Cucciolo alla riscossa (II)

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«Dovresti dargli un nome» propongo.

Il petto di Biagio si gonfia all'istante e immagazzina una dose di aria, le forze necessarie per poter parlare.

«Ma..in»

È una sequenza di rantoli e lettere gracchiate. Marco e Anna si fanno più vicini per sentire meglio.

«...nin»

Ci scambiamo occhiate interrogative, discrete per non metterlo a disagio, perché mai come oggi sono sicura che stia capendo i nostri discorsi. Ora siamo noi tre, gli incapaci, quelli che non riescono a dare un senso alle sue parole.

«Ma...nin»

«Forse, Manin?» Butto lì tutte le lettere che ha pronunciato. Biagio irrigidisce i muscoli del viso, mi fa capire che non ho indovinato.

«Mar...in.»

«Adesso basta» decide Anna. «Si chiamerà Marlyn. Smettila di sforzarti, e poi è quello che hai detto, no?»

Non era quello che ha detto. Le pagliuzze di luce, negli occhi di Biagio, sono diventate un'unica emozione: rifiuto. Ma Marlyn abbaia, con una leccata di lingua fa capire al padrone che il nome gli piace.

Quando un'ora dopo torno alla macchina, mi sento incredibilmente stanca. Fingermi felice davanti a Biagio ha prosciugato le energie. È stata una mattinata difficile, quella di oggi, ma indispensabile per tenere la mente occupata.

«Nanà?» Marco è in macchina con me, mentre Anna è rimasta con Marlyn e Biagio.

«Che c'è?»

Mi guarda e tiene la bocca serrata, come se stesse custodendo un enorme segreto nella prigione dei denti. Rimugina tra sé e sé per cinque minuti e alla fine sospira, si libera della sua indecisione:

«Non pensarci. A quell'idiota di Stefano».

E fu così che Marco Zuccato ruppe la condizione imposta da Marco Zuccato stesso.

«A quello che avete fatto» aggiunge. «Avrai volte più belle e poi...» Stacca gli occhi da me e li punta sul tappetino di plastica. «Quando avremo superato anche questa, un giorno, tra tanti anni, molti, molti anni, ci rideremo su, vedrai.»

Finge una risatina per dimostrarmi che devo prenderlo in parola.

«Quindi mi perdoni?» gli chiedo. Ha inghiottito l'orgoglio, fatto il primo passo per riavvicinarci. Si sistema la garza sulla mano ferita, attaccata dal piccolo Marlyn.

«Le facciamo tutti le cazzate, no?» Sorride. «Solo che io e te le facciamo un po' più grandi degli altri.»

Non sono mai state pronunciate parole più vere. Non c'è nulla di semplice in quello che siamo, nulla di comprensibile nel nostro rapporto. Che non è amore. Che non è amicizia. Che non è affetto. Che non ha un nome preciso, se non binomio.

Nonostante quel confronto in macchina, io e Marco restiamo lontani, esitiamo a tornare quelli di sempre. Continuiamo a camminare su un sottilissimo strato di ghiaccio, con il timore che una parola sbagliata lo scheggi e ci faccia precipitare nell'abisso.

Lo possiamo superare, mi dico tutti i giorni. Lo vogliamo superare.

So che la stessa consapevolezza si riflette nel viso di Marco. Sulla sua pelle respiro l'esigenza di riavermi come altra metà del binomio, la necessità di rendere la lastra di ghiaccio uno specchio infrangibile di titanio.

Se si spegnesse il mondo, Nanà, se ci fosse un blackout di mesi e mesi, quando le luci si riaccenderanno, vorrei avere la certezza di trovarti ancora qui, accanto a me.

Binomio - 1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora