Capitolo 5

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Tobias






Mi sveglio abbagliato dai raggi del sole che penetrano dalla finestra. L'odore pungente di disinfettante riempie l'aria, cerco di alzarmi da questa superficie dura e fredda, ma la testa sembra voler esplodere da un momento all'altro.

Con molta fatica, e forse qualche miracolo mandatomi da lassù, dopo svariate imprecazioni, riesco a mettermi seduto.

Le pareti sono di un bianco accecante. Ci sono due letti posti uno di fianco all'altro, separati da una piccola tenda azzurra. Mi alzo in piedi avvicinandomi a uno di essi e mi vedo lì sdraiato, attaccato al respiratore. Quei bip che rimbombano nella mia testa sembrano volermi fare impazzire.

A sprazzi, immagini di quelli che mi sembrano ricordi fanno capolino offuscando la mia vista. Ero alla guida della mia amatissima Chevrolet Camaro, dopo qualche drink di troppo e, forse. qualche chilometro orario in più della norma. L'ultima cosa che vedo è quel maledettissimo guardrail e sento un tonfo assordante che riecheggia nell'abitacolo.

Stordito, mi precipito fuori dalla stanza, con la speranza che qualcuno possa spiegarmi cosa sta succedendo.

Noto che il corridoio pullula di camici bianchi. Adocchio un'infermiera bionda, occhi azzurri e due bocce che potrei usare come airbag. Con il mio sorriso migliore mi avvicino a lei chiedendole: «Dolcezza, per caso potresti dirmi che succede? Poi più tardi potrei anche trovare un modo per ripagarti...»

Lei sembra non avermi sentito, si dirige da tutt'altra parte ignorandomi.

Provo a fermarla afferrandole il polso, ma la mia mano lo attraversa. Ecco questa è la punizione per aver pensato con i genitali invece che usare il cervello.

Cerco di trovare una via d'uscita da questo incubo, fiondandomi nell'ascensore insieme a qualche testa grossa di medico. Arrivato al piano terra, l'unica soluzione è uscire da questo manicomio.

Mi ritrovo per strada, nonostante ci sia un bel sole non sento nulla, la percezione della temperatura e del dolore sembrano essere svanite nel nulla. Mi sento come se fossi in una bolla.

Urlo, provo a fuggire, ma nessuno mi sente. Nessuno mi aiuta. Sono intrappolato in me stesso, senza nessuna via di scampo.

Con rammarico, mi dirigo verso l'unico posto che riesce a placarmi. Il molo. Il molo è il mio rifugio, l'unico luogo che mi calma, l'unico luogo in cui riesco a schiarire le idee e a sentirmi in pace.

Dopo circa mezz'ora di sana camminata arrivo lì. Ho una voglia immensa di nicotina, le mie amate Chesterfield. Il solo pensiero di non poterne assaporare neanche un piccolo fiato mette a dura prova il mio autocontrollo.

Seduta proprio al mio posto sul bordo, noto una morettina con un album da disegno poggiato sulle gambe. Immersa a fissare l'orizzonte, come se stesse aspettando qualcosa.

Rimango imbambolato a fissarla per non so quanto tempo.

Come se avesse avvertito la mia presenza, la ragazza si gira e, in quel preciso istante, mi colpisce con i suoi occhi limpidi e sfumati di verde, come una freccia che mira dritta al bersaglio, penetrandomi la carne e andando dritta alla mia anima.

Cerco di respirare a pieni polmoni, come se da un momento all'altro l'ossigeno potesse sparire lasciandomi in apnea. Un istante che sembra quasi eterno, che mi intrappola in quelle pozze ribelli. Quella sua pelle leggermente rosea e candida, un mix perfetto con le sue labbra che risaltano di un bel rossore.

Lei, probabilmente presa alla sprovvista si sbilancia, sta per cadere in acqua. Istintivamente allungo la mano per afferrare la sua, ma si attraversano, provocandomi piccoli brividi che si fanno avanti lungo tutto il corpo.

Con molta goffaggine riesce ad uscire dall'acqua. Io con il mio grandissimo e smisurato ego e quel briciolo di cervello bacato. Che ormai sta andando a farsi un giro per evitare di ascoltare le enormi stronzate, che ogni volta deve creare per me. Le dico: «So di fare questo effetto, ma non c'era bisogno di buttarsi in acqua per attirare la mia attenzione occhioni.» lei infuriata, con il fumo che le esce dalle orecchie, mi lancia un'occhiata omicida.

Se non fossi trasparente mi avrebbe già incenerito con lo sguardo. Con aria contrariata la ragazza esclama: «Dannato troglodita.» e se ne và.

Sono ancora intontito da lei e da ciò che è appena accaduto per fare anche un solo passo in avanti.

Anche se la voglia di seguire quella dea della morte è molta, rimango lì come un ebete quale sono, a guardare lei e il suo fantastico fondoschiena allontanarsi.





ANGOLO AUTRICE, SONO COME DIRE L'ALTRA FACCIA DELLA MEDAGLIA😆, E FINALMENTE MI RITENGO SODDISFATTA DEL MIO PRIMO CAPITOLO SCRITTO DOPO I FANTASTICI CAPITOLI PUBBLICATI DA MIA SORELLA , FINALMENTE SI SONO INCONTRATI CHISSÀ COSA ACCADRA TRA IL CARATTERE CAZZUTO DI NATALIE E QUELLO DEL COME LO DEFINISCE LEI " TROGLODITA"🤔 SAREI MOLTO FELICE DI SAPERE LA VOSTRA OPINIONE E GRAZIE DI ESSERE ARRIVATI FIN QUI 😘

I see you (IN REVISIONE)Where stories live. Discover now