Entrò nella stanza e passò una mano sul cassettone di mogano che sosteneva la specchiera, guardandosi intorno. «Sembra la camera di tua madre» disse, ma poi lo guardò pentito di aver parlato di lei. A Jungkook non dispiacque

«è la sua» disse, avvicinandosi al letto «erano i mobili della sua stanza. Mio padre voleva gettarli e fare della sua stanza un secondo studio per me. Lo studio è lì, ma non lo uso e gli ho impedito di buttare i mobili. Non so se questi li scelse mia madre o semplicemente qualcuno arredò la stanza per lei quando smise di stare con mio padre ... ma ci ha vissuto lo stesso» anche se aveva vissuto i suoi momenti peggiori. La sua depressione, la sua angoscia, la sua tristezza.

Quelle stesse sensazioni permeavano l'aria e ogni volta che Jungkook tornava a casa a dormire si ricordava di lei, e del suo odio per suo padre. Così, ogni mattina usava quella specchiera, e cominciava un nuovo giorno con po' più di rabbia. Forse non andava bene, ma quella sensazione gli serviva per vivere la sua vita, per avere la forza di non spezzarsi in due sotto i colpi d'accetta di suo padre.

Taehyung forse intuì i suoi pensieri perché sembrò stare a disagio. Guardò i mobili, come se si aspettasse di vedere il fantasma di sua madre apparire in un angolo. Non sarebbe successo: non c'era bisogno. Il fantasma di sua madre era sempre lì con lui.

Si tolse la giacca e poi chiese educatamente quella di Taehyung che fece lo stesso e si sporse a guardare dalla finestra la collina, dove in basso c'era la piccola dependance. Vuota. «Chi abita adesso a casa? Voglio dire» si corresse «Nella dependance

«Nessuno» rispose Jungkook, piegando i soprabiti sulla sedia «Si sono tutti licenziati e ora non abbiamo più una governante»

«Perché?» chiese sorpreso Taehyung.

«Mi irritavano. Chiunque vedessi uscire da quella casa ... era insopportabile. Forse potrei aver resto il loro lavoro troppo difficile»

«Kookie ...» lo rimproverò l'altro a bassa voce ma Jungkook scosse la testa.

«Non ne voglio parlare, Tae. Lo sai che ho un caratteraccio e quando qualcosa non mi sta bene, lo dico senza problemi»

Taehyung lo fissò, dall'altra parte della stanza e poi si avvicinò a piccoli passi. Gli mise le mani sul petto e disse: «Non hai un caratteraccio, Kookie. È solo che ... non sei felice».

Non era solo una questione di felicità. Era una questione di sanità mentale. Jungkook non aveva mai smesso di sentire quella spinta che gli diceva di essere più cattivo, più aggressivo, più violento e allontanare chi gli stava intorno. Poggiò la fronte a quella di Taehyung e sospirò. La felicità però adesso non gli sembrava così distante, adesso che aveva Taehyung con lui.

Lo prese tra le sue braccia e cominciò a baciarlo. Taehyung si arrese contro di lui, lasciandogli dirigere il loro bacio. Il povero Taehyung non aveva molta esperienza. Si muoveva con difficoltà e incertezza e preferiva lasciar fare a Jungkook, evidentemente più esperto di lui.

Quel pensiero gli dava sensazioni contrastanti. Da una parte era felice che Taehyung non fosse stato con nessun altro, dall'altra si sentiva sporco al pensiero di quante persone si era portato a letto senza sapere nemmeno il loro nome, quando avrebbe potuto mantenersi puro per quel momento. Per Taehyung.

Ma del resto, puro non lo era da nessun punto di vista.

Spinse delicatamente Taehyung contro il letto e lo aiutò a stendersi, tenendogli la schiena. Poteva sentire il cuore dell'altro battere forte, mentre gli circondava il collo una mano e sentiva il pulsare ritmico e veloce delle sue vene contro i suoi polpastrelli. Taehyung fece un piccolo gemito quando si stese sul letto e mise i suoi pungi chiusi sulle sue spalle. «Kookie ...?» chiese, con imbarazzo.

DARKER//kookvWhere stories live. Discover now