cercando un altra via d'uscita sprecherei altro tempo prezioso.

Fanculo, o la va, o la spacca! 

Arrivo a passo felpato un gradino sopra quello strano essere, quando all'improvviso un inquietante ringhio crescente proviene da esso. Ora credo  di essere nei guai, a meno che non ci sia una caffetteria lì sotto, penso proprio mi abbia scoperta... Stringo con tutta la forza che ho il tessuto del vestito tra le mani, quasi come per farmi coraggio.

 Devo assolutamente fare qualcosa prima che sia troppo tardi! Decisa, faccio un balzo, saltando con esso anche gli ultimi gradini, ma appena atterro qualcosa mi tira con enorme forza dalla parte posteriore della giacca. Sento il respiro affannoso di quella creatura, una scarica di paura mi perquote. 

I see you (IN REVISIONE)Where stories live. Discover now